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Psicologia dell’Arte
psicoLAB.net 2 (2005) 65-74
La Sinestesia nella Scienza e nell’Arte
Daniela Voto*
ABSTRACT
La sinestesia è un’involontaria sensazione nella quale un’informazione reale di un senso è accompagnata
da una percezione in un altro senso. Già Aristotele nel De Anima cita il parallelismo che si può riconoscere tra “ciò che è acuto o grave all’udito e ciò che è aguzzo e ottuso al tatto”. Artisti, musicisti,poeti, scrittori hanno indagato nel corso del tempo questo affascinante fenomeno investigato in tempi più recenti
dalla neuroscienza. Le tecniche moderne di neuroimmagine iniziano a darci risposte più certe sul perché
di questa intrigante percezione della realtà.
KEYWORDS
sinestesia, arte, neuroscienze, multimedia, arte, percezione multisensoriale.
INTRODUZIONE
l presente articolo intende esplorare il
mondo della sinestesia e la sua rilevanza attuale nel mondo della moderna età
digitale. Siamo immersi in una realtà definita virtuale, in cui assistiamo ad una trasposizione del mondo reale in ambienti tridimensionali in grado di restituirci la
vivezza del reale. La sinestesia è una concezione centrale nell’esplorazione di
Marshall McLuhan della relazione tra i
media, la cultura e l’universo umano dei
I
*Corresponding author.
E-mail address: [email protected]
Neuroscienze.net - 2005, Vol. 1, No. 1
sensi: “Indagare il concetto sinestetico dal
punto di vista neurocognitivo permette di
comprendere come la mente coordina l’interazione dei sensi”. Le nuove forme della
comunicazione elettronica, come l’ipermedia, l’interazione multimediale, la realtà
virtuale, sono in grado di restituirci
ambienti multisensoriali in cui gli studi
delle scienze cognitive sui processi sinestetici trovano una naturale forma d’applicazione.
Quando parliamo o scriviamo, le idee evocano immagini visuali, che possono essere
combinate con immagini cinestetiche e
suoni. Tale processo di trasposizione e trasduzione d’idee può essere materializzato
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attraverso le forme di comunicazione elettronica.
La comprensione del fenomeno sinestetico
rappresenta un punto d’evoluzione in differenti campi di ricerca. Nel campo della
medicina riabilitativa, la stimolazione di
canali sensoriali alternativi in presenza di
deficit o forme di handicap in altre percezioni, permette di agire su aree del cervello adibite alla percezione multisensoriale.
Il campo educativo sta gradualmente assorbendo queste indagini per un tipo d’apprendimento che punti sullo sviluppo
sinergico delle abilità del bambino.
SINESTESIA E NEUROSCIENZA
“La ragione per cui noi entriamo in primo
luogo nella neurologia, è perché tutti
siamo interessati alla mente, a ciò che la
natura umana è” sostiene il neuroscienziato Dott. Ramachandran dell’Università
della California a San Diego, uno dei massimi studiosi del fenomeno sinestetico da
un punto di vista neurologico. Lo studio di
specifiche sindromi neurologiche può illuminare su caratteristiche fondamentali dell’organizzazione della normale mente
umana.
La sinestesia è un’involontaria sensazione
nella quale un’informazione reale di un
senso è accompagnata da una percezione in
un altro senso. La percezione supplementare e involontaria è avvertita dal sinesteta
come reale, sentita a livello corporale e
non semplicemente immaginata con gli
occhi della mente. Le sue caratteristiche
fisiologiche la distinguono da una semplice
associazione d’idee o dalla metafora. La
sua realtà e lividezza rendono la sinestesia
intrigante per la violazione della percezione convenzionale. Etimologicamente deriva dal greco syn=insieme, ed esthesia da
aesthesis = sensazione). Essa è definita
come “senses coming together”. Uno stimolo, come ad esempio l’olfatto, è invo-
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lontariamente percepito da uno o più sensi,
come la vista e l’udito. Il sinesteta può
“sentire” i colori e “vedere” i suoni; può
descrivere il colore, la forma o il gusto
della voce di qualcuno. E’ un fenomeno
che mette in discussione l’assunzione che
la percezione del mondo delle persone sia
fisiologicamente identica.
