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IV
MEZZOGIORNOECONOMIA
Primo piano
LUNEDÌ 3 MARZO 2014
La questione meridionale
L’analisi
L’intervento/1
L’intervento/2
Le classi dirigenti
«motore» del divario
Il disimpegno statale
avviò la retromarcia
vento «straordinario»), quanto
nella concessione di finanziamenti
industriali. Era naturalmente una
strategia costosa, perché imposta
su e malgrado la società meridioUnione Europea defini- nale — ho parlato a proposito di
sce «regioni in ritar- «industrializzazione passiva» —
do» quelle il cui reddi- nella speranza che questa sarebbe
to per abitante è al di mutata con il mutare della struttusotto del 75% della media. La loro ra economica. E tuttavia era una
mappa consegna all’Italia un qua- strategia che stava dando i suoi
dro sconfortante: il nostro è l’uni- frutti, perfino al di là degli indicaco grande paese che appare lette- tori economici; anche gli indicatoralmente spaccato in due, con qua- ri sociali, infatti, confermano la
si tutto il Mezzogiorno sotto il convergenza del Sud Italia negli
75% (solo l’Abruzzo, il Molise e la anni del miracolo economico.
Il problema è che, partire dalla
Sardegna sono considerate regioni in transizione, con un reddito seconda metà degli anni sessanta,
fra il 75 e il 90% della media euro- la Cassa per il Mezzogiorno ha
pea). La mancata convergenza del progressivamente perduto capaciMezzogiorno è quindi un proble- tà di incidere: sottoposta a crema aperto di rilevanza europea, scenti pressioni politiche, gli aspeteccezionale per le sue dimensioni, ti assistenziali hanno via via preso
e a maggior ragione bisogna inter- il sopravvento su quelli produttirogarsi sulle cause che l’hanno de- vi. Per di più, come ha ben evidenziato Carlo Trigilia (Sviluppo senterminato.
A dire il vero, dagli anni Cin- za autonomia: effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, il Mulino,
1992), si sono creati
Non è un caso che gli
incentivi distorti, che
alterato le consprechi siano aumentati hanno
dizioni sociali e civili
negli anni Settanta dopo del Mezzogiorno —
solo quelle ecola creazione delle Regioni non
nomiche — a scapito
dell’imprenditorialit
quanta alla metà degli anni Settan- à e del merito, e a favore della renta il Sud era in effetti riuscito ad dita (e a volte perfino delle orgaavviare un processo di convergen- nizzazioni criminali). Di questo
za. È stato un risultato davvero no- fallimento, la responsabilità va attevole se pensiamo che allora — tribuita in primo luogo alle classi
durante il miracolo economico — dirigenti meridionali. Non è un caanche il Centro-Nord cresceva a so che gli sprechi siano aumentati
una velocità mai vista prima. Esi- negli anni Settanta dopo la creaste oggi un vasto consenso fra gli zione delle Regioni, le quali a un
studiosi nell’attribuire questo ri- certo punto, con la legge 183 del
sultato all’azione della Cassa per il 1976, sono entrate direttamente
Mezzogiorno (1950-1984), partico- anche nella gestione della Cassa.
Va notato che ancora per tutti
larmente efficace nella prima metà della sua vita: si vedano ad gli anni Settanta i finanziamenti
esempio il bel libro che a quell’e- della Cassa non sono diminuiti, né
sperienza ha dedicato Amedeo Le- in assoluto, e neppure in percenpore (La Cassa per il Mezzogior- tuale sul Pil (sarebbero scesi signino e la Banca mondiale: un mo- ficativamente solo negli anni Otdello per lo sviluppo economico tanta). Con le crisi petrolifere il
italiano, Rubbettino, 2013), o an- modello di industrializzazione
che i lavori di ricerca condotti in top-down — basato sulle induprecedenza da Leandra D’Antone, strie pesanti più intensive nel cono da chi scrive. La Cassa per il sumo di energia — segnava il pasMezzogiorno ha avuto successo so, e lo stato reagiva alla crisi auperché operava dall’alto, secondo mentando i trasferimenti pubbliuna strategia top-down, tanto nel- ci. Ma il Sud Italia semetteva di
la realizzazione di infrastrutture convergere sulla media italiana;
(ovviando così alle molte lungag- anzi, ricominciava ad andare leggini dell’amministrazione ordina- germente indietro. Significativo è
ria: non per nulla era il suo inter- in questo senso il contrasto con il
DI EMANUELE FELICE
Universitat Autònoma
de Barcelona
L’
Nord-Est e Centro, il quale invece
proprio dagli anni settanta ha accelerato la sua convergenza sul
Nord-Ovest: grazie ai distretti industriali, che si alimentano del
rapporto virtuoso con il contesto
locale, il quale fornisce loro beni
pubblici essenziali.
