impianti antieffrazione antiintrusione

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Transcript impianti antieffrazione antiintrusione

in collaborazione con la casa editrice
presenta:
ImpIantI antIeffrazIone
antIIntrusIone
Descrizione
Rivelatori combinati
Protezione da manomissione
n Centrale
n Parzializzazione
n Collegamento tra centrale, rivelatori,
sirena, combinatori
n Organi di comando
n Dispositivi di segnalazione acustico
luminosa
n Requisiti ed esecuzione
delle interconnessioni
n Alimentazione dalla rete di distribuzione
n Conduttori a bassissima tensione
n Posa dei cavi
n Cadute di tensione
n Determinazione del livello di prestazione
delle connessioni
n Criteri di progetto dell’impianto
antieffrazione e antiintrusione
n Fasi che concorrono allo sviluppo
del progetto
n Determinazione delle zone da proteggere
n Livello di prestazione richiesto all’impianto
n Ubicazione, numero e tipo dei rivelatori
n Scelta e ubicazione della centrale
e degli organi di comando
n Ubicazione e regolazione dei dispositivi
di allarme acustici e luminosi
n Verifica del livello di prestazione
di un impianto
n
n
Normativa
Elementi del sistema antieffrazione antiintrusione
n Caratteristiche generali
delle apparecchiature
n Protezione degli involucri
n Dati di targa e documentazione tecnica
n Morsettiere
n Livelli di prestazione
delle apparecchiature
n Generalità sui rivelatori
n Circuito a corrente di riposo, circuito
a corrente di lavoro e linea di guardia
n Rivelatori per la protezione perimetrale
interna
n Rivelatori a contatto elettromeccanico
n Rivelatori a contatto magnetico
n Rivelatori a contatto di mercurio
n Rivelatori a pressione o tappeti sensibili
n Rivelatori a filo
n Rivelatore ad asta
n Rivelatori per protezione di superfici
n Rivelatori a barriera di raggi
infrarossi attivi
n Rivelatori per protezione volumetrica
n Rivelatori volumetrici a microonde
n Rivelatori a ultrasuoni
n Rivelatori ad infrarossi passivi
n
n
Tratto dal volume Manuale degli impianti elettrici pubblicato da
Editoriale Delfino Srl Milano
Maggiori informazioni su:
www.editorialedelfino.it/ita/dettagli.prodotto.php?id=62
www.schneider-electric.com
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IMPIANTI
ANTIEFFRAZIONE – ANTIINTRUSIONE
Normativa
Un sistema antieffrazione – antintrusione è costituito da apparecchiature prevalentemente elettriche ed elettroniche, opportunamente disposte e collegate, in grado di rilevare e segnalare un
tentativo di scasso per il superamento di difese fisiche (impianto antieffrazione) e un tentativo di indebita intrusione all'interno delle
aree protette (impianto antiintrusione). I due sistemi devono essere
integrati tra di loro e con le protezioni fisiche.
Nel seguito si descrivono gli impianti di protezione interni facendo
riferimento in particolare alle seguenti norme emanate dal CT 79
del CEI:
CEI 79-2 - Norme particolari per le apparecchiature. Indica le caratteristiche e prestazioni che le apparecchiature devono offrire.
CEI 79-3 - Norme particolari per gli impianti antieffrazione e antiintrusione. Fornisce i criteri da seguire nella progettazione, esecuzione, verifica e manutenzione degli impianti e le modalità per
stabilirne il livello di prestazione dell’impianto.
CEI 79-15 - Sistemi di allarme - Sistemi di allarme intrusione - Parte
1: Prescrizioni generali. Specifica i requisiti che devono avere i sistemi di allarme intrusione (con interconnessioni cablate o senza fili,
dedicate o non dedicate) installati negli edifici
CEI 79-16 - Requisiti per apparecchiature e sistemi di rilevazione e
segnalazione di allarme intrusione, antifurto e antiaggressione
“senza fili” che utilizzano collegamenti in radio frequenza. Indica i
criteri di progettazione e verifica degli apparecchi.
La conformità delle apparecchiature alle norme
CEI può essere certificata tramite il marchio
IMQ, nel qual caso devono recare il contrassegno
indicato a lato.
Inoltre, presso l’IMQ, possono anche essere registrate le ditte installatrici. Infatti agli effetti dell'affidabilità del sistema assume un ruolo determinante il livello di istruzione
specialistica ricevuta e l’esperienza acquisita dell’installatore nella
realizzazione degli impianti. Quest’ultimo deve rilasciare il Certificato di installazione e collaudo e il Certificato di revisione e collaudo;
L'IMQ effettua sugli impianti per i quali sono stati rilasciati i Certificati suddettii controlli, a campione.
Alle aziende installatrici che intendono aderire al regime IMQ sono
richiesti, tra l'altro, i seguenti requisiti:
– conoscenza delle norme CEI, (con particolare riferimento a quelle
dinanzi citate), delle tecniche di installazione e dei criteri di scelta
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delle apparecchiature in relazione alle caratteristiche dei locali da
proteggere. Queste nozioni vengono accertate dalla Commissione
Tecnica dell’IMQ attraverso colloqui con i titolari delle aziende o i
loro responsabili tecnici prima di accettare la richiesta di iscrizione;
– avere svolto l’attività di installatore di impianti di allarme in Italia almeno per 3 anni;
– disporre di una organizzazione efficiente, nella zona di effettiva
operatività, per l’assistenza e la manutenzione degli impianti di allarme, in grado di assicurare una visita almeno quadrimestrale di
manutenzione ordinaria ed un intervento tecnico entro 24 ore dalla
chiamata (manutenzione straordinaria);
– disporre di tecnici a tempo pieno in grado di progettare e collaudare gli impianti.
Elementi del sistema antieffrazione – antiintrusione
Il sistema è costituito da (fig. 1):
1 - centrale di elaborazione, è l’apparecchiatura che consente, tramite un pannello di comando e controllo, di attivare (condizioni di
servizio) o disattivare (condizione di riposo) l’impianto, riceve ed elabora i segnali provenienti dai rivelatori e, in caso di situazioni di pericolo, attiva i dispositivi di allarme ed eventualmente invia un
segnale di allarme a un centro remoto di sorveglianza (tramite combinatore telefonico);
2 - rivelatori, dispositivi atti a rilevare il tentativo d’intrusione (ad
esempio l’apertura di una porta o di una finestra) e a tradurlo in segnale elettrico che viene inviato alla centrale.
3 - organi di segnalazione, sono destinati a fornire un segnale sonoro
e o luminoso allorché si verifica una situazione di allarme;
4 - organi di comando: sono i dispositivi elettromeccanici o elettronici che predispongono l’impianto in stato di operatività; possono es-
Fig. 1
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sere chiavi elettroniche, telecomandi, tastiere ed oggi anche trasponder e lettori biometrici;
5 - alimentatore: è il dispositivo, collegato alla rete elettrica, destinato a fornire l’energia in corrente continua necessaria alle apparecchiature dell’impianto e a mantenere in carica la batteria di
accumulatori che costituisce la riserva; in alcuni nuovi tipi di esecuzione ad onde radio a bassissimo consumo, l’alimentatore è assente poiché ogni elemento del sistema, rivelatori, organi di
comando, dispositivi di allarme/segnalatori ed anche la centrale sono
alimentati da batterie al litio che vengono garantite per durate
medie di 4 – 10 anni.
6 - Interconnessioni, sistema di cavi destinato a collegare i rivelatori
alla centrale e ai segnalatori d’allarme; nei sistemi ad onde radio le
interconnessioni sono sostituite da collegamenti immateriali via
etere.
Caratteristiche generali delle apparecchiature
Protezione degli involucri
Le apparecchiature devono essere protette mediante involucri:
– chiusi e apribili solo con uso di chiavi o attrezzi; il grado di protezione non deve essere inferiore a IP3X ed in ogni caso adatto alle
condizioni ambientali del luogo d’installazione;
– di robustezza idonea a proteggere gli organi interni contro i danni
derivanti da urti accidentali e dalle sollecitazioni cui sono sottoposte
nel trasporto e nell’esercizio ordinario (grado di protezione IK);
– dotati di eventuali aperture funzionali, ad esempio per sirene, microfoni emettitori ecc., protette mediante griglie;
Le apparecchiature allacciate alla rete di alimentazione in corrente
alternata devono essere protette contro i contatti indiretti anche
dopo l’apertura dei coperchi e delle parti che danno accesso ad organi di manovra.
