Testo tratto dal manoscritto del Preside Luigi Andriola

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Transcript Testo tratto dal manoscritto del Preside Luigi Andriola

Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA D’ANTELMI
Gennaio 2016
Ostuni
Ha origine come corso d’acqua in contrada Scopinaro e prosegue attraverso le contrade
Baugli, Rienzo e Albero Dolce fino alla via Traiana dove, raccogliendo le acque purificate
provenienti dal depuratore, le riversa in mare a contrada Fontanelle. Nel tratto iniziale il flusso
è incanalato nella roccia o è delimitato da muretti a secco allargando progressivamente il suo
alveo a qualche chilometro dalla foce, arricchendosi di una folta e rigogliosa vegetazione. In
una descrizione del 1795 si legge che la lama è circoscritta da pannoni di sasso incavati dalla
natura (grotte utilizzate come ovili) … e in buona parte parietata con pietre a secco. Nella
lama ci sono 138 alberi di olivi e 25 termiti (olivi selvatici) …e stoppelli tre ad uso di semina
quali sono nell’estremità di sotto della lama verso mare.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
La lama nel suo tratto più interno rispetto alla linea di costa presenta una fitta vegetazione a
macchia mediterranea che nelle lunghe e fredde notti d’inverno offre a numerose specie di
uccelli un sicuro riparo da situazioni climatiche avverse. Un naturalista, o semplicemente un
osservatore non distratto, può infatti constatare al crepuscolo invernale nelle vicinanze di una
lama, un elevato numero di merli, tordi, pettirossi, fringuelli, lucherini, capinere ecc. che a
gruppi rumorosi si contendono il ramo più sicuro nella fitta vegetazione. In queste situazioni
in passato, durante le notti invernali caratterizzate da forti venti, veniva effettuato un crudele
tipo di cattura, attualmente vietato, chiamato “la jacca”. Questa operazione consisteva
nell’individuare gli uccelli nella fitta vegetazione con l’aiuto di una lampada ad acetilene, per
poi ucciderli con un’apposita “paletta”.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA GORGOGNOLO
Febbraio 2016
Ostuni
Il tracciato del ruscello ha inizio in contrada Grottone e continua per le contrade Leoce,
Locopagliaro e Martano allargandosi in una lama in prossimità di un trappeto ipogeo nei
terreni della masseria Gorgognolo. Assume successivamente una forma canalizzata per
terminare nella spiaggia omonima. Il toponimo derivato dai termini latini gurges (pantano) e
niger (scuro) è presente in un atto del 1337 nella forma gurgus niger da cui è derivato gurgo
gnuro e quindi gorgognolo, probabilmente per la colorazione scura delle acque. Appartenuta
ai francescani conventuali dagli inizi del XVI secolo, la lama era generalmente concessa in
fitto insieme al trappeto, a terre incolte e al fiume per la durata di tre anni. Alla fine del XVI
secolo il fiume fu scorporato dai beni agrari per essere affittato annualmente. Le vasche che
ancora oggi caratterizzano il cosiddetto Fiume d’Incalzi rappresentano, pertanto, l’ultima
fase evolutiva di una antichissima pratica di allevamento ittico.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
Nella lama prevalgono le tipiche piante della macchia mediterranea e sugli spalti rocciosi
domina l’ambiente pseudosteppico tipico di ambienti carsici poveri di suolo. Tra la
macchia mediterranea predomina il Mirto (Myrtus communis), l’Olivastro (Olea europaea
var. oleaster), il Lentisco (Pistacia lentiscus), la Fillirea (Phillyrea latifolia L.) e qualche
perastro (Pyrus amygdaliformis). Lungo le arre rocciose coperte da pseudosteppa prevale
il timo, mentre nel fondo della lama troviamo il Salvione giallo (Phlomis fruticosa) pianta
tipica delle coste meridionali dell’Europa e diffusa soprattutto in Grecia, presente da noi
come relitto vegetazionale di ere geologiche passate quando la costa pugliese era unita a
quella balcanica.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA ROSA MARINA
Marzo 2016
Ostuni
Dalla collina ostunese, precisamente da contrada Bagnardi, principia il canale che dopo
aver inciso i terreni olivetati delle contrade Foggiali e Brancati, a contrada Taverne si
congiunge con un altro corso d’acqua creando una depressione carsica notevole per
estensione e profondità. Indicata anticamente con la denominazione Gravina, la lama ha
restituito frammenti ceramici riferibili all’età neolitica. Le lame, infatti, oltre ad essere state
luoghi privilegiati per le operazioni venatorie dei cacciatori del paleolitico per la ricchezza
di selvaggina e di avifauna, sono state interessate all’insediamento dei primi allevatori
ed agricoltori del neolitico. Nei terreni pianeggianti sovrastanti la lama, Donato Coppola
ha individuato negli anni 70 del 1900 un insediamento neolitico cancellato dall’impianto
estrattivo del tufo, attivo in quella zona fino al decennio successivo.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
Coperta da una macchia alta a lentisco e mirto, presenta numerosi olivi un tempo coltivati e
che oggi risultano inglobati nella vegetazione spontanea, il fondo è largo e gli spalti rocciosi
laterali alti e verticali. L’ultimo tratto della lama, in corrispondenza del Villaggio Rosa
Marina, assume una conformazione stretta e profonda, creando un ambiente tanto inestricabile
quanto affascinante. Qui la macchia cede il passo al bosco con lecci di grandi dimensioni.
