molte le misure informali per conciliare famiglia e lavoro - AFI-IPL

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N EWSLETTER 43
Anno 7  N. 43  2014
08.08.2014
ARBEITSFÖRDERUNGSINSTITUT
ISTITUTO PROMOZIONE LAVORATORI
Öffentliche Körperschaft für Forschung,
Bildung und Information
Ente pubblico di studi, formazione
ed informazione
Imprese altoatesine: molte le misure informali per
conciliare famiglia e lavoro
La conciliazione famiglia-lavoro è uno dei 12 temi emersi dalle serate di discussione recentemente promosse dall’Assessorato alla famiglia, quale base di partenza della nuova Agenzia provinciale
per la famiglia. Il tema della conciliazione è stato oggetto proprio
di un recente studio dell’IPL, nell’ambito del progetto FSE “Carta
dei valori per una migliore organizzazione del lavoro: analisi e
definizione in ottica di genere”. La ricerca fornisce un quadro delle diverse misure di conciliazione già adottate nella nostra provincia, rilevando da un lato la diffusa informalità delle iniziative
già presenti, e dall’altro la pressante necessità di introdurre nuove
misure. Serve un nuovo slancio alla responsabilità sociale
d’impresa, di cui la conciliazione famiglia-lavoro rappresenta un
importante tassello operativo.
di Andreea Otoiu, tirocinante presso l’IPL
con la collaborazione di Silvia Vogliotti, ricercatrice IPL
“Carta dei valori per una migliore organizzazione
del lavoro: analisi e definizione in ottica di genere”,
è questo il titolo dello studio dell’IPL | Istituto promozione
lavoratori, realizzato nell’ambito di un progetto del Fondo
sociale europeo, gestito dall’Associazione Rete donnelavoro di Bolzano, insieme all’Assessorato provinciale al
lavoro e alla Consigliera di parità.
In questa newsletter
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Le 4 macro-aree
Misure di flessibilità oraria
Misure di supporto alla famiglia
Servizi/benefits e welfare aziendale
Cosa emerge dalle interviste? Punto forti e criticità della conciliazione
Conclusioni: le cinque direzioni di marcia
Obiettivo del progetto – presentato all’Università di Bolzano l’11 luglio 2014 - era quello di sviluppare una ricerca sul
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campo, nonché una Carta dei valori, al fine di diffondere
informazioni sulla condizione delle donne nel mondo del
lavoro, di promuovere la responsabilità sociale delle imprese in ottica di genere nonché creare consapevolezza e
sensibilizzare il territorio in una logica di rete fra soggetti direttamente coinvolti nelle policy relative alla conciliazione famiglia-lavoro.
Nell’ambito di tale progetto Silvia Vogliotti, collaboratrice dell’IPL, ha redatto un corposo rapporto di ricerca, frutto
di una serie di interviste, indirizzate a far emergere gli elementi positivi ed innovativi legati alle misure aziendali
di conciliazione famiglia-lavoro, nonché eventuali perplessità e difficoltà che sussistono nell’implementazione
aziendale delle suddette misure conciliative. In questa Newsletter sono riassunte le principali risultanze di queste
interviste.
Le 4 macro-aree in cui vengono adottate misure di conciliazione famiglia-lavoro
Al fine di percepire una visione di quanto e come il concetto di conciliazione sia implementato in Alto Adige, le
interviste sono state rivolte a manager e responsabili del personale di imprese locali, nonché ad
alcuni testimoni privilegiati delle principali cooperative, dei sindacati e delle associazioni datoriali.
L’analisi delle interviste ha permesso di raggruppare le misure di conciliazione attuate in provincia di
Bolzano da imprese di ogni dimensione in quattro macro aree.
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Figura 1: Le diverse misure di conciliazione per aree omogenee
Fonte: AFI-IPL 2014
Le misure di flessibilità oraria
La prima area dell’indagine riguarda le politiche dei tempi di lavoro. Trattasi
dell’insieme di misure che flessibilizzano il posto di lavoro, sia in termini di orario che di
allocazione della prestazione. Dalle interviste emerge che provvedimenti di flessibilità
come la banca ore, gli orari flessibili, il part-time o job-sharing sono instaurabili soltanto
in determinati contesti aziendali, in particolare in ambito amministrativo, mentre sono
difficilmente applicabili in contesti di apertura al pubblico.
