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“Passengers”
La dimensione “altra” di un
museo negli scatti di Luca Piola
...il museo è
la scatola-universo
entro la quale il
viaggio si compie
di MONICA LUCCISANO
«
L’enigma è nel cuore di ogni opera»,
affermava Duchamp. Forse è proprio
all’enigma che tende l’opera fotografica di
Luca Piola, alla situazione irrisolta, all’immagine di segno ambiguo che interroga,
più che affermare, che confonde, più che
rassicurare… La sua scelta personale e
professionale è però ora netta e determinata, essendo passata dai valori narrativi
della fotografia-documento ai valori concettuali ed estetici della fotografia-oggetto
d’arte, o forse dovremmo dire della fotografia tout court.
Nato a Genova e compiuti gli studi a
Parma, Luca Piola i suoi primi passi li
muove in Italia. Membro dell’agenzia Grazia Neri per diversi anni, realizza numerosi
progetti in varie parti del mondo, dando
vita a anche mostre e libri. Una delle sue
fotografie è battuta all’asta da Sotheby's a
Milano. Poi si trasferisce a New York,
dove desidera approfondire la sua personale ricerca, scegliendo di «immergersi in
una comunità artistica multiculturale e
multietnica», e con questo nuovo respiro
lascia che la propria cultura europea in-
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EFFETTO ARTE
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scricchiolanti, di un museo è come compiere un viaggio»: nell’obiettivo di Luca
Piola da visitatori si diventa passeggeri, e
il museo è la scatola-universo entro la
quale il viaggio si compie. Passengers sono
soggetti non più riconoscibili, sfuocati nel
tempo e nello spazio, sospesi tra l’attimo
dello scatto fotografico e la fissità immobile e atemporale cui lo scatto li destina.
Passengers sono ritratti dal taglio straniante e alieno. L’intuizione poetica nasce
dal rapporto situazione/luce/soggetto; poi
trecci l’incredibile fermento creativo di
quella città.
A New York, Piola prosegue il progetto
Passengers, che pur intrapreso in Italia è
oggi espressione della nuova sensibilità
acquisita. Il dato comune è un luogo: tutte
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EFFETTO ARTE
le immagini sono ritratte dentro musei di
New York e Washington. Il museo, dunque, è il filo conduttore. Non per ciò che
esso contiene, semmai per ciò che rappresenta: un luogo che conserva la memoria,
che testimonia la vicenda umana, i gesti,
l’ambizione artistica – tecnicamente tradotta nell’uso di tempi lunghi o dello sfuocato – è di trasmettere quel senso di
distacco temporale e spaziale che, inesorabile, avviene nel museo.
Nelle esistenze impalpabili che non riescono a raccontarsi, cogliamo un’ipotesi di
convergenze parallele, avvertiamo il desiderio inconscio di annichilire fra gli oggetti, e di navigare fra distorsioni
psichiche inedite. La risultante di un’esperienza surreale.
l’operato, le creazioni. Il museo è anche un
luogo ideale, che dal suo essere spazio fisico concluso assume i connotati di un altrove infinitamente aperto. Lì ciascuno si
trova a vivere una propria dimensione
“altra”. «Camminare nei corridoi, a volte
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