luglio 2014 - Flash Magazine

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Transcript luglio 2014 - Flash Magazine

Simone Morano Photographer
Spedizione in Abbonamento postale gruppo III/70 • € 2,00 • COPIA OMAGGIO
LUGLIO 2014 • ANNO XXV
IL MENSILE DELLA NUOVA CIOCIARIA
Flash Magazine
communications
ARTE CULTURA POLITICA ATTUALITÀ SPORT SPETTACOLO
DOPO IL FLOP
DEI MONDIALI...
CI RIMANE
SEMPRE LA
BELLEZZA!
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LUGLIO 2014
Sommario
EDITORIALE
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INTERVISTA A DOMENICO POLSELLI
8/9
FLASH MAGAZINE COMMUNICATIONS
PRESIDENTE ONORARIO
Angelo Mauro D’Angelo
DIRETTORE RESPONSABILE
Nicandro D’Angelo
INTERVISTA AD ANGELO PIZZUTELLI
11
CAPOREDATTORE CENTRALE
Massimo Sergio
GARANTE DEL LETTORE
Angelo Mauro D’Angelo
ARCHIVIO FOTOGRAFICO
Promograph Communication sas
PROGETTO GRAFICO
Promograph Frosinone
STAGIONE TEATRALE
25-26-27
finito di stampare
il 04/07/2014
FROSINONE- BANCA POPOLARE DEL CASSINATE
EDITRICE
Promograph Communication sas
30-31-32-33
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morano, roberto marini, lucio lucchetti, bianca santoro, ilaria antonucci, luigi bracaglia morante,
leonardo manzari, silvano ciocia, giovanni grande, elda altobelli, gabriele maniccia, grey estela
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editoriale
DALLA FINESTRA DEL CAMPANILE
Nicandro D’Angelo
La bellezza dell’Italia è ….
I
l titolo della nostra copertina “Dopo il flop dei mondiali… ci rimane sempre la
bellezza!” (ci riferiamo non
solo alla bellezza femminile ma
anche alla bellezza di questa
nostra “Italia”) vuole rappresentare il nostro Paese con due
volti. Le dichiarazioni di Balotelli devono far riflettere: “I
negri non mi avrebbero scaricato in questo modo” e ancora “Gli italiani sono anni luce
avanti. Ho scelto questo paese, ho dato tutto: vergognoso
parlare di italiani veri”. Bene! Basta mio caro Balotelli a
darci lezioni, non ci fai paura con le tue urla o il tuo travestirti da Black Power, una squadra, sappi, è sempre vicina ai suoi uomini specialmente quando uno sbaglia, ma
se ti isoli o ti tappi le orecchie con le cuffie, ti allontani,
ti siedi da solo, ti isoli, mio caro sei destinato all’autismo.
Questo “grande” del calcio esce sconfitto e spento. Il
Milan lo sta mollando, nemmeno più l’Arsenal lo vuole;
forse finirà al Monaco o a Parigi, vedremo. Possiamo dire,
a sua difesa, che i cori infami nei suoi confronti sono stati
infelici e da condannare. Queste provocazioni, vere e sciagurate, ricevute nei nostri stadi e quelle che si è auto inflitte, lo hanno condannato a restare in una caverna chiusa,
dove ha posto la sua dimora; invece di uscire fuori e condividere la bellezza della vita. Comunque è tornato in Italia, è sceso dall’aereo ed esce di scena. Torna a casa più
solo, più nudo! Forse, e chiudo, se balli meravigliosamente bene da solo, come un lupo dell’Abruzzo Marsicano, sei un grande; se ruzzoli sempre: sei un caso clinico
e patologico! E poi vuoi sapere che le troppe lodi, che i fanatici del calcio ti hanno accreditato, non sono proprio
quelle di un grande campione, come hanno voluto rappresentare. Mario Balotelli ha segnato 14 gol (3 rigori) in
campionato. Gli altri all’estero hanno fatto meglio di lui:
31 gol Suarez in Inghilterra; 31 Cristiano Ronaldo (6 rigori) in Spagna; 26 Ibrahimovic (5 rigori) in Francia; 20
Lewandoski (4 rigori) in Germania.
