NEWSLETTER 01-2016

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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
Gianni Rodari
WWF, FEDERBIO E AIAB:
IL CASO XYLELLA
CONFERMA CHE
L’AGRICOLTURA
BIOLOGICA É LA VIA
PER SALVARE
L’AGRICOLTURA E
L’AMBIENTE
Le emergenze agricole, prime fra tutte quella relativa al caso Xylella in Puglia, vanno
affrontate e necessariamente prevenute con l’approccio agroecologico: WWF, FederBio e AIAB
sottolineano la necessità di scelte politiche chiare orientate verso l’agricoltura biologica, che
attraverso l’esclusione di pesticidi chimici di sintesi e l’adozione di tecniche agronomiche
idonee ai territori è in grado di garantire prodotti di qualità tutelando ambiente e biodiversità.
Le più recenti vicende in Puglia hanno dimostrato che gli interventi basati sull’esclusivo utilizzo
della chimica di sintesi previsti dal Piano per la lotta al batterio Xylella sono inefficaci: i
magistrati
pugliesi
hanno
evidenziato
un’evidente
scarsità
di
confronto
scientifico, sottolineando che il Piano ha privilegiato solo le ipotesi che portavano alle
eradicazioni e all’autorizzazione straordinaria di pesticidi chimici, anche vietati da tempo per
la loro nocività, che sono stati così utilizzati in modo spregiudicato, con un conseguente
pericolo per la salute pubblica.
FederBio, AIAB e WWF esprimono soddisfazione per il provvedimento della Procura di Lecce
che ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza di tutte le piante di ulivo interessate dalle
operazioni di rimozione immediata come previsto dal Piano Silletti.
Il provvedimento dei magistrati pugliesi anticipa in pratica gli effetti dell’auspicata vittoria del
WWF Italia davanti al TAR del Lazio con il ricorso presentato dall’Associazione per fermare
proprio l’eradicazione degli olivi ancora sani. L’azione giudiziaria avviata dalla Procura di Lecce
sul caso Xylella, non è però sufficiente per garantire la conservazione degli olivi secolari della
Puglia. É indispensabile incentivare e favorire, anche con una priorità e maggiore premialità
nella concessione dei contributi del Programma per lo Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della
Puglia, tutte quelle azioni e tecniche agronomiche preventive e curative che non adottano o
riducono drasticamente l’uso di insetticidi o fungicidi e possono evitare l’estirpazione delle
piante di olivo o ospiti dell’insetto vettore infette dalla Xylella fastidiosa. Per le piante di
particolare pregio, storico o monumentale sarebbe sufficiente, come misura alternativa
all’abbattimento, il loro isolamento con reti anti-insetto.
Per Franco Ferroni, Responsabile Agricoltura del WWF Italia “i magistrati dovranno accertare
le eventuali responsabilità personali degli indagati ma un problema come il Complesso del
Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) non può essere risolto con provvedimenti
giudiziari. E’ indispensabile da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali e della Regione Puglia avviare immediatamente tutte le attività di ricerca,
sperimentazione e prevenzione basate sull’agroecologia, da tempo suggerite dalle
Associazioni dell’Agricoltura biologica e dal WWF Italia, alternative all’uso massiccio di
pesticidi e all’eradicazione delle piante”.
All'avvio dell’emergenza Xylella FederBio ha immediatamente attivato un gruppo di lavoro
tecnico scientifico che ha messo a punto una proposta per la gestione con metodo biologico
dei territori colpiti dal batterio a cui hanno aderito tutte le organizzazioni del settore e il WWF
Italia. “Al di fuori di ogni contrapposizione strumentale e ideologica avevamo proposto alla
Regione Puglia, al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e anche all’EFSA
un’alternativa concreta all’impiego massiccio di pesticidi e all’abbattimento degli olivi –
sottolinea Paolo Carnemolla, presidente di FederBio – utile anche a valorizzare quel territorio.
Il documento non è stato ancora preso in considerazione, comportando, come ipotizza la
Procura di Lecce, danni ambientali e alla salute per gli agricoltori e per tutte le persone che
vivono nel Salento che avrebbero potuto essere evitati.
Ora che anche il presidente Emiliano si è schierato apertamente contro la passata gestione
dell’emergenza, chiediamo di riaprire il confronto sulla base delle nostre proposte,
ampiamente sostenute anche dai molti comitati di agricoltori e cittadini dell'area, affinché si
possa concretamente lavorare per la creazione di un “biodistretto” nei territori interessati
dalla Xylella, con la prospettiva di una migliore valorizzazione anche turistica”.
"I dati che emergono confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, che i pesticidi oltre a non
essere la soluzione dei problemi, spesso contribuiscono ad esserne la causa. – precisa
Vincenzo Vizioli, Presidente di AIAB - La ricerca di una soluzione sta nel non alterare o, in
questo caso ripristinare gli equilibri naturali, come dettano i principi dell'agricoltura biologica
e biodinamica. La biodiversità ambientale e del suolo è la linea guida di ogni intervento in
agricoltura. AIAB e tutto il settore biologico hanno da tempo evidenziato le storture prodotte
da teorie sbrigative e poco efficaci, la cui logica ha sempre creato sospetti. Purtroppo c'è
voluta la magistratura per capirlo. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo per una
riconversione del territorio."
