gennaio 2015 / anno 8 - numero 1

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ANNO 8- NUMERO 01
1 GENNAIO 2015
MENSILE DEL TERRITORIO DI LERICI
a cura dell’Istituto Comprensivo di Lerici
LERICI IN: quanto piace? Cosa piace? Cosa piacerebbe?
Laboratorio di
Giornalismo
delle scuole
medie F. Poggi
e P. Mantegazza
Lerici In… è un
allegato di Ameglia
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al n.2 del 4.2.1998
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non ha alcun finanziamento pubblico e
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alla pubblicità degli
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che permettono la
DISTRIBUZIONE
GRATUITA
alla popolazione.
Diffuso in 2700 copie
Da un sondaggio effettuato nel
mese di dicembre il 99% dei lettori
di Lerici In dà un voto alla pubblicazione tra l’otto e il dieci su una
scala da 1 a 10.
Come potete vedere dalla finestrella in alto siamo entrati nell’ottavo anno di vita di Lerici In.
Abbiamo quindi deciso di fare il
punto del nostro gradimento e di
avere dai lettori qualche suggerimento per migliorarci.
I nostri redattori hanno condotto un’indagine di mercato che
riteniamo statisticamente corretta
per-ché rappresenta circa l’1% della popolazione lericina, proporzionalmente suddivisa per fasce di
età da 10 a 80 anni. Sicuramente
molto più precisa dell’Auditel,
che tutti prendono per misurare la
popolarità delle varie trasmissioni
televisive, rappresentata da circa
lo 0,1% della popolazione italiana
con 52.000 punti di rilevazione su
61.000.000 di abitanti.
I risultati dell’inchiesta:
•
Lerici In è seguito dal 70 %
della popolazione tenuto conto
che ogni numero è letto anche
da altre persone di famiglia.
•
Lerici In non è letto dal 30%
dei lericini o perché non interessa o per pigrizia o per mancanza di tempo.
•
Lerici In è preso per il 28 %
dai giornalai, per il 25 % dalle
farmacie, per il 25% dai commestibili e supermercati, per il
12 % dai locali pubblici, uffici
pubblici e banche, per il 5% da
altri locali e per il 5% dalla
scuola.
•
Dell’argomento preferito non
può essere data una percentuale riferita alla totalità degli intervistati in quanto si potevano
dare più risposte: la percentuale si riferisce quindi alla totalità delle risposte date. La più
votata è risultata la storia locale, con quasi il 40% di preferenze, seguita dalle informazioni
con il 25%, dalle vignette con
20% poi a seguire costume e
società, cronaca e altri argomenti.
•
Per “cosa vorreste fosse trattato che non c’è” le risposte
sono state le più disparate e
fantasiose; comunque le più
ripetitive sono state per aggiungere più foto, calendario
eventi, sport, qualcosa in dialetto e ricette tipiche.
•
Infine per “cosa togliere” abbiamo ricevuto solo poche risposte.
Già da questo mese abbiamo
accontentato chi ci ha chiesto più
spazio per i dialetti locali, poi vedremo per il futuro se ci saranno
collaboratori disposti ad esplorare
con noi questo campo.
All’inchiesta hanno partecipato con entusiasmo i ragazzi
della prima media di San Terenzo e quelli della redazione
di Lerici.
Ringraziamo tutte le persone
che hanno collaborato con loro.
SF e MLE
Cerca “Lerici In” con Google e lo puoi sfogliare su tablet o smartphone
Tutti i numeri di LERICI IN sono pubblicati in Internet sul sito del Comune
www.comune.lerici.sp.it e in quello della scuola www.istitutocomprensivo-lerici.it
Il 2015 di Malala: istruzione per tutti i bambini
Per cosa sarà importante il 2015? Non lo sappiamo,
ma di certo l’obiettivo più alto
se l’è posto Malala Yousafzai, premio Nobel 2014 per la
pace, la più giovane vincitrice
del massimo riconoscimento
internazionale in tutta la sua
storia, che lo ha designato come l’anno in cui dovrà essere
assicurata ad ogni bambino e
bambina del mondo l’istruzione primaria.
Nata in Pakistan il 12 luglio 1997, figlia del dirigente
scolastico d’una scuola privata, si è battuta a tal punto
contro la proibizione dei talebani nei confronti dell’istruzione alle donne, bandite anche
dalle madrase, da subire a 15
anni un sanguinoso attentato
al quale è sopravvissuta solo
per miracolo.
A 11 anni Malala scriveva,
con uno pseudonimo, su un
blog della BBC denunciando la
violenza talebana e gli attentati alle scuole, specialmente
quelle frequentate da bambine
e ragazze. La sua storia è diventata un libro: “Io sono Malala – La mia battaglia per la
libertà e l’istruzione delle donne” (Garzanti, 2013).
Quando chiese a suo padre:
“Perché i talebani non vogliono che le ragazze studino?”, la
risposta fu: “Perché hanno paura della penna!” (pag. 105).
“Papà diceva sempre – racconta nel suo libro - che il popolo dello Swat e i suoi insegnanti avrebbero continuato a
istruire la nostra gioventù fino
all’ultima aula, e finché l’ultimo maestro e l’ultimo studente fossero rimasti in vita …
Anche se avevamo sempre amato la scuola, non ci eravamo
resi pienamente conto di quanto fosse importante l’istruzione prima che i talebani cercassero di togliercela. Studiare,
leggere, fare i compiti non era
solo un modo come un altro di
passare il tempo, era il nostro
futuro” (pag. 129).
Il 9 ottobre 2012 il pulmino
della scuola su cui viaggiava è
stato assalito da un commando di talebani che le hanno
sparato alla testa riducendola
in fin di vita e ferendo altre
sue due compagne. Ma ormai
(Continua a pagina 3)
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LERICI IN… - gennaio 2015
la fama di Malala aveva varcato i confini del Pakistan ed è
stato così possibile trasportarla in Inghilterra, a Birmingham, dove è stata sottoposta
a tutta una serie di delicati
interventi chirurgici per recuperare il più possibile le sue
facoltà fisiche.
Il giorno del suo sedicesimo
compleanno (12 luglio 2013)
Malala ha parlato a New York
davanti all’assemblea delle
Nazioni Unite. Indossava uno
dei veli bianchi appartenuti a
Benazir Bhutto e regalati a
lei, dopo l’attentato, dai figli
della leader politica pakistana
assassinata nel 2007.
All’ONU Malala ha chiesto,
entro il 2015, l’istruzione gratuita per tutti i bambini del
mondo, dicendo: “Prendiamo
in mano i nostri libri e le nostre penne … Sono le armi più
potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna
possono cambiare il mondo” (pag. 269). Alla fine l’assemblea le ha tributato una
standing ovation.
