Akutagawa e Tanizaki - Università degli studi di Bergamo

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Transcript Akutagawa e Tanizaki - Università degli studi di Bergamo

AKUTAGAWA
RYŪNOSUKE (18921927)
Carriera relativamente breve
(1914-1927) ma eterogenea,
che riflette da un lato la sua
formazione classica e il suo
interesse per il mondo di Edo,
d’altro lato il suo interesse
per la cultura occidentale
(letteratura inglese, cultura
classica, cristianesimo), non
sempre
armoniosamente
conciliati
“Essendo nato nel Giappone
moderno, non posso che
sentire dentro di me infinite
frammentazioni e divisioni,
sia
artisticamente,
sia
personalmente”
TRATTI PRINCIPALI DELLA PRIMA FASE
DELLA SUA PRODUZIONE
Caratteristica peculiare della sua produzione: rielaborazione e
riattualizzazione di motivi e storie tratti da fonti precedenti
(letteratura straniera e classici giapponesi): forte
presenza intertestuale considerata dai critici la cifra della
sua originalità stilistica (Keene lo paragona a un mosaicista)
Opposizione alle forme dello shishōsetsu
La stessa scelta di storie già note distanzia l’autore dal testo
Forma tipica: racconto breve storico e fantastico
Anche su influenza di Natsume Sōseki, di cui diventa un
allievo nel 1915, centralità data al tema della esperienza della
modernità in Giappone: cultura occidentale percepita come
straniera eppure ormai irrevocabilmente interiorizzata.
A tale tematica, si connette la trattazione del problema
dell’identità e alterità
OPERE PRINCIPALI
1915: Rashōmon, che non
riceve grande attenzione di
critica e pubblico,
ma è
rappresentativa
della
direzione che prenderà la
sua opera
Tema dell’alterità: trattato
in particolar modo in Hana
(1916), che riceve grandi
elogi da Sōseki, e Kappa
(1927)
PRODUZIONE TARDA
Verso la fine della sua vita, cambio di rotta:
scrittura opere di carattere autobiografico
Anche se non narrazioni che inquadrano
coerentemente la sua vita, quanto piuttosto
esteriorizzazioni di una coscienza interiore
frammentata
Questo cambio di rotta determina anche la sua
posizione nel dibattito con Tanizaki che occupa
una posizione centrale nella sua produzione più
tarda (1927)
SHŌSETSU NO SUJI RONSŌ 小説の筋論争
(“LA CONTROVERSIA SULLA TRAMA DEL
ROMANZO”), FEBBRAIO – GIUGNO 1927
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Si inserisce sulla più ampia scia del dibattito critico che
attraversa il mondo letterario negli anni ‘20 e ‘30, e che
riguarda
Statuto della letteratura:
che cos’è e di che cosa si deve occupare lo shōsetsu?
rapporto con l’Occidente
nuovo posto della soggettività dell’epoca moderna
contrapposta al passato
Fiction (makoto) VS non-fiction (uso)
Junbungaku (letteratura pura) VS taishūbungaku
(letteratura “popolare”, “di massa”)
TERMINI CHIAVE DEL DIBATTITO
Suji vs hanashi
(Omoshiroi vs geijutsutekina)
Akutagawa: supremazia della verità sulla
finzione; è più importante la verità personale
che una trama complessa.
Tanizaki: riprende Stendhal, “l’art est un beau
mensonge”: “sia quando compongo le mie opere,
sia quando leggo quelle degli altri, ciò che non è
finzione non mi interessa”.
Akutagawa: Tanizaki mostra un atteggiamento
di irresponsabile disprezzo nei confronti dei
progressi fatti dalla fiction giapponese a partire
da Tsubouchi; lo shōsetsu è ormai riconosciuto
come “forma seria di letteratura” capace di
esprimere i più profondi sentimenti umani.