La medicina si occupa da circa trecento
anni dello studio del fenomeno sinestetico.
Le prime testimonianze certe sono quelle
di
Galton
nella
seconda
metà
dell’Ottocento. Francis Galton, cugino di
Darwin, fu un eploratore ed antropologo,
conosciuto per i suoi studi pioneristici sull’intelligenza umana. Completò i primi
studi e fornì le prime informazioni sul
fenomeno da lui studiato, nel 1833. Galton
afferma che il fenomeno sinestetico si trasmette all’interno di uno stesso nucleo
familiare e che la forma sinestetica più diffusa che ha trovato è la relazione
suono/colore. Le ricerche sulla sinestesia
subirono un periodo di decadenza fino alla
metà del XX secolo, sovrastate dall’interesse verso le teorie del comportamentismo. L’attenzione e l’interesse verso i casi
di persone che percepiscono in modo
diverso dal normale, rinascono a partire
dagli anni ‘80, quando la tecnologia diventa abbastanza avanzata da esaminare il cervello durante le esperienze sinestetiche.
Simon Baron-Cohen, professore al
Dipartimento di psicologia e psichiatria
sperimentale all’Università di Cambridge a
Londra, pubblica le sue prime indagini sul
fenomeno sinestetico nel 1996, convinto
della base neurologica di tale anomala percezione. Egli nota la similarità dei risultati
provenienti da diverse culture e in tempi
diversi nell’ultimo secolo. I tests da lui
esaminati evidenziano la consistenza del
numero di persone che vedono colori in
relazione ai grafemi nel rapporto di 1 su
200. Baron Cohen afferma, come Galton,
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che è un fenomeno che intercorre nelle
famiglie ed è dominante nelle donne, stimando un rapporto tra i due sessi di 8:1. La
ragione di tale dominanza sembra risiedere
nella presenza del cromosoma X. I dati
delle neuroimmagini, ottenuti usando la
PET (positron emission tomography)
mostrano un afflusso di sangue differente a
livello corticale nelle donne “sinestete”
rispetto a quelle senza tale condizione percettiva.
Richard Cytowic è il neurologo noto per la
riscoperta della sinestesia nel 1980. Egli
stima che una persona su 25,000 abbia la
caratteristica per cui una sensazione involontariamente suscita altre sensazioni,
qualche volta coinvolgendo tutti e cinque i
sensi. La discrepanza nelle stime riportate
sulla prevalenza del fenomeno dai vari studiosi, sembra dipendere dai differenti sottotipi di sinestesia indagati dai ricercatori.
A dispetto della variabilità delle stime
sulla sua prevalenza, gli studi concordano
sul fatto che il fenomeno sinestetico intercorra nelle famiglie.
Cytowic individua alcune caratteristiche
presenti statisticamente nei sinesteti: una
capacità mnemonica al di sopra della
norma, soprattutto la memoria della localizzazione spaziale a dispetto della presenza di maggiori difficoltà nell’ambito matematico e del senso di orientamento nello
spazio. La sensazione percettiva è avvertita esternamente l’individuo, nello spazio
personale periferico intorno al proprio
corpo: un insegnante studiato da Cytowic
affermava che sentendo la musica vedeva
oggetti cadere, linee cangianti, onde metalliche che galleggiavano intorno al suo
corpo e sentiva sensazioni percettive reali
non frutto di semplici associazioni metaforiche.
Le stimolazioni causate nell’ippocampo
dal sistema limbico producono, in condizioni particolari,sinestesia in persone che
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non sono normalmente sinestete. Le sensazioni che rimangono confinate nell’ippocampo producono elementari esperienze:
un gusto descritto, ad esempio, come
metallico, sensazioni vissute a livello corporeo in relazione a particolari emozioni.