Il 20 novembre dello stesso
anno il Parlamento Europeo
l’ha insignita del Premio Sakharov per la libertà di pensiero e l’anno dopo, il 10 ottobre 2014, ha ricevuto, assieme
all'attivista indiano Kailash
Satyarthi, il Premio Nobel
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per la pace.
È difficile, in una società
opulenta come la nostra in cui
per i ragazzi spesso studiare è
il più pesante e meno amato
dei doveri, capire davvero i
coetanei del resto del mondo
(anche se sono la maggioranza), che affrontano fame, sete,
freddo, caldo, fatica per imparare e diventare così più liberi
e consapevoli. Per fortuna a
ricordarcelo ci sono ragazzi
coraggiosi come la musulmana
Malala o un altro pakistano, il
cristiano Iqbal Masih, operaio e sindacalista, venduto come schiavo a un fabbricante
tessile: lui voleva diventare
avvocato, ma è stato assassinato nel 1995, a 12 anni, dalla
mafia dei tappeti. Diceva Iqbal: “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno
strumento di lavoro. Gli unici
strumenti di lavoro che un
bambino dovrebbe tenere in
mano sono penne e matite”.
gennaio la salma di Bruno,
scortata dai fratelli superstiti,
passa in treno dalla Spezia per
andare a Roma. Il feretro è salutato da una delegazione del Consiglio Comunale scortata da un
plotone di vigili in alta uniforme.
L'assessore Piola, capo delegazione, offre un mazzo di garofani rossi uniti da un fiocco non
tricolore, bensì azzurro, il colore
dei Savoia. Quindi, tutti, quando il
treno riprende la corsa, prorompono in un corale grido unanime.
Però, che cosa esclamarono,
nessuno lo sa di preciso. Un giornale, infatti dice che l'urlo fu “Viva
Garibaldi, Viva l'Italia!”, un altro
propende per “Viva Trieste!”. Viva
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sua autonomia adattando la verità alla propria linea editoriale!
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Direttore Responsabile
Sandro Fascinelli
capo-redazione
Maria Luisa Eguez
Le redazioni
Lerici: Valentina Bertolucci, Vittoria Bregante, Emanuele Carassale, Nicolò Chifari, Margherita Gattoroncheri, Irene Gennaro, Nicolas
La Camera, Federico Randazzo,
Alice Sara, Matilde Scorza, Pierino
Simeone, Diego Tonelli, Fabio
Vassale, Gaia Verrillo, Alessandro
Muzi .
San Terenzo: Filippo Belviso,
Martina Bronzi, Margherita Buonanno, Sara Cacciamano, Alessia
Castorina, Andra Cazan, Tommaso Conti, Barbara Damiano, Serena Elmazi, Alessandra Guariglia,
Marinela Omeri, Giacomo Passalacqua, Emanuele Purpi, Francesco Rolla, Riccardo Sarti, FranceAlberto Scaramuccia sco Tonelli.
La redazione, a suo insindacabile giudizio, potrà modificare, rinviare o
rifiutare la pubblicazione di scritti e annunci se non conformi all’etica e
allo spirito della presente pubblicazione o per mancanza di spazio.
Le lettere non vengono pubblicate. Gli articoli devono essere concordati
preventivamente con il direttore responsabile.
Gli scritti, le lettere e le richieste di pubblicità, complete di nome, indirizzo, telefono ed eventuale e-mail, dovranno essere indirizzate alla
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tramite e-mail a: [email protected] .
Si avverte che la pubblicazione non ha fine di lucro, quindi gli scritti,
gli articoli e le collaborazioni sono accettate a titolo gratuito e di
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nonostante la nostra più scrupolosa precisione e attenzione, poiché predisposte con largo anticipo, dovranno essere sempre verificate dai lettori
interessati prima dell’evento.
La tariffa mensile per ogni modulo di pubblicità è di euro 35 + IVA (gratis
una ogni 12). Per la pubblicità si può telefonare al 0187-601268
(anche segreteria tel.) o inviare una e-mail a [email protected] .
LERICI IN… - gennaio 2015
Local it à
Maria Luisa Eguez
Gennaio 2015: i primi caduti della Grande Guerra
Cento anni fa l'Italia si divideva fra chi voleva l'entrata in guerra e chi preferiva invece restarne
estraneo, magari contrattando la
neutralità con compensi territoriali. Sono cose che si sanno così
come il loro esito; non è altrettanto noto che diversi Italiani erano
già da qualche tempo impegnati nella guerra. Combattevano in
Francia nelle Argonne, inquadrati
nella Légion Étrangère nel raggruppamento della Legione Volontari Garibaldini.
Operavano agli ordini del generale Giuseppe Garibaldi che
tutti chiamavano familiarmente
“Peppino” per distinguerlo dal più
celebre nonno: era, infatti, figlio di
Ricciotti che di figli ne ebbe tanti
e tanti andarono oltralpe.
Due di essi caddero quasi subito e nella notte fra il 5 e il 6
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Spigolature di dialetto lericino, per sorridere...
Quando ero piccolo nelle
giornate di pioggia intensa,
accompagnate da temporali,
la nonna Checchina (gergale per Francesca), vedendomi impaurito, mi prendeva
fra le braccia e mi diceva:
“Nenin, no te spaventae, i
g’è Bagalin chi buta dae
scae se mogé” (piccolo, non
ti spaventare, è Bagalin che
getta dalle scale la moglie),
cercando con ciò di dare al
tremendo rumore del tuono
una dimensione meno paurosa. Poi però proseguiva
con una invocazione, a mo’
di cantilena “Santa Barbara e San Simon, preserveme
dai lampi e dar tron, dar
fego e daa fiama e daa morte subitanea” (Santa Barbara e San Simone, proteggetemi dai lampi e dal tuono,
dal fuoco e dalle fiamme e
da una morte improvvisa).
Alcuni giorni orsono facevamo una considerazione
con amici coetanei: “probabilmente la nostra è l’ultima o la penultima generazione che si esprime ancora
in dialetto… che peccato!”.
Sì, perché molti di noi
pensano che l’uso del dialetto sia importante per la conservazione della memoria
delle nostre tradizioni, della
storia della nostra comunità. Peraltro ho avuto conferma di ciò sentendo l’ autore
di un famoso vocabolario
della lingua italiana, dire in
TV: “Non perdete l’uso del
dialetto anche perché molte
forme idiomatiche non sono
traducibili in italiano”.