Qualche distretto è fiorito anche al Sud, qualche esperienza virtuosa vi è stata anche in questa parte d’Italia e sarebbe un errore disconoscerla. Ma si tratta di gocce
nel mare, che non servono a cambiare il quadro complessivo che ci
consegnano gli indicatori macro-economici. E non solo quelli.
Anche gli indicatori sociali — dalla salute all’istruzione — confermano che, dopo una lunga fase di convergenza più che secolare, il Sud
ha ricominciato a perdere terreno:
proprio in quegli ambiti, dalla sanità alla scuola, in cui le classi dirigenti «estrattive» hanno ulteriormente accresciuto il loro potere.
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DI RICCARDO
REALFONZO
Università del Sannio
A
ncora oggi abbiamo
molto da apprendere
dalla vicenda dell’intervento per il Mezzogiorno e in particolare dal mutamento
delle politiche che si verificò alla
metà degli anni ’70 del Novecento. Preliminarmente, è necessario
ricordare che agli inizi degli anni
’50 il divario tra Mezzogiorno e
Centro-Nord era particolarmente
ampio. Infatti, nel 1951 il reddito
medio di un cittadino del Mezzogiorno arrivava appena al 53% di
quello di un abitante del resto del
Paese. Quel valore fece un balzo
di ben 12 punti, raggiungendo il
65% nel 1972, per poi avviare, con
vicende alterne, una lunga triste
discesa destinata a riportare il divario ai valori degli anni ’50. Oggi,
infatti, il reddito di un meridiona-
le si aggira intorno al 58% del reddito di un abitante del Centro-Nord. Cosa è accaduto? Come
mai il Mezzogiorno aveva avviato
una rincorsa verso i ritmi di crescita della parte più ricca del Paese e
successivamente è ripiombato in
una divergenza crescente?
Le ragioni di questa drammatica vicenda, fatta di speranza e delusione, sono essenzialmente due.
Il primo fattore da chiamare in
causa è la politica di intervento
straordinario per il Mezzogiorno.
Come è ben noto, all’indomani della seconda guerra mondiale, ci fu
una svolta politica a favore dell’industrializzazione del Sud. Gli interventi, condotti dalla Cassa del
Mezzogiorno e sostenuti anche
dalla Banca Mondiale, permisero
di incanalare risorse pubbliche
crescenti verso il Mezzogiorno.
L’impegno a favore della localizzazione di grandi imprese conobbe
il culmine nel 1972, quando ben il
37% degli investimenti industriali
nismi, troppo spesso perversi, del
governo politico locale. L’intervento per il Mezzogiorno perdeva risorse e cominciava anche a degenerare, con l’affermazione di una
classe politica locale che molte volte piegava l’utilizzo delle risorse
pubbliche ai fini della propria riproduzione e che finiva per essere
implicitamente ostile a uno sviluppo industriale. Le politiche di intervento sfociavano così nell’assistenzialismo.
Gli insegnamenti da trarre da
questa tragedia collettiva sono almeno due.
Il primo è che per innescare
processi di convergenza territoriale occorrono ingenti risorse e una
grande volontà politica. La favola
secondo cui i meccanismi di mercato consentono spontaneamente
alle aree meno avanzate di agganciare lo sviluppo delle aree prospere è ormai destituita di basi scientifiche. La realtà è che il mercato generalmente conserva i divari territoriali e qualche volta incrementa le disuguaglianze nei ritmi
L’impegno a favore
di crescita del prodotto sociale. Non a cadella localizzazione
so, in questa epoca di
di grandi imprese arrivò austerità e disimpegno delle politiche
al culmine nel 1972
economiche in Europa si moltiplicano i
italiani si concentrarono nel Sud. processi di mezzogiornificazione
Poi venne lo shock del prezzo del (per dirla con Krugman): cresce
petrolio del 1973, l’inflazione, il bu- lo squilibrio tra aree centrali e
co dei conti con l’estero e le politi- aree periferiche. L’eccezione che
che di austerità, varate allo scopo conferma la regola è data dai codi ridurre il deficit dei conti con lossali investimenti che i tedeschi
l’estero. Insomma, non era più stanno facendo nelle aree della
possibile sostenere un massiccio vecchia Germania Est, favorendointervento per il Mezzogiorno, per- ne una rapida convergenza con il
ché ora si trattava di soccorrere la resto del Paese.