I boschi consentono un costante ombreggiamento e ciò assicura una frescura ed un’umidità
con le pozze d’acqua che permangono per diversi giorni, preziose per tanti piccoli animali
che nella stagione secca riescono ad abbeverarsi. Queste condizioni di frescura consentono
ai costoni rocciosi laterali di risultare coperti da un muschio verdissimo che da l’impressione
al visitatore di trovarsi in un ambiente tropicale quasi surreale. La lama termina in prossimità
della costa con uno stagno alimentato da sorgenti naturali con canne palustri giunchi e ginepri
che le assicurano una bellezza incantata. La lama rientra nel perimetro del Parco Regionale
delle Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA FIUME MORELLI
Aprile 2016
Ostuni
E’ una voce molto antica, trascritta dal 1183 in forme diverse quali gullo, kulkuli, guilloli,
varianti riconducibili al latino gurges (pantano) da cui proviene vuglia, quella che individuava
Lamavuglia detta comunemente Torre Bianca o il Fiume come si legge nelle carte IGM. Il
termine vuglia modificato in muglia designa ancora oggi una delle numerose vasche, detta
appunto della muglia, dell’impianto di acquacoltura di Fiume Morelli. Scelto come location per
produzioni televisive e cinematografiche per le sue pittoresche caratteristiche paesaggistiche
e vegetazionali, la lama è ricca di grotte, in alcune delle quali sono stati portati alla luce reperti
di età mesolitica e neolitica. In particolare nella grotta detta del Gatto Selvatico l’archeologo
Donato Coppola ha rinvenuto frammenti ceramici decorati a fasce dipinte o a impressioni.
Altre testimonianze di antiche pratiche cultuali possono riconoscersi in altre grotte nelle quali
si osservano buche scavate nel piano di calpestio
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
La lama confluisce sulla costa in corrispondenza di Fiume Morelli, zona umida con un antico
impianto di acquacoltura rimesso in funzione di recente. Si tratta di una lama spoglia di
vegetazione arborea ed arbustiva, ma con un elevato valore naturalistico per la presenza
di habitat pseudosteppici riscontrabili anche sulle dune fossili adiacenti visibili a monte
della SS 379 Bari-Lecce. Dal punto di vista vegetazionale la pseudosteppa mediterranea è
un’associazione erbacea con un alto livello di biodiversità simile alle steppe euro-asiatiche,
che a differenza di queste si sviluppa in un clima mediterraneo, su suoli aridi e pietrosi.
Molto comune è il genere stipa, da cui deriva il termine steppa, mentre sulle rocce affioranti
si osservano incrostazioni di Licheni, primo stadio della colonizzazione vegetale. Il pascolo
e gli incendi hanno favorito lo sviluppo della vegetazione tipica della pseudosteppa con
fioriture primaverili coloratissime. Frequenti in questo habitat sono le fioriture di orchidee
selvatiche, tra cui la rara Serapias orientalis subspp. apulica, presente nella Lista Rossa,
endemica della Puglia, scoperta di recente sulle dune fossili poste ai lati della lama di Fiume
Morelli da studiosi tedeschi. La lama rientra nel perimetro del Parco Regionale delle Dune
Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA ROSA MARINA
Maggio 2016
Ostuni
Alcune grotte che costellano la sponda occidentale della lama di Rosa Marina, detta nel catasto
del 1737 lama della Taverna, erano probabilmente legate alla vicina via Traiana, la strada
romana voluta dall’imperatore Traiano nel II sec. d.C., per abbreviare di un giorno l’itinerario per
Brindisi. Il toponimo grotta della taverna in uso nel XVI e nel XVII secolo, riconducibile a una
stazione di sosta e di ristoro per i viaggiatori, è passato poi ad indicare il complesso masserizio
sorto un secolo più tardi nel punto in cui due bracci confluiscono nella lama principale. Nelle
vicinanze di queste cavità Donato Coppola ha individuato una piccola area ricca di tegolame
che può essere riferita ad età ellenistico romana per la presenza di un frammento a vernice
nera. Nel 1774 nelle vicinanze della Torre costiera detta di San Leonardo sorse una nuova
locanda voluta dalla Commenda di Malta sebbene c’è da credere che la grotta della taverna
avesse esaurito la sua funzione già da molti secoli.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
E’ una delle lame più belle dell’agro di Ostuni, tante sono le grotte che si aprono sulle pareti
laterali. Nel tratto terminale del profondo canale carsico troviamo un bosco con esemplari di
leccio monumentali che in corrispondenza della costa diventa composto da ginepri del tipo
fenicio (Juniperus phoenicea subsp. turbinata) e coccolone (Juniperus oxycedrus subsp.