Qualche esempio di frasi
dialettali:
per indicare una persona
vestita in modo impeccabile:
“i pae n’arsemin”, sentite la
musicalità che non si ritroverebbe nella traduzione in
italiano: “sembra un gelsomino”;
per indicare la consueta
lentezza nel preparasi della
donna: “prima che a bela la
sia vestì, a festa l’è fenì”;
arrabattarsi per campare: “campae aa belemegio”;
mangiare con tale avidità
da rimanere quasi strozzato: “mangiae de strangosson”;
per indicare un’azione
inutile: “l’è come dae er fenoceto a l’asen”.
Ce ne sono tantissimi; mi
limito a suggerire, per chi
ha la fortuna di possederlo,
di scorrere quel meraviglioso “Vocabolario del Dialetto
lericino” che Colombo Bongiovanni ha preparato in
vent’anni di appassionato e
documentato lavoro. Termino questa “toc-cata e fuga”
sull’importanza del dialetto
con un breve aneddoto personale, che mi auguro possa
far sorridere.
“Genova, fine Anni ’50.
Prima delle otto, in una di
quelle gelide, ventose mattinate invernali, sono fermo
con la mia Fiat 500 a un semaforo, vicino al porto. Nessuno per strada tranne tre
uomini corpulenti, presumibilmente portuali. Uno di
loro si avvicina e mi batte
ripetutamente sul vetro dicendo qualcosa che, nei
trenta secondi del semaforo,
credo di capire: “Sciù Brusa!” (signor Brusa).
Sfortunatamente un mio
collega si chiamava così e
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traverso lo specchietto retrovisore, intravvedo uno
straccio … fumante: quello
che mettevo in inverno per
agevolare la partenza del
motore.
Finalmente capisco! Mi
stava dicendo: “Scià bruse” (lei brucia) e non: “Signor Brusa”. Faccio per
scendere e spiegarmi ringraziando …ma ormai si
stava allontanando dicendo
forte agli amici: “A quelo
scemu ghe digo cu bruse e u
me dise …no Pagano”.
L’importanza del dialetto!
Un po’ di grammatica santerenzina... non guasta
I corsi si terranno nell’aula di
piazza Bacigalupi 6 dalle ore 15.30
• Mercoledì 7 Giovanni Zucchini
Gioco degli scacchi e dama
• Venerdì 9
prof.Calzolari
La Foce del Magra
• Lunedì 12
dott. Petacco
Cineforum:Tutti i santi giorni
• Martedì 13
Prof.ssa Carletti
Episodi e personaggi del primo conflitto mondiale
• Venerdì 16
amm.Romani
150° della nascita di Richard
Strauss
• Martedì 20
prof.ssa Rondine
L'Età Barocca: Il Bernini
• Mercoledì 21
G. Zucchini
Gioco degli scacchi e dama
• Venerdì 23
Prof. Centi
Il Purgatorio: la cantica dell'umanità quotidiana
• Martedì 27
Prof.ssa Carletti
Dalla guerra europea alla
guerra mondiale
• Venerdì 30
amm. Romani
Vita e opere di Richard
Strauss.
Sono inoltre previsti pomeriggi
musicali con Giovanni Zucchini.
(Continua da pagina 4)
quindi penso: “Mi ha preso
per lui e vuole un passaggio”. Mi sporgo sulla destra
e, indicando il viso, dico:
“No….Pagano”. Vedo che va
dietro e comincia ad armeggiare sulla macchina.
Penso: “Si è arrabbiato e
me la manomette”; poi, at-
In italiano molti nomi di
piante sono maschili mentre il
frutto è femminile: melo-mela;
pero–pera. In santerenzino sia
la pianta che il frutto sono
quasi sempre maschili; er peoen peo; er pomo- en pomo. Ci
sono eccezioni quali: suzsena
(susina), seezsa (ciliegia).
A volte l’albero si indica
come er pé, er pé de figo, er pé
d’oiva, come nell’espressione:
“Amigo o non amigo china zu
dar pé de figo”.
Una curiosità sui nomi propri di persona. Ancora alla fine del secolo scorso avevamo a
San Terenzo gentili anziane
signore con nomi maschili come Enea ed Elia, probabilmente errori dei loro padri che
pensavano che fossero nomi
femminili perché finivano con
la lettera a.
Visto l’interesse che ha suscitato fra i santerenzini “la
grammatica” che abbiamo
pubblicato su Lerici In di dicembre vorrei continuare con:
maschile – femminile,
singolare - plurale.
I nomi maschili che terminano per vocale al plurale finiscono in i: fasoo-fasoi; coo-coi;
bulaco-bulachi; odoe- odoi.
Però i nomi che al singolare
terminano con la sillaba “lo”
perdono la consonante al plurale: Cavelo- cavei; suchelosuchei; tordelo- tordei.
I nomi tronchi restano invariati: o spusson- i spusson;
er belinon – i belinon: er vercion- i vercion.
I nomi femminili al plurale
cambiano regolarmente la a in
e: babeca - babeche; baga - baghe; baisa - baise. Ci sono eccezioni come a ca’ – e ca’.
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Le icone geografiche di Barrani: fantasia e realtà
Con l’approssimarsi di due
tra le maggiori ricorrenze culturali del 2015 - i 750 anni
della nascita di Dante Alighieri e i 150 di quella di Giovanni
Pascoli - è dato cogliere originali riferimenti anche nelle
opere di artisti contemporanei.
Proprio il pittore vernazzese Antonio Barrani, in passato definito “caposcuola del
Fantastico cosmico”, ci ha dato
l’opportunità di scoprire queste originali peculiarità nella
mostra itinerante che si è recentemente svolta nelle sale
del Castello di Lerici.
Barrani, talvolta, ama arricchire i propri dipinti con
dotte citazioni tratte dai massimi esponenti della nostra
letteratura. I quadri esposti
sullo sfondo di carte nautiche
riportanti le “rotte” tra isole e
riviere per lo più mediterranee
(nella foto “Il trenino della Liguria) sono sostenuti dalle onde onnipresenti del mare.
L’audace utilizzo di colori
acrilici e smalti con pitture
fluorescenti autoprodotte lancia il messaggio di Barrani in
“rotta” verso l’arcipelago dell’infinito, un arcipelago fatto
di sogni e di miti, rintracciabili anche nei dotti versi posti
dall’artista a lato di alcune
opere: la Venere foscoliana, le
stelle e le onde contemplate
dal Pascoli, il misterioso sonno
del Sommo Poeta alle rive
dell’Acheronte.