Solo quando queste “scariche” percettive si
estendono alla corteccia del lobo temporale la percezione diventa più specifica ed
elaborata. Investigando le basi neurali del
fenomeno, Cytowic afferma quindi che è
un normale processo del cervello, che coinvolge l’area dell’ippocampo, ma che si
manifesta in maniera consapevole e definita solo in una piccola percentuale d’individui.
L’ippocampo è un nodo necessario per sperimentare altri stati alterati di percezione
che sono simili alla sinestesia. Le percezioni provocate dall’assunzione di droghe
e Lsd, inducono deprivazioni sensoriali,
allucinazioni. L’attitudine intersensoriale
rientra in genere nei fenomeni psicopatologici, attribuiti, ad esempio, a soggetti artisticamente dotati che sono in preda a sensazioni anormali e paranormali o a chi fa
ricorso a sostanze allucinogene.
ESPERIMENTI SCIENTIFICI SULLA
SINESTESIA
Ramaìchandran dell’U.C.S.D. indaga in
collaborazione con Hubbard, le basi neurali della sinestesia.
I due studiosi si sono soffermati in particolare sulla relazione sinestetica tra grafema
e colore. Le statistiche degli studi condotti
stimano la presenza del fenomeno in una
persona su 200. I loro studi dimostrano che
non si tratta di un effetto basato su associazioni mnemoniche derivata dall’infanzia o
su una vaga associazione metaforica ma di
un reale e genuino fenomeno percettivo.
Esso accade, probabilmente, per l’attivazione sinergica di due differenti aree cerebrali.
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Lo studio è condotto su due soggetti sinestetici, nel sottotipo grafema/colore, ”,
ossia persone che vedono un colore specifico corrispondente a determinate lettere e
numeri. I numeri romani non sortivano
alcun effetto: erano richiesti gli attuali grafemi. Questi ultimi dovevano essere alternati a più di 4 Hz Gli studiosi ipotizzano
che la sinestesia grafema/colore sia determinata dall’intersezione tra il “centro del
colore”( area V4 o V8) e l’area dei numeri;entrambe conducono nel giro cerebrale
fusiforme. Questo spiegherebbe anche la
rappresentazione della metafora del cervello e la più alta incidenza della sinestesia
tra artisti e poeti.
I due sinestetici, da loro esaminati, sostengono che vedono i colori spazialmente
nella stessa locazione dei grafemi, sostenendo che non è semplicemente memoria.
Se vedono, ad esempio, foto di frutti o verdure in bianco e nero, possono riconoscere
il frutto ma senza che nessun colore venga
ad esso associato. La foto della banana può
ricordare loro, per associazione, il colore
giallo, ma non “vedono” chiaramente il
colore così come quando vedono i grafemi.
Il metodo usato per l’esperimento si basa
sul raggruppamento percettivo, ossia test
diagnostico per determinare quando una
determinata caratteristica è percettiva o
meno. I risultati del test di raggruppamento percettivo sottoposto dai due scienziati a
due soggetti sinestetici e venti soggetti di
controllo dimostrano che i soggetti sinestetici erano influenzati per il raggruppamento dal colore, mentre i soggetti normali
dalla similarità della forma. Sintetizzando
la spiegazione dell’esperimento, ai soggetti esaminati è stato presentato uno schermo di 35 grafemi con 7 linee in orizzontale e 5 in verticale. I sinesteti hanno raggruppato i grafemi verticalmente, sulla
base del colore a cui associavano i grafemi,
mentre i soggetti di controllo sulla base
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della forma.
La figura mostra le due aree che si illuminavano contemporaneamente tra l’area V4
e l’area dei numeri-grafemi nel giro fusiforme. Tale area si suppone essere l’area
della base neurale della sinestesia. Area V4
è mostrata in rosso mentre l’area dei grafemi numerali è in verde.