Tanizaki rischia di tornare alla nozione di
shōsetsu come forma di triviale intrattenimento
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Tanizaki:
In Giappone d’oggi permangono ancora gli
influssi negativi del periodo naturalista: la verità
umana può essere più facilmente evocata
attraverso l’artificio
Ciò che conta è una trama interessante, che si
realizza nel modo di comporre i fatti, nella
bellezza strutturale e architettonica dell’opera
Akutagawa:
Il lettore sarà sicuramente attratto da una bella
trama, ma il lettore “serio” cerca di più che
l’intrattenimento
“La frammentarietà non è altro che purezza”
TANIZAKI JUN’ICHIRŌ
(1886-1965)
Nagai Kafū:
“Una misteriosa vertigine
provocata
dalla
paura
carnale; un intenso piacere
derivato dalla reazione ad
una
crudeltà
fisica;
tematiche legate al contesto
urbano; la perfezione dello
stile”
ANNI DELLA FORMAZIONE
•
Nasce a Tokyo nel quartiere di Nihonbashi, a Shitamachi,
da una famiglia di mercanti (edokko)
Assiste, attraverso la modernizzazione di Nihonbashi (uno
dei quartieri che più “resistettero” alla occidentalizzazione)
al declino delle ultime vestigia del passato
Per lui i ricordi dell’infanzia sono anche ricordi di luoghi
perduti
Forte impressione lasciata su di lui dalla madre, archetipo
di bellezza femminile
Studia letteratura (senza laurearsi) all’Università di Tokyo
negli anni in cui domina il naturalismo, ma da subito si
oppone all’idea dell’arte come semplice duplicazione del
fenomeno e allo stile naturalista, basato sulla descrizione
piatta, che si limita a registrare i dati reali senza
interferenza della soggettività dell’artista
LE DUE FASI DELLA PRODUZIONE DI
TANIZAKI
•
Nella produzione di Tanizaki si distinguono due periodi,
caratterizzati da diverse influenze e indirizzi tematici:
Una prima fase produttiva, che si caratterizza soprattutto
per l’amore e l’influenza della letteratura occidentale (in
particolare i decadentisti: Poe, Baudelaire…)
La produzione seguita al suo trasferimento nel Kansai
(dopo il terremoto del Kantō del 1923), soprattutto a
partire dalla fine degli anni ‘20, in cui il mito
dell’occidente viene sostituito dal mito della classicità
giapponese: ritorno al Giappone sia fisico (Kansai: culla
della classicità) che estetico (richiamo alla produzione
letteraria Heian, e in particolare al Genji Monogatari)
In questa fase, si colloca anche la polemica con
Akutagawa
LA PRIMA FASE
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Produzione, lontana dallo shizenshugi e allo shishōsetsu, che la
critica descrive con il termine “diabolisme” e che si ispira
Al principio della “art for art’s sake”
Al decadentismo europeo
Il suo amore per il decadentismo si riflette anche nella sua
collaborazione con la rivista Subaru)
Fra le opere rappresentative di questa produzione:
Shisei (Il tatuaggio), 1910: opera con cui si affermò, che narra
di una donna forgiata dalle mani di un uomo, che poi le diventa
sottomesso
Chijin no ai (L’amore di uno sciocco), 1924-25, che segna la
transizione alla fase successiva della sua produzione
N.B.: in alcune opere, sperimentazione delle tecniche del
racconto poliziesco, ripresa anche in seguito (es.: Tomoda to
Matsunaga no hanashi, Storia di Tomoda e Matsunaga, 1926)
TEMATICHE PRINCIPALI
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Esplorazione degli istinti umani, soprattutto sessuali
In particolare, l’istinto masochistico di una figura maschile
che si sottomette a una donna
L’uomo che si sottomette tipicamente lo fa in risposta a un
impulso di autodistruzione, una pulsione di morte
La donna viene costruita invece come una femme fatale, la cui
bellezza (in cui Tanizaki esprime il desiderio nostalgico della
madre) si rivela nel momento in cui ella rivela la sua crudeltà
A questo elemento si aggiunge quello del feticismo (in
particolare per i piedi della donna)
L’analisi dei risvolti segreti della psiche è finalizzata,
diversamente che nel naturalismo, a una ricerca estetica
L’uomo che annulla il proprio io nella donna non ottiene solo il
soddisfacimento di un desiderio sessuale, ma completa se stesso
realizzando il proprio ideale di bellezza