FederBio, AIAB e WWF Italia chiedono ai Ministeri interessati e alla Regioni una scelta netta
per un nuovo approccio alternativo all’utilizzo della chimica di sintesi in agricoltura: il Piano
d’Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei pesticidi deve mettere in campo azioni concrete per
sviluppare un grande piano di conversione al biologico dell’agricoltura italiana, proprio a
partire dai territori dove sono ormai evidenti le contaminazioni ambientali e i danni alla salute
provocati dall’agricoltura intensiva. E’ una scelta che va fatta anche per garantire la
sostenibilità economica all’agricoltura italiana e orientarla al biologico, il cui mercato è in
costante e forte crescita da anni.
Ufficio Stampa FederBio - Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica
Ufficio stampa WWF Italia
Ufficio stampa AIAB
(da FederBio – gennaio 2016)
LA CITTÀ E LA FORMA
Mi dà fastidio la voce che ricorda il nome delle stazioni in arrivo. Perché ho bisogno di essere
in viaggio e di guardare il mare dal finestrino per essere in contatto con me stessa. E’ come
se i pensieri, sulla superficie di tutto quello spazio, si liberassero un po’ e non si rincorressero
più per poi affastellarsi e sovrapporsi come spinti dalla forza d’inerzia del treno in frenata.
Tra una fermata e l’altra, invece, torna la chiarezza, torna lo spazio interiore, la verità del
sentire essenziale. Come se questa fosse possibile solo dallo spazio e dal movimento. I
pensieri si srotolano di nuovo, recuperano ognuno il suo spazio e li guardo aprirsi.
Calmi, separati, ordinati. Provo ad osservarli e a cercare di chiarirli, capirli, interpretarli. Uno
per uno. Mi piace viaggiare in treno. Perché è, stranamente, come fermarsi pur essendo in
movimento. E’ come recuperare il presente per lo spazio di poche ore. E’ come osservare
senza sentirsi in colpa di perdere tempo. Sempre occupati a passare oltre, a lasciare andare.
Guardo arrivare la città fuori dai finestrini, ignara di chi mi sta intorno.
Dal calore e la bellezza profonda di blu di questa mattina il salto sembra quasi immorale. Sono
presa, risucchiata dalla monotonia come se l’uomo avesse cancellato i colori dalla faccia della
terra e avesse ridotto la vita a una scala di grigi, specchi della sua stessa anima perduta. E’
ormai intollerabile al mio sguardo. Il blu e il verde sono durati per poco. Poco spazio e poco
tempo.
Come se le forme varie e infinite fossero state assoggettate e imprigionate, compresse,
addomesticate in un susseguirsi di angoli e linee rette. Come se l’uomo si fosse ingenuamente
illuso di poter sottomettere il caos multiforme della vita all’ordine seriale della morte. Come
se non avesse ancora compreso il concetto semplice di pulizia e spazio vitale necessario
sacrificandolo in nome di una civiltà che in nulla rispecchia l’umanità profonda ed essenziale
che ci rende esseri viventi.
Sono sottoposta in questo periodo a una serie di forze soprannaturali: il dolore, l’amore,
l’attrazione e la repulsione, il desiderio di vita, la contemplazione della fine. Sono tutte forze
di trasformazione. Come quando si sente che l’organizzazione delle proprie cellule sta
cambiando come per un rinnovamento profondo. Così il mio sguardo sulle cose sta cambiando.
Sono impegnata a disimparare in questo momento. E’ la cosa che mi costa più attenzione e
impegno. Sto facendo spazio man mano che disimparo.
Il treno mi porta a destinazione. Ma la città è grande. Il treno rallenta e sotto il ponte faccio
in tempo a squarciare la vita della gente che ci vive sotto. Nella loro casa senza pareti, senza
calore, senza l’essenziale. E con tutto il superfluo che ci può star dentro. Come se il superfluo
arrivasse prima dell’essenziale. Esiste l’inutile, lo scarto, il di più senza il meno, senza il
necessario. Ne siamo coperti fino all’inverosimile. Al punto tale da avere l’inutile senza prima
quello che sarebbe necessario.
Prima il mare, poi il verde delle campagne coltivate:
spazio, uccelli, colori, ricchezza del vuoto, aria, forme
di vita. Poi a piccoli morsi la città che divora lo spazio
come fosse un mostro insaziabile. Via l’aria, poi la
luce, poi i colori, poi la ricchezza e le forme estese.
Tutto si comprime, involve, ingoia se stesso.
Scendo dal treno e sono, ormai, una straniera.
(da Low Living High Thinking – gennaio 2016)
I PICCOLI LOMBRICHI CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Qualsiasi giardiniere o contadino sa che i lombrichi sono buoni per la terra. L'humus
di lombrico é considerato dagli agricoltori esperti come la creme de la creme del
concime organico. Ma per i produttori di caffé in America centrale, i lombrichi sono
anche un alleato inaspettato per la lotta contro il cambiamento climatico.