Fig. 1: il cervello
Questi risultati mostrano che la sinestesia è
un genuino effetto percettivo, causato dalla
possibile attivazione incrociata di specifiche aree del cervello. La sinestesia è stata
spesso ritenuta nel passato come un’associazione alle memorie dell’infanzia o semplice metafora; questo è l’esempio della
fallacia a provare a spiegare un enigma
quando non si conoscono le leggi che
governano il fenomeno.
Lo sviluppo dei metodi di neuroimmagine
sta avendo uno straordinario impatto sullo
studio del cervello umano. La Functional
MRI permette agli studiosi di localizzare la
mappa neurale dei processi cognitivi.
Applicando questi metodi ai processi multisensoriali, numerose ricerche di laboratorio stanno iniziando ad illustrare le interazioni dei vari sensi nel cervello umano e le
dinamiche spazio-temporali. Gli studi condotti dal Centro Multisensory group,
dell’Università d’Oxford, dipartimento di
psicologia e psichiatria, mostrano attraverso metodi di neuroimmagine non invasivi,
come la fMRI, la MEG/EEG che il cervel-
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lo è un processore multisensoriale nel
quale gli imputs provenienti da differenti
sensi, interagiscono convergono gli uni
negli altri.
Le ricerche portate avanti dal Multisensory
Group, indagano sul come l’informazione
percepita dai diversi sensi è assimilata dal
cervello. Sono interessati, in particolare,
alle relazioni tra stimolo uditivo/visuale,
visuale/tattile e visuale/olfattivo, all’influenza delle operazioni intersensoriali sui
meccanismi dell’attenzione e della memoria.
La percezione della posizione di un arto
possiede, ad esempio, una sua correlata
organizzazione somatotopica nella corteccia, quest’organizzazione è modificata
quando il movimento è accompagnato dall’interazione con gli altri sensi. Ad esempio la stimolazione tattile della mano
destra attiva la corteccia parietale destra
quando gli occhi sono chiusi e si sposta
all’area parieto-frontale sinistra quando gli
occhi sono aperti.
Sotto specifiche condizioni di stimolo, gli
stimoli bisensoriali risultano non solo
apportare dei vantaggi ma anche modificare la percezione indotta. Un tale tipo d’esempio è “illusory flash effect”, un’illusione uditiva-visuale riportata per la prima
volta da Ladan Shams e altri (2000) presso
il dipartimento di Biologia del California
Institute of Tecnology.
“Quando un singolo flash di luce è accompagnato da pulsazioni uditive multiple, il
singolo flash è percepito come multiplo”.
Lo stimolo uditivo è quindi in grado di
alterare la percezione visiva.
L’esperimento ha visto la partecipazione di
8 persone, di cui 6 femmine e 2 maschi,
d’età compresa tra i 24 e i 41 anni. Al centro dello schermo nero del computer compare un disco bianco uniforme. Ai lati dello
schermo sono posti due altoparlanti che
emettono i beeps. Nei processi del singolo
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flash, il flash era accompagnato con 0-4
pulsazioni; nei processi di flash multipli, i
flashes sono accompagnati con 0 o 1 beep.
Il tono del beep non apportava alcuna
modifica al risultato. Ogni beep aveva una
durata di 7 ms e tra due beep consecutivi
intercorreva un periodo di 57 ms. I partecipanti erano seduti ad una distanza di 57 cm
dallo schermo del computer e dagli altoparlanti. Gli osservatori guardando un singolo flash accompagnato da beeps multipli
percepiscono flashes multipli. Il suono è
quindi in grado di cambiare la percezione
visuale.
Molto importante è che l’illusione era
ugualmente presente nonostante cambiassero numerosi parametri. La moderata
modulazione del cronometraggio dello stimolo visuale e uditivo, la forma, il colore o
la lucentezza e la grandezza del flash non
apportavano alcuna modifica all’illusione.
