FAZZOLETTI di VENTO - Fratelli della Costa

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FAZZOLETTI di VENTO Zamara, Lgt. nella Tavola di Castel Lova, ha chiamato “Fratelli del vento” noi di Bora (in cantiere). Questo bell’appellativo riguarda, credo, tutti i Fra’ che vanno per mare ad incontrare il vento. E il vento ha fatto sollevare un ricordo e queste storie. L’essere umano “nauta” ha sempre coltivato, miticamente, la voglia di un potere magico sopra il vento (1). E poi, più saggiamente, di proteggersene. La letteratura descrive, dall’antichità, esempi di casi “magici” che così riassumo: a) una famiglia di Corinto godeva della reputazione di poter calmare il vento furioso. Non sappiamo in che modo i suoi membri esercitassero una funzione così proficua che fruttava, probabilmente, una ricompensa più solida che non la sola reputazione, tra la popolazione marinara dell’Istmo (capacità di lettura metereologica, con vedette ? maree, correnti, stagionalità, equinozi, solstizi ?). b) gli stregoni, in Finlandia, solevano vendere del vento ai marinai in bonaccia. Il vento era rinchiuso in tre nodi: sciogliendo il I° si generava un venticello; col II° vento e col III° tempesta. c) pare che gli Estoni credessero ai poteri magici dei maghi e delle streghe dei loro dirimpettai del Nord. Il vento del Nord e N-E in primavera portava dolori, reumatismi e infiammazioni (e il cambio di stagione, per gli umorali…). Soprattutto in 3 giorni speciali: i giorni della Croce. Uno di essi cadeva la vigilia della festa dell’Ascensione (anche da noi: se piove per la Senza per 40 gg. non saremo senza, si diceva). La magia di legare il vento con tre nodi, così che si potessero sciogliere progressivamente rispetto all’intensità, è stata attribuita anche agli stregoni della Lapponia e alle streghe dello Shetland, di Lewis e dell’isola di Man. I marinai dello Shetland compravano i venti sotto forma di fazzoletti e spaghi annodati dalle vecchie che pretendevano di saper governare le tempeste. Si dice che a Lerwick vi fossero delle megere che vivevano vendendo i venti. Rimasi incuriosito, nei giorni di un ferragosto, nel veder stesi, come il gran pavese, tanti e diversi fazzoletti (non foulards) da donna sopra il piccolo sagrato della chiesa barocca del centro storico di Vodice ( 5 mg. ca, a NW di Sebenico; secca a dx a 1\2 percorso e secca a dx prima dell’ingresso al Marina: segnate) A 4 km. a W c’è Tribunj che vanta la flotta peschereccia più grande di tutta la Dalmazia centrale. Il centro storico è sopra una penisoletta con sopra un colle con sopra un santuario, illuminato. C’è anche qui, davanti, un piccolo Marina. Altro privilegio di questa chicca ambientale è il “suo” accesso all’Adriaco mare. La domanda era: perché moltissime donne di Vodice avevano prestato, per esporlo nella festa dell’Assunta (Gospa-Santa Maria: 15 agosto) un oggetto così personale ? Alcuni fazzoletti sembravano ben “conservati” e tutti non davano assolutamente l’idea di essere in commercio (almeno a Vodice). Mi sono risposto così. La costa dalmata storicamente ha offerto braccia e teste per il lavoro sul mare-oceano: emigrazione ed imbarco con titolo di studio o senza. Anche a livello peschereccio. Il mito o la magia di legare il vento potrebbe essersi trasferito sul fazzoletto femminile: un nodo basta quando è sul collo, due nodi quando c’è più vento e le donne se lo mettono anche in testa, a mo’ di velo; tre, poi … Comprare un fazzoletto per un marinaio-pescatore era al tempo stesso esorcizzare il vento e il mare ed avere un pensiero per la donna di casa o da portare in casa. Si citavano anche gli spaghi: quelli per stendere i fazzoletti al vento perché li asciugasse, lacrime comprese… Fazzoletti sopra il sagrato come omaggio, collettivo, alla Madre, riconosciua da coloro che, del

lavoro sul mare, sanno che fa attendere. Per altri (noi Fra’ ?) come comprensione del mito, come possibilità non scaramantiche sul vento, come idea di una tenera carezza mandata da mani ruvide, operose, sensibili. P. 28 bit. I – 1534 Tavola di Bora (in cantiere) (1) J.G. Frazer: Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione. Ed. Boringhieri, 1981, Vol. I°, pp.129-30.