macrocarpa). Si tratta di boschi importanti perché fitti e profondi dalla linea di costa. La
lama termina con uno stagno permanente alimentato da sorgenti di acqua dolce sulla caletta
sabbiosa detta “del Pontile” al confine tra Rosa Marina e Monticelli. I boschi di leccio e a
seguire quelli di ginepro fanno da cornice lungo le sponde laterali dello stagno rendendo questo
scrigno di natura un luogo dal grande fascino. Lo stagno è pieno di vita ospitando specie rare
come il Rospo smeraldino, oltre a Cefali e Anguille. Molte delle lame di Ostuni terminano
lungo la costa sempre in corrispondenza di una caletta sabbiosa, l’ampiezza della cala sabbiosa
è proporzionale all’imponenza della lama. In più casi in queste calette troviamo uno stagno
carsico retrostante alimentato da sorgenti naturali. In una terra arida e siccitosa, senza fiumi e
laghi, questi piccoli laghetti carsici di acqua dolce rappresentano una vera rarità, preziosi habitat
naturali dal grande valore conservazionistico. La lama rientra nel perimetro del Parco Regionale
delle Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo.
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Fotografia del preside Luigi Andriola
DIFESA DI MALTA
Giugno 2016
Ostuni
Una funzione assegnata alle lame era quella di marcare i confini tanto di terreni agrari
quanto di più ampie circoscrizioni amministrative. Il vallone della Difesa di Malta,
geonimo settecentesco che ha sostituito il primitivo Lama di Pisco Marano, toponimo
rimasto ad indicare la contrada nella quale insiste il Dolmen di Montalbano risalente a
4.000 anni fa, ha da tempo immemorabile delimitato il territorio di Ostuni da quello di
Monopoli, primo centro importante della contigua Terra di Bari. Agli inizi del XIV secolo
Filippo d’Angiò, principe di Taranto, regolarizzò il tracciato del vallone che mostra un
tratto di roccia modellata da tagli artificiali nella parte iniziale. Oggi la lama segna il
confine tra il nostro comune e quello di Fasano che nel Medioevo rientrava tra i feudi
appartenenti alla Commenda di Malta.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
La lama si trova in corrispondenza di estesi seminativi e pascoli aridi e pietrosi che giungono
fino al mare. Questi ambienti ampi e spogli di vegetazione arborea sono importanti per
la fauna migratrice come grandi rapaci, che frequentano queste aree per cacciare le loro
prede. Tra i seminativi e i bordi della scarpata sono visibili diversi falconiformi rupicoli,
fra i quali il gheppio e rapaci notturni, quali il barbagianni e la civetta, che nidificano sulle
pareti rocciose della lama che rappresenta un’alternativa rispetto alle abitazioni rurali.
Tra i piccoli passeriformi degli ambienti aridi che nidificano sulle pareti rocciose, il più
caratteristico è il passero solitario, dal piumaggio blu metallico e dal canto melodioso.
Caratteristico dell’ambiente rupicolo, oltre che dei muretti a secco, è il geco verrucoso
(Emidactylus turcicus) ed il raro geco dell’Egeo (Mediodactylus kotschy); quest’ultimo
non ha i cuscinetti adesivi all’estremità delle dita ed è presente in pochissime zone della
Puglia. La lama rientra nel perimetro del Parco Regionale delle Dune Costiere da Torre
Canne a Torre San Leonardo.
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA D’ANTELMI
Luglio 2016
Ostuni
Non è sicuramente il più lungo canale del nostro territorio ma anticamente il titolo Lamalunga
contrassegnava questa formazione carsica probabilmente per distinguerla dalle altre lame che
si sviluppano nel versante orientale della marina, di modesta lunghezza. Il toponimo attuale è
stato esteso agli inizi del secolo scorso a tutta la formazione carsica mentre alla fine del 1700
indicava soltanto il tratto iniziale, in prossimità della strada, posseduto sin dalla metà del
1600 da alcuni rappresentanti della famiglia Antelmi. Il terreno fu incamerato dal Capitolo
della Cattedrale per debiti contratti e non soddisfatti dal chierico Giuseppe e dal reverendo
Leonardo Antelmi nel 1694.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
Il tratto terminale della lama confluisce a mare in corrispondenza di una costa rocciosa dove
è presente una vegetazione pioniera tipica delle scogliere basse, soggetta al moto ondoso, che
si presenta rada e discontinua, caratterizzata da specie suffruticose e crassulente, in genere
casmofite, alofile, ossia tipica di ambienti salsi. Essa è caratterizzata da specie quali il limonio
virgato (Limonium virgatum), il limonio pugliese (Limonium apulum), il finocchio di mare
(Crithmum maritimum), la salicornia glauca (Arthrocnemum glaucum), l’aglio delle isole
(Allium commutatum). Di notevole interesse è il Limonium apulum, una specie endemica