La percezione multisensoriale potrebbe
avere un ruolo essenziale nella nostra percezione del mondo.
SINESTESIA E ARTE
La sinestesia ha suscitato da sempre grande attenzione nel mondo dell’arte, della
musica, della letteratura, della linguistica,
della filosofia naturale e della teosofia.
Studiosi di tutte le epoche parlano nei loro
scritti di relazioni intersensoriali ed evocazioni sinestetiche. Citiamo qui brevemente
alcuni degli autori che nei loro scritti parlano di sinestesia stabilendo precise corrispondenze sensoriali.
Nell’antica Cina, uno degli schemi concernenti tale concetto metteva in relazione le
stagioni dell’anno, le parti del corpo, le
caratteristiche facciali e i pianeti. Ad
esempio il gusto amaro era collegato al
colore verde e blu, al numero 3 e al pianeta di Giove e al tono del jué, il gusto dolce
al giallo, al suono del gong, al numero 3 e
a Saturno. In un antico schema persiano si
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Daniela Voto
trova una precisa corrispondenza tra toni
musicali e colori
Aristotele nel De Anima cita il parallelismo
che si può riconoscere tra “ciò che è acuto
o grave all’udito e ciò che è aguzzo e ottuso al tatto” . Afferma la relazione tra l’armonia dei colori e l’armonia dei suoni, stabilendo una precisa relazione tra le frequenze sonore e la rifrazione della luce.
Nel Il Senso, stabilisce inoltre la corrispondenza tra gusti e colori.
L’associazione sinestetica più dibattuta è
sicuramente quella suono/colore.
Nel 1704 Isaac Newton nel trattato Optics
fu il primo scienziato a noi noto che ideò
una corrispondenza tra i colori dello spettro e le note della scala musicale. Newton,
con il famoso esperimento del prisma,
scompose un raggio solare nel suo spettro
luminoso distinguendo sette colori fondamentali. In seguito egli associò ad ogni
colore fondamentale un tono musicale. Nel
parallelismo seguì la scomposizione della
luce nelle diverse lunghezze d’onda alla
scomposizione dei suoni nelle lunghezze di
frequenza. Egli misura lo spazio che ogni
colore occupa nello spettro e fa corrispondere queste ampiezze alle differenze in
lunghezza di una corda quando sono suonate le note della scala diatonica. Il calcolo
matematico è da ritenersi in ogni modo
arbitrario.
Newton stabilì la seguente concordanza:
Rosso=tonica
arancione=terza minore
giallo=quart a
verde= quint a
blu=sesta maggiore
indaco =settima
violetto=ot tava
Fig. 2: colori e armonia
Intorno al 1742 fu il monaco gesuita Louis
Bertrand Castel, matematico e fisico, ad
ideare la costruzione di un clavecin oculai70
re, ossia di un organo a luce che avrebbe
dovuto simultaneamente produrre il suono
e il colore associato ad esso. Castel motiva
l’analogia tra suono e luce partendo dalla
constatazione che entrambi sono fenomeni
vibratori: se i toni sono modificazioni del
suono e i colori sono modificazioni della
luce, ciò implica un’analogia tra suoni e
colori. Egli si ricollega alle teorie di
Newton e di Kircher sulla corrispondenza
suono/colore.
CONCETTO D’ARTE TOTALE
Le teorie di Richard Wagner influenzeranno il concetto d’Arte Totale del XX secolo.
La sintesi delle arti, ciò che lui definisce
Gesamtkunstwerk, l’arte totale del futuro,è
basato sull’arte del mondo antico. L’arte
dell’antica Grecia era un’attività unificata,
in cui la musica, la danza, la poesia si trovano insieme all’interno del Dramma. La
tragedia greca mostra come le arti possano
interagire per divenire guida spirituale
della società. L’ultima sinfonia di
Beethoven rappresenta la transizione della
Musica, dal suo peculiare mondo al regno
dell’arte universale. Dopo Beethoven , i
compositori svincolano nuovamente la
musica dalla poesia o dalla danza. Secondo
Wagner diventa non necessaria alla società
perché rompe i legami con la natura: il
livello d’astrazione incrementa il dislivello
tra pubblica comprensione e musica
moderna.