In relazione alla protezione contro i contatti indiretti, le apparecchiature possono essere:
– in classe I e quindi munite di un morsetto o un contatto di terra per
il collegamento al conduttore di protezione dell’impianto elettrico;
– a bassissima tensione;
– in classe II
Mentre le apparecchiature di classe II e a bassissima tensione non
richiedono ulteriori sistemi di protezione contro i contatti indiretti
per quelle di classe I è richiesto il sistema di protezione con interruzione automatica del circuito.
Dati di targa e documentazione tecnica
Sulle apparecchiature devono essere riportati in modo indelebile:
a) Nome o contrassegno del costruttore;
b) Modello ed eventualmente numero di matricola dell’apparecchio;
c) Segno grafico (simbolo) per le apparecchiature se in Classe II;
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e, se le dimensioni del dispositivo lo consentono:
d) Tensione nominale di alimentazione e relativo segno grafico per la
corrente (alternata o continua);
e) Corrente massima assorbita dall'apparecchiatura in stato di servizio, a tensione nominale, nella condizione più sfavorevole;
f) Eventuali altre indicazioni, a giudizio del costruttore, fra quelle
previste nella documentazione tecnica.
Il costruttore deve corredare tutte le apparecchiature con una adeguata documentazione tecnica, redatta in lingua italiana, che riporta
le indicazioni seguenti:
1) dati di targa di cui ai punti a) b) c);
2) grado di protezione, se diverso dal minimo prescritto (IP3X)
3) descrizione del funzionamento;
4) eventuali regolazioni previste per la prima taratura e controlli periodici;
5) livello di prestazione garantito;
6) condizioni ambientali di funzionamento;
7) modalità di installazione, di esercizio ed elementi utili per scelta
e coordinamento con altre apparecchiature;
8) specifiche dei collegamenti
Inoltre, per le apparecchiature alimentate:
9) tensione nominale e tensione massima e minima di alimentazione
entro cui sono garantite le prestazioni richieste dalle Norme e/o precisate dal costruttore;
10) assorbimenti massimi di corrente nel caso più sfavorevole di ciascuno degli stati di operatività, a tensione nominale.
E infine tutti i dati tecnici aggiuntivi delle singole apparecchiature.
Morsettiere
I collegamenti alle apparecchiature devono essere effettuati con morsetti, con strisce a saldatura o con altri dispositivi analoghi, posti in
corrispondenza dell’ingresso dei cavi.
L’accesso alla morsettiera, numerata o contrassegnata, deve richiedere l’apertura dell’involucro ma non la sua rimozione.
La tecnica bus ha ridotto gli ingombri delle morsettiere mentre l’introduzione delle esecuzioni ad innesto rapido (RJ12) hanno semplificato le operazioni che precedono l’installazione che è possibile effettuare in posizione comoda, al banco dove si programma, verifica
e collauda avendo predisposto un impianto tipo. Effettuate queste
operazioni si rimuovono i collegamenti provvisori, ad innesto, e si installano le apparecchiature sempre agevolmente, grazie ai morsetti
ad innesto che pure risultano utili in caso di guasto, di manutenzione
periodica, cambio batterie, verifica o sostituzione dei sensori.
Livelli di prestazione delle apparecchiature
Per valutare le prestazioni complessive del sistema antiintrusione
antieffrazione le norme indicano un procedimento matematico mediante il quale si attribuisce a ciascun sottosistema costituente l’imW-4
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pianto, in relazione a determinate caratteristiche, un fattore di merito.
Questo processo di valutazione delle prestazioni dell’impianto deve
evidentemente considerare innanzitutto la qualità delle varie apparecchiatura che compongono l’impianto.
A tale proposito le norme hanno stabilito una classificazione convenzionale delle apparecchiature, sulla base delle prestazioni fornite, in tre livelli (1, 2, 3) di sicurezza crescente.
I parametri considerati per definire il livello di prestazione sono:
– protezione contro le sollecitazioni derivanti da tentativi di eludere
i vari componenti del sistema, dalla centrale ai sensori;
– immunità a sollecitazioni di origine elettromagnetica (artificiale
sempre per eludere il sistema o naturale)
– prove di immunità ai morsetti d’alimentazione a radiofrequenza,
ad impulsi di tensione, scariche elettrostatiche, cui sono associati i
gradi di immunità A, B, C;
– prove di durata, ovvero numero di cicli di vita, con livelli di severità
crescente (1, 2, 3) cui corrisponde una affidabilità pure crescente;
– verificabilità funzionale e/o operativa (1)
Le protezioni contro i tentativi di eludere i componenti riguardano,
nel dettaglio:
– apertura dell’involucro;
– perforazione;
– rimozione dell’intera apparecchiatura;
– disorientamento (operazione atta a modificare la posizione dei rivelatori per compromettere o escludere il funzionamento dell’impianto);
– accecamento (neutralizzazione di un rivelatore a mezzo di azione
volutamente sovrapposta a quella che provoca il funzionamento del
rivelatore stesso);
– manomissione con mezzi magnetici.
Nelle tabelle 1, 2 e 3 sono riportati, a titolo di esempio, i criteri di attribuzione, secondo la Norma CEI 79-2, dei livelli di prestazione di
alcune tipologie di rivelatori e delle sirene per esterno.
Generalità sui rivelatori
I rivelatori sono i dispositivi che, sfruttando fenomeni meccanici, luminosi, acustici, termici, rilevano un tentativo d’intrusione e lo traducono in un segnale elettrico che viene inviato alla centrale.
(1) La verificabilità funzionale è l’attitudine di un’apparecchiatura a fornire
elementi tali da verificare la corretta funzionalità di una o più delle proprie
parti circuitali. Con il termine verificabilità operativa si intende la possibilità
di generare su comando, tramite idoneo apparato, sollecitazioni assimilabili
a quelle generate in condizioni normali di esercizio, tali da consentire il controllo sia della funzionalità sia dell’area e/o del volume di copertura del rivelatore.
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Tabella 1 – Scheda di qualificazione per rivelatori elettromeccanici
Tipo di
rivelatore
Elettromeccanici
Livelli di prestazione
Criteri di protezione
2
3
Contro apertura involucro
X
X
Manomissione con mezzi magnetici
X
X
Prova di durata
A contatto
magnetico
1
2
3
Contro apertura involucro
X
X
Contro rimozione
X
X
X
X
Insuperabilità
standard
1
con
magnete
Insuperabilità con
identico all’originale
magnete
X
Verificabilità funzionale
A vibrazione
Inerziali
X
Prova di durata
1
2
3
Contro apertura involucro rivelatore e unità di analisi
X
X
–
X
–
Contro manomissione del rivelatore con mezzi magnetici
Prova di durata
1
2
–
Contro apertura involucro rivelatore e unità di analisi
X
X
–
Contro manomissione del rivelatore con mezzi magnetici
X
–
Contro manomissione unità di
analisi con mezzi magnetici
X
–
2
–
Prova di durata
1
In relazione al suo livello di prestazioni il rivelatore deve fornire informazioni in uscita relative allo stato di:
– normalità o allarme;
– manomissione;
– funzionalità.
I rivelatori sono classificati in vari modi. In sintesi si distinguono:
– per modalità operativa, in puntuali, lineari, superficiali o volumetrici;
– per realizzazione, in tipo passivo o attivo; i primi sono costituiti da
un solo dispositivo in grado di rivelare un cambiamento di stato del
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Tabella 2 – Scheda di qualificazione per rivelatori volumetrici IR
passivi e combinati (IR passivi + microonde o ultrasuoni)
IR passivi
Livelli di prestazione
Criteri di protezione
Contro apertura involucro
1
2
3
1
2
3
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Contro rimozione
Contro manomissione con
mezzi magnetici
Contro disorientamento
Combinati
X
X
X
Contro accecamento
X
X
X
X
X
X
X
Immunità alle radiofrequenze
A
A
B
A
A
A
Immunità alle scariche elettrostatiche
B
B
C
B
B
C
Immunità agli impulsi di tensione
A
A
B
A
A
B
Verificabilità funzionale
X
X
Verificabilità operativa
X
X
Prova di durata
1
2
3
1
2
Tabella 3 – Scheda di qualificazione per sirene per esterno
Criteri di protezione
Protezione
contro:
Livelli di prestazione
1
2
3
apertura involucro
X
X
X
rimozione
X
X
X
perforazione
Prova di immunità a:
X
radiofrequenze
B
B
C
scariche elettrostatiche
A
A
B
impulsi di tensione ai morsetti di alimentazione
A
A
B
Segnalazione tensione di guardia batteria
(distinta dalle precedenti)
X
Verificabilità funzionale
X
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processo sotto controllo, i secondi da 2 dispositivi: un emettitore destinato a generare un processo fisico ed un ricevitore destinato a rilevarne eventuali variazioni.
