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L’inverno
a Villa Bedretto.
(CdT - Maffi)
La via solitaria di Bedretto
Isolamento e autonomia Sono un’ottantina i residenti del comune di Bedretto e delle sue frazioni e praticamente
nessuno vuole l’aggregazione con Airolo e Quinto. Abbiamo incontrato il sindaco Diego Orelli
Alberto Cotti
Più del bianco della neve, è il silenzio ad
impressionare. Soprattutto chi a Bedretto non vive. Per chi ci abita invece,
l’ovattato silenzio invernale è assolutamente normale. E neppure il fatto che la
strada che collega la valle ad Airolo resti
chiusa al traffico a causa della neve ha alcunché di straordinario. Succede quasi
ogni anno, eppure sono un’ottantina le
persone che risiedono stabilmente nel
villaggio e nelle sue frazioni. Per la gioia
di Diego Orelli, l’arzillo sindaco ottantenne che è anche una sorta di memoria
storica e non solo dell’intera valle. Chi
l’ha già sentito cantare – negli ultimi anni è stato spesso ospite dell’osteria Zoccolino di Bellinzona –, non fatica oltre
misura ad immaginarselo negli anni ’50
ad allietare le serate nei ristoranti del
Kreis vier di Zurigo con l’immancabile
fisarmonica. Così come è facile intuire
quanto Diego Orelli ami Bedretto. Pur
senza mai abbandonare la musica – alcuni anni fa ha anche pubblicato il suo
primo cd – è stato agricoltore, allevatore, produttore di formaggio, maestro di
sci e, soprattutto, ristoratore. Per moltissimi anni infatti, la Locanda Orelli ha
trovato posto nelle migliori guide ga-
stronomiche ed in quelle turistiche di
mezzo mondo. Sorride quando glielo si
fa notare, ma poi riporta il discorso sul
suo argomento preferito: Bedretto. E
non solo perché è proprio dagli anni ’50
che riveste quasi ininterrottamente cariche pubbliche. «Tranne per un breve
periodo – racconta – durante il quale ho
trasferito il domicilio ad Airolo, ma non
era la stessa cosa». Anche Bedretto però,
non è più lo stesso. «Molte cose sono
cambiate – ammette –. L’economia alpestre e il turismo tengono, ma l’agricoltura tradizionale è praticamente sparita». Così, se sugli alpi durante la stagione estiva si possono contare circa 400
mucche, a falciare i prati sono i contadini di Airolo. Di aggregazione però, non
ne vuole parlare. «Quasi tutti i cittadini
sono contrari – dice Diego Orelli –, anche perché, inevitabilmente, diventeremmo solo un quartiere periferico di
Airolo e Quinto».
L’autonomia deve però essere sostenuta anche finanziariamente. «Se
non ci avessero rubato l’acqua – replica
immediatamente il sindaco di Bedretto
–, non avremmo alcun problema!»
L’acqua, quella del Ticino le cui sorgenti
sono proprio in valle e che è quasi subito captata per essere condotta attraver-
so la montagna fino agli impianti delle
Officine idroelettriche della Maggia
(Ofima). Senza però dimenticare che almeno una piccola parte delle acque del
Ticino oggi alimentano una micro centrale che appartiene all’ente pubblico.
Intanto il progetto di posare sulla Novena e al Corno Gries alcune pale eoliche
avanza. «Le verifiche e gli incontri proseguono – ammette Diego Orelli – ed i
risultati sono positivi. Speriamo solo
che ci lascino almeno il vento». Le
aspettative del sindaco di Bedretto non
si esauriscono certo nella speranza di
poter alimentare le casse comunali grazie agli introiti della vendita dell’energia
eolica. Nel cassetto c’è ancora e sempre
la speranza di realizzare la cosiddetta
«finestra di Bedretto» – il collegamento
in galleria con la linea ferroviaria del
Furka sfruttando gli scavi eseguiti al
momento della realizzazione dei grandi
lavori idroelettrici –, così da poter raggiungere il Vallese tutto l’anno. Un progetto – e questo va pure detto – che non
è però mai andato oltre la semplice proposta. Anzi, ancora recentemente, il
Consiglio di Stato ha bocciato l’ipotesi
(respingendo anche la proposta di realizzare la «bretella di Andermatt»), soprattutto in considerazione degli alti
costi. Sostanzialmente i due progetti
erano stati rilanciati nell’ambito delle
riflessioni sul destino dell’attuale linea
del San Gottardo dopo l’entrata in funzione di AlpTransit. E questo per inserire l’Alto Ticino in una rete di trasporto
pubblico tra le più apprezzate dal punto
di vista turistico, come la ferrovia nata
nel 2003 dalla fusione della Furka-Oberalp e della Briga-Zermatt. Un aggancio
che anche il Consiglio di Stato caldeggia, ma non con opere che costerebbero
centinaia di milioni. Il Governo si propone piuttosto di mantenere e valorizzare il servizio sull’esistente linea di
montagna che alla stazione di Göschenen prevede coincidenze con il trenino
rosso per Andermatt.
Decisamente meno apprezzata per
contro, l’intenzione delle autorità federali di mettere a disposizione di un centinaio di richiedenti l’asilo i dormitori
delle istallazioni militari di All’Acqua.
Non per nulla lo scorso anno, al primo
incontro tra le autorità comunali e i responsabili dell’Ufficio federale della migrazione, non si è presentato solo Diego
Orelli, ma anche quasi tutti gli abitanti
del villaggio. E quasi tutti con la stessa
identica opinione: i richiedenti l’asilo
qui non li vogliamo. Un rifiuto non det-
tato necessariamente da un’opposizione agli stranieri però. Fra i motivi che
avrebbero dovuto sconsigliare Berna
dal trasferire in Valle Bedretto i richiedenti l’asilo, è stato ricordato come
«mandare gli asilanti in una caserma
sotterranea ed esiliata, significa: ghettizzazione». Inoltre, i bedrettesi hanno
evidenziato come l’intera infrastruttura
militare presa in considerazione si trovi
in una zona che potrebbe essere raggiunta da una valanga. In definitiva,
Berna ha deciso di rinunciare, almeno
momentaneamente al progetto.
Ed anche se, finora, non sono segnalate valanghe di grosse proporzioni,
la neve quest’inverno è scesa in abbondanza. Una volta di più nel corso di febbraio, la strada che sale da Airolo è rimasta chiusa al traffico per alcuni giorni.
Niente di preoccupante però. «La gente
è abituata e tranquilla – assicura Diego
Orelli –. C’è anche chi vive lì da oltre ottant’anni». Insomma il 1951, quello che
è ricordato come «l’anno della valanga»,
è ancora solo un ricordo. Un ricordo
non certo sbiadito perché la neve fa ancora paura. Ed anche perché l’inverno
non è ancora finito. Non per nulla la saggezza popolare in valle annota che: «Chi
muore d’aprile, muore d’inverno».