In alcune aziende la banca ore funziona spesso in maniera informale, con una gestione dell’orario di lavoro che va
incontro alle specifiche esigenze del dipendente. Per le aziende risulta un ottimo strumento per poter far fronte, ad
esempio, a picchi di lavoro in determinati periodi dell’anno, mentre nelle piccole imprese o in imprese con apertura
al pubblico questo strumento non è attivato spesso, poiché risulta successivamente problematico il recupero delle
ore accantonate. In tal caso molte aziende preferiscono allora una compensazione pagando il lavoro straordinario.
Ampio spazio nelle interviste hanno occupato gli orari flessibili. Difficilmente o del tutto
inapplicabili in contesti aziendali aperti al pubblico, risultano invece molto utilizzati in contesti produttivi e amministrativi, fornendo un riscontro positivo dal punto di vista del rendimento stesso dei collaboratori, nell’ottica (innovativa) che l’orario in sostanza è relativo,
mentre ciò che effettivamente conta è il risultato del lavoro effettuato.
Dalle interviste emerge un’altra misura che favorisce la conciliazione: il part-time, lo strumento conciliativo maggiormente diffuso in Alto Adige. Sono soprattutto le donne a chiedere alle aziende questo
tipo di opportunità per riuscire a gestire meglio gli impegni famigliari e la vita professionale. Le problematiche del
lavoro a tempo parziale, in questo campo, stanno sia dalla parte aziendale, in quanto il percorso organizzativo risulta molto complicato, che dalla parte delle stesse dipendenti, dato che il carico di problemi e di lavoro di cura certo
non diminuisce insieme all’orario lavorativo. Dal punto di vista delle lavoratrici – evidenziano molte interviste– il
lavoro a tempo parziale (soprattutto se svolto “a vita”) incide fortemente sul rischio di povertà e sulle basse pensioni
future delle donne. Non solo: un eventuale rientro in azienda con orario a tempo pieno è spesso difficoltoso, perché
il posto in genere è già occupato. Si riscontra inoltre una “lotta intergenerazionale” tra donne, legata al fatto che le
signore in età avanzata con orario a part time non sono spesso disponibili a rinunciarci a fonte delle esigenze di
conciliazione delle giovani lavoratrici.
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Ancora poco diffuso – rilevano gli intervistati – risulta invece il job sharing, ovvero
un unico posto di lavoro suddiviso tra due persone. Trattasi di uno strumento difficile
da gestire, in quanto i due dipendenti dovrebbero avere lo stesso livello di competenze
ed essere anche molto compatibili caratterialmente; una buona comunicazione è sicuramente un punto di forza in questo genere di contratto, ma resta in qualunque modo
uno strumento di conciliazione efficace sulla carta, ma molto difficile da attuare nella
pratica lavorativa quotidiana.
Altra tipologia di flessibilizzazione del posto di lavoro sarebbe il telelavoro, finora
poco utilizzato anche se sarebbe molto praticabile in particolare nei lavori amministrativi senza contatto con il pubblico. Tuttavia - rilevano alcune intervistate - in questa
situazione i lavoratori e le lavoratrici spesso perdono la relazione lavorativa dal punto
di vista professionale e sociale. Dal canto loro molti datori di lavoro risultano poco
propensi a concedere il telelavoro – emerge in alcune interviste - data la paura di perdere il controllo rispetto alla prestazione lavorativa svolta da casa, legata ovviamente
ad un’idea di produttività realizzabile soltanto in ufficio, sul posto di lavoro, alla scrivania, una produttività tutta “fisica”, correlata al “presidio fisico e temporale del luogo di lavoro”. In un’intervista
emergeva, inoltre, la perplessità rispetto a tale tipologia di lavoro, visto come uno strumento che favorisce un passo
indietro rispetto alla conciliazione, dato che “riporta” le donne in casa.