Talvolta, al centro della
cartina nautica si aprono “fi-
nestre di fantasia” che, sovente, si spezzano in forme geometriche per portare l’immaginario frantumato che è nella
nostra mente. Ecco allora che
sul mare fiabesco di Barrani
può alzarsi una mongolfiera,
scorrere un trenino, accendersi la lampada del genio, ergersi un cavalluccio, una sirena,
una trottola o la biblica balena
di Giona, e i richiami immediati vanno alla poetica surrealista del sardo Meloniski,
alle pulsazioni cromatiche del
ligure Musante e al romanticismo onirico di Chagall.
Si deve, inoltre, all’illustre
geografa Luisa Rossi (docente
spezzina dell'Università di
Parma), l’aver messo in luce,
nell’elegante catalogo edito da
Vallardi, come l’autore si faccia “interprete” di “fantasticherie odeporiche (che riguardano un viaggio n.d.r.)” in una
sorta di recupero di quel “tratto artistico” scacciato dalle
mappe a metà dell’Ottocento a
vantaggio delle triangolazioni
geometriche che via via si imporranno a scapito anche del
vedutismo, del mito e della
metafora che un tempo “raccontavano” il mondo, nobile
funzione che Barrani, conclude la Rossi, restituisce alle
mappe stesse.
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I bambini volati in fumo, che colpa avevano ?
27 gennaio 1945: liberazione di Auschwitz - una
data da non dimenticare
Adriana Revere (nella foto) è nata a Spezia il 18 dicembre 1934. Adesso potrebbe essere un’arzilla signora di 80
anni, ma la sua vita è andata
in fumo ad Auschwitz nel febbraio del 1944, perché a poco
più di nove anni Adriana è
passata dalle camere a gas ai
forni per la sola colpa
d’essere ebrea. È diventata
così la più giovane vittima
spezzina della Shoah.
I suoi erano d’origine piemontese. Suo padre Enrico,
torinese, era stato un maresciallo radiotelegrafista di
stanza alla Spezia espulso dalla Regia Marina Militare Italiana a seguito delle Leggi
Razziste del ’38; sino all’arresto aveva cercato di provvedere alla sua famigliola con una
precaria attività di rappresentante. Sua madre, Emilia De
Benedetti, era nata a Cuneo
ed era un’apprezzata pianista.
Nel ’43, poiché sulla città
della Spezia erano cominciati i
primi pesanti bombardamenti,
la famiglia Revere era sfollata
a Vezzano. Qui Enrico fu fermato dalle forze dell’ordine un
paio di volte e poi rilasciato
fintanto che il prefetto Franz
Turchi non emise il mandato
d’arresto per l’intera famiglia.
I carabinieri eseguirono l’ordine il 22 febbraio del ’44 e i Revere furono inviati al campo di
transito di Fossoli. Da qua furono fatti salire sullo stesso
treno che trasportava anche
Primo Levi, il quale testimoniò che all’arrivo ad Auschwitz
Adriana ed Emilia non passarono la selezione e furono subito inviate alle camere a gas.
Enrico invece fu trasferito a
Flossenburg, dove venne fucilato il 28 ottobre.
Ad Adriana, che non aveva
potuto frequentare le scuole
pubbliche per le restrizioni
delle Leggi Razziste, è stata
dedicata la scuola primaria di
Fossitermi, mentre Adolfo Aharon Croccolo, l’impareggiabile animatore della comunità
ebraica spezzina del secondo
dopoguerra, ha fondato nel
1952 un premio letterario per
le scuole tuttora attivo e a lei
dedicato che, dopo alcuni anni,
è stato trasferito dalla Spezia
a Torino; due edizioni di questo concorso sono state vinte,
rispettivamente nel 2005 e nel
2008, dalla nostra scuola con i
docufilm Sha’ar Tzion (Porta
di Sion) e Storia di Adriana
Revere. Due anni fa il Comune
di Vezzano ha posto sulla facciata della casa dove abitavano i Revere una targa con su
scritto: "Qui si rifugiò Adriana
piccolo fiore reciso dalla furia
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GLI INNAMORATI di Carlo
Goldoni - (P)
Giovedì 15 gennaio ore 17 e
21 - la grande arte al cinema VEERMEER - (C)
Lunedì 19 gennaio ore 21 IL PRESTITO di Jordi Calderon
Sabato 31 gennaio - La n’è
veo ma a ghe credo - (L)
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Pagina 7
Un’insolita presenza a villa Pearse (ora villa Marigola)
“L’amministrazione municipale mentre dal canto suo non
trascurerà quei mezzi tutti
che ravviserà più opportuni
nell’interesse dell’ordine e della pulizia, confida pure nella
vostra particolare cooperazione, perché abbiano a riuscire
più efficaci”: così recitava parte di un manifesto affisso dal
Municipio di Lerici; il sindaco
A. De Benedetti invitava poi i
cittadini a cooperare affinché
“l’Augusta donna, ritornata
in patria, possa compiacersi di ricordare che in Italia
esiste un lembo di terra ove la natura ha profuso...”.
L’augusta donna era Vittoria Adelaide Mary Louisa
(nella foto), la primogenita
della regina Vittoria, nata a
Buckingham Palace il 21 no-
vembre 1840, moglie e vedova
dell’Imperatore Federico III di
Germania. Vickj, così veniva
chiamata familiarmente, dopo
la morte del coniuge, mutava
il suo nome con quello del marito, facendo il suo ingresso
nella storia con il nome di
“Imperatrice Federico”.
Una donna di media statura, dai capelli sbiancati dal
tempo che veste sobriamente e
sempre di scuro anche se c’è
chi dice che adorasse indossare anche pubblicamente le
divise militari. Comunque una
donna che non aveva mai dimenticato l'Inghilterra e che
ne condivideva la politica, creando un aperto contrasto con
il cancelliere Bismarck e incurabili divergenze con il proprio
figlio, il kaiser Federico II.
L’imperatrice, che proveniva dalla stazione di Sarzana e
che avrebbe dovuto attraversare nel pomeriggio una Lerici imbandierata a festa, anticipò il suo arrivo nella metà
mattinata della domenica 3
dicembre 1899, accolta soltanto dalla caciara festosa di un
nugolo di ragazzi attratti da
un insolito convoglio di vetture. Nel porto lericino si trovava da alcuni giorni, non casualmente imbandierato, il Loreley, lo yacht dell’imperatri-
ce. Il corteo, attraversato il
paese, si diresse a Villa Pearse
che i proprietari Reginald Jenkin e Mary Maud avevano lasciato a disposizione della nobildonna e da dove lei sarebbe
ripartita il 19 aprile del 1900.