Si distinguono inoltre in relazione alla necessità o meno di essere alimentati da una sorgente di energia esterna per poter funzionare e,
nel caso la richiedano, debbono essere realizzati con il criterio della
sicurezza positiva, ossia devono essere in grado di inviare un segnale
d’allarme ogniqualvolta il valore di tensione scende al di sotto del valore necessario al dispositivo per poter funzionare correttamente.
Si osserva che i rivelatori più diffusi, quelli che sfruttano la variazione di posizione di un contatto per inviare l’allarme, non richiedono alimentazione tramite sorgente esterna mentre la richiedono
quelli che sfruttano i raggi infrarossi, gli ultrasuoni o le microonde.
Il segnale in uscita dal rivelatore può essere di tipo:
– analogico, ovvero un segnale di tensione o corrente variabile in intensità nel tempo proporzionalmente alla grandezza da tenere sotto
controllo (se di tipo impulsivo la durata non deve essere inferiore a
0,5 s, diversamente è richiesta una unità di analisi);
– digitale di tipo sequenziale o combinatorio.
Un’ulteriore classificazione riguarda la loro modalità di applicazione:
per circuiti a corrente di riposo o per circuiti a corrente di lavoro.
Circuito a corrente di riposo, circuito a corrente di lavoro
e linea di guardia
Nel circuito a corrente di riposo vengono utilizzati contatti NC (normalmente chiusi) posti in serie al circuito permanentemente percorso da una corrente che tiene attivo un relè o un dispositivo
elettronico; al mancare della corrente, in seguito all’apertura di un
contatto, si ha l’apertura del relè e la segnalazione d’allarme del sistema (fig. 2). I tentativi di sabotaggio per taglio dei conduttori equivalgono all’apertura di un contatto e provocano la segnalazione di
allarme che è pure provocata dall’ossidazione di un contatto, da cui
la convenienza di privilegiare contatti ad ampolla di mercurio o contatti reed che sono esenti da fenomeni di ossidazione.
Fig. 2
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Fig. 3
In questa tipologia di circuito il tentativo di sabotaggio, consistente
nel cortocircuitare con un ponticello il contatto in modo che si possa
impunemente aprire la porta o l’infisso, può essere annullato solo
mediante la ridondanza dei rivelatori o con un circuito di protezione.
Nel circuito a corrente di lavoro vengono utilizzati contatti NA (normalmente aperti) posti in parallelo al circuito che segnalano l’allarme per chiusura di un contatto (fig. 3).
Il sabotaggio per taglio dei conduttori non viene segnalato, per cui è
necessario utilizzare cavetti a 4 conduttori, 2 dei quali destinati al
circuito a corrente di lavoro e 2 al circuito di protezione.
Rivelatori per la protezione perimetrale interna
Le protezioni perimetrali rivestono un ruolo primario tra le protezioni attive poiché entrano in azione prima che il malvivente penetri la zona protetta attivando un allarme acustico e/o luminoso
oppure inviando una segnalazione alle forze dell’ordine o al servizio
di vigilanza privata o agli stessi proprietari.
La soluzione ottimale tuttavia si ottiene combinando, in modo appropriato, protezioni perimetrali e volumetriche.
Rivelatori a contatto elettromeccanico
I rivelatori elettromeccanici segnalano lo stato di allarme utilizzando
l’azionamento di un contatto meccanico e sono prevalentemente impiegati nella protezione contro l’asportazione di componenti del sistema quali centrale, sensori, sirena ecc. o la rimozione dei loro
involucri allo scopo di disattivarli. Un punto di debolezza di queste
esecuzioni è costituito dalla possibilità di ossidazione dei contatti
che causano falsi allarmi nel tempo (contatti NC) o non forniscono
l’allarme (contatti NA).
Rivelatori a contatto magnetico
I rivelatori a contatto magnetico, costituiti da (fig. 4):
– un contatto “reed” formato da un contatto mobile (C ) in materiale
ferroso, contenuto in un’ampolla in vetro da fissare alla parte fissa
o telaio degli infissi;
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Fig. 4
– un magnete permanente (M), applicato alla parte mobile dell'infisso, in prossimità del contatto mobile.
L’allontanamento o l’avvicinamento del magnete permanente determina l’apertura o la chiusura del contatto.
Il contatto reed ha il vantaggio di avere i contatti posti in un’ampolla di vetro sigillata e riempita di gas inerte e quindi non soggetti
alla ossidazione derivante da ambienti umidi.
I criteri di installazione dei rivelatori a contatto magnetico sono in
sintesi i seguenti:
– il magnete permanente viene applicato alla parte mobile dell'infisso, mentre il contatto viene installato sulla parte fissa (telaio) e generalmente nella parte alta degli infissi, dalla parte opposta ai
cardini, in modo che anche modeste aperture causate da forzature,
amplifichino l’allontanamento della coppia magnete-contatto capace
di provocare l’allarme;
– sugli infissi a due battenti, per esempio sulle finestre, i sensori
vengono installati sull'anta dotata di maniglia, seguendo gli stessi
criteri prima descritti;
– per infissi con struttura in ferro si devono utilizzare rivelatori con
magnete potenziato;
– si deve verificare che vibrazioni, colpi di vento, correnti d’aria NON
possano dar luogo ad un allontanamento capace di provocare l’allarme;
Rivelatori a contatto di mercurio
In un ampolla di vetro su cui sono inseriti 2 o più elettrodi viene praticato il vuoto ed inserito del mercurio destinato a stabilire il contatto
elettrico fintanto che l’ampolla rimane nella posizione prefissata re-
Fig. 5
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golabile tramite squadretta. Variazioni di posizione o intense vibrazioni che causano lo spostamento del mercurio interrompono il contatto elettrico e determinano l’allarme. Per questo tipo di rivelatore
si deve porre attenzione nell’installazione su superfici esposte al sole
in quanto la temperatura può alterare il volume del mercurio e alterare la sensibilità del rivelatore.
Le applicazioni si trovano in bascule di garage, finestre a soffitto ecc.
Rivelatori a pressione o tappeti sensibili
Sono dispositivi di tipo meccanico in grado di rilevare cambiamenti
di pressione provocati dal passaggio di una persona. Sono costituiti
da lamine metalliche, sovrapposte e separate da elementi isolanti,
che svolgono la funzione di un contatto normalmente aperto. Il tutto
è racchiuso in un “cuscino” di materiale plastico con grado di protezione non inferiore a IP 55 per impedire la penetrazione dei liquidi
utilizzati per la pulizia dei pavimenti.
Occultati sotto moquette, tappeti o corsie, vengono utilizzati per proteggere ingressi e percorsi obbligati sfruttando la pressione esercitata dal passaggio di una persona per provocare la chiusura del
contatto.
Rivelatori a filo
I rivelatori a filo sono utilizzati per la
protezione delle tapparelle e delle chiusure avvolgibili in genere. Il dispositivo, da installare all'interno del cassonetto, è costituito da un rocchetto con
molla che mantiene in trazione un filo
la cui estremità è fissata alla base della
tapparella. Lo svolgimento o il riavvolgimento del filo genera la rotazione del
rocchetto le cui camme provocano
l’apertura ciclica di un contatto (fig. 6).