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anni d’informazione
Comunque la disfatta dell’Italia
e il fallimento della Nazionale
ci è costata 5 milioni.
La squadra ha alloggiato nel Portobello Safari Resort di
Magaratiba, struttura a cinque stelle con camere da 350
euro al giorno (90 singole sono per azzurri e staff, con Tv
al plasma e playstation; le altre 62, messe a disposizione
della FIFA). Vorremmo precisare che al contribuente italiano la fallimentare esperienza brasiliana della nazionale
non è costata un centesimo, i 4,7 milioni di euro spesi
dalla Federcalcio appartengono al premio di partecipazione erogato dalla FIFA di circa 7 milioni.
E’ dunque incredibile, nell’Italia degli sprechi, e questo
fa senso, saremmo in attivo di 2,3 milioni! Ma certamente
questo non autorizza a spendere soldi con tanta facilità.
Potevamo benissimo risparmiare, come hanno fatto tante
nazionali straniere, e magari destinare più fondi ad altri
progetti come lo sviluppo del settore giovanile.
Caso Luis Suarez
Intanto registriamo la condanna a quattro mesi e l’espulsione in ogni attività calcistica, e la diffida a stare lontano
dai campi di gioco, inflitta a Suarez (detto il cannibale)
che ha azzannato Chiellini durante la partita contro l’Uruguay. Questa condanna è anche mite, in quanto Luis Suarez è recidivo avendo per ben due volte morso due
giocatori durante altre partite di calcio.
Conosciamo tutti l’assunto di Lakoff: dì a qualcuno di non
pensare all’elefante e immediatamente nella sua testa si
materializzerà l’immagine di un pachiderma.
Razzismo
culturale
Ciro Esposito muore per “la
follia ultras”,o meglio per il
razzismo: perché è napoletano. Secondo noi bisogna debellare questo cancro che
infetta sempre più gli stadi,
disseminando anche morte e
terrore.
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Intervista
Intervista a Domenico Polselli,
Presidente della Banca
Popolare del Frusinate
Nicandro D’Angelo
residente, quali obiettivi si è prefissati da raggiungere a breve o a lungo termine? Pur essendo la
BPF un Istituto bancario solido vorrebbe apportarvi delle particolari modifiche o ampliamenti?
P
Durante il suo cammino, la nostra Banca ha sempre saputo
rinnovarsi; la profonda conoscenza del territorio, la capacità
di intercettare, orientare e favorire le dinamiche positive della
comunità, la particolare vocazione nel dare risposte rapide ed
esaustive, offrendo soluzioni efficaci e concrete a famiglie,
imprese e professionisti permetteranno alla Banca Popolare
del Frusinate di continuare a crescere ed affermarsi.
Noi siamo una banca che crede negli uomini del proprio territorio e siamo sempre pronti nel sostenere iniziative che
siano in grado di sviluppare l'imprenditoria e di
conseguenza l'occupazione.
I principali obiettivi nel breve e medio periodo sono:
- espansione territoriale, con il rafforzamento della posizione
acquisita a Roma e l’apertura di nuove filiali per una maggiore copertura nel nostro territorio;
- miglioramento organizzativo, con l’inserimento di nuove figure giovani e figure professionali esperte da inserire in
nuovi ruoli strategici della banca;
- consolidamento del sistema di controllo, per renderlo più efficiente, ma principalmente per renderlo più adatto ai momenti ed alle evoluzioni informatiche che viviamo, un sistema in linea anche con le normative di sicurezza imposte
dalla Banca d’Italia.