La scelta del luogo non era
stata casuale perché Vickj ben
conosceva la Liguria e l’occasione della sua permanenza
era stata data da una rovinosa
caduta da cavallo e da una
persistente sciatalgia che ormai si protraeva da oltre un
anno. Nel suo seguito, discretamente limitato, era presente
il medico personale che non
mancava di seguirla durante i
suoi spostamenti.
Un arrivo anticipato, dunque, e una permanenza silenziosa e discreta per una delle
donne più importanti d'Europa
che aveva scelto un’abitazione
privata a Marigola, piuttosto
che un lussuoso albergo mondano; un palazzotto bianco dai
tipici caratteri settecenteschi,
arredato preziosamente e con
quel gusto tipicamente inglese
che tanto piaceva all’Imperatrice.
Durante la permanenza,
girovagava nel parco godendo
della natura circostante e del
paesaggio incantevole che si
poteva ammirare dal luogo.
Un ritiro riservato e riposante
(Continua a pagina 9)
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LERICI IN… - gennaio 2015
Pagina 8
traccambiata da un'immensa
gioia. Una breve visita nel
porto della Spezia, ospite del
comandante della corazzata
inglese Caesar; per lei un vero
rientro in patria, l’ultimo.
Si spense a causa di un
cancro alla colonna vertebrale,
nel castello di Friedrichshof
pochi mesi dopo la morte della
madre Vittoria. Venne sepolta
nel mausoleo reale a Potsdam
e Marigola fu l’ultima sua permanenza fuori del suolo tedesco.
Gino Cabano
Il sillabario delle parole essenziali: amicizia ...
Pensare qualcuno in amiciAmicizia+Bontà=Dono
di misericordia e tenerezza né
compiacente né arresa.
Utopia? Forse no …
DONO. “L’amicizia” va coltivata perché è cosa viva. Se
perfino gli oggetti richiedono
una manutenzione, figuriamoci i sentimenti. Allora un piccolo “dono” non è altro che un
modo di farsi presente perché
teme le assenze troppo prolungate.
Così mi ha scritto con un
piccolo suo dono una cara amica. Lei con me è sempre
molto generosa, i suo doni arrivano sempre senza prescrizioni rituali o festività da calendario, sono lampi che ravvivano l’esistenza, le imprimono un moto gioioso, certificano che qualcosa di buono esiste, non del tutto pianificato,
non del tutto soffocato dalle
incombenze, dalla velocità
delle urgenze, dall’uggia delle
competenze.
Bello citare alcuni versi di
Erri De Luca:
(Continua da pagina 8)
che aveva deluso le aspettative dei curiosi che speranzosi
di vederla, si aggiravano intorno alla villa.
Solo una volta, Vickj si allontanò da Marigola e la cosa
le procurò non poca fatica con-
Mai parole più attuali, abusate, usate a sproposito.
AMICIZIA è parola consueta e solenne, è parola che va
protetta dal suo consumo dissennato, dall’usura dell’uso
pretestuoso del web.
Amicizia è una parola sacra, che esalta il legame, rendendolo unico. L’amicizia è
nutrimento, coincidenza di gusto, indulgenza di questioni.
Un attraversamento di destini. Un litigio non è uno
schianto, un insulto non è
uno sfregio, la ferita si risana.
Un disaccordo non è che un
altro modo di vivere assieme.
Ci sono tempi diversi per l’amicizia, ci sono durate che si
consumano, ci sono strappi
che si danno, ci sono abbandoni che hanno il sapore
dell’età. Veri amori che restano salda amicizia.
Ma l’amicizia matura è la
convocazione di punti dispersi, una parte che va ad incastrarsi nell’altra componendo
un’ armonia.
zia, come se fosse un amico, è
il più bel sogno che gli si possa donare.
BONTÀ: io credo che la parola bontà indichi la sintonia
perfetta con uomini e cose. Le
festività mi mettono un po’ di
melanconia. Sono il periodo
dei buoni propositi, che non si
realizzano quasi mai. Un equivoco evidente perché si procede da due preconcetti che la
parola “bontà” valga per “buonismo” e che sia tutta fatta di
rose e di viole.
Il buonismo è il cuore di
tenebra della bontà, la versione ipocrita e mondana di una
grande virtù. Sono questi i
momenti, in cui la pacifica
virtù della bontà è forse la più
disprezzata di tutte. Se c’è una paura oggi che ci attanaglia è quella di essere buoni.
La bontà non ha parentela
con la mollezza e il birignao: è
solida come la roccia. È virtù
“La sovversiva economia del dono
nomade, comprensiva, non offerto a spargimento
sbatte la porta in faccia a nes- restituito a scroscio”.
suno e comprende in sè la
Rita Cortese
prospettiva dell’altro. È virtù
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Una lapide senza tomba al cimitero di San Terenzo
Entrando nel cimitero di
San Terenzo, dall’ultimo cancello in alto, immediatamente
sulla sinistra si trova questa
bella lapide (nella foto sopra)
che non custodisce nessuna
salma, ma ci ricorda un santerenzino che ha perso la vita a
soli 24 anni durante la terza
guerra d’indipendenza nella
disastrosa battaglia di Lissa.
Giovanni Ferro era imbarcato sulla nave “Palestro”
che il 20 luglio 1866 si trovò
ad affrontare la flotta austriaca nei pressi dell’isola di Lissa
vicino alle coste dalmate. La
nave fu colpita, a bordo scoppiò un incendio che non riuscirono a domare e dopo poche
ore la Palestro saltò in aria e
affondò. Con la nave scomparvero il comandante, 19 ufficiali e 193 fra sottufficiali e marinai, solo 23 uomini (un ufficia-
santerenzo
Art
cafè
le, due timonieri, il cuoco e 19
marinai che si trovavano a
prora per preparare i cavi di
rimorchio) poterono essere
tratti in salvo.
Alla memoria del comandante Alfredo Cappellini fu
conferita la medaglia d’oro al
valor militare: “Per avere nella
battaglia di Lissa, avvenuta il
20 luglio 1866, fra la flotta
austriaca e quella italiana,
aver preferito morire con i suoi
ufficiali e il suo equipaggio
anziché abbandonare la pirocorvetta Palestro da lui comandata e in preda alle fiamme”.
Alla sua memoria furono
dedicati due sommergibili. Il
primo prestò servizio nella Regia Marina Italiana durante la
seconda guerra mondiale,
mentre il secondo, proveniente
dalla Marina degli Stati Uniti
d’America, prestò servizio nel
dopoguerra, dal 5 marzo 1966
fino al 1º novembre 1977. Ad
Alfredo Cappellini è inoltre
intitolato l’Istituto Nautico di
Livorno.