CHIJIN NO AI (1924)
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L’opera è una parodia dello shishōsetsu
È strutturata come una confessione del narratore, che
racconta la propria storia in prima persona
Intento, però, esplicitato: “Questo è un racconto lungo, un
watashi shōsetsu” “Con semplicità e sincerità parlerò dei
miei rapporti coniugali”
Il lettore può essere portato a pensare che si tratti di una
confessione sincera (makoto), ma il testo in realtà ironizza
sul genere, all’epoca dominante:
i fatti smentiscono quello che il narratore afferma, si crea
una ambiguità fra quello che vuole che sia inteso e quello
che in effetti traspare dal testo
Già il titolo predispone il lettore a capire che l’immagine
positiva che il narratore cerca di dare di sé (ad es.,
attraverso una serie di riferimenti colti) è viziata
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Nell’opera continuano a dominare alcuni elementi tipici
del Decadentismo:
Al centro dell’analisi psicologica del romanzo, figura della
femme fatale e amore masochistico (del protagonista Kawai
Jōji verso l’amata, Naomi)
Jōji, tipico esempio della classe media dell’epoca, rimane
personalmente attaccato alla tradizione giapponese, ma
forma la ragazza di cui si innamora, Naomi, secondo un
ideale di donna occidentale
Naomi, forte della sua nuova “emancipazione”, ridicolizza e
sottomette Jōji
Spazio esotico come luogo di realizzazione dei desideri
nascosti (attrazione verso l’occidente)
•
Al contempo, l’opera diviene, attraverso i due protagonisti e la
loro relazione reciproca, parodia del Giappone post
modernizzazione:
L’Occidente, all’inizio elemento di attrazione, per la libertà e
l’emancipazione che rappresenta, viene esasperato al punto da
diventare negativo
Naomi diviene una modern girl, una ragazza che si adegua ai
costumi occidentali in modo superficiale, solo come moda,
adesione alla società dei consumi
Naomi è volgare, ma è anche vittima in qualche modo innocente,
come lo è il Giappone, che non può fare a meno di attualizzarsi
Naomi: incarnazione del dramma storico del Giappone, che imita
il modello occidentale senza assimilare le radici ideologiche della
modernizzazione e pur avendo successo sul piano internazionale
crea una dissociazione e uno squilibrio fra tradizione e
modernità nell’individuo
LA SECONDA FASE
Non radicale cesura: continuità tematica
Però, il conflitto fra modernità e tradizione si risolve per lui nel
tentativo di ricreare l’estetica giapponese classica, anche in
connessione a un rinnovato interesse per l’epoca Heian (che
sarebbe culminato con la stesura di tre traduzioni in giapponese
moderno del Genji Monogatari)
A cavallo fra la fine degli anni ‘20 e l’inizio degli anni ‘30,
Tanizaki produce alcuni saggi che fissano le nuove direzioni
artistiche da lui intraprese in questa fase:
In’ei raisan (Elogio della penombra), 1933: contrapposizione
fra estetica occidentale ed estetica giapponese
Shunkinshō kōgo (Postscriptum alla Storia di Shunkin), 1933:
monogatari come nuovo modello per il romanzo
Gendai kōgobun no ketten ni tsuite (Sui difetti della
moderna lingua scritta colloquiale), 1929, e Bunshō tokuhon
(Manuale di composizione), 1934: lingua da usare nel romanzo
QUALI PUNTI FONDAMENTALI EMERGONO
DA TALE PRODUZIONE SAGGISTICA?
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In’ei raisan:
Sensibilità giapponese posta come antitetica a quella del
moderno Occidente
“Bello” secondo il gusto classico giapponese: ciò che è avvolto
dalla penombra, caratterizzato da toni pallidi e sfumati. La
bellezza si delinea nella propria intangibilità, e toccandola si
dissolve
“Bello” per il gusto occidentale: ciò che è chiaro, luminoso,
brillante
Tanizaki non afferma la superiorità di una concezione
sull’altra, ma piuttosto critica la via scelta dal Giappone
Invita la letteratura giapponese ad abbracciare la concezione
estetica classica, per preservare il “mondo dell’ombra” a fronte
di un Giappone che in tutti gli altri ambiti ha abbandonato il
passato
1.
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2.
Come si riproduce questo “mondo dell’ombra” in letteratura?