Siamo convinti che i nostri obiettivi si otterranno operando da
piccola banca locale che crede e sostiene il proprio
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territorio, garantendo nel contempo, grazie ad una gestione
contraddistinta da prudenza e determinazione, oculatezza e
senso di responsabilità.
Esiste oggi, nel mondo globalizzato in cui viviamo, un
modello tipo di Banca che sia competitiva rispetto ad
altre, se non addirittura vincente?
La globalizzazione porta dei risvolti complessi su tanti ambiti
ma sicuramente ed in maniera decisa su quello della concorrenza. Apertura delle frontiere, libera circolazione dei capitali,
delle imprese, delle idee. Il mercato è diventando un playing
field sul quale tutti possono intervenire. Le piccole banche
hanno rivisto la loro strategia affidandosi al territorio, mentre
le grandi banche hanno avuto uno spostamento approfittando
delle opportunità date dalla globalizzazione, ma sottovalutandone i rischi, spostandosi da un’economia reale ad un’economia finanziaria. Per avere successo una banca popolare deve
avere alcune caratteristiche peculiari: presenza capillare sul
territorio, attenzione a comprendere le esigenze della clientela,
prudenza nell’assunzione dei rischi e costo delle sofferenze.
In ultimo un livello di capitalizzazione elevato. Le popolari
l’hanno capito benissimo e l’hanno applicato e per questo motivo godono di migliore salute rispetto ai grandi gruppi bancari. Essere “banca del territorio e delle sue persone” significa
senza dubbio rimanere fedeli alla propria mission che nasce
da un patto di lungo periodo con le comunità servite. All’interno di questi istituti, infatti, l’identità che spesso viene a
coincidere tra le figure di socio, dipendente, cliente, o fornitore rappresenta uno dei fattori che permette alla Banca Popolare di essere partecipe dei destini dell’economia del territorio. Il legame con il territorio si esprime anche nel modo di
relazionarsi con gli altri soggetti (cittadini, autorità, istituzioni)
e nella scelta degli ambiti in cui intervenire (sociale, sport, cultura), tenendo conto che la filosofia di base è presente nella
propria ragione sociale; infatti, la parola "popolare", esige che
il segno dei suoi interventi sia improntato al "poco a molti",
piuttosto che il "molto a pochi".
La crisi attanaglia ancora la nostra Provincia. Spesso le
imprese sono collassate e hanno bisogno dell’ossigeno da
parte della Banche per superare questo momento contingente. In quale maniera e con quali incentivi pensa che la
BPF possa aiutare le imprese locali e le famiglie del nostro
territorio?
L'economia frusinate vive un momento molto particolare, i
grandi insediamenti industriali sviluppatisi negli anni 60-70
stanno delocalizzando e i mercati delle costruzioni e dei trasporti, motori della nostra economia, sono in forte recessione.
C'è la necessità di adottare una strategia di intervento unitaria
e condivisa, anche al fine di governare le esigenze di necessaria riconversione industriale del territorio e per non disperdere le potenzialità umane, sociali ed imprenditoriali, importanti ed essenziali per il rilancio dell’economia.
Essere vicino al proprio territorio significa anche impiegare
la raccolta dei propri clienti al sostegno delle imprese che
creano ricchezza e lavoro. Progetto Crescita è la nostra risposta, saranno un insieme di prodotti - conto deposito ed obbligazioni - con cui la Banca si impegnerà a raddoppiare l’importo raccolto, esclusivamente, per il sostegno delle famiglie
e delle imprese del nostro territorio. Ogni euro raccolto sarà
raddoppiato e impiegato esclusivamente al sostegno dell'economia e per dare l'opportunità ai nostri giovani di costruire un
futuro migliore.
La Banca Popolare del Frusinate è particolarmente attiva in
tutto il campo delle attività filantropiche, con un’elevata diffusione di interventi su tutto il territorio. Le modalità attraverso le quali si rafforza il rapporto tra banca e cultura si articolano su due filoni principali: mecenatismo e
sponsorizzazioni di eventi musicali, culturali e sportivi, impegnando ogni anno il 5% degli utili.