Il dispositivo, dotato di un contatto normalmente chiuso per l'allarme e di circuito antimanomissione, consente di:
– rivelare il movimento in salita o in discesa a partire da qualsiasi posizione
iniziale, non necessariamente chiusa;
– impostare il numero di cicli di aperFig. 6
tura/chiusura del contatto dopo i quali
generare l’allarme, per evitare falsi allarmi causati da movimenti accidentali, dovuti a vibrazioni, lento
scivolamento, colpi di vento;
– proteggere le tapparelle anche se vengono strappate dalle guide;
Rivelatore ad asta
Applicato all'interno del cassonetto dell’avvolgibile è costituito da
una camme che controlla lo spessore dell’avvolgibile di saracinesche
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e agisce su un'asta di altezza regolabile; in caso di sollevamento il
diametro del rullo avvolgitore aumenta, movendo l'asta che aziona
un contatto normalmente chiuso della linea di allarme in modo analogo ai rivelatori a contatto magnetico.
Rivelatori per protezione di superfici
Sono adatti alla protezione di superfici contro tentativi di effrazione
tramite mezzi meccanici. Attivano l’allarme allorchè le vibrazioni
alle quali sono sottoposte le superfici superano una soglia prestabilita.
Rivelatori elettromeccanici di vibrazioni con unità di analisi
Sono costituiti da un contatto meccanico NC le cui due parti sono
una solidale con l’involucro e l’altra costituita da una massa avente
una elevata inerzia. Al momento della vibrazione, la seconda parte
oscilla provocando una serie di interruzioni della continuità del contatto stesso.
Essendo la durata dell’interruzione non definibile, risulta necessaria la connessione ad una unità di analisi, tale da consentire la generazione di una segnalazione di allarme di durata prefissata.
Rivelatori inerziali di vibrazioni con unità di analisi
Sono rivelatori analoghi ai precedenti nei quali i due o più contatti
sono solidali con il corpo del rivelatore e la massa di elevata inerzia
è solamente appoggiata ai contatti sopra citati determinando la chiusura del circuito.
Anche questi rivelatori devono essere connessi ad una unità di analisi.
Rivelatori microfonici per vetri con unità di analisi
Idonei a realizzare una protezione superficiale su vetrate, sono costituiti essenzialmente da una capsula microfonica, che rileva le frequenze generate al momento della rottura del vetro. Il collegamento,
lato centrale, può essere a livello di singolo rivelatore oppure tramite unità di raggruppamento e di analisi connessa ai vari elementi
sensibili.
Per i collegamenti deve essere comunque fatto salvo il principio della
sicurezza positiva, anche per quelli tra l’unità di analisi ed i singoli
elementi sensibili.
Rivelatori a barriera di raggi infrarossi attivi
Il rivelatore a barriera di raggi infrarossi attivi rileva la presenza di
un corpo opaco all'infrarosso che si frappone tra emettitore ed ricevitore.
L’emettitore produce un fascio collimato di raggi infrarossi modulati
ad impulsi che il ricevitore converte in un segnale elettrico la cui interruzione, provocata dal passaggio di una persona, determina l'allarme (fig. 7).
Richiede una tensione di alimentazione dai 10 ai 15 Vcc e una installazione accurata per garantire un funzionamento affidabile
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Fig. 7
esente da falsi allarmi anche per distanze considerevoli. Il fascio è
rappresentato da un cono il cui diametro aumenta con la distanza caratteristica che consente di impiegare un solo emettitore ed uno o
più ricevitori.
Il montaggio dell’emettitore e del ricevitore deve essere effettuato
su strutture esenti da vibrazioni, verificando che luce solare o altre
sorgenti con radiazioni all’infrarosso non intercettino il ricevitore.
Per la verifica del corretto allineamento e il grado di pulizia i ricevitori sono dotati di boccole ai cui capi si misura una tensione tanto
maggiore quanto più intenso è il raggio e quindi quanto più l’allineamento è corretto e il sistema ottico pulito.
I rivelatori lineari a barriera di infrarossi attivi, adatti a proteggere
da indebite intrusioni accessi, passaggi, finestre, sono spesso caratterizzati da costi elevati.
Rivelatori per protezione volumetrica
La protezione volumetrica è il sistema più adottato quando i punti
da difendere sono numerosi e situati nella medesima area controllabile mediante rivelatori ambientali che saturano uno spazio ben
definito con onde elettromagnetiche. Nel seguito vengono descritti i
rilevatori a microonde, ad ultrasuoni e ad infrarossi passivi. Quelli
ad infrarossi attivi sono stati esaminati in precedenza, in quanto
possono effettuare anche la protezione perimetrale.
Rivelatori volumetrici a microonde
Sono costituiti da due elementi (emettitore e ricevitore) collocati in
un modulo denominato cavità. L’energia a microonde viene irradiata
da un’antenna trasmittente in uno spazio (campo) la cui forma dipende dal tipo di antenna. Un’altra antenna, ricevente, capta la
parte di microonde riflesse dagli oggetti. Se la posizione degli oggetti
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Fig. 8
situati nel campo protetto rimane stazionaria, il segnale riflesso avrà
la stessa frequenza di quello emesso. Se però nel campo si verifica un
movimento, la frequenza del segnale riflesso varia in modo crescente
quanto più rapidamente si sposta nell'ambiente la persona indesiderata (fig. 8). Questa differenza di frequenza viene inviata ad un
amplificatore e da qui ad un dispositivo che comanda l’attivazione
dei segnali di allarme.
L’effetto della riflessione delle onde deve essere attentamente considerato in quanto;
– cemento e calcestruzzo sono idonei a contenere le microonde ma
non così il vetro, la plastica o il legno, per cui persone di passaggio
all’esterno di finestre, vetrine o pareti in legno possono causare una
segnalazione di allarme.
– i metalli riflettono le microonde, come uno specchio la luce;
– oggetti oscillanti o comunque in movimento (lampade, cartelli, ventilatori ecc.) possono dar luogo a falsi allarmi.
Rivelatori a ultrasuoni
Il principio di funzionamento è simile a quello dei rilevatori a microonde e prevede una regolazione di sensibilità ed una regolazione
d'intervento.
La pressione sonora irradiata nella banda udibile non deve superare
il valore di 30 dB (A) a 1 m di distanza dal trasmettitore.
Rivelatori ad infrarossi passivi
I rivelatori ad infrarossi passivi, denominati anche PIR, Passive
Infra Red, unitamente ai contatti magnetici, sono i rivelatori più utilizzati negli impianti domestici, in virtù della loro semplicità e precisione a costi relativamente bassi. Sono in grado di rilevare
differenze di temperatura del corpo rispetto all’ambiente anche di
soli 0,2 - 0,5 °C e vengono posti a controllare i punti strategici della
casa, captando il calore emesso da un corpo in movimento.
Sono costituiti da:
– dispositivo ottico;
– sensore termoelettrico a doppio elemento;
– circuito elettronico di analisi del segnale proveniente dal sensore.
Il dispositivo ottico è suddiviso in diverse facce a ciascuna delle quali
corrisponde un raggio infrarosso di piccola apertura di energia termica, proveniente dall'ambiente sorvegliato.
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Fig. 9
La configurazione del sistema ottico consente (fig. 9) una copertura a:
– ventaglio per spazi ampi,
– fasci lunghi per i corridoi,
– griglie per i punti di ingresso,
che consente di adattare la protezione a forma e caratteristiche del
luogo.
Il punto di installazione va scelto in modo da utilizzare al meglio la
copertura volumetrica dell'ambiente ricordando che i rivelatori PIR
hanno maggiore sensibilità per attraversamento trasversale dei
fasci, rispetto a quella per movimenti assiali.
Per migliorare la copertura ambientale si possono utilizzare più rilevatori nello stesso ambiente poiché, essendo un sistema di rilevamento passivo, non crea interferenza anche se i raggi di protezione
si intersecano.
I rilevatori ad infrarossi passivi orientabili sono da preferire a quelli
fissi per la possibilità di regolare l’orientamento dei fasci nelle varie
direzioni in modo da meglio adattarsi all'ambiente in funzione del
punto di installazione. Sono disponibili esecuzioni sporgenti, da interno e da esterno ed esecuzioni da incasso, solitamente per interno.
Nella scelta del punto di installazione, si deve evitare che i raggi di
rilevamento siano indirizzati contro sorgenti discontinue di calore
quali ventilatori o posizionati sopra fonti di calore quali, termoconvettori, radiatori, stufe o in corrispondenza di tubazioni d'acqua
calda che possono provocare falsi allarmi.