esclusiva delle coste pugliesi, il cui areale, molto ristretto, interessa la fascia costiera adriatica
tra Brindisi e Manfredonia. Individua l’habitat di interesse comunitario “scogliere delle coste
mediterranee con Limonio endemico”. Anche l’aglio delle isole è una specie molto rara in
Italia ma non in Puglia.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA DELLE MONACHE
Agosto 2016
Ostuni
La lama ha inizio un centinaio di metri dopo l’incrocio della strada provinciale per Villanova
con il percorso orientale della via Traiana. Lambisce i terreni delle masserie Mangiamuso e
Libertini e continua il suo percorso in direzione della Statale 379, dopo una breve biforcazione
verso oriente. Sprofonda nel terreno per riemergere attraverso una canalizzazione in località
Mangiamuso. E’ una lama che non ha intitolazione nelle mappe ufficiali (I.G.M. e catastali)
detta dai possessori dei terreni circostanti e dai lavoranti di quei poderi “delle Monache”. Si
può supporre che tale specificazione derivi da un toponimo popolare usato per indicare una
spiaggia tra Camerini e Creta Rossa conosciuta come “spiaggia delle monache”, che non
ha alcun legame con la foce di questo canale. La conformazione ampia e poco profonda ha
favorito la coltivazione dell’olivo e nell’unica grotta che si apre sul versante occidentale si
riconoscono i segni di un antico impianto di molitura delle olive.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
Coperta da una macchia fitta e da una gariga con arbusti bassi e radi su affioramenti pietrosi,
due formazioni vegetali che alternano irregolarmente o si compenetrano. La macchia si
presenta con specie sempreverdi, arbusti dalle foglie piccole e coriacee, resistenti all’aridità
(xenofilia); predomina il portamento arbustivo dove si perde l’individualità di ogni singola
pianta. Le specie dominanti sono il mirto e il lentisco, insieme alla fillirea, l’alaterno,
l’oleastro, il rovo, il tè siciliano e la stracciabraghe. La gariga è una formazione vegetale con
arbusti bassi e radi che non superano l’altezza di un metro e che si sviluppano su suoli poveri,
con roccia affiorante. A causa del continuo pascolamento queste piante hanno sviluppato
particolari adattamenti come la presenza di spine e di olii aromatici poco appetibili, risultando
così resistenti al morso delle greggi, tra queste: il rosmarino, Satureja cuneifolia, il timo,
il cisto di Montpellier, Cistus salvifolius, Cistus screticus, l’asparago, l’asfodelo, Bellis
sylvestris, Brachypodium ramosum, Dafne gnidio, Dorycnium hirsutum, Urginea maritima.
Il fuoco è un fattore che influisce sulla composizione e sulla struttura delle comunità vegetali,
condizionandone la loro evoluzione e la loro conservazione.
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMAFORCA
Settembre 2016
Carovigno
Da tempo immemorabile confine tra il territorio di Ostuni e quello di Carovigno, i terreni
intorno alla lama, delineata nel tratto iniziale da due bracci, appartennero fino alla metà del
XIX secolo a un beneficio ecclesiastico. In un atto del 1795 si legge che la linea divisoriale
va a ferire la metà del posto dei cavallari e propriamente il camino della focaia divenuto
successivamente ambiente della masseria oggi parte integrante del villaggio turistico
VALTUR. Il posto dei cavallari era il locale destinato al riposo delle guardie a cavallo (da
non confondersi con il procaccio, che era un corriere destinato ai trasporti di merci di piccole
dimensioni e di valori per conto di privati), che sorvegliavano le vie costiere, le difese e le
terre chiuse della marina dallo sconfinamento degli animali al pascolo. Anche le grotte che si
aprono in questa lama sono state frequentate sin dalla preistoria. In una di queste, localizzabile
nella sezione finale, sono stati ritrovati pezzi ceramici in argilla depurata e a impasto.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
E’ una lama che si presenta spoglia da vegetazione arborea e arbustiva. Tra la vegetazione
rupicola presente sugli spalti calcarei della lama, troviamo il cappero (Capparis spinosa),
mentre all’interno delle grotte è presente la capelvenere comune (Adiantum capillus-veneris).
Sul fondo della lama, prevalgono specie erbacee invadenti come l’avena barbata (nome volgare
avena cresta o “lizit”), l’erba vaiola maggiore (Cerinthe major), la Briza minor, la Knautia
arvensis, ecc. Curiosa è la diffusione dell’Orobanca crenata (nome volgare sporchia), specie
parassita delle leguminose (specie commestibile, un tempo comune nella cucina locale).
Questa lama, come tante altre, grazie ai numerosi anfratti tra le rocce, da la possibilità di
nidificare a numerosi “rapaci notturni”, tra cui la Civetta (Athena noctua), il Gufo (Asio otus)
e il Barbagianni (Tyto alba) dal colore bianco e dal volo elegante e silenzioso.