Le misure di supporto alla famiglia
La seconda macroarea emersa delle interviste riguardava una serie di misure a supporto
della famiglia: molti intervistati si sono soffermati a lungo sulla paternità, in particolare
sulla difficoltà dei padri nel chiedere il congedo parentale. Nonostante questo fenomeno rappresenti ormai un diritto dall’anno 2000, e non manchino buone pratiche
(come quella dell’Ente bilaterale del commercio che aumenta la percentuale di retribuzione per i padri in congedo), le richieste da parte dei padri sono pochissime, quasi inesistenti. Questo, a causa sia di un aspetto economico (mancato reddito derivante dal
padre in congedo, di solito quello che in famiglia guadagna di più) ma anche e soprattutto di un aspetto culturale (il giudizio dei colleghi e del capo, la mancanza di modelli maschili da seguire). Se e quando i congedi vengono chiesti, questi risultano soltanto formalizzati sulla carta perché il tempo a disposizione non
viene spesso utilizzato per la cura/educazione dei bambini, ma per impegni di vario genere. L’unico giorno di congedo obbligatorio per i padri (introdotto dalla Legge Fornero) “profuma” molto – osserva Silvia Vogliotti nella ricerca - di brindisi con parenti e amici, piuttosto che di condivisione dei carichi di cura. È chiaro che la cultura detta
ancora le regole: il padre è (ancora e sempre?) il principale sostenitore economico
della famiglia e la madre se deve lavorare lo fa soltanto per un secondo reddito aggiuntivo.
L’asilo aziendale o inter-aziendale è un’altra misura di conciliazione applicata in
Alto Adige, ma anche in questo campo si registrano alcune resistenze culturali, per
cui c’è chi ritiene giusto che i genitori stiano il maggior tempo
possibile con i figli, piuttosto che affidarli a strutture esterne.
Le buone pratiche non mancano: citiamo ad esempio quella dell’Ente bilaterale del commercio (EBK), che fornisce una serie di misure che facilitano le famiglie: si va da rimborsi agli
associati per le spese dell’assistenza bambini, ai premi di natalità, dai premi alle aziende che
concedono il part time per la maternità, a sussidi ai dipendenti per l’assistenza ai famigliari
con gravi problemi, fino a dei rimborso alle aziende per il congedo matrimoniale del dipendente.
Servizi/benefits ai dipendenti
Tra i benefits sono molto diffusi i buoni pasto, nell’ottica di una breve pausa che permette di finire prima la giornata di lavoro. In talune aziende c’è a disposizione una piccola cucina per riscaldarsi il pranzo o prepararsi tè e
spuntini. Altre imprese offrono palestre interne e spazi per stare all’aperto o addirittura docce e spogliatoi per i
collaboratori che amano fare jogging. Convenzioni con Hotel per trascorrere le vacanze o malghe a disposizione dei
dipendenti sono possibilità adottate in altre ditte ancora.
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Anche in questa area non mancano le buone pratiche: a Merano una cooperativa offre al Comune dei servizi di
lavanderia, stireria e piccola spesa a domicilio; trattasi di un progetto molto apprezzato dai dipendenti della
città che hanno addirittura chiesto un’intensificazione. Il Comune di Bolzano invece ha avuto per anni un progetto
con i Mercati generali, per cui forniva agli iscritti una cassettina con frutta e verdura, di varie dimensioni a seconda
del nucleo famigliare. L’azione si è rivelata di seguito difficoltosa, per una mancata comunicazione delle ferie delle
persone che ricevevano il pacco; motivo per cui è stata sospesa.
Welfare aziendale
Riguardo alla quarta area (welfare aziendale) sono invece emerse poche iniziative di rilievo dalle interviste. In alcune aziende esiste un referente per la conciliazione e oltre a ciò, un’altra misura di rilievo positivo, è “Mutual
help”; ovvero una società di mutuo soccorso che offre pacchetti di servizi e sussidi in ambito socio-sanitario ai
cittadini e ai lavoratori dell’Alto Adige. Per il resto non sono emersi particolare benefits concessi dalle aziende ai
propri dipendenti.
Cosa emerge dalle interviste? Punti forti e criticità della conciliazione
Punto forte emerso dalle interviste effettuate è sicuramente la presenza nel territorio altoatesino di una
diffusa cultura rispetto alla conciliazione famiglia lavoro.
Dalle interviste emerge – infatti - come nelle aziende altoatesine ci siano già diverse misure di conciliazione, che
rispondono in primis alle esigenze di singole lavoratrici, ma in molti casi esse risultano misure adottate informalmente e a volte in maniera implicita. Spesso le misure di conciliazione sono adottate con bassa consapevolezza sia da parte imprenditoriale che da parte delle lavoratrici, sono misure spesso nate per volere delle
stesse imprenditrici, donne che si sono ritrovate in casi del tutto simili e contingenti (lutto del coniuge, gravidanza nel momento della creazione di una nuova azienda, ecc.), e che conseguentemente hanno cercato di inserire
nelle proprie realtà lavorative misure per favorire l’equilibrio tra famiglia e lavoro, sia per loro stesse che per le proprie dipendenti.