Tra le montagne del dipartimento di Solola, nella regione
dei vulcani del Pacifico guatemalteco, ci sono i villaggi di
Pasac e Xejuyup. Questa zona, a circa 15
chilometri dalla città di Quetzaltenango, nel comune di
Nahualá, è la sede della cooperativa del caffé Nahualá.
E' qui che un gruppo di agricoltori indigeni si riunirono
cinquant'anni fa per cercare di combattere la povertà
profonda, prevalente in questo luogo remoto
e montagnoso.
Oggi 125 famiglie sono socie della cooperativa, che é certificata da Fairtrade (organizzazione
internazionale del commercio equo e solidale, ndt). I coltivatori di caffè di Nahualà lavorano
in campi tra i 1.200 ed i 1.800 metri sul livello del mare, dove coltivano piante di caffè arabico
della varietà bourbon, in grado di produrre fino al 30 per cento in più rispetto ad altre varietà.
La cooperativa ha contribuito a portare stabilità economica e sviluppo per la comunità. "Un
buon raccolto é di enorme importanza per l'economia delle famiglie", dice il direttore della
cooperativa, Juan Choc. "Tutte le nostre attività dipendono da esso."
Ma il cambiamento climatico è una sfida crescente per la cooperativa. Nel 2012 c'è stato un
disastro quando una forte epidemia della ruggine del caffé si é diffusa in tutta l'America Latina
e nei Caraibi, causando grandi perdite al raccolto. Nei primi mesi del 2013 il Guatemala ha
dichiarato lo stato di emergenza agricola. Quasi tre quarti del raccolto del caffé nel paese
sono stati distrutti dal fungo.
La ruggine del caffè è comparsa per la prima volta in Africa Orientale circa 150 anni fa, ma a
causa del riscaldamento globale la malattia é diventata globale, soprattutto per il caffé
arabico, che rappresenta il 70 per cento della produzione mondiale. Gli agricoltori conoscono
molto bene il ciclo di devastazione: le brillanti foglie verdi della pianta diventano marroni,
prima che il fungo si diffonda ai chicchi del caffé, che cambiano il loro colore dal rosso vivo al
grigio opaco. Gli arbusti possono essere trattati con sostanze chimiche, ma ci vogliono anni
prima che una pianta recuperi (la normalità).
La buona notizia è che la ruggine non può sopravvivere a temperature inferiori a 10 gradi
Celsius, ed è per questo che i produttori tendono a spostarsi più in alto sulle montagne, dove
c'é un clima più fresco e secco che tiene lontane le malattie. Ma le piccole variazioni di
temperatura, precipitazioni e umidità possono devastare le colture. La ruggine fa sì che le
piante di caffè perdano le foglie e producano meno chicchi, che inoltre sono di qualità inferiore.
È un rischio annuale in questa parte del mondo, che implica una minaccia continua per
l'economia familiare agricola. E c'è uno stretto legame tra malattia, cambiamento climatico e
terra di scarsa qualità.
Ed è qui che entrano in gioco i vermi. "Usiamo la polpa o i
cascami dei grani di caffé", dice Juan. "Quando non sono
disponibili, usiamo le erbe infestanti e i rifiuti organici di
cucina per alimentare i lombrichi. Gli agricoltori riempiono
un sacco con una cinquantina di chili di compost e lo
portano sulle spalle fino alle colture. Si tratta di un grande
lavoro per la comunità", dice, "ma vogliamo recuperare ciò
che é stato perso e lasciare una buona eredità ai nostri
figli".
I lombrichi possono mangiare in un giorno una quantità pari al loro peso
corporeo. Somministrando loro avanzi di cucina o materia organica in decomposizione, come
per esempio foglie o polpa dei chicchi di caffé, essi danno molto di più in termini di sostanze
nutritive per le piante e di microrganismi da reinvestire nella terra. Il concime di lombrico
contiene non solo i principali nutrienti di cui le piante hanno bisogno, cioé azoto, potassio e
fosforo, ma anche molti micronutrienti come calcio e manganese. Vanno considerati come
equivalenti
delle
vitamine
di
cui
gli
esseri
umani hanno
bisogno.
Inoltre, l'humus di lombrichi o vermicompost, che contiene grandi quantità di acido umico,
migliora anche la condizione e la struttura della terra.
"Siamo proprio alle pendici del vulcano San Tommaso", dice Juan. "La terra è
vulnerabile sia alla siccità che all'erosione. I nostri nonni ci dicono che cinquant'anni fa la terra
qui era molto fertile. E per questo potevano avere dei raccolti molto abbondanti. Ma ora la
produzione non é più buona come era solita essere."
Riempire la terra nelle piantagioni di caffé con il vermicompost non è l'unica arma dei
contadini nella loro lotta contro il cambiamento climatico. Essi hanno realizzato progetti di
riforestazione, in modo che i loro arbusti di caffé possano crescere sotto una copertura
frondosa, e hanno diversificato le loro colture con altre piante come le
banane, che sono maggiormente in grado di adattarsi alle mutevoli condizioni locali.