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMACORNOLA
Ottobre 2016
Ostuni
E’ sicuramente la più spettacolare tra le lame che solcano la piana della marina. Il considerevole
sviluppo in lunghezza di questa lama rese necessaria nel passato una distinzione di alcuni tratti
destinati a pratiche colturali per l’allargamento dell’alveo inizialmente stretto e profondo. Si
ricordano così lo fundo delli coccioli per la cospicua presenza di fossili, la lamistella per una
breve diramazione del canale e nel corso finale lamaluzza, caratterizzato da risorgive nelle
quali erano allevati pesci. Va detto, infatti, che nel vernacolo ostunese luzze è il termine che
indica il nasello. Le grotte degli spalti sono state abitate da comunità di allevatori ovicaprini
nell’età eneolitica. A una di queste comunità apparteneva l’uomo di Lamacornola, lo scheletro
emerso nel 1994 nel corso di lavori di manutenzione del canale, ora conservato nel museo
ostunese di Civiltà Preclassiche.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
E’ una delle lame più imponenti di Ostuni, un ecosistema dove possono trovarsi più
ambienti in base ai diversi microclimi, condizionati dai differenti aspetti morfologici che
la caratterizzano. Ciò assicura una grande varietà di forme di vita sia animali che vegetali.
La lama prende il nome dagli esemplari di carrubo (Ceratonia siliqua) i cui frutti venivano
utilizzati per l’alimentazione del bestiame e la produzione di farine per l’alimentazione
umana. Percorrendo Lamacornola si potrà notare che sui bordi prevale una formazione a
gariga costituita in gran parte da timo (Thymus capitatus), da santoreggia (Satureja montana),
e asfodelo (Asphodelus aestivus). Scendendo verso la base della lama si rinvengono grandi
esemplari di lentisco (Pistacia lentiscus) frammisto a specie caducifoglie come il perastro
(Pyrus amygdaliformis) e il biancospino (Crategus monogyna). Degna di attenzione è la
presenza di esemplari di roverella (Quercus pubescens), specie riscontrabile in ambienti
freschi dell’entroterra collinare. Ciò è dovuto all’inversione termica per l’aria più fresca
e umida che stagna nel fondo della lama che potremmo paragonare ad una montagna
capovolta. La lama termina con uno stagno permanente in corrispondenza della spiaggia
grande del Pilone. La lama rientra nel perimetro del Parco Regionale delle Dune Costiere
da Torre Canne a Torre San Leonardo.
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMASANTA
Novembre 2016
Ostuni
Principiando come un corso d’acqua naturale alle pendici del Monte Concezione, il rigagnolo
si allarga progressivamente in contrada Lamacavallo assumendo nuovamente andamento
torrentizio nei terreni di contrada Lardagnano. Con questo aspetto si inoltra nella piana
olivetata formando un avvallamento nelle vicinanze della masseria Pontore (con significato
di angolare). Di qui la lama si allunga con un profilo tortuoso e serpeggiante fino al mare,
segnata da versanti che raggiungono in certi punti una notevole altezza. Nel tratto finale le
acque dolci potenziate da risorgive subacquee originano una breve zona umida. Questa lama
registrata nella documentazione cartografica come Fosso del Puntore presenta numerose
grotte utilizzate nel passato come ovili. Il toponimo Lamasanta, già presente in atti del XIV
secolo designava soltanto i terreni circostanti lo scoscendimento per la vicinanza con la chiesa
di Santa Maria della Strada distrutta nel XVII sec. ma anche con la grotta di Santa Lucia,
localizzata nella successiva Lama detta appunto di Santa Lucia.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
La lama solca i campi destinati a pascolo e seminativi nei pressi della omonima masseria.
Il canale carsico riveste una notevole importanza dal punto di vista ecologico in quanto
contiene al suo interno specie vegetali appartenenti all’originario paesaggio che, nel piano
di campagna circostante, sono state sostituite, secoli addietro, dalle coltivazioni. Per questa
ragione una lama contiene relitti vegetazionali che fungono da veri e propri “corridoi
ecologici” che offrono rifugio e consentono la mobilità della fauna legata a questi habitat. La
macchia presente sugli spalti e sul fondo, costituisce rifugio per piccoli mammiferi. Sui bordi
perimetrali della lama si riscontra una formazione a gariga costituita in gran parte da Timo
(Thymus capitatus) mentre sulle pareti a consistenza tufacea cresce il Cappero (Capparis
spinosa). La lama termina in corrispondenza di una caletta sabbiosa con uno stagno costiero
alimentato da polle sorgive che si insinua tra due sponde rocciose coperte da una ricca e
variegata vegetazione mediterranea dove è facile riscontrare il Limonio comune (Limonium
serotinum) e il Limonio virgato (Limonium virgatum). Ai bordi dello stagno troviamo il
Giunco marittimo (Juncus maritimus).