Ma chi era Giovanni Ferro?
Chi erano i “Ferro”, questa
famiglia che ha ancora tanti
discendenti nel nostro paese?
Nel 1816, dopo la disfatta
di Napoleone, Giovenale e
Giuseppe Ferro, di origine còr-
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LERICI IN… - gennaio 2015
sa, che avevano partecipato a
tutte le campagne napoleoniche e che erano stati decorati
della Legion d’Onore non accettarono di ritornare in Francia e si stabilirono a San Terenzo. I racconti popolari descrivono il loro sbarco sulle
nostre spiagge come l’arrivo di
Ulisse nell’isola dei Feaci e il
suo incontro con Nausicaa.
Arrivati con la loro barca
nello stretto arenile davanti a
Villa Magni, che sei anni dopo
avrebbe ospitato Shelley, videro delle belle ragazze che si
rincorrevano a piedi nudi sulla
battigia cantando. Giovenale
fu attratto dalla grazia e dal
canto di una di esse e decise di
stabilirsi nel nostro paese. La
ragazza era Angela Faccini
che diverrà pochi anni dopo
sua moglie.
Giuseppe il fratello più giovane si sposerà in seguito con
Luigia Ratti. Giovanni fu uno
dei figli di Giuseppe mentre
Giovenale ebbe tra gli altri
Lorenzo che dal 1848 al 1870
servì sulle navi della flotta
guadagnandosi numerose medaglie e benemerenze. Lorenzo
(1831-1918) riposa in un loculo
del nostro cimitero (sezione 2),
vicino a molti suoi pronipoti.
Il terzo fratello Giovanni si
stabilì alle Grazie e vanta fra i
(Continua a pagina 11)
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suoi discendenti Emanuele
Ferro (1886-1915), maggiore
dell’Esercito, che nella prima
guerra mondiale cadde nel
Friuli guidando all’attacco un
battaglione di Arditi e fu decorato con la medaglia d’oro alla
memoria. San Terenzo gli ha I TURNI DELLE FARMACIE
dedicato una via che in passa- NON SONO DISPONIBILI AL
to ha ospitato il vecchio mer- MOMENTO DELLA STAMPA
cato e da allora è conosciuta
come Piazza Ferro.
IL CASTELLO DI SAN TERENZO
E IL PARCO SHELLEY sono
Sio-Ca’ (Alfredo Lupi)
temporaneamente chiusi per lavori
Gli svaghi dei ragazzi santerenzini negli Anni ‘50
Spesso penso alla mia infanzia negli Anni ‘50 e alla vita che
conducevamo allora, diversa da
quella che vivono i ragazzi
d’oggi; non scrivo per fare raffronti, perché ognuno vive nel
suo tempo e apprezza quello che
il suo tempo offre, però vorrei
raccontare ai ragazzi di oggi come vivevamo e ci divertivamo
allora.
I rapporti interpersonali, anche
tra vicini di casa e abitanti dello
stesso rione, erano molto diversi
rispetto ad oggi, perché ci si frequentava di più: non c'era ancora
la televisione a distrarci e i rapporti umani erano più frequenti e
oso dire più necessari, in quanto
servivano a passare piacevolmente il tempo libero.
Nei pomeriggi invernali, dopo
pranzo, eravamo impegnati nei
compiti scolastici; ma non appena compiuto il nostro dovere
(accompagnato da vari sbuffi e
brontolii), ci precipitavamo a giocare con gli amici, naturalmente
in casa dell'uno o dell'altro a causa del freddo.
Alla sera invece ci radunavamo con i vicini, io nella grande
cucina di mia nonna paterna, do-
ve c'era un bella stufa a legna
che scaldava gradevolmente tutto l'ambiente, e mentre gli adulti
giocavano a carte o chiacchieravano, noi bambini portavamo i
nostri giochi: a volte eravamo un
po' rumorosi, ma nessuno ci sgridava. Ad un certo punto della
serata la nonna faceva le caramelle di zucchero di cui tutti erano golosi, grandi e piccoli.
In effetti il palazzo era come
una grande famiglia e, anche se
a volte c'erano delle incomprensioni, i malumori duravano poco,
perché erano cose di poca importanza. In estate invece ci si ritrovava volentieri al pomeriggio dai
miei nonni materni e con i vicini
sedevamo sui gradini delle scale
condominiali, che erano di marmo e quindi molto fresche e gli
adulti passavano il pomeriggio
chiacchierando e nel contempo
eseguivano qualche lavoro di
cucito o altro: io mi annoiavo un
po', ma resistevo fino a quando
non passava Piladino col suo
carretto di granite.
Piladino era un signore molto
ingegnoso che esercitava vari
mestieri, a seconda delle stagioni: in inverno riparava ombrelli e
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Il Gambero
Nero
catini di coccio che le massaie
usavano per lavare le stoviglie,
oppure riattaccava i manici alle
pentole o altri lavori di questo
genere; per l'estate invece si era
costruito un carretto di legno, che
gli serviva per andare in giro per
il paese a vendere granite; aveva
rivestito la superficie con del lamierino tutto sagomato per potervi inserire gli attrezzi e tutte le
altre cose che gli occorrevano, in
modo che non cadesse nulla: la
lastra di ghiaccio, il pialletto per
tritarlo, le bottiglie con sciroppi di
gusti vari, eccetera.
Quando sentivamo il suo richiamo, tutti scendevamo in strada chi con bicchieri, chi con tazze
che lui riempiva di fresca granatina al gusto desiderato e quindi io
me ne andavo a giocare in piazzetta con le mie amiche; allora
noi bambini eravamo più liberi,
tutte le mamme si affacciavano a
turno alle finestre e controllavano
i figli di tutti.
La sera dopo cena, ci si riuniva nella piazzetta sotto la casa
dei nonni e si ascoltavano i racconti degli adulti. La più piacevole era la signora Carolina Rinaldi,
che chiamavamo confidenzial(Continua a pagina 12)
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tutte le case, ma solo in alcune,
perché il costo era piuttosto alto,
quindi spesso, per assistere agli
spettacoli che ci interessavano, ci
recavamo nei bar che erano dotati di questo servizio e si assisteva alla trasmisione tutti insieme;
era molto divertente, perché durante il programma si sentivano
commenti, battute spiritose, insomma era un'esperienza fatta in
comunione con tutti i presenti.