(da Bio@gricultura Notizie di AIAB – dicembre 2015)
IL GREMBIULE DI MIA
NONNA
di Flora Delli Quadri
Un giorno, sopra ad un giornale, ho
letto che i microbi che stanno dentro
casa, se non stiamo attenti, ci si
mangiano. Il giornale diceva pure che
gli strofinacci sono pericolosi perché
“sono un concentrato di germi”!
“Uh Gesù, e adesso come devo fare!”
e ho guardato lo strofinaccio appeso
alla sedia. Dopo ho guardato il grembiule che avevo davanti che stavo facendo i servizi e ho
avuto paura assai perché era un po’ sporco. Mi è preso un tocco! Ma poi ho pensato “Beh, l’ho
messo per fare i servizi, poi però me lo tolgo, mica lo tengo davanti tutto il giorno come faceva
mia nonna!”.
Le vecchie di una volta il grembiule non se lo levavano mai, dalla mattina alla sera, così non
si sporcava il vestito, che quello uno solo era! I grembiuli, invece, si sprecavano perché li
facevano con le pezze vecchie, o con i sacchi del consorzio che era di cotone massiccio. Con
quello strumento ci facevano tutto, servizi sporchi e puliti: per esempio, se cuocevano le
patate sotto la cenere, poi se le mettevano in grembo con tutta la cenere per farle raffreddare;
con un angolo alzato tiravano il tegame da sopra al fuoco così non si scottavano; quando
andavano alle galline, facevano il fagotto e ci mettevano le uova.
Una volta mi ricordo che mia nonna ci portò pure i pulcini e li posò per terra e quelli gridavano
pi pi pi e pi pi pi, e noi ragazzi facevamo pi pi pi pure noi come matti. Un’altra volta rientrò
con le uova mezze aperte perché la gallina sfaticata non le voleva covare, allora le mise vicino
la stufa e quelle piano piano si aprirono e uscirono i pulcini.
Quando tornavano dall’orto, dentro il fagotto ci tenevano sempre o le fascine e i legnetti per
accendere il fuoco, o i piselli e le zucchine dell’orto. E come andavano le noci! Poggiavano il
fagottino su tavolo e i ragazzi con una pietra le schiacciavano una dopo l’altra, una a te, una
a me, una alla figlia del re. Lo stesso facevano con le castagne quando era il tempo.
E le mele? Quelle brutte e ammaccate che cadevano per terra se le mettevano nel grembo e
le riportavano a casa, che non si doveva buttare niente. Se tenevano le mani sporche, mica
se le lavavano! Se le ripulivano con l’angolo del grembiule e poi facevano gli altri servizi.
Dentro la tasca ci tenevano sempre un ditale, un rocchetto con l’ago e il filo infilato, il gomitolo
per fare la calza e, affianco, il fazzoletto del naso sporco.
Mah! Ora che ci penso, però, mica è vero che tutte le malattie venivano per il grembiule
sporco di mia nonna. Certe volte io mi andavo a nascondere lì sotto per non farmi prendere
da mia madre che mi voleva picchiare e quella, mia nonna, mi ci strofinava il muso sporco,
mi ci soffiava il naso e, se piangevo, mi ci asciugava pure le lacrime.
Non è che per caso i medici che parlano di “germi sugli strofinacci” dicono fesserie?
Ora che ci penso, l’articolo mi ha fatto proprio arrabbiare! Gli devo scrivere a quello scimunito
di giornalista e gli devo mandare a dire: “Signor giornalista, non devi fare impaurire i cristiani.
A me, se m’è venuta una malattia non è stata per colpa del grembiule di mia nonna. Quella,
la malattia, mi è venuta perché mi avete confuso la testa per la troppa igiene. Il grembiule di
mia nonna mi ha regalato sicurezza e tenerezza, alla faccia vostra e degli “igienisti del ca**o”
che fate impaurire la gente!” … (la parola “igienisti” l’ho trovata sopra al giornale, il resto ce
l’ho messo io che mi è uscito proprio dal cuore).
(da comune-info.net – dicembre 2015)
CONSUMO DEL SUOLO: DATI ALLARMANTI DALL'ISPRA
Quasi il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050. Al contrario, i suoli
bio tendono a mantenere le proprietà biologiche, fisiche e chimiche del suolo nel corso del
tempo, mantenendo la produttività e garantendo di conseguenza la sicurezza alimentare a
lungo termine. Inoltre, un ettaro di terreno coltivato con metodo biologico trattiene mezza
tonnellata di CO2 ogni anno.
Un dato che, se moltiplicato per i 1.500.000 ettari del biologico italiano, si traduce in poco
meno di 8 milioni di tonnellate all’anno di C02 trattenuta. Un’importante funzione che
costituisce una bella mano tesa a tutti gli sforzi verso la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Sono alcuni dati che emergono da una
pubblicazione ISPRA sull’agricoltura biologica, e
che l’AIAB ha portato all’attenzione nella giornata
mondiale del suolo agli inizi di dicembre.