L’influenza delle idee di Wagner fu decisiva nel poeta e critico francese, Charles
Baudelaire. Quest’ultimo afferma che l’anima consiste di un mix di colori, suoni,
movimenti e idee che vibrano simultaneamente. Queste tendenze sinestetiche non
sono necessariamente “duramente rinforzate”, come nei casi di psicologici sinesteti,
ma sono forma d’associazione che ognuno
di noi può esperire all’interno di un contesto culturale. Baudelaire definisce l’imma-
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ginazione come l’anima delle corrispondenze. Egli scrive: Non è solo nei sogni ma
anche negli stati consci, quando sento la
musica avvero la percezione di un’analogia e di un’intima connessione tra colori,
suoni e profumi”.
Scriabin fu uno dei primi compositori del
Novecento ad assorbire le influenze delle
idee di Wagner. Iniziò a scardinare la tonalità classica, sperimentando la nozione di
dissonanza in musica. La sua idea estetica
si spinse oltre abbracciando la prospettiva
dell’arte totale. Nel Mysterium Scriabin
estende la Gesamtkunstwer, coinvolgendo
nell’arte tutti i sensi attraverso l’uso di luci
colorate, musica, profumi e persino il
gusto. Scriabin crede che l’umanità ha, in
primo luogo, sperimentato un’indistinta
Omni-arte, nella quale le percezioni visuali, uditivi, cinestetiche erano assimilate in
un’unica estetica esperienza.
Il Prometeo. Poema del fuoco op. 60 rappresenta il primo tentativo di unificare
organicamente due arti, con andamento
parallelo degli elementi musicali e di quelli pittorici. Nel Prometeo ad ogni modulazione armonica corrisponde una modulazione cromatica: la musica è inseparabile
dai colori. La partitura non contiene alcuna
indicazione oltre a quelle musicali: il
suono è luce, il suono è colore. La luce e il
colore si identificano con la musica stessa.
Nella partitura il primo pentagramma, in
chiave di violino, è indicato semplicemente Luce, ponendo pertanto questa parte
sullo stesso piano delle altre parti strumentali.
Uno dei pionieri dell’astrattismo pittorico
legato strettamente legato all’elemento
musicale, il russo Wassily Kandinsky,
aveva lodato in una lettera del 1911 inviata al grande compositore Arnold Shonberg,
padre della musica atonale, le qualità dell’arte musicale, legate al regno dell’immateriale e quindi sovranamente indipendenti
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dal mondo visibile e dalle leggi della riproducibilità naturalistica, dalle quali dipendevano invece, in quel momento, le arti
visive.
Kandinsky afferma che le sensazioni provenienti da sfere sensoriali confinanti possono vibrare per simpatia, alla stessa
maniera per cui vibrano le corde di un violino se una sola è sfiorata.
“La musica di Schonberg”, scrive
Kandinsky, “ci introduce in un nuovo
regno, dove le esperienze musicali non
sono acustiche bensì puramente psichiche:
qui ha inizio la musica del futuro”.
Lo stesso anno, sollecitato dall’illuminante
esempio dell’amico musicista, Kandinsky
compirà il passo decisivo per il distacco
della pittura dalla sua funzione mimetica e
contemporaneamente fornirà, con il suo
saggio “Dello spirituale nell’arte” una
sorta di primo trattato d’armonia per questo nuovo concetto di pittura, che poneva
come valore assoluto il “suono interno” dei
colori e delle forme. Si avvia il tentativo di
porre in relazione l’invisibile con il visibile, anche se la musica, la parte immateriale, verrà filtrata attraverso i mezzi tecnici a
disposizione dell’artista e dalla sua conoscenza del linguaggio e delle espressioni
del mondo sonoro. La musica sarà presa
come modello strutturale di riferimento e
diverrà fonte notevole d’innovazione in
ambito visivo.