Il presidente di Confindustria, Squinzi, ieri ha detto che
stiamo uscendo dalla crisi, anche se con lentezza. Lei che
ha il polso dell’economia bancaria e industriale. Ne conviene?
Io sono convinto che abbiamo intrapreso la giusta strada per
uscire, dopo tutti questi anni di crisi. Anche se i segnali sono
molto deboli, in questi ultimi mesi denoto un nuovo spirito di
riscatto, caratteristico del nostro popolo. Un orgoglio che unito
alla nostra capacità di “sapere fare” cose uniche ci permetterà
di uscire dalla crisi e intraprendere un nuovo cammino di sviluppo economico.
La politica adottata dalla Banca, che Lei oggi viene a rappresentare, ha in sé un patrimonio di uomini di un certo
spessore professionale e umano. Come vengono a relazionarsi con la clientela?
Durante il suo cammino, la nostra banca ha sempre saputo rinnovarsi, cogliere e dare impulso alle esigenze dei propri soci
e clienti. Al centro della nostra attività c'è la persona. La
nostra attenzione quindi è sempre rivolta alla relazione con il
socio, con il cliente, alla qualità e alla personalizzazione del
servizio offerto. L'obiettivo delle nuove aperture è esportare
il nostro modello di Banca: costante attenzione al Cliente e al
suo nucleo familiare, sviluppando una relazione di fiducia solida e di lungo periodo.
Le Banche non sempre adottano una politica “Culturale”,
tra virgolette, per far crescere il territorio. Spesso guardano solo al Bilancio e agli utili di dividendo. Quali iniziative lodevoli pone in essere la Banca Popolare del Frusinate?
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anni d’informazione
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FORUM
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Forum cafè frosinone
PAGAMENTO BOLLETTINI
RICARICHE SIM
Politica
Quando l’ideologia laico-socialista viene meno
per l’arrembaggio del leader che pensa solo alle
“Vacche grasse” e agli interessi personali,
allora è giusto cambiare casacca.
Angelo Pizzutelli è passato nel PD
tradito dai suoi compagni di partito
Nicandro D’Angelo
U
na lunga militanza in politica, un professionista serio di alto spessore, un uomo impegnato nel sociale, avverso alle
polemiche sterili ed incline al dibattito costruttivo e propositivo. I fatti, più che le sue parole, hanno caratterizzato
sempre il suo impegno politico. Oggi sbatte la porta in faccia al vecchio e stanco Psi e continua con le sue idee a
portare avanti un progetto per cambiare questa città che si trova ad avere lacci e lacciuoli da alcuni soggetti politici.
l’intervista
Dottor Pizzutelli, allora come si trova nel gruppo consiliare del Pd?
“A casa, nel rispetto delle regole. Il passaggio è stato necessario e deciso, dopo che alcune incomprensioni, a mio parere,
insuperabili avrebbero condizionato la continuità del mio impegno politico ed amministrativo all’interno del Psi”.
Non rimpiange niente del trascorso?
“Certo che sì! Ho militato da sempre nel Psi ed è scontato
che la decisione mi sia pesata, però guardo avanti con rinnovato ottimismo ed entusiasmo, principi molto cari al premier
Matteo Renzi”.
Lei è all’opposizione, come vede questa maggioranza in
seno al Consiglio comunale?
“Il gruppo di maggioranza è eterogeneo e inaffidabile. Basti
pensare che su 21 Consiglieri del così detto Centrodestra, ma
di questo partito non c’è niente, si sono formati 8 gruppi consiliari. Ancor più il “ricatto” di alcuni esponenti è palese e
vanno solo alla ricerca di poltrone”.
A chi si riferisce?
“Direttore lei è un attento giornalista e sa benissimo come
stanno le cose. Ha potuto vedere la costituzione del gruppo
“Frosinone nel cuore” insieme a tanti altri piccoli gruppi per
rendersi conto dove vogliono parare”.