Il secondo e più amaro insegnaparte più avanzata dell’economia
italiana. E così cominciò il disim- mento da trarre è che i localismi e
pegno, che si concretizzò con la gli interessi dei governi territoriachiusura della Cassa, la fine del- li meridionali sono spesso entrati
l’intervento straordinario, e il va- in conflitto con lo sviluppo del
ro — nei primi anni ’90 — della Mezzogiorno. Come osservava Aunuova programmazione per il gusto Graziani nel 1990, la classe
Mezzogiorno.
politica locale ha troppo spesso
L’altro fattore da considerare è «fatto del clientelismo e della corla nascita delle Regioni, che furo- ruzione le leve principali del prono istituite nel 1970, alle quali fu prio agire». Una pessima qualità
affidata la responsabilità dell’in- della spesa che ha costituito un ectervento straordinario. Con l’av- cellente alibi per quanti hanno sovento delle Regioni la logica di in- stenuto l’esigenza di un disimpetervento dall’alto, fondata sui prin- gno economico nel Sud da parte
cipi della programmazione e della del governo nazionale. Sotto quepianificazione territoriale, venne sto aspetto, noi meridionali contiad essere accantonata. Venivano nuiamo ad essere i peggiori nemiora a prevalere le logiche partico- ci di noi stessi.
lari dei singoli territori e i mecca© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cambi di poltrona
Cisl Fp, Lezzi segretario
per Puglia e Basilicata
Enzo Lezzi è stato eletto segretario generale interregionale della Cisl Funzione pubblica per Puglia e
Basilicata. Lezzi sarà affiancato dal
segretario generale aggiunto Giovanni Sarli, ex segretario generale
della Basilicata. Con Lezzi e Sarli,
della nuova segreteria fanno parte
Giuseppe Melissano e Stefania Di
Lena.
Campania dei Festival,
Grispello presidente
Cambio al vertice della Fondazione Campania dei Festival istituita nel 2007 per organizzare e gestire, tra l’altro, il Napoli Teatro Festival Italia. La professoressa Caterina Miraglia, assessora regionale all’Istruzione e alla promozione culturale, ha passato il testimone a
Luigi Grispello, presidente dell’A-
gis Campania, che fa parte del cda
con Lucio d’Alessandro, rettore del
Suor Orsola Benincasa.
Nasce Campania Spa,
Caccioppoli al vertice
L’imprenditrice Mena Caccioppoli, proveniente dal mondo agricolo, è la presidente di «Campania
spa», nata per ripensare al territorio regionale e alla sua storia migliore. L’«Accademia delle idee» è
stata promossa da Italia Sostenibile, la Fondazione creata dall'ex presidente della Coldiretti Sergio Marini con l'obiettivo di costruire «un
nuovo progetto per il Paese».
della XI edizione del Premio Giornalista di Puglia dedicato a Michele Campione, giornalista della Rai
di Bari scomparso nel 2003. L’iniziativa è promossa dal Consiglio
dell’Ordine dei giornalisti della Puglia, con il patrocinio del Consiglio
nazionale, in collaborazione con Re-
gione Puglia, Provincia, Comune e
Università di Bari e Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Bari-Bitonto, d’intesa con la famiglia
Campione. I premiati sono: per il
settore cronaca, Samantha Dell'Edera (Corriere del Mezzogiorno)
ex aequo con Maristella Massari
Giornalista di Puglia,
premiato Fatiguso
È stato assegnato ad Antonio Fatiguso, responsabile dell’ufficio di
corrispondenza dell’Ansa da Tokyo, il riconoscimento alla carriera
(Gazzetta del Mezzogiorno); per il
settore cultura e costume, Anna Puricella (La Repubblica); per il settore sport Luca Balasco (Alchimie)
ex aequo con Nicola Lavacca (La
Gazzetta del Mezzogiorno). Per le
televisioni, nella sezione cronaca:
Danilo Lupo (Telerama); sezione
cultura e costume, Maria Liuzzi
(Telenorba); premiati anche i fotografi Marcello Carrozzo (Cultura)
e Donato Fasano (Sport). La giuria
ha segnalato infine, i lavori di Armando Fizzarotti (La Gazzetta del
Mezzogiorno), Francesco Mazzotta
(Corriere del Mezzogiorno) e Marianna Laforgia (La Gazzetta del
Mezzogiorno).
Università europee,
nomina per Uricchio
Enzo Lezzi
Cisl Funzione
pubblica
Luigi Grispello
Fondazione
Campania Festival
Antonio Uricchio
advisory bord
progetto «Arelen»
Il rettore dell’Università di Bari,
Antonio Uricchio, è stato nominato
componente della Governance and
Advisory board in rappresentanza
delle Università europee aderenti
al progetto Arelen, che mira a favorire la cooperazione nel campo dell’alta formazione e della ricerca tra
le Università arabe e europee.
Clemente Russo atleta
dell’anno in Campania
Clemente Russo è stato eletto
Atleta dell’anno 2013 della Campania. Il pugile di Marcianise, due volte medaglia d'argento alle Olimpiadi (Pechino 2008 e Londra 2012), è
stato il più votato dai giornalisti
sportivi dell’Ussi regionale. Il premio è organizzato dal Comitato regionale Coni, presidente da Cosimo Sibilia, e dall’Ussi Campania, di
cui è presidente Mario Zaccaria.
ANGELO LOMONACO
angelo.lomonaco@
corrieredelmezzogiorno.it