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Fotografia del preside Luigi Andriola
LAMA MANGIAMUSO
Dicembre 2016
Ostuni
Era detta anticamente Lama di San Vito per alcuni terreni che facevano parte del patrimonio
fondiario spettante al sacerdote della medioevale chiesa ostunese di San Vito martire. Nel
corso del XVIII secolo l’agionimo è stato sostituito da Mangiamuso, deformazione del
primitivo Marchisi, trascritto nei documenti anche nelle forme Maglisi o Maggiusi, da ritenere
un agnome o un cognome. La cisterna de li Marchisi nel 1584 è menzionata nel testamento
di Donato Petrarolo (morto dopo il 1587), personaggio di spicco della borghesia ostunese del
tempo, ricordato in una lunga epigrafe nella chiesa dell’Annunziata. La cisterna insieme alla
Lama di San Vito, alla grotta, alle olive, a ensite, alla chiusura dell’aera della chianca furono
ereditate da Alfonso, nipote di Donato, avendo come confini la via di Villanova e la via Appia.
All’interno della lama una grotta, con tracce di affreschi raffiguranti San Nicola e forse San
Giovanni evangelista, databili al XIII secolo, fu utilizzata in quel periodo probabilmente
come area cimiteriale per il rinvenimento nella zona di tombe costruite con grossi blocchi.
Testo della prof. ssa Enza Aurisicchio
È possibile vedere il corso della lama dall’antico tracciato della via Traiana. Le pareti rocciose
laterali che spuntano tra le aree coltivate con olivi monumentali generano ambienti rupicoli
dove le condizioni fisiche sono proibitive per aridità, mancanza di suolo e forte irraggiamento
solare che surriscalda la roccia nuda. La vegetazione che si insedia tra le pareti rocciose si
presenta rada e discontinua, con portamento a cuscino, foglie persistenti, piccole e pelose,
radici piccole ma robuste in grado di insinuarsi tre le crepe della roccia. La vegetazione
rupicola ha elevato interesse conservazionistico. Arrampicandosi tra le rocce è possibile
osservare il Carum multiflorum, e l’Umbilicus scloranthus tutte appartenenti alla Lista Rossa
Nazionale, costituendo una rarità in quanto vegetano solo in questi particolari ambienti. Lì
dove le pendenze si attenuano si associano le tipiche piante della macchia mediterranea:
mirto, leccio, olivastro, lentisco e fillirea.
Testo del dott. Gianfranco Ciola
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Le lame sono fenomeni carsici caratteristici delle Murge, originati dall’azione
erosiva esercitata dalle acque superficiali nella roccia calcarea.
Esse, ancora oggi, assicurano il deflusso delle acque che, dopo la pioggia,
scorrono come torrenti dalle colline murgiane al mare, dopo aver attraversato
la vasta pianura olivetata. Il deflusso delle acque, in alcuni tratti, si verifica
liberamente allargandosi nel terreno circostante.
In altri tratti, col passare del tempo, è stato contenuto dall’opera dell’uomo
mediante muretti a secco e scavi nella roccia. Ogni lama si distingue dalle altre
per la lunghezza, per la conformazione del terreno, per la vegetazione spontanea
che con il tempo si è sviluppata e per il tipo di coltivazione che in alcune di esse
è praticato. Si possono quindi individuare nelle lame zone coltivate a ulivo, aree
seminative o interessate dalla produzione di ortaggi, quasi sempre contrassegnate
da piante di capperi spontanei. Zone boschive con possibili passaggi pedonali si
alternano a tratti impenetrabili per la fitta vegetazione della macchia mediterranea.
Ambienti cespugliosi cedono il passo a zone incolte (pseudosteppa) mentre
alcuni tratti terminali assumono l’aspetto di zone umide per l’affiorare di acque
dolci, dove crescono rigogliosi canneti e piante tipiche dei terreni paludosi.
Quasi tutte, infine, per la facile erosione della pietra calcarea, mostrano grotte di
diversa grandezza scavate lungo i costoni laterali, utilizzate dalla più antica età
preistorica senza soluzione di continuità fino ai nostri giorni.
Testo elaborato sulla base di appunti del Preside Luigi Andriola
Cartografia delle lame del territorio di Ostuni (elaborata dall’Arch. Gianpiero Calò)
Le caratteristiche geomorfologiche e pedoclimatiche della “marina” di Ostuni, cioè di quell’area che si estende dalla scarpata murgiana fino al mare, hanno favorito da
secoli lo sfruttamento agricolo dell’area. La coltura predominante è quella dell’olivo che, condotta dapprima in maniera estensiva, ha col tempo, in seguito a successivi
rinfittimenti, assunto un carattere intensivo fino all’attuale specializzazione colturale.
Nel contesto di un ambiente così intensamente coltivato, le “lame”, grazie alla conformazione accidentata, sono in parte sfuggite alla messa a coltura costituendo in questo
modo delle vere e proprie riserve di vegetazione spontanea e importanti aree di rifugio per la fauna. L’andamento di esse, perpendicolare alla linea di costa, permette un
collegamento tra gli elementi vegetali e animali dell’ambiente collinare della “selva” e quelli della zona costiera diventando un vero “corridoio ecologico”.
Testo redatto dal dott. Gianfranco Ciola
Messaggio augurale
del Presidente
Anche con il suo calendario 2016 la Banca di Credito
Cooperativo di Ostuni si occupa del territorio dove
opera trattando, questa volta, il tema delle Lame. Tutti
hanno visto nei film i canyons e alcuni li hanno visitati,
ma pochissimi sanno cosa siano le Lame.