Ma il loro Capogruppo ha detto in Consiglio, l’altro
giorno, che vogliono blindare la poltrona del Sindaco e di
stargli vicino. Ho capito male?
“Veda, questi proclami che sanno di mussoliniana memoria
lasciano il tempo che trovano. Staremo a vedere”.
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anni d’informazione
Come vede questa città da quando è governata dal centro
destra e dal sindaco Ottaviani?
“Una città sull’orlo del baratro. Una città invivibile con una
frana che divide la città in due tronconi e che ha portato al
collasso e alla chiusura di decine di attività nel centro storico
e, di conseguenza, una crescente disoccupazione. Vedi la
Multiservizi”.
Ma i numeri sono numeri. Il Bilancio che ha ereditato Ottaviani portava il Comune al default. Cinquanta milioni
non sono pochi da recuperare; e poi la Corte dei Conti ha
pesato?
“Come ha ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti dopo tutte
quelle sceneggiate, il cui prestito ricadrà sui cittadini, poteva
con saggezza intervenire subito e tutti quei proclami di “fallimento” e “commissariamento” potevano essere evitati e non
allarmare i cittadini, afflitti già da mancanza di lavoro e di
reddito”.
E sulla qualità della vita?
“Zero! Frosinone è una città che soffre in tutti i settori dal sociale all’edilizia, dal commercio all’artigianato; nella Sanità,
in sostanza in tutti i settori della vita lavorativa”.
Si sta parlando tanto della sua Associazione “Frusna bene
comune”. Quale attività svolge?
“Lo scorso marzo abbiamo presentato alla stampa, alla presenza di illustri ospiti e di centinaia di cittadini, la nascita dell’Associazione; nata dalla volontà di amici, ex amministratori
comunali, professionisti, gente comune la quale si è posta
l’obiettivo di creare un percorso di identità culturale della nostra città”.
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L’arte allo specchio
Il Calore del Colore
di Grey Est
I suoi quadri nella Sala
San Benedetto della Banca
Popolare del Cassinate
Presenta la mostra
il critico d’arte Dr. Giorgio Grasso
Nicandro D’Angelo
“O
ggi per la prima volta, guardando con
ammirazione le tele di Grey Est, non
posso che affermare che esse rappresentano una vivacità di colori che vengono fuori da
un’anima peregrina dell’artista. Parlare di Grey Est è
parlare di armonia, equilibrio e gioia. “The Great
Mother” lavoro realizzato dall’ artista nel 2012, come
simbolo mondiale della Pace. In questo lavoro la Grey
guarda il mondo attraverso il velo della sofferenza,
materializza la pace così: con le sembianze di una
donna incinta di un bambino, di nome “Pax” questo
bambino è immerso nel suo liquido amniotico, che
rappresentano gli oceani, da cui dipende la vita dell’uomo stesso. È una delle opera dell’artista con più
pathos in assoluto, e che considero merita di essere
vista. la paura di questa madre (terra) di perdere il figlio (pax-Pace). L’insieme è un’opera di alto valore
dove la Grey dà alla figura della “Grande Madre”
(Terra) una magnificenza ed una luminosità che si irradia fino all’infinito. In questo lavoro l’artista imprime una tale forza espressiva e di comunicazione
che esce dagli schemi e si impone in tutta la sua energia. La Grey scarica in quest’opera un fiume in piena
di angoscia, e dolore per l’interminabile tema della
pace nel mondo, penetra con tutto il suo potere espressivo sulla tela. Quello che entra in gioco, secondo me,
in questo tsunami che investe, il supporto pittorico non
è altro che il contenuto interiore dell’artista, fatto di
osservazione e sentimento. Qui ha un nuovo modo di
rappresentare la luce, un inedito rapporto tra la visione
reale delle forme e del sentimento. Vedrete la luce in
tutti si suoi quadri, che viene creata con accostamenti
di colore, preparate sulla tavolozza e mai sfumate sulla
tela, ma da diversi attimi che la natura assume nei momenti che lei dipinge”. Questo in sintesi il pensiero di
un o dei più grandi critici d’arte.