Il sensore ad infrarossi passivi può essere accecato ponendo davanti
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alla lente un ostacolo opaco ai raggi infrarossi. In questa eventualità
l'energia totale incidente nel rivelatore rimane costante e non si avrà
alcun segnale di allarme in caso di intrusione.
Rivelatori combinati
Sono basati sull’impiego di due o più elementi di rilevamento funzionanti con principi fisici differenti (per es. infrarosso passivo + microonde; infrarosso passivo + ultrasuoni). Tali elementi trovano
posto nello stesso involucro e le relative uscite possono essere correlate con funzioni logiche e/o temporali al fine di minimizzare gli allarmi impropri. Tra le correlazioni maggiormente impiegate vengono
evidenziate le seguenti:
a) correlazione logica di tipo AND; la segnalazione di allarme viene
generata quando sono in allarme entrambi i sensori del rivelatore;
b) correlazione logica di tipo OR; la segnalazione di allarme viene
generata quando è in allarme uno dei due sensori del rivelatore;
c) correlazione logica con elaborazione temporale; la segnalazione di
allarme viene generata quando entro un periodo di tempo stabilito
persiste o si ripresenta lo stato di allarme anche per uno solo dei
sensori del rivelatore.
Nel caso sia possibile modificare il tipo di correlazione mediante predisposizione (ponticelli ecc.), è richiesto che il costruttore indichi
sulla documentazione tecnica la relazione tra predisposizione e livelli.
Protezione da manomissione
I componenti del sistema di allarme intrusione devono essere dotati
di mezzi per impedire l’accesso agli elementi interni onde limitare il
rischio di manomissione.
La rivelazione di manomissione deve essere incorporata in tutti i
componenti del sistema di allarme intrusione e deve operare sia
quando il sistema è inserito sia quando è disinserito.
Per segnalare l’apertura dell’involucro del sensore si utilizza un
micro interruttore (tamper) collegato mediante una linea antisabotaggio alla centrale; in caso d’apertura dell'involucro il contatto tamper (NC) modifica il suo stato, informando la centrale del tentativo
di manomissione in corso.
Inoltre deve essere assicurato il monitoraggio sia delle interconnessioni per garantire che possa avere luogo la comunicazione tra i componenti del sistema di allarme intrusione, sia per rivelare la
sostituzione dei componenti del sistema di allarme intrusione e/o la
sostituzione delle segnalazioni e/o messaggi.
A tal fine deve avere luogo, entro intervalli di tempo specificati, una
comunicazione periodica tra i componenti del sistema di allarme
(anche quando il sistema di allarme è disinserito) e qualora la comunicazione tra i componenti del sistema di allarme intrusione non
sia stata stabilita secondo i tempi specificati deve essere emessa una
segnalazione di guasto.
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Centrale
La centrale è l’organo di gestione dell’intero impianto, che riceve e
controlla le segnalazioni dei sensori di scasso e intrusione e aziona
le segnalazioni acustiche e luminose e/o invia, un segnale di allarme,
ad esempio di intrusione, a un centro remoto di sorveglianza.
Poiché l’efficacia del sistema protettivo è condizionata dalle operazioni di esercizio ordinario, spesso affidato a persone inesperte, è opportuno scegliere una centrale che:
– richieda semplici manovre per renderla operativa;
– disponga dei requisiti richiesti per i livelli di prestazione dalla
Norma CEI 79-2;
– sia dotata di organi e circuiti a sicurezza positiva, che in caso guasto o per insufficienza nell'alimentazione generino l’allarme;
– posta in stato di servizio memorizzi, tramite segnalazione luminosa, quale rivelatore o dispositivo di autoprotezione è intervenuto
anche se viene a mancare la causa che ha provocato la segnalazione.
La centrale è costituita da:
– alimentatore stabilizzato, con protezione contro i corti circuiti;
– batteria di accumulatori a 12 V (l’allarme scatta se la tensione
scende sotto il valore minimo dichiarato dal costruttore);
– segnalatore acustico;
– morsettiere cui fanno capo i circuiti interni della centrale, i circuiti
esterni dei rilevatori, i circuiti di allarme esterno (sirena e/o lampeggiatore).
Data la sua importanza, necessita di condizioni di protezione ed ubicazione che le consentano di operare correttamente. A tal fine è bene
sia collocata, non in vista, all’interno di una zona protetta o in apposito locale, anch'esso protetto e posizionata in modo tale che su di
essa possa essere eseguita agevole manutenzione.
Le moderne centrali sono dotate di sintetizzatore vocale e/o di grandi
dipaly per cui sono in grado di dialogare anche con persone non addestrate.
La centrale può essere suddivisa in blocchi funzionali, non necessariamente riuniti in un unico contenitore:
1) circuiti di ricezione dei segnali provenienti dai rivelatori che possono essere di allarme o di tentata manomissione dei rivelatori stessi
o dei circuiti di collegamento alla centrale;
2) circuiti di uscita per attivare i dispositivi di allarme ad esempio
mediante relè o commutazione di dispositivi a semiconduttore;
3) eventuali circuiti di interfaccia per la centralizzazione degli allarmi (nei dati di targa sarà indicato se si tratta d’interfaccia seriale
verso il centro di controllo a distanza, o d’interfaccia seriale o parallela verso l’unità periferica di centralizzazione);
4) organi di programmazione quali tastiere numeriche o alfanumeriche, interruttori, commutatori o simili;
5) organi di segnalazione per visualizzare gli stati, mediante LED,
display, sintesi vocale;
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6) circuiti di elaborazione di segnali – provenienti da rivelatori, diagnostica interna, dati di programmazione inseriti – che attivano, in
caso di allarme, gli organi di uscita locale e/o inviano segnalazioni al
centro di controllo a distanza;
7) alimentazione, composta da alimentatore e da accumulatori, che
può far parte del contenitore della centrale o essere separata;
8) organi di comando, riportati nel contenitore della centrale o racchiusi in apposito contenitore, per poter agire sui quali si ricorre a
sistemi di riconoscimento del tipo:
– chiavi elettromeccaniche;
– chiavi resistive o con circuiti di codifica elettronica incorporati;
– tastiere numeriche o alfanumeriche;
– lettori di schede con codifica magnetica od ottica;
– telecomandi portatili.
A seconda del livello di prestazioni, la centrale deve fornire le indicazioni indicate nella tabella 4.
La centrale deve essere protetta contro le manomissioni (apertura
involucro, rimozione, perforazione), contro i disturbi (radiofrequenze,
scariche elettriche ecc.) e segnalare, anche durante lo stato di riposo
il taglio o il cortocircuito di ciascuna linea.
Le moderne esecuzioni centralizzano oltre alle funzioni antiintrusione, antifurto, antiagressione, anche altri sistemi protettivi, quali
rivelatori di fughe di gas, di principio incendio, di allagamenti.
Tabella 4 – Indicazioni fornite dalla centrale in relazione al livello di
prestazione
Livelli
Segnalazioni
1
2
3
Stati di operatività
X
X
X
Funzionalità delle alimentazioni
X
X
X
Esclusione rivelatore
X
X
X
Pronto all’inserimento con segnalazione stato anomalia
X
X
X
Visualizzazione orologio interno
riassuntivo memorizzato
Allarme
differenziato (sezione memorizzata)
X
X
X
differenziato (rivelatore memorizzato)
Allarme
durante lo
stato
di riposo
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di manomissione riassuntivo memorizzato
differenziato memorizzato per ogni
componente del sistema
X
X
X
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Parzializzazione
La parzializzazione, che consente l’esclusione di uno o più circuiti
provenienti dai rivelatori, torna utile quando la zona da proteggere
è fruibile con modalità differenti, ad esempio per la protezione:
– separata o contemporanea di zona giorno e zona notte;
– perimetrale durante la notte e totale quando si abbandona l’immobile.
La parzializzazione inoltre rende più facile:
– la gestione dei sensori volumetrici, più esposti ai rischi di falsi allarmi;
– l’individuazione di provenienza dell’allarme e, nel caso di guasto di
un sensore, la temporanea esclusione, specie in fase messa in servizio (quando si abbia l’accortezza di collegare ogni sensore ad un ingresso indipendente).
Collegamento tra centrale, rivelatori, sirena, combinatori
Il collegamento tra centrale e i vari componenti il sistema può essere
effettuato in maniera tradizionale, mediante collegamenti elettrici oppure senza fili, wireless, a mezzo di onde radio o onde convogliate.