Bene, questo calendario vuole fornire spunti conoscitivi
di queste autentiche bellezze della nostra terra, in
modo da fornire un piccolo contributo per la loro
valorizzazione e, chissà, per la loro fruizione turistica,
così da aggiungere ulteriori elementi d’interesse per
chi viene a soggiornare da noi.
Così come accade ormai da diversi anni, anche per
il presente calendario il tema ci è stato suggerito dal
Preside Luigi Andriola, Vicepresidente della Banca
per quindici anni, venuto a mancare il 15 maggio 2015.
Questo calendario è un omaggio alla sua passione per
il nostro territorio, al suo impegno a voler rendere
Testo tratto dal manoscritto
del Preside Luigi Andriola
“Suggerimenti per la salvaguardia e la valorizzazione
delle lame del territorio di Ostuni.
Le lame del nostro territorio costituiscono un patrimonio
inestimabile, che non tutti conoscono, che va protetto e
valorizzato per rendere possibile la fruizione, dal punto
di vista turistico, di queste autentiche meraviglie.
Le lame non sono tutte uguali. Esse variano per
lunghezza, larghezza, conformazione del terreno,
vegetazione spontanea che via via si è sviluppata, tipo
di coltivazione che viene praticata in alcune zone,
presenza di antiche grotte. In ogni lama è presente il
corso d’acqua proveniente dalle colline murgiane. Esso
non sempre è visibile, perché la fitta vegetazione spesso
lo nasconde, ma termina sempre in un tratto della costa
del mare Adriatico.
I suggerimenti per rendere fruibili le lame sono generali
e puramente indicativi; inoltre possono variare per
ogni lama anche perché molte lame appartengono a
proprietari diversi.
E’indispensabile, per non alterare le loro caratteristiche,
che ogni intervento sia preceduto da un progetto, in
deroga ai vincoli esistenti, redatto da tecnici competenti
della materia e approvato da organismi istituzionali.
Le associazioni ambientalistiche sapranno certamente
giudicare il progetto con obiettività e spirito di promozione
e di sostegno. Indispensabile sarà un controllo severo e
continuo nella fase esecutiva dei lavori.
noti tutti gli aspetti e le peculiarità della nostra terra,
in modo da favorirne la conoscenza e lo sviluppo
turistico-economico. Del Preside vorrei ricordare la
sua fierezza e la fermezza del suo carattere, le sue
poche ma efficaci parole, la sua onestà, l’efficacia
del suo esempio e il piacere di sentirsi arricchiti dopo
averlo ascoltato. Pubblicare sul calendario le sue
fotografie è un modo per ricordarlo e per immaginare
che sia ancora fra noi. Nel corso di un recente
incontro con la moglie Signora Italia Petraroli, a un
certo punto è spuntato fuori da un cassetto nel quale
era gelosamente custodito, un manoscritto che, oltre
a fornire una puntuale descrizione morfologica e
botanica delle varie Lame presenti nel territorio
di Ostuni, si conclude con alcuni suggerimenti su
interventi che si potrebbero fare per rendere fruibili
questi capolavori. Le indicazioni sono precise e
meticolose e contengono una notevole visione
prospettica per la loro valorizzazione turistica. Ma
non voglio anticiparne i contenuti perchè di seguito
troverete la trascrizione integrale del manoscritto
che potrebbe essere la base per interventi rispettosi
dell’habitat ma, al tempo stesso, utili a rendere
visitabili questi posti incantevoli.
Elenchiamo qui di seguito alcuni suggerimenti da
tener presenti, sia nella progettazione degli eventuali
interventi che nella loro realizzazione.
1) Prevedere una strada sterrata larga circa mt. 3
che segua la linea generale del corso d’acqua per le
attività di servizio e per le passeggiate turistiche. Lungo
il bordo stradale si potrebbero sistemare dei sedili di
pietra locale e dei bassi pali per l’illuminazione.
2) Scavare un pozzo di acqua di falda freatica e
interrare lungo il bordo stradale un tubo resistente alle
alte pressioni per il trasporto dell’acqua che dovrebbe
servire a:
a) spegnere eventuali incendi;
b) irrigare le piante;
c) abbeverare, installando appositi contenitori,
la fauna stanziale locale in via di estinzione
(mammiferi, uccelli, rettili) e la fauna di transito.
3) Innestare gli olivastri e i perastri che abbondano
in parecchie lame, utilizzando le varietà locali. Per
l’olivastro preferire le varietà da tavola, da concia
e da salamoia; per il perastro le varietà S. Giovanni,
Ingegna, Regina, Gentile, Recchia falsa, Spatone.