Menzioniamo infine, l’artista e scenografo
Luigi Veronesi che, a partire dagli anni ’30
del Novecento, ha dedicato un significativo periodo di studio alla ricerca sui rapporti suono e colore, “Sappiamo che l’altezza
di un suono”, scrive Veronesi, “vale a dire
la differenza qualitativa di un suono rispetto ad un altro, è data dalla differente frequenza di vibrazioni in un tempo stabilito,
vale a dire dall’ampiezza delle vibrazioni ,
ossia dalla lunghezza della loro lunghezza
d’onda. Il tono di un colore, cioè la diffe-
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Daniela Voto
renza qualitativa tra un colore ed un altro,
è data dall’ampiezza delle vibrazioni, ossia
dalla lunghezza d’onda del colore. Ma
anche le vibrazioni cromatiche hanno un
loro rapporto di tempo ...(...)...è dunque
possibile stabilire, in senso astratto, un
parallelismo tra vibrazione sonora e vibrazione cromatica”. Veronesi indaga le relazioni tra linguaggio visivo e linguaggio
musicale seguendo un metodo scientifico:
parte dal rapporto altezza tra nota e nota, e
altezza tra colore e colore. Veronesi visualizzerà mediante forme colorate, i suoni
relazionati
alle
partiture
musicali.
Rappresenta il suono con una forma rettangolare, seguendo uno dei principi fondamentali della Gestalt, ad esempio per stabilirne la grandezza si attiene alla durata del
suono, rispettando inoltre la capacità risolutiva dell’occhio nella distinzione tra differenti zone cromatiche. L’intensità del
tono con cui i suoni vengono eseguiti vengono tradotti in “quantità di suono”, a cui
corrisponde una “quantità di colore”.
Conseguentemente una nota intera, il rettangolo modulare, sarà interamente “colorata” quando l’intensità del suono sarà
massima. L’artista milanese traduce la
“mancanza di suono” con una “mancanza
di colore”, individuabile nello stato di
riposo dell’occhio, percettivamente connesso all’osservazione del colore grigio
neutro. Tutti i parametri di lettura del codice sonoro sono trasformati in altrettanti
codici di scrittura cromatica e formale,
tutti ad eccezione proprio del timbro, che
non a caso rimane un fattore intimamente
legato alla parte esecutiva, strumentale
riguardando in questo senso più l’acustica
della melodia. “I risultati di questa mia
ricerca non sono però da considerare come
un supporto cromatico per i suoni o un
confronto con la musica, e tanto meno sono
da interpretare come la mia pittura o come
pittura in ogni caso, ma come lettura di una
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musica tramite un’immagine colorata”.
PERCEZIONE SINESTETICA E
NEW MEDIA
Il contesto per eccellenza dove la percezione sinestetica trova forma d’espressione è
nei nuovi media. Einestein rifiuta le corrispondenze sinestetiche come base vitale
per la relazione tra musica e animazioni
visuali enfatizzando invece il bisogno di
forgiare le associazioni tra i due media
entro il contesto del film. Egli stesso prova
a realizzar un diagramma di tale corrispondenza. Einestein analizza dodici sequenze
da Alexander Nevsky e crea una precisa
corrispondenza tra l’andamento delle
sequenze e l’andamento musicale. Un
arpeggio musicale in crescendo seguirà ad
esempio un movimento verso l’alto della
figura.
Le ricerche condotte da Sandra K.