Secondo l’edizione 2015 del Report dell’ISPRA sul
'Consumo di suolo in Italia', tra il 2008 e il 2013,
nel nostro Paese, sono stati consumati 55 ettari di
suolo al giorno, con una velocità che supera i 6
metri quadrati di territorio irreversibilmente perso
ogni secondo.
Secondo quanto riporta ancora l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale,
i dati mostrano come a livello nazionale il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni
’50 al 7,0 % stimato per il 2014, con un incremento di 4,3 punti percentuali. In termini
assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 21 mila chilometri
quadrati del territorio italiano.
“Un dato preoccupante e sconfortante – commenta il presidente AIAB Vincenzo Vizioli - al
quale si può porre rimedio aprendo maggiori prospettive al biologico, in termini di supporto
politico ed economico. Il modello che noi proponiamo, infatti, a fronte di una produttività
minore, è in grado di mantenere intatto l’equilibrio produttivo del terreno senza impoverirlo”.
(dal Bollettino Bio di Greenplanet – dicembre 2015)
Cassette di ortofrutta e monoprodotto
A T T E N Z I O N E !!
RICORDIAMO A TUTTI CHE DAL 5 GENNAIO SONO RIPRESE LE
ORDINAZIONI DELLE CASSETTE DI ORTOFRUTTA CHE SARANNO IN
CONSEGNA VENERDI' 15 GENNAIO!
RICORDIAMO INOLTRE CHE E' ATTIVO UN NUOVO PUNTO DI CONSEGNA
DELLE CASSETTE PRESSO L'ASSOCIAZIONE CULTURALE KHORAKHANÉ AD
ABANO TERME.
L’Associazione Khorakhanè propone da dieci anni eventi e iniziative culturali e di
aggregazione sociale, grazie alle quali i giovani possono mettere in gioco i propri
talenti, competenze e capacità. L’impatto sociale e culturale dell'associazione è
cresciuto molto negli ultimi anni, attraverso la realizzazione di eventi, progetti e
collaborazioni con molte organizzazioni del terzo settore a livello locale, regionale e
nazionale.
Per conoscere l’attività delll’Associazione Khorakhané clicca QUI.
****Per la prossima settimana potrete ordinare le seguenti cassette
monoprodotto:
radicchio tardivo, patate, topinambur, arance, clementine, mele, pere,
limoni e i seguenti trasformati: olio, vino senza solfiti, succhi, lenticchie e
farine.
Ulteriori dettagli li trovate sul sito dell’Osteria di Fuori Porta
Il gelato fuori stagione
Il Cornetto è emigrato in Inghilterra, e Unilever proprietaria del marchio Algida - starebbe per chiudere
lo stabilimento di Caivano, in Campania. Impianto per il
quale l'azienda, ice-cream partner di Expo Milano 2015,
rappresentando “la tradizione italiana del gelato”, aveva
ricevuto 40 milioni di euro di sgravi fiscali da Invitalia,
l’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa.
L’energia del Piave
Le
comunità
contestano
il
sovrasfruttamento
idroelettrico delle acque del fiume, dopo la presentazione
di ulteriori 3 progetti lungo soli 20 chilometri.
Le rive del Po
Viaggio sul grande fiume, tra Lombardia ed EmiliaRomagna. Le sfide future per una provincia unica.
(da Altreconomia - dicembre 2015 e gennaio 2016)
INSEGNARE È LIBERTÀ
di Claudia Fanti, maestra, autrice di “2014, odissea nella scuola”
Sapete cosa era magnifico del nostro lavoro di insegnanti? Ebbene la libertà, quella di cui oggi
non si parla più. Quella libertà rischiosa che faceva andare a scuola con lo slancio che dà
la consapevolezza che ogni incontro non rientrerà mai in protocolli, che ogni giorno
permetterà di correggere il tiro delle proprie scelte e di far sudditi di ogni bambino/a il
programma, le Indicazioni o qualsiasi diavoleria pensata dall’alto.
È nella libertà che siamo cresciute e cresciuti come
insegnanti, è nella libertà che credevamo, in quella
sancita dalla Costituzione.
Ora rischiamo di diventare piccoli funzionari di
Stato, soggetti da valutare, monitorare, controllare.
Questo si vorrebbe che fossimo e che non
producessimo pensiero autonomo in materia di
insegnamento/apprendimento, gente senza valore da
assoggettare a verifica e Invalsi.
Errore che si pagherà caro. Non si può arginare il mare
delle differenze con una disciplina da truppa. E chi non
ha conosciuto questa infinita libertà come farà a
inventare, ad aggiornarsi su ciò che si ritiene utile e
consono alla propria concezione pedagogica perché è bello e giusto il farlo per arricchire il
proprio modo di insegnare?
È tanto triste leggere che maestre e maestri non vorrebbero recarsi a scuola per stanchezza
o addirittura per timore di essere schiacciati dalla burocrazia, dal nonsenso di certe
riunioni, dal registro elettronico, dalla non considerazione e valorizzazione delle proprie
individualità, oppure leggere articoli, riviste, post, libri sull’organizzazione e sul sistema, testi
di riforme, nei quali quasi mai si scrive la parola “insegnante” come se questa fosse foriera di
male e di individualismo a sfavore della comunità.