4) Incrementare, dove c’è qualche radura o zona
seminativa, le piante da frutto già esistenti e introdurre
nuove specie, preferibilmente locali, in via di estinzione;
fico d’India (le varietà tardive), nespolo, melocotogno
ed altre. Per quanto riguarda la coltivazione del fico
preferire le varietà esistenti, la Petrella e la Dottata
e reintrodurre le varietà completamente scomparse:
Gattarola, Incalzi, Fogna, Monaca, Paradiso e
Natalegna.
5) Prevedere la realizzazione di un piccolo orto
botanico con laboratori didattici e visite guidate per
far conoscere, specialmente ai giovani, le piante del
territorio di Ostuni e potenziare la fruizione di questa
risorsa economica, che potrebbe essere un volano
occupazionale per la nostra zona.
6) Etichettare le piante forestali e da frutto con
etichette in legno o plastificate. Ogni etichetta
dovrebbe contenere il nome scientifico della pianta,
il nome comune ed eventualmente il nome dialettale.
7) Realizzare una strada periferica, dove è possibile,
a doppia corsia, una per il maneggio di cavalli e asini
e una per pista ciclabile. Le due corsie potrebbero
essere separate da una banchina con al centro una
siepe di oleandro, leccio, lentisco o mirtillo.
8) Creare un punto vendita di prodotti locali: fichi
secchi (zuccherati, semplici o mandorlati), olive da
tavola, capperi, mandorle, olio, vino, latticini vari
e quant’altro si produce nel territorio. Si potrebbe
utilizzare allo scopo qualche antica grotta, previo
opportuno restauro. Da prevedere anche l’abitazione
di un custode e la realizzazione di un parcheggio da
ubicare all’ingresso della lama.
9) Indispensabile, all’inizio del parcheggio,
l’installazione di un cartellone con la planimetria
dell’intero territorio di Ostuni in cui siano evidenziati
boschi, masserie, chiese rurali, ville, santuari, cave,
trappeti ipogei e moderni e tutto quello che può essere
interessante per il visitatore”.
Un particolare ringraziamento va alla prof.ssa
Enza Aurisicchio e al dott. Gianfranco Ciola per
aver redatto i testi descrittivi e all’arch. Gianpiero
Calò per aver elaborato la planimetria delle Lame.
Con questo calendario la Banca di Credito
Cooperativo di Ostuni vuole promuovere, ancora
una volta, lo sviluppo sostenibile del nostro
territorio, proponendosi di svolgere con sempre
maggior spirito di servizio la funzione creditizia
locale.
Auguri di buon 2016!
Francesco Zaccaria
Presidente
Banca di Credito Cooperativo di Ostuni
In copertina Lama Montanaro - Ostuni - Fotografia del Preside Luigi Andriola
La lama, detta nel passato Lama Tonsula, appartenente alla famiglia Boezio, è venduta nel 1774 al Monte, ovvero all’istituzione benefica fondata a Locorotondo da Vitantonio
Montanaro. Da quel momento inizia a essere indicata come Lama Montanaro. Così viene descritto il latifondo in un atto del 1783 una masseria … nella quale vi è un rivolo o sia
fiume di buona estensione e un giardino contiguo, nel quale si framezza detto fiume, che attacca al ponte detto della rena, con dentro una fontana d’acqua dolce con acconcio riparo
di fabbrica per uso di detto giardino e con lamia per comodo del giardiniere. Il tratto terminale della lama, caratterizzato da un consistente flusso d’acqua, il fiume appunto, fino
agli inizi del secolo scorso era utilizzato per macerare il lino, vegetale che aveva svariati usi. Oltre a fornire materiale pregiato per capi di abbigliamento per donne facoltose, il lino
vanta ancora oggi efficaci proprietà terapeutiche e poteva ridursi in farina e olio per l’alimentazione.
Testo della prof.ssa Enza Aurisicchio
La lama Montanaro è collocata nell’area costiera prossima a Torre Pozzelle. Lungo il solco carsico è possibile osservare una successione di elementi vegetali sempre più alti e folti,
dapprima erbacei, poi arbustivi ed infine arborei passando dalle specie pioniere della linea di costa a quelle della macchia e del bosco. Questa successione è visibile solo in rari tratti
della costa brindisina, così come diventa eccezionale la presenza del bosco monofitico a ginepro fenicio e coccolone (Juniperus phoenicea subsp. turbinata e J. oxycedrus subsp.
macrocarpa), detto bosco Montanaro. Per la sua estensione, pari a circa 6 ettari, e per l’imponenza dei ginepri arborei presenti, alti 4-5 metri, può essere considerato tra i boschi di
ginepri più estesi dell’intero litorale adriatico. Il bosco è delimitato della lama Montanaro fino al suo ultimo tratto per circa 100 metri occupato da uno stagno permanente alimentato
da polle sorgive dove è facile riscontrare la Cannuccia di palude (Phragmite saustralis), il Limonio comune (Limonium serotinum), il Limonio virgato (Limonium virgatum). Ai
bordi dello stagno troviamo il Giunco marittimo (Juncus maritimus) i cui rami flessibili venivano impiegati per realizzare i fuscelli utilizzati per produrre formaggi come la giuncata.
Testo del dott. Gianfranco Ciola