La cugina di mio padre l'acquistò quasi subito e noi, quasi tutte
le sere, andavamo da lei ed eravamo in molti perché c'erano anche gli zii; durante gli intervalli ci
alzavamo per sgranchirci un po'
in attesa di sentire il suono del
gong, che ci avvertiva della ripresa dello spettacolo. Lo zio
Umberto restava però in sala e
quando il gong suonava ci richiamava concitatamente. Vi posso
garantire che così tutti assieme
era molto divertente!
Oggi, con almeno due apparecchi per ogni famiglia, si è un
po' perso il gusto dello stare insieme e del condividere risate o
lacrime, a seconda del tema dello
spettacolo a cui si assiste; in ogni
caso, così vivevamo e ci divertivamo noi ragazzi degli Anni Cinquanta.
Minetta Ubaldi Ratti
Il punteruolo rosso all’attacco delle palme di Lerici
to, indica che anche nella percezione comune le palme rappresentavano e continuano a
rappresentare un elemento
distintivo di Lerici.
Per ragioni anagrafiche non
le ho visto piantare, ma ricordo i primi anni del dopoguerra, quando i giardini non erano così curati e sorvegliati come ora: noi ragazzini ci appendevamo ai rami ancora bassi,
dondolandoci, lanciavamo sassi per far cadere i datteri sinceramente immangiabili.
Oggi tutto ciò è solo un ricordo di giochi irripetibili per
tante ragioni, la prima delle
quali è sufficiente: la loro altezza è così grande che i rami
(Continua da pagina 11)
mente Carò, cara amica di mia
nonna, che raccontava cose molto divertenti e che ricordo con
grande simpatia. E poi ecco comparire la televisione, questa magia che portava il mondo nelle
case: spettacoli di varietà, film,
commedie, classici della letteratura, interessanti quiz con in palio
premi sostanziosi, telegiornali,
dibattiti politici, a cui noi oggi siamo abituati e spesso ne siamo
stanchi; allora invece erano tutte
novità che attraevano e ci appassionavano.
Dobbiamo pensare che allora
questo apparecchio non era in
Negli Anni Trenta del secolo scorso l'architetto Franco
Oliva e l'agronomo Mario Calvino, padre del più noto letterato Italo, costruirono alla
Spezia e Lerici importanti edifici e i giardini pubblici, che
contribuirono a cambiare radi-
calmente il fronte-mare spezzino e lericino. In alcuni locali
pubblici di Lerici sono esposte
le gigantografie che rappresentano l'evoluzione del lungomare dalla seconda metà
dell'ottocento.
È noto a tutti che la discontinuità più forte si registra con
il riempimento di un braccio di
mare antistante Tragià (via
Roma) e la realizzazione dei
giardini pubblici, dove le palme rappresentano l'elemento
caratterizzante.
Il nome “Shelley e delle
Palme”, che è stato dato a
quello che fino agli Anni '50 è
stato l'albergo lericino più no-
(Continua a pagina 13)
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sono inaccessibili e il lancio
dei sassi non riesce a raggiungere il bersaglio. L'attenta opera dei giardinieri e la più
evoluta educazione dei ragazzini hanno contribuito a promuoverne la crescita e a migliorarne la forma, conservando così l'aspetto distintivo di
Lerici, voluto da Calvino e dagli amministratori locali a
partire dagli anni '30.
Il “Punteruolo rosso” (Rhyncophorus ferrucineus), dopo
aver attaccato le palme di numerose località, sta facendo
seccare almeno 5 piante dei
giardini lericini e c'è il forte
rischio che anche le altre subiscano la stessa sorte.
Il micidiale coleottero sembra riuscire a distruggere
quanto né una guerra né il
vandalismo di ragazzini maleducati avevano ottenuto.
È mia opinione che la situa-
zione sia grave e richieda la
mobilitazione delle menti e dei
cuori dei lericini affinché il
paesaggio, già manomesso in
più zone nel corso degli anni,
non perda una dei suoi elementi più tipici: le palme.
Il rischio era stato segnalati fin dal 2008, quando le palme di Bordighera cominciarono a seccare. Soltanto nel 2011
il servizio ligure settore fitosanitario approvò un piano di
intervento per contrastare l'infestazione del punteruolo rosso. Nel febbraio 2013 lo stesso
servizio individuò i Comuni
nei quali le palme erano a rischio: nessun comune in provincia di La Spezia. Si riteneva che il Golfo dei Poeti avesse
una speciale protezione?
Sei anni dopo l'individuazione del pericolo, il 29-102014, con ordinanza sindacale
n°63, si davano istruzioni alla
popolazione lericina di denun-
S OS TA
E VI ABI LI T À
A LE RI CI
sino al
1° marzo 2015
L' Amministrazione Comunale di Lerici fino al
primo marzo 2015 ha disattivato le telecamere
poste all'ingresso dei centri storici di Lerici e San
Terenzo, quindi è consentito a tutti i veicoli di
transitare liberamente.
Ciò però non consente a chi non ha apposito pass
di sostare in zona ZTL ad esclusione del parcheggio a
ciare la presenza di palme infette e si segnalava l’esistenza
del piano di intervento del
2011.
Siamo certi che le informazioni abbiano raggiunto tutti
coloro che hanno palme in
giardino? Non abbiamo concesso troppo tempo al punteruolo rosso? Non riteniamo
utili azioni per diffondere il
piano di intervento del 2011?
Gli elementi per essere
allarmati sono davanti agli
occhi di tutti: le prime palme sono state segate le settimane scorse.
Severino Zanelli
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Vallata e Bagnara (fuori dal centro abitato rispettivamente di Lerici e San Terenzo) la sosta dei veicoli è a
pagamento ma è previsto un servizio gratuito di bus
navetta che collega i parcheggi con i centri storici.
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consegna a domicilio di prodotti per persone anziane o
con gravi problemi di salute; le richieste devono pervenire entro le ore 11, salvo urgenze
Quando non di turno
chiusa sabato pomeriggio e domenica
Pagina 13
40 anni dietro il banco (della farmacia)
A dicembre Piera Martini
(nella foto) è stata, a San Terenzo, la “donna del momento”. Il 21 novembre 2014 è andata in pensione e martedì 10
dicembre ci è venuta a trovare
in classe per raccontarci dei
quarant’anni che ha trascorso
lavorando nella farmacia
Ghigliazza. Ha voluto ringraziare attraverso di noi e con le
lacrime agli occhi tutti i santerenzini che le hanno dimostrato il loro affetto anche regalandole, a nome di tutto il paese,
una collana.
D. Ti è dispiaciuto andare via?
R. Moltissimo, ma è meglio
così anche perché i miei genitori sono anziani e ormai non
stanno troppo bene.