Ma senza la libertà, con dirigenti e
amministrazione che non trovano più
il coraggio di affermare apertamente
che i loro insegnanti e le classi sono
il nucleo bello, forte e onorevole della
scuola, ogni ipotesi di volo, di
miglioramento,
di
ricerca,
di
sperimentazione, di invenzione, di
amore per la scuola svapora e allora
si profila all’orizzonte una scuola
in cui tutto diventa noia, in cui il
rischio educativo scompare per
lasciare il posto al prevedibile, al
già pensato.
Illusione di miglioramento una scuola che non mette al centro chi insegna e chi apprende,
mai uguale binomio ricco di affetti, emozioni, azioni e reazioni senza briglie! Illusione
pericolosa per una società che invece si vorrebbe responsabile, vitale e disposta al
cambiamento. Libertà e fierezza d’insegnamento o scuola delle piccole paure con
minuscoli funzionari assenzienti?
DA LEGGERE
 In classe a modo mio - Rosaria Gasparro
“Dichiaro la mia indisponibilità. Io non attuerò mai questa controriforma della scuola.
Non sarò strumento di leggi inique per società ingiuste ed escludenti. Resterò in classe
a modo mio. L’insegnamento è libertà”;
 I frutti velenosi della Buona scuola - Alain Goussot
Cominciano a realizzarsi gli aspetti distruttivi della legge 107;
 La crisi culturale della scuola italiana - Antonio Vigilante
La verticalità del rapporto docente-studente andrebbe spezzata in favore
dell’orizzontalità della comunità che apprende e che è in rapporto aperto e vivo con le
diverse comunità che sono fuori dalla scuola;
 La scuola diffusa. Alimentiamo passioni - Paolo Mottana
Nuovi spazi e itinerari di ricerca, senza ossessioni di esami e curricoli.
(da comune-info.net – gennaio 2016)
GLI ALIMENTI IN POLVERE IN QUESTA VITA DA ROBOT
Frutta essiccata, semi e frutta secca ridotti in polvere sono gli ingredienti tipici di
quelle bevande sostitutive del pasto che dopo l'aggiunta di acqua e aver mescolato
assumono l'aspetto di corpose poltiglie verde-marroni. Le aziende che
commercializzano questo genere di prodotti sono convinte che questo tipo di
preparati bevibili siano più sostenibili dei pasti tradizionali.
Simo Suoheimo, co-fondatore della startup finlandese Ambronite, con
sede in California, infatti, ha dichiarato: "Crediamo che il [classico]
sistema del cibo [oramai] sia fallito... Fino al 40% dei prodotti
alimentari negli Stati Uniti viene sprecato in tutto il suo percorso a
partire dall'azienda agricola, mentre metà della popolazione è prediabetica o diabetica."
A detta dei difensori di queste miscele prandiali, ogni porzione è
progettata per fornire le sostanze nutritive necessarie per un pasto
completo e una quantità adeguata di vitamine, proteine e carboidrati.
Suoheimo aggiunge che la riduzione di un pasto ad una porzione di
polvere è eco-sostenibile, perché c'è un imballaggio minimo e, grazie
alla lunga durata di conservazione, è ridotto al minimo il rischio di cibo sprecato e cestinato.
Tuttavia, a differenza di quanto già fatto per la carne cresciuta in laboratorio, non ci sono
ancora studi scientifici che abbiano esplorato il grado di - e l'effettiva - sostenibilità dei prodotti
alimentari in polvere. C'è da dire che per realizzare la bevanda dell'azienda Ambronite, le noci
brasiliane vengono importate dalla Bolivia, la farina di cocco dalle Filippine e le mandorle dalla
Spagna. I frutti rossi vengono raccolte a mano in Finlandia. Ove possibile, la società acquista
anche da agricoltori e produttori biologici.
Come è possibile definire sostenibile dei prodotti realizzati quasi sempre con
ingredienti provenienti da tutte le parti del mondo? Il concetto di sostenibilità
ambientale è intrinsecamente connesso all'abbattimento dell'inquinamento dovuto alle
migliaia di km di mare e terra che vengono attraversati per il trasporto della materia prima
da un continente all'altro.
James Collier, co-fondatore dell'azienda inglese famosa per un altro un altro sostitutivo del
pasto "polverizzato" noto come Huel, oltre che nutrizionista esperto, ritiene che "Le attuali
strategie volte a migliorare la salute umana sono sbagliate. Essi si concentrano sul rendere le
persone [più consapevoli del contenuto di ciascun prodotto alimentare incoraggiandole a]
leggere con attenzione le etichette degli alimenti: questo può essere fuorviante perché
potrebbe indurre ad [acquistare alimenti] con basso contenuto di grassi, per esempio, senza
seguire il criterio della nutrizione migliore. "Dovremmo incoraggiare le persone a migliorare
le loro scelte alimentari, che non vuol dire ridurre [drasticamente] l'assunzione di sale e
zucchero."