Figura 2: Principali evidenze della conciliazione famiglia-lavoro in Alto Adige
Informalità di molte misure di conciliazione; bassa consapevolezza rispetto alle misure
Donne imprenditrici quale "motore" dell'introduzione di misure di conciliazione
Elevata presenza di misure di flessibilizzazione oraria (part-time e orari flessibili ad. es.)
Ridotto uso di congedi parentali maschili e elevate difficoltà dei padri nel richiederli
Permanenza di alcune resistenze culturali rispetto a certe misure (congedo paterno, asilo
nido ecc.)
Quasi inesistenza della contrattazone di secondo livello (in ottica di genere)
Fonte: AFI-IPL 2014
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Mentre da un lato risultano numerose le misure che flessibilizzano l’orario di lavoro e sono ancora pochi
i congedi richiesti dai padri, dall’altro lato permangono alcune sacche di resistenza culturale nell’affidare bambini piccoli agli asili nido.
“Soprattutto nelle piccole aziende molte misure di conciliazione nascono su concessione ad personam, tarate
su singole esigenze contingenti. Anche le piattaforme contrattuali di secondo livello (ovvero stipulare contratti aziendali e/o territoriali) segnano il passo rispetto alla conciliazione, mostrando come la contrattazione, laddove si fa, risulta poco “family friendly”, orientandosi maggiormente sui premi di risultato. La perdurante crisi economica, infatti, ha spinto imprese e sindacati a concentrarsi in particolar modo sugli indicatori economici di garanzia del reddito”
Silvia Vogliotti (autrice della ricerca IPL)
Conclusioni: le cinque direzioni di marcia
Figura 3: Le cinque direzioni di marcia per la contrattazione famiglia-lavoro
1.
Non solo costi, anche benefici: Innanzitutto le
aziende dovrebbero considerare non solo i costi economici connessi alla conciliazione. E’
palese che molte misure di conciliazione sono difficilmente misurabili in termini di benessere aziendale, personale ed interpersonale. Risulta difficile
quantificare l’attaccamento all’azienda (che concilia), il buon clima di lavoro che si respira, la soddisfazione nel lavoro, il benessere personale, la riduzione dello stress lavoro-correlato. Certamente più
semplici da misurare e quindi da monetizzare sono
il costo dell’asilo nido aziendale, il costo della mensa o dei buoni pasto, il costo del personale in maternità, il costo di sostituzione di dipendenti in
aspettativa ecc. A fronte di costi reali e monetizzabili i benefici sono perlopiù di tipo qualitativo e di
clima aziendale, che difficilmente sono misurabili
in maniera precisa e diretta, per cui anche difficili
da apprezzare veramente. L’ottica aziendale dovrebbe quindi trascendere dai costi economici per
valutare i benefici nel medio-lungo periodo.
Responsaiblità
sociale
d'impresa
Riconoscere i
benefici della
conciliazione
Convivenza tra
contrattazione
formale ed
informale
Donne
dirigenti
"motore" della
conciliazione
Sindacaliste
nella
contrattazione
di secondo
livello
Fonte: AFI-IPL 2014
Dalle interviste emerge da più voci quanto sia fondamentale evidenziare il valore win-win di misure
conciliative, capaci di generare benefici sia per l’azienda che per i lavoratori e le lavoratrici, ragionando non
solo in termini prettamente monetari (altrimenti la conciliazione ha già perso in partenza la partita). Bisogna
cogliere i vantaggi che le misure di conciliazione portano all’interno delle aziende. Riscontri positivi, emergono
dalle interviste, sono l’abbassamento dell’assenteismo, del turnover e della malattia. Il posto di lavoro viene
anche scelto in base alle agevolazioni che il datore di lavoro offre ai dipendenti: una persona che può gestirsi in
modo flessibile il lavoro è sicuramente più produttiva sul posto di lavoro, e lo stress lavoro-correlato è sicuramente minore (figura 4).
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Figura 4: Costi e benefici aziendali delle misure di conciliazione famiglia-lavoro
Costi aziendali
Benefici
aziendali
•Asilo aziendale/interaziendale
•Costo della maternità
•Costo reclutamento nuovo personale per
sostituzione personale in aspettativa
•Costo dei benefits concessi (ad.es. mensa, borse di
studio per figli dipendenti ecc.)