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The Great Mother - tecnica mista su tela, cm 80X100
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anni d’informazione
Lo specchio dell’arte
Durante la presentazione il nostro Direttore ha rivolto
alcune domande al Dr. Grasso.
Dottor Grasso, lei come critico che presenta decine
di artisti all’anno in tutta Italia come definirebbe
l’arte di Grey Est?
“L’arte di Grey Est è un’ genere nuovo, fatto di tecnica
e sentimento, un genere che fino a oggi non avevo
visto, soprattutto nella rappresentazione della natura,
con quel senso verticale fatto di trasparenze e atmosfere che si sovrappongono dando ritmo al quadro e
costringendo lo spettatore a guardare ogni centimetro
dell’opera, perché in ciascuno di essi vive il dialogo.
Sono lieto di presentarla oggi, anche se ormai sono diversi anni che realizza mostre in tutta Italia”.
Durante il viaggio, che abbiamo fatto insieme da Frosinone per Cassino, lei mi ha
parlato di un suo progetto: “L’arte uccide
il Razzismo”, che vede coinvolta la pittrice
Grey Est, ci può dare lume?
“Certamente! “L’arte uccide il razzismo” fa
parte di un filone che ho ideato, e affronta il
mal costume, e la cattiva condotta sociale.
Così, e nato anche “L’arte Uccide La Mafia”,
tema che mi sta a cuore essendo io di origine
siciliana. Quando qualche mese fa conobbi
Grey Est, la sua arte, la sua persona, e il suo
impegno sociale, non ho potuto che vedere
in lei la figura adatta, che coniugava l’immigrante che qui ha trovato casa, e che nel suo
caso ha realizzato un sogno: la pittura. Arte,
carisma e umiltà sono dalla sua parte, quindi,
chi meglio di lei, può essere l’emblema di
questo progetto?”
La nascita di Venere
tecnica mista su tela - cm 80x120
L’Italia è pronta ad affrontare l’immigrazione?
La riluttanza dell’Italia di affrontare il fatto di
essere diventata un Paese di immigrazione,
con una società sempre più varia e multiculturale ci impone, al di là delle leggi, a fronteggiare il fenomeno del razzismo con delle
idee che, attraverso l’arte, devono portare la
libertà di espressione e sostenere i valori fondamentali di uguaglianza e non discriminazione. Questo si può ottenere attraverso
l’arte, la quale insegna che gli uomini, a prescindere dal colore della pelle, hanno ciascuno delle caratteristiche che rendono ogni
individuo solista di una musica universale, e
come tale unico”.
Quien est - tecnica mista su tela - cm 70x50
Saluto il Dr. Giorgio Grasso per la sua disponibilità e l’intervista.
L’artista Grey Est accanto alla sua opera Decisione definitiva
25
anni d’informazione
13
Giada Rosone
simone morano photographer
miss Flash di Luglio
L’Opinione
di Massimo Sergio
DELLA CODA DI … PAGLIA
E … ALTRO ANCORA
“Quando debbo parlare in pubblico,
dapprima spiego quello che sto per dire,
poi lo dico e infine spiego quello
che ho detto”.
Hilaire Belloc (1870/1953)
P
er potermi seguire nel percorso intrapreso,
dovrete tener conto anche e soprattutto dell’articolo del mese scorso, che ha avuta una
discreta eco fra i miei lettori ma anche da parte
delle autorità ecclesiastiche, che si sono lamentate
della mia “acredine” ed avrebbero gradito un maggior controllo su quanto riferito. Avrebbero avuto il
diritto di replica ma essa è rimasta lettera morta, almeno sino al momento in cui scrivo queste note.