Sistema a fili
Il sistema a fili è costituito da un cavo a 2 - 4 o più conduttori oppure
di tipo bus che consente di modificare agevolmente l’impianto.
Attualmente anche i sistemi cablati associano una “terminazione”
wireless per aiutare l’installatore che, pur avendo scelto una soluzione cablata può aver necessità di installare, per svariati motivi,
sensori ad onde radio.
Sistema wireless
Il sistema ad onde radio consente di effettuare collegamenti senza
fili, che oggi offrono elevata affidabilità; esso è caratterizzato da:
– disponibilità dell'intera gamma di sensori;
– possibilità di interventi a distanza grazie alla telegestione;
– lunga durata delle batterie (i sistemi equipaggiati con batterie del
tipo a ioni di litio hanno autonomie variabili da 4 ai 10 anni).
I sistemi antintrusione di tipo wireless possono essere di tipo: parzialmente senza fili (tutte le apparecchiature sono autoalimentate
ad eccezione della centrale di allarme e della sirena esterna che sono
collegate alla rete elettrica) totalmente senza fili (tutte le apparecchiature sono autoalimentate).
Ogni rivelatore, grazie ad un trasmettitore radio miniaturizzato di
bassa potenza alimentato da batteria interna, comunica alla centrale sia le situazioni d’allarme sia, periodicamente, il regolare funzionamento ed efficienza della batteria stessa.
Al fine di evitare che inevitabili radio disturbi generino falsi allarmi,
i vari dispositivi dispongono di un codice, programmato in fase di installazione, che consente alla centrale di riconoscere il rivelatore.
Un impianto senza fili convenzionale ha una portata dell’ordine di
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100 m in aria libera che si riduce a 30 - 60 m in presenza di pareti/ostacoli, ma che sono generalmente sufficienti in appartamenti o
edifici di medie dimensioni se si ha l’accortezza di posizionare la centrale nel baricentro dei locali da proteggere.
Quando la portata è insufficiente, può tornare utile l’impiego di uno
o più ripetitori di segnale.
I vantaggi del sistema senza fili sono:
– rapidità di installazione e, quindi, minori costi di messa in opera;
– scarsa invasività, non richiedendo cavi sotto traccia o canalizzazioni a vista che creano problemi estetici.
Di contro le esecuzioni senza fili comportano la sostituzione delle
batterie e un maggior costo di acquisto dei componenti, largamente
bilanciato dal risparmio in mano d’opera di prima installazione.
I sistemi wireless possono essere soggetti ad accecamento mediante
saturazione dell’ambiente con un campo elettromagnetico di frequenza prossima a quella utilizzata dal sistema creato da un trasmettitore radio. I sistemi evoluti, tuttavia, prevedono contromisure
adeguate ed in particolare sono in grado di spostare la frequenza di
trasmissione su una o più bande di trasmissione se quella in uso
viene saturata nel tentativo di inibire la trasmissione d’allarme.
Sistema ad onde convogliate
Il sistema ad onde convogliate, che non ha riscontrato un ampio successo, consente di far comunicare i vari dispositivi tramite segnali ad
alta frequenza inviati sui conduttori dell’impianto elettrico.
La grande diversità tra la frequenza dei segnali dell’impianto antiintrusione e quella dell’impianto elettrico rende possibile ai dispositivi
antiintrusione, tramite particolari circuiti elettrici (filtri) di individuare le onde convogliate per cui il segnale serve a comandare le apparecchiature mentre la corrente a 50 Hz serve a fornire energia.
Organi di comando
Sono dispositivi elettronici o elettromeccanici, destinati a fornire alla
centrale i segnali idonei a porre l’impianto negli stati di:
– Riposo, condizione corrispondente al periodo di utilizzazione dei
soli segnali relativi a manomissioni e di controllo;
– Servizio, condizione corrispondente al periodo di utilizzazione dei
segnali forniti dai rivelatori, nonché quelli relativi ad eventi quali
manomissioni, accecamento, disorientamento ecc. Si può avere
un’operatività parziale (ad es. perimetrale) oppure totale (ad es. perimetrale e volumetrica oppure zona A o zona A+B).
A tale scopo si possono usare chiavi, tastiere, lettori di schede, telecomandi a raggi infrarossi.
I comandi digitali tramite tastiera sono programmati per ricevere
un numero elevato di combinazioni il numero può essere definito dall’utente sia per combinazione sia per numero di cifre, essendo evidente che maggiore è il numero di cifre impiegato maggiore risulta
la possibilità di non utilizzo fraudolento.
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Il segnale d’allarme antimanomissione si attiva automaticamente
qualora venga impostato un codice errato per alcune volte consecutivamente.
I comandi con chiavi tradizionali abbinano contatti elettrici a serrature meccaniche e per inserire o disinserire l’impianto è necessario
eseguire manovre, ad esempio un’extra corsa, tali da generare impulsi elettrici che sono selezionati dalla centrale; l’utilizzo di chiavi
false o l’errato numero di impulsi genera l’allarme. Talune serrature
sono munite di protezione antitrapanazione, antimanomissione e antiimpronta.
Le chiavi elettromeccaniche possono essere collocate direttamente
sulla centrale, nel quale caso è previsto un ritardo d’inserzione dell’impianto e una zona non protetta per disattivarlo in caso di ingresso. Se quest’ultima condizione può dar luogo ad inconvenienti è
preferibile comandare gli stati di operatività dall'esterno (ad esempio in prossimità della porta d’ingresso).
Le chiavi elettroniche, stabiliscono i codici di combinazione in base
all’accoppiamento di un certo numero di resistori il cui riconoscimento avviene comparando la corrente stabilita dalla resistenza sul
circuito dell’inseritore.
Il sistema di comando più funzionale è quello mediante telecomandi
ad onde radio grazie alla loro praticità.
Il segnale trasmesso, diverso per ogni telecomando:
– viene riconosciuto e memorizzato dal ricevitore per “auto apprendimento” in fase d’installazione;
– è del tipo “rolling code” ossia cambia ogni volta che viene attivato
ed il ricevitore abilitato sarà l’unico in grado di accettarlo;
– assicura l’impossibilità di comandi impropri e protezione contro la
copiatura.
Le serrature elettroniche assolvono la duplice funzione di inserzione
del sistema di difesa attivo e di blocco della porta, parte integrante
del sistema di difesa passivo. È preferibile il sistema autobloccante
che, alla chiusura della porta, automaticamente chiude lo scrocco ed
attiva il sistema di difesa solo se tutti i sensori di difesa perimetrale
sono correttamente predisposti, ovvero porte e finestre perfettamente chiuse e non presentano anomalie, corti circuiti o guasti ecc.,
di nessun genere al fine di escludere allarmi intempestivi.
Dispositivi di segnalazione acustico luminosa
Quando la centrale riceve dai sensori informazioni di potenziale pericolo, aziona i dispositivi d’allarme di tipo acustico che pongono in
allerta i vicini. Le sirene se poste all’interno dell’area protetta hanno
anche lo scopo di disturbare e porre in stato di panico il malvivente
inducendolo a desistere.
Gli avvistatori acustici tradizionali sono costituiti da una girante,
simile a quella di una pompa centrifuga che, fatta ruotare da un motore in corrente continua, comprime l’aria aspirata e, facendola
uscire da feritoie poste sullo statore, produce un suono la cui intenW-21
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sità dipende dalla velocità di rotazione e dal numero e dalla superficie delle palette.
Questa esecuzione, caratterizzata da assorbimenti e costi importanti, è stata superata dalle esecuzioni elettroniche, in cui un oscillatore produce un segnale alternato di frequenza dell’ordine di 1 kHz
in una bobina di un altoparlante con magnete permanente o in un
blocco di materiale contenete cristalli piezoelettrici.
In caso di manomissione dei conduttori di collegamento alla centrale
la sirena deve dare l'allarme.
La scheda di qualificazione per le sirene esterne prevede la protezione contro l'apertura dell’involucro e la rimozione per i livelli 1 e
2 ed inoltre, per il livello 3 la:
– protezione dell'involucro contro la perforazione;
– segnalazione tensione batteria di guardia;
– verificabilità funzionale.