Marshall and Annabel J. Cohen ipotizzano
che una struttura visuale e uditiva congruente dirige la codificazione delle particolari caratteristiche visuali del film. Le
associazioni create dalla musica forniscono
un contesto per l’interpretazione dell’azione del film. Sono recenti i primi esperimenti in cui nelle sale cinematografiche
inizia ad essere integrato lo stimolo olfattivo come altro canale di coinvolgimento
emotivo. Se all’interno del contesto cinematografico possiamo avere la corrispondenza tra suono e immagine, nell’arte virtuale possiamo esperire anche l’interazione
diretta dello spettatore: possiamo scegliere
un percorso o modificare con le nostre
azioni gli avvenimenti in corso. Le esperienze immersive possono far vivere un’esperienza di stimolazione sinestetica e
intersensoriale andando ad operare su aree
del cervello che i nuovi studi cognitivi ci
dicono essere predisposte ad assimilare la
percezione multisensoriale.
L’arte virtuale può fornire altri modi di
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apprendere operando razionalmente a
nuovi livelli di coscienza. I media interattivi stanno cambiando la nostra idea delle
immagini bidimensionali in una di uno spazio multisensoriale, interattivo localizzato
in un contesto processuale. I parametri del
tempo e dello spazio possono essere modificati e lo spazio virtuale può essere usato
per modellare e riunire l’esperienza. Fin
dagli ultimi anni ’80 una nuova generazione di diplays rende possibili le immagini in
3 D. La più recente Cave, permette all’utente l’impressione di essere completamente immerso nello spazio dell’immagine, di
poter muoversi all’interno in tempo reale e
di poter intervenire modificando il tragitto
virtuale. L’immersione è un assorbimento
mentale che ci consente di iniziare un processo, una transizione. Questa esperienza
estetica è propria del godimento artistico
anche nell’arte tradizionale. Le strategie
immersive rompono la distanza dall’oggetto immaginato, lo spazio della riflessione
per immergerci direttamente in un viaggio
da esperire concretamente. Lo spazio dell’illusione non ci farà mai confondere tra
realtà e illusione in ogni modo; anche bambini di sei anni sono in grado di distinguere lo spazio dell’illusione da quello reale.
Non è possibile per nessuna forma d’arte
appropriarsi della realtà completamente e
rimaniamo consapevoli che non c’è appropriazione della realtà, come dimostra
anche Platone nel mito della caverna. Sono
solo le interpretazioni della realtà ad essere decisive.
Possiamo iniziare a vedere i multimedia, la
realtà virtuale e altri recenti sviluppi nell’informazione tecnologica come un modo
per ampliare e migliorare la nostra esperienza percettiva; per sviluppare la capacipsicoLAB.net - 2005, Vol. 2, No. 2
tà di prendere un’informazione in una
modalità, trasformarla e presentarla in
un’altra o più modalità. Oggi si può realizzare attraverso la tecnologia ciò che artisti,
letterati o scienziati di ogni epoca riuscivano solo ad immaginare.
Pierre Levy, filosofo di cultura virtuale
contemporanea, rileva come le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione stanno trasformando il nostro rapporto con la conoscenza, rendendo i processi conoscitivi molto più veloci. Il sapere non è più riservato ad un’elite di specialisti e ricercatore ma è raggiungibile da
tutti. Levy rileva che un altro elemento
importante è costituito dalle nuove tecniche, specialmente digitali, informatiche,
che forniscono i supporti delle tecnologie
intellettuali, che trasformano ed estendono
le nostre capacità cognitive: la nostra
memoria con le banche-dati, gli ipertesti e
gli iperdocumenti; la nostra immaginazione con tutti i sistemi di simulazione, la
nostra percezione con gli strumenti per
produrre immagini a partire dai dati.
Questo sapere diventa facilmente interscambiabile, si entra in comunicazione
nonostante immense geografiche immense,
si coopera a livelli diversi e tra vari settori
del sapere.
Pierre Levy parla di sviluppo di
“Intelligenza collettiva” intesa come prodotto della memoria collettiva, dell’immaginario collettivo, e diventa progetto quando l’uomo mette a disposizione della collettività gli strumenti che permettono una
interazione tra gli individui.
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Daniela Voto
BIBLIOGRAFIA
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