Debbo dire, ad onor del vero, che il fatto si è ripetuto
per il trigesimo in suffragio di Floriana Curti, sotto
altra forma e deplorevole consuetudine. Quella volta
io non sono stato presente, però mi si è riferito l‘accaduto per filo e per segno da persone attendibili e
con pieno discernimento. Sabato 24 maggio c.a.,
nella medesima chiesa di S. Gerardo, stavolta alle
18.30, è avvenuto qualcosa che sa di assurdo. Con una sola ed
unica cerimonia, si è riusciti a mettere assieme un battesimo,
nozze d’argento di due persone e tre trigesimi. Ed allora si è
passati dalla gioia per l’aspersione di acqua santa sul capo di un
innocente, all’allegrìa di un caloroso applauso per i 25 anni dal matrimonio, alle lacrime o alla compunzione dei parenti e degli
amici per i tre trigesimi celebrati. E’ stato un po’, parlando con terminologìa teatrale, come passare dalla commedia alla pochade o
al vaudeville ed infine al dramma, alla tragedia. Sembrava più che
altro di essere stati invitati ad un’accesa assemblea condominiale.
O meglio di essere andati ad un ipermercato, ove c’era l’offerta di
una a tre, cioè ne paghi una te ne danno tre di cose da portare a
casa. In questo caso ne paghi cinque in cambio di una celebrazione
unica! C’è convenienza, non credo?! Ma tutto questo, non sa un
po’ di simonìa? Così riporta l’Enciclopedìa italiana Treccani: “Simonìa, da Simon Mago, è la compera o la vendita o la permuta
di beni spirituali, quali le indulgenze, con un valore materiale, con
l’intenzione determinata, in una almeno delle parti contraenti, che
il prezzo materiale attribuisce un vero diritto sul bene spirituale,
come se tra loro corresse una quasi-parità di valore”. Ma vi diranno così e cosà, e si giustificheranno che la vocazione non è più
così sentita, per cui v’è una carenza abissale di diaconi e suddiaconi ed altro ancora. Io resterò pecora smarrita, anzi nera (come
potete anche constatare dall’istantanea fattami in un locale dell’allegra Barcellona) e continuerò a disertare il tempio, anche perché,
come mi ha sempre suggerito l’amico Rodolfo, assistere alla celebrazione in chiesa mi viene noia, essendo ripetitiva. Impenitente
pecorella fuori dal gregge non mi rimane che pregare il mio Dio
in perfetta e raccolta solitudine, come facevano gli antichi eremiti.
Oggi si è abituati al frastuono, al caos, alla baraonda, al baccano,
16
ne è una dimostrazione lo scampanìo incessante per una buona
mezz’ora delle chiese frusinati nel giorno dei santi Patroni. Penso
proprio che Dio non abbia bisogno di tanto rumore per farsi
sentire ed ascoltare… Alcuni lettori, al riguardo dell’articolo del
mese scorso, mi hanno anche chiesto il perché della scelta da parte
mia di riportare un brano dal Galateo di monsignor
Della Casa. Ora mi spiego meglio e vi dico che il titolo – che è un latinizzare il nome di Galeazzo Florimonte che suggerì al Della Casa il lavoro – ormai è
un nome comune che vuol significare il complesso
delle norme di buona creanza. E come un uomo non
si può offenderlo peggio, per la sua intelligenza, che
chiamandolo sgrammaticato, così non v’è insulto più
grave per un gentiluomo che l’affermare la sua ignoranza del galateo: in altri tempi, una simile affermazione bastava per veder volare un guanto di sfida e
l’incrociarsi di due spade in leale duello. Come sia
nato effettivamente tale libro non possiamo sapere con
precisione: ma se potessimo affacciare una ipotesi, diremmo che il Galateo è una vendetta ed uno sfogo
dell’Autore. Il Della Casa, che inglobava in sé la raffinatezza del cavaliere e la compostezza del diplomatico ecclesiastico, dovette più volte ricevere colpi e