Infine, indipendentemente dal livello, le sirene esterne devono aver
superato le prove di immunità a radiofrequenze, alle scariche elettrostatiche e agli impulsi di tensione ai morsetti di alimentazione.
I segnalatori luminosi spesso associati alle sirene, consentono di individuare l’edificio da cui il pericolo proviene. Anche qui la soluzione
meccanica in cui una parabola rotante serviva a far roteare la luce
proveniente della lampada è stata sostituita da quella elettronica
con lampada allo xeno caratterizzata da basso assorbimento.
Requisiti ed esecuzione delle interconnessioni
Alimentazione dalla rete di distribuzione
L’alimentazione a 230 V deve essere effettuata con linea esclusivamente riservata a tale scopo, cioè derivata direttamente dal quadro
generale a valle dell’interruttore principale. La linea, oltre fase e neutro, deve comprendere il conduttore di protezione. A protezione e sezionamento dell’impianto si installa un interruttore automatico magnetotermico dotato di dispositivo differenziale se è necessaria la
protezione contro i contatti indiretti delle apparecchiature alimentate.
L’interruttore deve essere posto al riparo da manovre accidentali.
L’impianto inoltre deve essere efficacemente protetto contro le sovratensioni, provenienti dalla rete elettrica di alimentazione o da
altre derivazioni mediante opportuni scaricatori di sovratensione.
Per l’alimentazione delle apparecchiature a bassa tensione sono solitamente utilizzati i tradizionali cavi con conduttori in rame a corda
flessibile, isolati in gomma o in polivinilcloruro (PVC).
Conduttori a bassissima tensione
Per le interconnessioni a bassissima tensione (< 50 V), ad esempio
tra la centrale ed i rivelatori, si ricorre a cavi intrecciati, flessibili,
in rame, isolati in PVC, e guaina dello stesso materiale, con o senza
schermo in alluminio per la protezione contro i disturbi.
I cavi devono portare in modo continuo sulla guaina i seguenti contrassegni apposti mediante stampigliatura:
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– nome del fabbricante o marchio di fabbrica o responsabile dell’immissione del prodotto sul mercato (tale contrassegno può essere costituito dal filo distintivo);
– sigla di designazione completa di tensione nominale;
– numero della Norma CEI di riferimento (CEI 46-76);
– la caratteristica di non propagazione della fiamma;
– eventuale caratteristica di non propagazione dell'incendio.
Posa dei cavi
Per i conduttori a bassa tensione e per quelli a bassissima tensione
si possono avere i seguenti tipi di posa:
a) cavi in vista;
b) in canaletta o in tubo PVC in vista;
c) cavi in tubo di metallo, flessibile e non, cavi in condotto sotto intonaco o in condotto interrato.
Nella posa del tubo sotto intonaco valgono le prescrizioni normative
per quanto riguarda il numero di conduttori nel tubo al fine di garantirne la sfilabilità. Si possono usare tubi rigidi in polivinilcloruro
o tubi flessibili in polivinile, in entrambi i casi di tipo leggero. Qualora la posa sia effettuata sotto pavimento è necessario ricorrere al
tipo medio.
Anche con la posa del tubo in vista è preferibile utilizzare tubi di
tipo medio che offrono maggiore resistenza a sollecitazioni di carattere meccanico.
Per il fissaggio dei cavi in vista si ricorre a gaffette di materiale isolante controllando che nel corso della posa il cavo non venga danneggiato.
La posa deve garantire i cavi contro danneggiamenti accidentali e il
percorso di posa deve svilupparsi preferibilmente per intero all’interno della proprietà e prevalentemente in zona protetta (non è comunque vietato che il percorso di posa sia in parte o per intero
all’esterno della proprietà).
Le giunzioni e le derivazioni devono essere eseguite in apposite scatole.
I circuiti a bassissima tensione devono, per quanto possibile per il
primo livello di prestazione, ed obbligatoriamente per il secondo e il
terzo, utilizzare canalizzazioni separate dai circuiti di qualsiasi altro
tipo di impianto.
Così pure le scatole di giunzione non devono essere comuni con altri
impianti e devono essere dotate di protezione contro l’apertura.
Sono ammessi setti di separazione per le canalette e le scatole di derivazione.
Cadute di tensione
La sezione minima dei cavi di alimentazione nei sistemi di categoria
0 deve essere calcolata in modo che la tensione ai morsetti delle apparecchiature non sia inferiore ai valori minimi di funzionamento
richiesti dalle apparecchiature alimentate.
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Determinazione del livello di prestazione delle connessioni
Mentre i livelli di prestazione dei vari dispositivi sono fissati, come
già detto, dal costruttore, quello delle connessioni in cavo deve essere
calcolato.
Il procedimento si basa su quattro parametri che riguardano: il tipo
di posa dei cavi, il loro percorso di posa, la presenza di un sistema di
rivelazione della manomissione accidentale o intenzionale e la presenza di un sistema di protezione dei segnali.
La tabella 5 indica i valori da attribuire ai quattro parametri dalla
cui somma deriva il fattore di merito delle connessioni e i limiti che
consentono di individuare il livello di prestazione delle connessioni.
Criteri di progetto dell’impianto antieffrazione e
antiintrusione
Fasi che concorrono allo sviluppo del progetto
Il progetto di un impianto antieffrazione e antintrusione si articola
secondo le seguenti fasi:
1 - determinazione delle zone da proteggere;
2 - livello di prestazione dell'impianto;
3 - ubicazione, numero e tipo dei rivelatori;
4 - ubicazione della centrale, degli organi di comando e degli apparati di teletrasmissione;
5 - tipo, numero ed ubicazione dei dispositivi di allarme locale.
Vanno inoltre definiti, in sede di progetto, i requisiti delle interconnessioni e degli eventuali impianti di teletrasmissione degli allarmi,
se questi ultimi sono previsti.
Determinazione delle zone da proteggere
Le zone da proteggere devono essere definite caso per caso e indicate sulla pianta topografica dell'insieme da proteggere e dell’ambiente circostante. È evidente che una villa isolata necessita di un
impianto antintrusione più complesso rispetto a quello di un appartamento situato ad un piano intermedio di un palazzo. Analogamente per la protezione di una cassaforte si deve ricorrere ad un
sistema più sofisticato.
Il sistema di protezione dovrebbe prevedere barriere realizzate installando rivelatori puntuali, lineari, superficiali, volumetrici: una
principale nei locali relativamente alle strutture perimetrali (porte
e finestre) e ai volumi interni, ed eventualmente una seconda specifica per la protezione di eventuali casseforti ed altri mezzi di custodia presenti nella struttura.
Livello di prestazione richiesto all’impianto
Il livello di prestazione dell’impianto, ossia il suo grado di affidabilità funzionale, è l’elemento che deve essere oggetto di specifico accordo fra committente e fornitore in relazione al valore o all’imporW-24
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Tabella 5 – Parametri e modalità per definire il livello di prestazione
delle connessioni
Tipo di posa del cavo:
P1
– In vista
2
– In canaletta o in tubo in PVC in vista
3
– In tubo metallico, in condotto sotto intonaco o interrato
5
Percorso di posa
P2
– In parte o tutto all’esterno della proprietà
2
– Tutto all’interno della proprietà
4
– Tutto all’interno della proprietà ed in luogo protetto
5
Rivelazione manomissioni
P3
– Taglio di tutti i conduttori del cavo
2
– Taglio o cortocircuito dei conduttori comportante un’alterazione della funzionalità della sezione di impianto servita dal cavo
3
– Oltre alle precedenti manomissioni, esclusione, anche di
un solo rivelatore, mediante taglio o cortocircuito di conduttori
5
Protezione dei segnali ottenuta con:
P4
– Linea con corrente di riposo (contatto chiuso/aperto)
1
– Linea bilanciata a corrente o tensione costante
3
– Linea bilanciata a corrente o tensione o frequenza o fase
variabile nel tempo o messaggio numerico
6
– Messaggio numerico criptografato o come sopra con variazione casuale nel tempo dei parametri
10
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Calcolo del fattore di merito f:
f = P1 + P2 + P3 + P4
Livello di prestazione L:
L = 0 se f < 9
L = 1 se 9 ≤ f < 13
L = 2 se 13 ≤ f < 18
L = 3 se f ≥ 18
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tanza dei beni da proteggere ed eventualmente alla sicurezza delle
persone presenti quando l’impianto è in servizio.