Come l'Ambronite, gli ingredienti usati dalla Huel sono tutti vegetariani, per evitare l'impatto
ambientale collegato alla produzione di carne: riso e pisello proteico, semi di lino e trigliceridi
a catena media, questi ultimi utilizzati dagli atleti di resistenza. Che siano vegetariani poco
importa. In una società come quella odierna abituata a dimenarsi tra mille incombenze, presa
dalla frenesia del rispetto delle scadenze e dall'ossessione di dover impegnare in qualche
modo il proprio tempo, schiacciata dall'esigenze assillante di un lavoro sempre più
totalizzante, propinare "cibo liquido", cibo da "un sorso e via", è il corollario di un processo di
meccanizzazione della vita umana sempre più devastante.
È come l'olio sintetico versato nel motore della macchina per evitare che vada in panne!!! E
noi, creature umane, siamo un po' queste automobili abituate a sfrecciare su grigie strade di
città facendo a gara su chi sgombera l'incrocio semaforizzato prima che la luce diventi di
nuovo rossa. Invece che curare la sintomatologia (esigenza di ridurre al minimo il tempo
dedicato alla preparazione e al consumo del pranzo) di questo pesante disagio sociale,
bisognerebbe intervenire sulle cause del malessere (disparità di risorse economiche,
capitalismo imperante, etc) attraverso delle scelte politiche, economiche e sociali intelligenti
e lungimiranti piuttosto che sulle conseguenze (lavoro sempre più schiacciante, annichilazione
del valore del tempo, etc).
Ma poi, se la natura ci ha regalato due arcate fornite di denti frantumatori, trituratori e
impastatori, ci sarà una ragione! Bastano 6€ al giorno per un pasto bevibile Huel ("drinkable"
direbbero gli inglesi) in grado di fornire le calorie tipiche di un pranzo. Le 2000 calorie
giornaliere vengono fornite, invece, da circa 30€ di bevande con il marchio Ambronite. Alla
stessa cifra, si potrebbero consumare pasti già pronti, persino biologici.
Perchè, allora, favorire questa forma di cibo sterile? La risposta è sempre la stessa:
ogni scusa è buona per costruire un business che cavalca le esigenze più urgenti degli uomini
senza educarli a prendersi cura di se stessi in maniera sana. E, ovviamente, molti ci abboccano
attratti dal fascino di evitare "tutto il lavoro necessario per creare un piano alimentare che
include lo shopping, la preparazione, la cottura e il lavaggio" come spiega Collier.
I pasti liquidi inaugurano così la fine del pranzo normale, un'affermazione che evoca immagini
distopiche di famiglie raccolte in cucine sterili a far la coda in maniera composta per le loro
porzioni, si legge su The Guardian. "Il cibo è una necessità quotidiana, che fornisce
carburante, e per le persone in movimento è perfettamente possibile che [il cibo in polvere
possa] rivelarsi utile, proprio come quelle persone che preparano [miscugli di proteine] prima
di una corsa", dice Tim Benton, un professore della popolazione in ecologia presso l'Università
di Leeds.
"Ma per la maggior parte di noi, nella maggior parte del tempo, il cibo svolge una grande
varietà di altre funzioni, come [favorire] il divertimento, la condivisione con amici e familiari,
[celebrare eventi] culturali o anche solo gustare nuovi sapori. [Tutte queste funzioni] non
possono essere così facilmente sostituite da una soluzione rapida. Abbiamo bisogno di cibo
vero e che le interazioni sociali che lo circondano restino umane".
La dottoressa Joanna Kershaw, docente di scienza dell'alimentazione presso l'Università
Metropolitana del Manchester è d'accordo. "Il cibo è molto più di semplice nutrimento"
aggiunge. La dottoressa ritiene che gli alimenti in polvere hanno e continueranno ad avere
molte applicazioni in ambito medico soprattutto per coloro che hanno difficoltà a masticare o
deglutire, nella gestione della perdita o del recupero del peso, etc ma non possono,
indubbiamente,"sostituire il piacere di mangiare".
"L'obiettivo non è quello di sostituire il cibo tradizionale del tutto" dice Suoheimo. "[Questi
pasti liquidi] servono a creare una possibilità vera di godere di un pasto completo invece che
ricorrere,come molta gente di solito fa, a fast food, snack bar, a opzioni di sintesi, come gli
integratori sportivi che non hanno neanche lontanamente la completezza nutrizionale del cibo
vero o addirittura, invece, che saltare i pasti".
(da Bio@gricultura Notizie di AIAB – gennaio 2016)
Stop alla morte di 30 milioni di pulcini maschi, tritati
o soffocati appena nati. La Germania dice basta. In
Italia nessuno vuole commentare!
Antibiotici
negli
allevamenti: le vendite in
USA tra il 2009 e il 2014 sono aumentate del
23%. Sono utilizzati per prevenire le malattie
(da Il Fatto Alimentare – gennaio 2016)
Care e cari amici, come sapete l’amministrazione del comune di Padova ha dato il via
all’iter burocratico per sfrattare AltrAgricoltura Nord Est dalla sede operativa
dell’Associazione, sita in Corso Australia 61 a Padova, nell’area comunale dell’ex
macello che, costruito negli anni ’60 e tolti i pochi anni iniziali, è stato sostanzialmente
abbandonato al degrado per quasi 40 anni!