Prediligendo allusività e ambiguità, riprodotte attraverso
l’uso di alcuni strumenti stilistici e tecniche narrative
Strutture narrative del mistery e della confessione, basata
sui canoni dello shishōsetsu ma con narratore inattendibile
Uso della figura retorica dell’ironia: contraddizione fittizia fra
quel che si dice e quello che si vuole sia inteso (già in Chijin no
ai)
Processo comunicativo, che implica complicità fra autore e
lettore, che deve comprendere e interpretare l’ironia
Implica un distanziamento dell’autore rispetto al proprio
protagonista, anche quando coincide con il narratore: l’autore
prende in giro il narratore-protagonista (vs shishōsetsu)
Attraverso l’intertestualità: riprendendo uno o più ipotesti,
di cui vengono disseminate citazioni nel testo d’arrivo
Ciò non vuol dire che il testo è una mera riproduzione di altri
testi, ma che, partendo dal modello passato, si crea qualcosa
di nuovo
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Shunkinshō kōgo
Invito ad adottare come modello di stile il modello classico del
monogatari, piuttosto che quello dello shōsetsu come si è
sviluppato dal Meiji in poi
Il monogatari non è visto come superiore al romanzo occidentale:
piuttosto, come più adeguata versione giapponese del romanzo
realista rispetto allo shōsetsu naturalista/shishōsetsu, poiché
Il narratore onnisciente del romanzo occidentale è una tecnica
estranea al modo di narrare giapponese, per cui è artificioso
adottarlo
La narrativa, però, deve essere fiction
Lo stile narrativo dei monogatari concilia l’elemento fiction e il
modo di narrare giapponese: il punto di vista del narratore si
confonde spesso con quello dei personaggi (spesso assenza di
netta distinzione fra dialogo e narrazione), ma come nel romanzo
realista l’autore rimane comunque nascosto, limitandosi a dare
voce ai personaggi stessi: non una voce ma tante voci
N.B.: però richiamo a una trama ben strutturata
•
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Gendai kōgobun no ketten ni tsuite e Bunshō tokuhon
Appello al miglioramento del genbun’itchi, con l’utilizzo
sì di una lingua colloquiale, ma non quella definita come
standard a fine periodo Meiji, vista da Tanizaki come
eccessivamente contaminata dalle lingue occidentali
(hon’yakutai)
Richiamo all’uso di una lingua che non solo mantenga
intatte le peculiarità del giapponese (indeterminatezza del
soggetto, vaghezza nell’uso dei tempi verbali…) ma che
rifletta la vera lingua parlata (interesse, oltre che per il
dialetto di Tokyo, per quello di Osaka)
Appello contro l’eccessivo allargamento del lessico e
l’eccessivo uso di parole nella prosa moderna
Richiamo a un ritorno al vocabolario del giapponese
classico, che si serviva di poche parole ma il cui significato
poteva spaziare a vari campi semantici (ambiguità)
SASAME YUKI (NEVE SOTTILE), 1948
Romanzo di “costume”: storia delle quattro sorelle
Makioka (in particolare Yukiko), famiglia in declino negli
anni antecedenti al secondo conflitto mondiale
Sequenza di eventi minori, senza accadimenti particolari,
Colpito comunque dalla censura perché non in linea con la
propaganda nazionalista
Uso del punto di vista alternato (anche se domina
soprattutto quello di una delle sorelle, Sachiko)
L’opera è stata definita il “personale Genji” di Tanizaki
Rappresentativa della sua idea di letteratura come luogo in
cui è possibile “salvare” un mondo che sta andando
inesorabilmente perduto
YUME NO UKIHASHI (IL PONTE DEI SOGNI), 1959
•
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Racconto incentrato sul tema dell’incesto
La madre di Otokumi Tadasu, Chinu, muore quando il
protagonista ha cinque anni e il padre si risposa
Il padre e la matrigna cercano apertamente di confondere
nella sua mente le figure della madre e della matrigna
La relazione fra Tadasu e la matrigna si tinge di toni sessuali
Quando, dopo che Tadasu compie 18 anni, la matrigna da alla
luce un fratellastro, Takeshi (poi affidato a un’altra famiglia)
Tadasu si allontana dalla matrigna solo quando lei comincia a
presentarsi a lui come distinta dalla figura della madre
Sposa, su consiglio del padre morente, Sawako
La matrigna muore misteriosamente, punta da una
scolopendra
Tadasu e Sawako divorziano e Tadasu scrive il racconto
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Il racconto è strutturato come confessione di Tadasu, sul
modello dello shishōsetsu
Tuttavia, anche in questo caso, confessione ironica, atto non
sincero, ma letterario
Il narratore-protagonista non è attendibile, e ammette lui
stesso che ha posto dei limiti al dire la verità
La confessione è mirata a nascondere più che a rivelare, usata
consapevolmente per trasmettere una determinata immagine
del narratore al lettore (si intuisce che è rivolta a Takeshi, che
è dunque la vittima dell’ironia)
La storia è infatti piena di vuoti: gli eventi sono raccontati
non ordine cronologico, confondendo deliberatamente le acque,
e dominano i vuoti e i silenzi: Takeshi è figlio di Tadasu?
Sawako (o Tadasu stesso) ha ucciso la matrigna?
Ambiguità (“ombra”)
Richiamo già dal titolo al Genji monogatari, chiave di lettura
per il testo (matrigna: Fujitsubo; Takeshi: Reizei)
Intertestualità