Totano o calamaro? Gastronomia

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Totano o calamaro?
Gastronomia Se il primo è davvero buono, potrebbe vincere il confronto smentendo la scelta più comune
Allan Bay
I calamari sono meglio dei totani? A
questa domanda rispondono quasi
tutti di sì e, ovviamente, i pescivendoli
lo sanno, per questo i calamari costano più dei totani. Ma ho detto «quasi
tutti»! Infatti, io non sono tra loro.
Personalmente preferisco i totani.
Premessa: per ambedue vale una
regola. Ovvero: trovarli buoni, molto buoni, è piuttosto difficile. Spesso
sono dignitosi, senza dubbio, ma proprio buoni è raro: non so il perché, ma
in vita mia ho litigato in proposito con
molti pescivendoli. E comunque va da
sé che fra un calamaro buono e un totano cattivo, scelgo il primo…
I totani, come peraltro
i calamari, si trovano
in tantissimi mari
del mondo, ma
non sono allevati,
vengono sempre da
pesca in mare aperto
I totani sono ovviamente migliori se
piccoli (totanetti), sebbene siano saporiti anche quelli grossi, cioè quelli
lunghi tra i 20 e gli oltre 50 cm (questi
ultimi però sono molto rari). Hanno
una consistenza più coriacea rispetto
a quella dei calamari e quindi richiedono cotture diverse e più lunghe: ma
questa consistenza è il motivo per cui
li preferisco. Si potrebbe dire che sono
forti tanto quanto i calamari sono eleganti. Questa texture dipende dalla
qualità intrinseca del totano; non a
tutti piace, comunque per chi vuole renderli più morbidi c’è un grande
semplicissimo trucco, congelarli per
due giorni, e poi decongelarli per una
notte in frigorifero.
I totani, come peraltro i calamari,
sono molluschi cefalopodi decapodi, cioè dotati di dieci tentacoli, di cui
due più lunghi degli altri. Si trovano
in tantissimi mari del mondo, quin-
di sono disponibili tutto l’anno. Non
vengono allevati, sono sempre pescati
selvaggi. Reggono benissimo la surgelazione. Hanno un buon tenore in
proteine e pochi grassi, sono ricchi di
sali minerali quali sodio, potassio, calcio, fosforo, magnesio e di vitamina A.
Cosa volete di più?
I totani buoni devono essere di colore rosa-giallo vivo e intenso, la loro
carne deve essere bianca, la pelle umida, ma non bagnata, i tentacoli integri
e sodi, che non si spezzino tirandoli,
il colore della sacca che contiene l’inchiostro deve risultare metallico, di
consistenza oleosa.
L’unica fatica è mondarli: richiede tempo e pazienza – anche se tanti
pescivendoli lo possono fare per voi,
facendo però lievitare giustamente il
prezzo.
Per mondare il totano bisogna
innanzitutto separare la testa dal corpo, detto sacca, tirando in modo da
estrarre anche gli intestini, che vanno
eliminati con un paio di forbici. La sacca contenente il nero, simile a quella
della seppia ma più piccola, non la si
riesce però a separare dagli intestini ed
è quindi irrecuperabile per altri usi. Si
passa poi a estrarre il calamo, la pennetta cartilaginea che funge da organo
di sostegno del mollusco: nome condiviso con i calamari ma anche con gli
uccelli (si chiama così la struttura portante dell’ala dei pennuti). Dalla testa,
sempre con delle forbici, vanno eliminati gli occhi e la bocca, più correttamente chiamata becco, che si trova al
centro dei tentacoli. Se occorre, la sacca può essere spellata, sollevando un
lembo di pelle e tirando con decisione:
ma nella tradizione italiana questo non
lo si fa mai, la pelle è saporita, tagliando i totani a fettine più che mai arricchisce di sapore il fondo di cottura.
La cottura che di più esalta il totano è quella in umido, sia tagliato a rondelle sia intero (se non troppo grosso)
e spesso ripieno. Gli esemplari più
piccoli si friggono e sono uno degli ingredienti principali del fritto misto di
pesce all’italiana, sotto forma di anelli
e ciuffi.