Dal 2005 AltrAgricoltura ha costruito un presidio vivo e frequentato dalla cittadinanza
che ha preservato dal degrado i 600 metri assegnati mentre gli altri
quarantacinquemila dell’intera area, abbandonati, hanno visto solo incuria totale e
saccheggio...
L’abbandono delle proprietà comuni, da parte delle amministrazioni che le gestiscono,
in attesa dei grandi processi speculativi avviene continuamente e dappertutto
sull’intero territorio nazionale, è contro questa logica speculativa che non presta
attenzione alla tenuta del tessuto sociale e delle possibilità concrete di un buon
vivere, anzi le disgrega, che noi chiediamo una presa di posizione e una
manifestazione di solidarietà che ci permetta di mantenere vivo il programma di
lavoro del Gruppo di Acquisto Solidale “Il Ciclo Corto”.
Contro il progettato sgombero di
AltrAgricoltura
abbiamo
programmato per
DOMENICA 10 GENNAIO
2016 dalle ore 12:00
(nella sede in Corso Australia 61 –
Padova) un momento conviviale
aperto a tutti, un pranzo veloce
con contorno di tante altre
iniziative.
Lo scopo della giornata è fare un
primo punto sulla raccolta firme
che verrà presentata il 14 gennaio
all'incontro
con
i
dirigenti
comunali, vi invitiamo quindi a
portare tutti i fogli firme che avete
raccolto!
Inizio ore 12:00 con aperitivo e
brunch condiviso in cui ogni
partecipante prepara e porta
qualcosa (piatti pronti di qualsiasi
genere
esclusivamente
da
riscaldare).
Seguiranno poi altre attività, tra le
quali laboratorio e giocoleria per i
bambini, musica, danze...
Pubblicizzate e seguiteci sulla
nostra pagina Facebook
Per sottoscrivere la petizione on line cliccate su questo link
(da Altragricoltura Nord Est – gennaio 2016)
SCIARE A TUTTI I COSTI, L’IMPATTO AMBIENTALE DELLA NEVE
ARTIFICIALE
La creazione di neve artificiale, sempre più diffusa nelle località sciistiche, implica il consumo
di grandi quantità di acqua ed energia. Siamo ormai abituati a cercare surrogati della natura
in numerosi ambiti, dall’alimentazione alle attività quotidiane. In questa stagione, se la natura
non “collabora” producendo neve l’uomo è persino in grado di crearla artificialmente, tramite
i cosiddetti cannoni sparaneve che, in opportune condizioni meteorologiche, trasformano
una certa quantità d’acqua in neve.
Questa pratica, innegabilmente vantaggiosa per le località sciistiche e per gli appassionati di
sport invernali, ha però degli elevati costi ambientali. Per creare neve artificiale occorrono
infatti grandi quantità di acqua ed energia, oltre ad alterare la composizione del terreno, della
vegetazione e la biodiversità delle zone alpine.
Secondo il WWF ogni anno vengono impiegati
circa 95 milioni di metri cubi d’acqua e 600
gigawattora di energia, per una spesa di
136mila euro per ettaro di pista.
Secondo G. Giacometti, dottore forestale della
sezione del CAI di Padova, l’innevamento
artificiale comporta
anche conseguenze
negative per la vegetazione.
La neve artificiale ha un alto contenuto di
acqua liquida, circa il 15-20 per cento rispetto
al 7-10 per cento della neve naturale, di
conseguenza ha un peso maggiore e una
minore capacità di isolamento termico che la
neve asciutta eserciterebbe fra suolo e atmosfera.
Questi fattori causano il congelamento del suolo impedendo il passaggio di ossigeno e
provocano l’asfissia del sottostante manto vegetale, il quale è soggetto in seguito a morte
e putrefazione. Nei luoghi soggetti ad innevamento artificiale è stato riscontrato un ritardo
dell’inizio dell’attività vegetativa, fino a 20-25 giorni rispetto alla media. Il deterioramento del
manto erboso rende i pendii più soggetti all’erosione e altera l’ecologia e la biodiversità
dei versanti montuosi.
L’innevamento artificiale da un lato contribuisce a salvare l’economia di molte località
sciistiche e numerosi posti di lavoro, dall’altro costituisce una specie di paraocchi. Il pianeta
sta cambiando, le temperature globali sono in aumento a causa delle attività antropiche e
fare finta di niente sostituendo la neve naturale con quella artificiale potrebbe non essere la
soluzione. L’utilizzo dei cannoni sparaneve dovrebbe in ogni caso essere regolamentato e
sottoposto ad accurate valutazioni di impatto ambientale.
(da Lifegate – gennaio 2016)
L'agricoltura biologica
alternativa concreta
sociale,
Il fungo killer ci porta dritto alle
banane OGM
(da Terra Nuova – dicembre 2015)
Cooperativa Zanardi: l’azienda chiude? La riaprono
i lavoratori!
Da Italia che Cambia – gennaio
2016
I cinesi stanno coltivando
illegalmente mais OGM,
l’accusa di Greenpeace
(da Lifegate – gennaio 2016)