D. Quando hai cominciato a lavorare?
R. A 16 anni, perché non
avevo più voglia d’andare a
scuola, però consiglio a tutti
voi di studiare. Lavorando ho
imparato tante cose, devo molto ai colleghi e soprattutto al
dottor Paolo Ghigliazza; li
ringrazio e sono sempre disposta a dare una mano in farmacia: sono sempre disponibile.
D. Perché hai scelto questo lavoro?
R. Da piccola volevo fare la
parrucchiera, poi ho fatto
un’esperienza lavorativa nel
negozio di un fotografo, però
mi è piaciuto molto fare
l’attività che ho fatto.
D. Quali sono stati i tuoi
sentimenti all’inizio e alla
fine di carriera?
R. Il primo giorno in cui
sono stata in farmacia mi sentivo spaesata, l’ultimo invece è
stato triste.
D. C’è stato qualche episodio che ti ha particolarmente colpito?
R. Sono accaduti molti episodi sia belli che brutti. Il più
drammatico è stato quando un
uomo con il suo bastone ha
spaccato le vetrine perché non
gli abbiamo consegnato un far-
CON 42 ANNI DI ESPERIENZA
Compra vendita
I M MO B I L I AStima di immobili
maco che non potevamo dargli.
Episodi belli sono stati
quelli di quando sono venuti
da noi personaggi famosi nel
mondo dello spettacolo. Abbiamo avuto come clienti i registi
Mario e Giovanni Soldati,
l’attrice Stefania Sandrelli,
il presentatore Davide Mengacci, il cantante Edoardo
Vianello e altri ancora.
Alessia Castorina
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pubblico tutti i giorni feriali dalle
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Vigili urbani - Sportello: dal lunedì
al sabato 8.30 - 12.30 / 14.30 18.30 tel. 967326
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LA COOP 1° MAGGIO
DI SAN TERENZO
Durante l’inaugurazione del
completamente rinnovato
REPARTO ORTOFRUTTA
coglie l’occasione
per un brindisi e per fare
gli auguri di BUON ANNO.
TUTTA LA CITTADINANZA È
INVITATA A PARTECIPARE
SABATO 27 DICEMBRE
ALLE ORE 11
L’attività del Lions Club
Lerici proseguirà nel 2015
Pina, come mai ti sei
messa tutta quella
roba addosso?
con altre tre conferenze, sempre in sala consiliare a Lerici: il
23 gennaio alle ore 17.30 con:
“La prevenzione
e l’educazione alimentare,
allergie e intolleranze”,
relatori la dott.ssa Alessandra Di
Sibio, biologa nutrizionista e
dott. Massimo Pantani, medico
dentista. Altre due conferenze
seguiranno a febbraio e marzo.
Pino, crisi
o non crisi
le feste sono feste.
Avv. Angela Spiezia
Altri 10 anni in piscina con il “Lerici sport 1954”
Vignetta di Emanuele Purpi e Fabio Vassale
ringraziare l'Amministrazione
G U ARDI A M EDI C A
Comunale, gli sponsor, gli uOre notturne dalle ore 20 alle ore 8
tenti, i nostri affezionati soci e dei giorni feriali e nei giorni prefetutti quelli che lo diventeran- stivi e festivi tel. 0187-026198
no!
L’A.S. “LERICI SPORT
1954”, il Presidente Aldo
Sammartano e tutta la dirigenza, hanno il piacere di iniziare il nuovo anno con un
prestigioso successo: l'aver ottenuto la gestione della piscina “CICCI ROLLA” per
il prossimo decennio.
Questo ci permetterà di
programmare, nei prossimi
anni, una serie di lavori per il
rifacimento della copertura, i
servizi igienici, lo spazio accoglienza, gli spogliatoi, gli impianti elettrici e di riscaldamento, la centrale termica, ecc..
Cogliamo l'occasione per
Vignetta di Irene Gennaro
M’avevi detto che
potevamo sta’ sicuri!
La “Cupola romana” a Regina Coeli
LERICI SPORT 1954
Main sponsor Carispezia
e Comune di Lerici
c/o Piscina
Venere Azzurra
tel. 0187-965773 parcheggio riservato
Prezzi e orari: www.lericisport1954.it
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Nuoto libero
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Acquagym e acquagym per gestanti
Aquagol e pallanuoto per ragazzi
LERICI IN… - gennaio 2015
Eh chi se poteva immaginà’ che co’ tante
cupole che ce so’ a Roma solo la nostra
dovevano anna’ a controllà!
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San Terenzo tel. 0187-952115
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e della comunità santerenzina
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da lunedì a venerdì ore 8 - 13 e 17 - 19
sabato ore 8 - 13 e ore 16.45 - 19.30
domenica 4 gennaio 2015 apertura ore 8-13
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l’igiene
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Superato San Terenzo, ci trovate a sinistra, subito dopo la galleria degli Scoglietti
Fabrizio porta il suo kayak in sala consiliare
Diventerà un fatto storico il
fatto che Fabrizio Trivella,
navigatore in solitario, ha portato con sé in un evento in sala consiliare il suo amatissimo
kayak, con cui ha felicemente
concluso il giro delle coste italiane (e quindi dei tre mari)
partendo da San Terenzo e
arrivando a Trieste.
Un’impresa unica tradotta
in un libro a quattro mani con
la moglie Annamaria Ghidoni;
la presentazione si è tenuta in
sala consiliare a Lerici, alla
presenza del sindaco Marco
Caluri, del presidente della
Marittima Bernardo Ratti e
del presidente dell’Associazione Lericini nel mondo, Cristina Anastasi. Il libro s’intitola
“Cento giorni in kayak” delle
edizioni Irene Giacchè.
Emozioni, incontri, descrizioni minute degli incidenti di
percorso, la gioia di essere accolto, la terribile esperienza di
non essere gradito (un episodio di ostracismo vissuto a Otranto è un dolore che Trivella
non ha ancora elaborato). Tanto lui che la moglie hanno
“raccontato” con vivezza tanti
momenti vissuti in contemporanea con i moderni mezzi digitali e un grande filmato ha
ripercorso tutto il viaggio.
LERICI IN… - gennaio 2015
Gabriella Molli
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Filmato che manca dell’ultimo tratto, perché la cinepresa è finita, per una brusca manovra, in mare. Ma è stata poi
ripescata e l’intero blocco delle
fotografie ha permesso di vedere, passo su passo, manovre,
bellezze, cieli e fondi marini.
Molto bravo, Fabrizio Trivella nel raccontare, e la moglie nell’integrare con i toni di
chi è rimasto a casa, ma di fatto era emotivamente presente
sul kayak.
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