•Costo postazione di telelavoro
•Benessere personale
•Miglior clima di lavoro in azienda
•Minor stress lavoro-correlato
•Minori tempi di spostamento (ad es. telelavoro)
•Maggior soddisfazione
•Minor assenteismo
•Capacità aziendale di attrarre e trattenere i talenti
•Minor turnover del personale
Fonte: AFI-IPL 2014
2.
Donne dirigenti come motore della conciliazione: una buona pratica potrebbe essere sicuramente aumentare la presenza delle donne stesse ai vertici aziendali, in quanto, favorendo la presenza femminile in questo settore, si favorisce anche la sensibilità verso tematiche di conciliazione, e quindi l’introduzione delle stesse. La scarsa presenza di donne nelle aziende, seguita dalle resistenze culturali all’accesso a certi posti e mansioni, l’uso irrisorio di una serie di misure, come i congedi, vissuti ancora appannaggio delle sole donne, sono i
principali nodi emergenti.
3.
Più sindacaliste nella contrattazione: anche all’interno delle organizzazioni sindacali è molto contenuta
la rappresentanza femminile, sia nei livelli di alta responsabilità che in fase di negoziazione, e ciò ha sicuramente un riflesso nell’ottica
Figura 5: La contrattazione di secondo livello in ottica di genere
di genere con cui si instaura
una piattaforma contrattuale.
La Confederazione europea dei sindacati invita a dare più valore al lavoro
delle donne, dandogli il giusto peso.
Le sindacaliste dovrebbero potersi occupare non solo di patronati, congedi
parentali e asili aziendali, ma anche di
contrattazione dei premi di risultato
in ottica di genere (figura 5).
4.
Contrattazione informale e formale possono convivere: I due
piani delle contrattazione (quella informale e quella di secondo livello) non
vanno messi necessariamente in conFonte: AFI-IPL 2014
trapposizione, possono convivere tranquillamente. Si
tratterrebbe di introdurre un mix tra regole contrattate, molte
buone misure introdotte nelle organizzazioni con percorsi e prassi informali ed anche un rapporto lavorativo di
stretto contatto tra imprenditori/managers e dipendenti.
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Figura 6: L’ecosistema della conciliazione in azienda
Fonte: AFI-IPL 2014
5. Nuovo slancio verso la responsabilità
sociale
d’impresa: L’attuale e perdurante crisi
economica ha spostato l’attenzione
della contrattazione decentrata,
laddove esistente, su questioni
prettamente economiche e sugli
orari di lavoro. Per dare uno slancio nuovo alla contrattazione di secondo livello imprese e sindacati
devono iniziare un percorso, che
parte dall’osservazione dell’esistente, nonché dalle esigenze
espresse da lavoratori/trici e dalla
direzione aziendale, sviluppare in
modo personalizzato e possibilmente creativo iniziative di pari
opportunità e di conciliazione famiglia-lavoro. Tali misure vanno
radicate alla realtà economicoterritoriale-sociale dell’impresa. Il
dialogo, inoltre, con il contesto e le
reti locali, può rivelarsi determinante e dare vita a quello che viene
definito l’ ”ecosistema della conciliazione”.
Così facendo la contrattazione integrativa in ottica di genere diventerebbe sicuramente stimolo e metodo per avviare un processo di innovazione dell’organizzazione aziendale e del rapporto tra impresa e territorio. Modelli organizzativi concilianti risultano strettamente legati al benessere sociale dei dipendenti e alla competitività dell’azienda,
ma anche un tassello importante ed imprescindibile della responsabilità sociale dell’impresa.
Per approfondire:
Vogliotti S. (2014): La conciliazione famiglia - lavoro in Alto Adige tra buone pratiche aziendali e nuove politiche di
genere, Rapporto di ricerca nell’ambito del Progetto FSE 2/10/2013 – "Carta di valori per una migliore organizzazione del lavoro: analisi e definizione in ottica di genere", Bolzano, stampa in proprio.
Per scaricare tutti gli altri materiali del progetto FSE “Carta dei valori: per una migliore organizzazione del lavoro:
analisi e definizione in ottica di genere”: http://www.donne-lavoro.bz.it/287d8857.html
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