Esso evidentemente incide sia sulla scelta dei vari componenti dell’impianto sia sulla sua architettura e conformazione e di conseguenza sul costo dell’impianto.
Come già accennato, la Norma CEI 79-3 ha definito tre livelli di prestazione (1, 2, 3):
– livello 1, è il grado di affidabilità funzionale minimo; può essere
sufficiente quando gli ambienti da proteggere non contengono oggetti di particolare valore come, ad esempio, gli appartamenti ordinari;
– livello 2, offre una sicurezza medio-alta e quindi risulta adatto per
strutture contenenti beni o merci di un certo valore, come nel caso di
negozi, magazzini ecc, e nel caso di abitazioni o uffici con oggetti pregiati o apparecchiature di particolare importanza.
– livello 3, è quello che offre il massimo grado di sicurezza e pertanto
adatto per banche, negozi di oggetti preziosi, musei ecc.
Se l’impianto non offre prestazioni tali da rientrare nei livelli indicati viene definito di livello 0 (ovvero è un impianto non classificabile).
La classificazione in livelli non riguarda solamente l’intero impianto
ma può valere anche per particolari sottosistemi e per i componenti.
Per questi ultimi (sensori, centrale, dispositivi di segnalazione ottico-luminosa, organi di comando ecc) il livello di protezione è determinato e dichiarato dal costruttore in base ai dettami della
Norma CEI 79-2.
Ubicazione, numero e tipo dei rivelatori
La sicurezza ottenibile da un impianto antieffrazione-antiintrusione
è correlata al numero di barriere funzionalmente concentriche che risulta possibile realizzare, qualunque sia la struttura fisica del luogo
da proteggere.
Tali barriere sono costituite da mezzi fisici, quali pareti, porte, cancelli, controllati da un certo numero di rivelatori di diverso tipo.
In relazione ai rivelatori i fattori da tener presente in fase di progettazioneo sono:
– il tipo di rivelatore e il suo livello di prestazione;
– il loro numero e la loro posizione.
La scelta del rivelatore è determinata dal tipo di barriera alla quale
deve essere associato, mentre il livello di prestazione condiziona il livello di prestazione generale dell’impianto. Si deve infatti considerare che quando per una determinata protezione vengono usati più
rivelatori, il livello di prestazione del loro insieme è pari a quello:
– dei singoli rivelatori, se questi sono tutti di uguale livello;
– del rivelatore avente la minor valutazione in caso di rilevatori con
livelli di prestazione diversi (eventuali sensori che realizzano una
protezione supplementare non devono essere considerati).
Il numero e la posizione dei rilevatori influiscono invece sulla possibilità di eliminare totalmente o parzialmente eventuali spazi o varW-26
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chi non protetti. Per tener conto di questo aspetto e quantificare il livello di protezione complessiva dell’impianto, la Norma CEI 79-3 ha
introdotto un coefficiente di insuperabilità (I ).
Scelta e ubicazione della centrale e degli organi di comando
La centrale, essendo l’apparato di controllo e gestione dell’intero impianto, necessita di particolari condizioni di protezione. La sua ubicazione, pertanto, deve essere all’interno di una zona protetta o in
apposito locale, anch’esso protetto, in posizione tale da permettere
un’agevole manutenzione.
Gli organi di comando possono essere ubicati in zone non protette
oppure protette. In questo secondo caso, i circuiti di allarme ritardato dovranno essere regolati sul tempo minimo effettivamente indispensabile ad effettuare il percorso dal dispositivo di comando sino
alla spazio esterno al volume da proteggere; in ogni caso il tempo
programmato non deve essere superiore a 300 s.
Ubicazione e regolazione dei dispositivi di allarme acustici e luminosi
L’impiego dei soli avvisatori acustici, è giustificato unicamente in caso
di presenza in loco di personale in grado di recepire tali segnalazioni
e di attivare quindi le procedure d’intervento, diversamente i segnali
di allarme devono essere inviati ad un centro di controllo a distanza.
Per facilitare le procedure di individuazione del luogo di allarme, è
consigliabile l’abbinamento dei dispositivi ottici a luce intermittente
a quelli acustici, da ubicare in posizioni ben visibili e non facilmente
raggiungibili (possibilmente protetti contro le intemperie).
La durata delle segnalazioni acustiche esterne non deve superare i
dieci minuti, salvo diverse prescrizioni più restrittive imposte dalle
amministrazioni locali.
Per segnalare lo stato di allarme dell'impianto, generalmente si installa una sirena di piccola potenza all’interno del locale, a distanza
dalla centrale, quest’ultima possibilmente non in vista, in modo da
disorientare l’intruso per il tempo sufficiente ad assicurare l’attivazione dei sistemi di telesegnalazione.
Per la segnalazione all’esterno si installano sirene autoalimentate e
autoprotette alloggiate in un robusto contenitore.
L’autoalimentazione del dispositivo è assicurata dalla presenza all’interno di una batteria di adeguata capacità, tenuta costantemente
in carica dalla centrale o dai gruppi di alimentazione supplementari. In questo modo il segnalatore è in grado di funzionare autonomamente anche nel caso di taglio o corto circuito dei cavi di
collegamento.
Verifica del livello di prestazione di un impianto
Per rendere possibile una quantificazione numerica del livello di prestazione di un impianto la Norma CEI 79-3 ha introdotto un metodo
di calcolo che si basa sui seguenti punti:
– tipologia del luogo da proteggere;
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– suddivisione dell’impianto di protezione in tre sottosistemi;
– definizione del numero delle barriere e del loro grado di insuperabilità (I);
– definizione dei livelli di prestazione dei singoli componenti del sottosistema (L);
– calcolo del fattore di merito (f) dei tre sottositemi mediante la definizione di idonei coefficienti;
– determinazione del livello di prestazione dell’impianto.
Suddivisione dell’impianto
Le tre sezioni in cui viene suddiviso l’impianto di protezione sono:
– sottositema A, comprendete i rivelatori;
– sottositema B, comprendente gli apparati essenziali (centrale, organi di comando, connessioni, dispositivi di alimentazione);
– sottositema C, comprendente gli apparati acustico luminosi di allarme e gli eventuali inviatori di messaggio.
Grado di insuperabilità delle barriere
I provvedimenti specifici che costituiscono una barriera possono riguardare (fig. 10):
a) gli accessi: la protezione contro l’intrusione si attua mediante sensori (contatti, sensori puntiformi, a traguardo, volumetrici) applicati
a porte o finestre;
b) le superfici: la protezione contro i tentativi di scasso è realizzata
con sensori in grado di rilevare la rottura di vetri, la forzatura di
serrature, il taglio di reti di recinzione ecc.
c) i volumi: la protezione richiede dispositivi che segnalino la presenza di intrusi entro la zona protetta.
Il grado di insuperabilità delle barriere è individuato dal coefficiente
di insuperabilità che può assumere i valori numerici 1 - 0,5 - 0 e di-
Fig. 10
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pende dal fatto che il numero e la posizione dei rilevatori siano tali
da eliminare totalmente oppure parzialmente eventuali spazi o varchi non protetti.
Fattori di merito dei sottosistemi e complessivo dell’impianto
Il procedimento di calcolo del fattore di merito di ciascun sottosistema è alquanto complesso e dipende oltre che dal livello di prestazione dei vari dispositivi anche da vari altri parametri per cui si
rimanda alla Norma CEI 72-3.
Definiti i livelli di prestazione dei singoli sottosistemi si valuta il livello di prestazione complessivo dell’impianto di protezione nel modo
seguente:
– se i tre sottosistemi assumono tutti lo stesso livello (1, 2 o 3), il livello di prestazione complessivo è pari al livello comune dei sottosistemi;
– se i tre sottosistemi assumono livelli diversi, il livello complessivo
è pari a quello del sottosistema avente la minore valutazione.
– se anche uno solo dei sottosistemi assume livello 0, l’intero impianto risulta inclassificabile, sotto l’aspetto delle prestazioni, come
corrispondente alla norma CEI.
Le formule per il calcolo del fattore di merito dei sottosistemi si semplificano notevolmente se si adottano per l’impianto componenti tutti
dello stesso livello di prestazione. In questo caso inoltre si possono
utilizzare le tabelle riportate dalla Norma CEI 79-3 nell’Appendice A.
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