SENECA, De ira, I, 1

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SENECA, De ira, I, 1
FENOMENOLOGIA E FISIOGNOMICA DELL’IRA
1. Exegisti a me, Nouate, ut scriberem quemadmodum posset ira leniri, nec inmerito mihi uideris hunc
praecipue adfectum pertimuisse maxime ex omnibus taetrum ac rabidum. Ceteris enim aliquid quieti
placidique inest, hic totus concitatus et in impetu est, doloris armorum, sanguinis suppliciorum minime
humana furens cupiditate, dum alteri noceat sui neglegens, in ipsa inruens tela et ultionis secum ultorem
tracturae
auidus.
2. Quidam itaque e sapientibus uiris iram dixerunt breuem insaniam; aeque enim inpotens sui est, decoris
oblita, necessitudinum immemor, in quod coepit pertinax et intenta, rationi consiliisque praeclusa, uanis
agitata causis, ad dispectum aequi uerique inhabilis, ruinis simillima quae super id quod oppressere
franguntur.
3. Vt scias autem non esse sanos quos ira possedit, ipsum illorum habitum intuere; nam ut furentium certa
indicia sunt audax et minax uultus, tristis frons, torua facies, citatus gradus, inquietae manus, color uersus,
crebra
et
uehementius
acta
suspiria,
ita
irascentium
eadem
signa
sunt:
4. flagrant ac micant oculi, multus ore toto rubor exaestuante ab imis praecordiis sanguine, labra quatiuntur,
dentes comprimuntur, horrent ac surriguntur capilli, spiritus coactus ac stridens, articulorum se ipsos
torquentium sonus, gemitus mugitusque et parum explanatis uocibus sermo praeruptus et conplosae saepius
manus et pulsata humus pedibus et totum concitum corpus magnasque irae minas agens, foeda uisu et
horrenda facies deprauantium se atque intumescentium -- nescias utrum magis detestabile uitium sit an
deforme.
5. Cetera licet abscondere et in abdito alere: ira se profert et in faciem exit, quantoque maior, hoc
efferuescit manifestius. Non uides ut omnium animalium, simul ad nocendum insurrexerunt, praecurrant
notae ac tota corpora solitum quietumque egrediantur habitum et feritatem suam exasperent?
6. Spumant apris ora, dentes acuuntur adtritu, taurorum cornua iactantur in uacuum et harena pulsu pedum
spargitur, leones fremunt, inflantur inritatis colla serpentibus, rabidarum canum tristis aspectus est: nullum
est animal tam horrendum tam perniciosumque natura ut non appareat in illo, simul ira inuasit, nouae
feritatis
accessio.
7. Nec ignoro ceteros quoque adfectus uix occultari, libidinem metumque et audaciam dare sui signa et
posse praenosci; neque enim ulla uehementior intrat agitatio quae nihil moueat in uultu. Quid ergo interest?
quod alii adfectus apparent, hic eminet.
I,1 O Novato, hai voluto a tutti i costi che io trattassi del rimedio all'ira e, in effetti, mi pare che tu abbia decisamente
temuto questa passione, ch'è - fra tutte - la più ripugnante e la più sfrenata.
Nelle altre, infatti, si mantiene comunque una certa temperanza; mentre questa, invece, è tutta un fuoco e brucia nel
tormento furioso dello sdegno e del rancore, folle d'un delirio disumano di armi sangue supplizi, decisa a nuocere agli
altri mentre di sé non si cura: con veemenza si espone impavida perfino alle armi, bramosa di una vendetta che pur
trascinerà con sé il vendicatore.
I,2 Per tal motivo, certuni sapienti han definito l'ira una pazzia rapsodica; e infatti, allo stesso tempo, essa non è padrona
di sé, mette da parte il decoro, trascura i rapporti sociali, testardamente presa e coinvolta verso ciò che ha cominciato,
refrattaria al buon senso e ai buoni propositi, resa inquieta da futili motivi, incapace di discernere ciò ch'è giusto e ciò
ch'è vero, in tutto simile alle macerie, che rovinano su ciò che hanno già travolto.
I,3 Allora, affinché ti sia chiaro che quelli invasati dall'ira non sono affatto individui normali, osserva già, di per sé, il
loro aspetto; come, infatti, uno sguardo sfrontato e minaccioso, una fronte aggrottata, un volto truce, un andamento
sconnesso, uno smanacciare frenetico, un colorito alterato, un respiro affannoso e veloce son sintomi manifesti di pazzia,
così, praticamente identici, si delineano i sintomi dell'ira:
I,4 occhi accesi e strabuzzati, rossore diffuso per tutto il volto - per via del sangue che affluisce dal fondo dei precordi,
labbra che fremono, denti che digrignano, capelli che si levano ritti, respiro forzato ed ansimante, stridente dinoccolarsi
di articolazioni, gemiti sommessi e tenebrosi, una loquela precipitosa e sconclusionata, mani che non stan ferme un
momento e piedi che scalpitano: insomma, tutto il corpo è un sol fremito, minacciosamente proteso ad esplodere nell'ira.
E', dunque, orribile e pauroso a vedersi l'aspetto di coloro che l'ira rende alterati e deformi.
I,5 Non sapresti deciderti se definirla - l'ira - un difetto detestabile, o piuttosto brutto. Gli altri difetti c'è modo di
dissimularli e di nutrirli nell'intimo; l'ira, invece, trapela e si manifesta in volto, e quanto più è grande, tanto più
s'accende.
Hai fatto caso a come tutti gli animali, non appena si preparino ad infierire, lo lascino intendere - tutti i corpi si scrollan
di dosso la consueta mansuetudine ed esasperano la propria ferinità?
I,6 Ai cinghiali, ad esempio, spumano i musi, s'affilano le zanne sfregandole; le corna dei tori infilzano l'aria e la
polvere scalciata si diffonde d'attorno; i leoni fremono; i serpenti, se molestati, gonfiano il collo; tremendo è l'aspetto
delle cagne rabbiose: non c'è bestia tanto orribile e tanto minacciosa, già per natura, in cui non si manifesti - non appena
fatta preda dell'ira - un'aggiunta d'inaudita ferocia.
I,7 So bene che anche altre passioni è difficile simularle: il desiderio intenso, la paura e l'audacia tradiscono i propri
sintomi ed è possibile intuirle in anticipo: infatti, non c'è alcun interiore tumulto, abbastanza violento, che non alteri
qualche lineamento del volto.
Qual è, allora, la vera differenza? Le altre passioni fanno capolino; l'ira, invece, esplode.
Trad. di C. Bukowski