scossoni che ne offendevano la delicata sensibilità. Ricevere e tacere, pur fremendo nel suo intimo: egli che, iperacustico come di
solito sono gli uomini di tavolino, vi dedicò un intero carme De
perpetuo et irrequieto aeris campani sonitu (seguìto in ciò dal Pascoli che mandò una nervosa lettera ai compaesani di Barga
perché non ce la faceva più a sentire lo scampanìo continuo della
chiesa del Borgo), nella quiete di Nervesa, in provincia di Treviso,
nell’abbazia di sant’Eustachio, vide sfilare davanti agli occhi
della mente chissà quanti che di nobile avevano ben poco: e ricordò sgarbi ed atti sgradevoli, risentì conversatori tediosi e discorsi sconci, affettati, insulsi ed al posto d’una satira degna di
Giovenale gli uscì dalla penna un libro dall’apparenza mite, lieve
e pacato, ma che pur dovette saper di forte acredine a più d’uno
che vi scopriva il proprio ritratto. Lieve e pacato, come tutte le
scritture in cui predomina non la collera ma l’ironìa. Come ha lasciato scritto Dino Provenzal:”C’è nel tono del discorso, qualcosa
che ci ricorda l’Anonimo manzoniano. In senso opposto, però: chè
l’Anonimo è troppo dotto, pomposo e fastoso; invece il finto dissertatore del Galateo è illetterato ed ingenuo. Ma nell’un caso e
nell’altro il personaggio uscito dalla fantasia di monsignor Della
Casa è il paravento per velare argute osservazioni, sottili pensieri
dell’Autore stesso”. Ed il Galateo, nato per insegnare le belle maniere, talvolta sconfina tanto da diventare un codice di estetica, di
pedagogìa, di morale. D’altronde il gentiluomo perfetto non potrebbe appagarsi d’una cortesìa esteriore; e quest’ultima, chi ben
guardi, è sempre l’ubbidire al più alto ammonimento evangelico:”Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”.
Colui che ascolta il comodo proprio, che non si domanda se il suo
agire abbia arrecato fastidi al prossimo, è insieme una persona indegna di vivere in società ed un cattivo cristiano…
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anni d’informazione
L’Opinione
di Gabriele Sabetta
IL CAPITALISMO MOSTRA
IL SUO VOLTO DISUMANO
L
a Banca Centrale Europea ha tagliato ulteriormente i tassi di interesse – ormai prossimi allo zero – ed ha presentato un pacchetto di prestiti da 400 miliardi di euro per le
banche europee in risposta alla minaccia di deflazione. La mossa è espressione del fatto
che, a quasi sei anni dal crollo della Lehman
Brothers, l’economia mondiale rimane impantanata in una crisi profonda, per la
quale le banche centrali di tutto il
mondo non hanno alcuna soluzione al
di fuori del pompare denaro nelle riserve degli istituti finanziari, mentre ai lavoratori vien detto che
“non ci sono i soldi” per pagare
le pensioni, i programmi sociali
e le prestazioni sanitarie. La
BCE ha annunciato inoltre che
l’inflazione in tutta la zona
euro è scesa a un tasso dello
0,5% in maggio (dallo 0,7 di
aprile) – molto al di sotto il suo
obiettivo statutario del 2% – ed ha
declassato la sua stima per la crescita economica della zona euro quest’anno all’1%, rispetto alla sua previsione dell’1,2 in
marzo.
Percependo le prospettive di un nuovo afflusso di finanziamenti, i mercati azionari europei hanno reagito alla decisione della BCE con un’impennata. Com’è già accaduto a
seguito di tutte le misure introdotte dalle altre banche centrali dopo lo scoppio della crisi, gli ultimi tagli dei tassi di
interesse da parte dell’istituto di Francoforte non fanno
nulla per stimolare la crescita economica “reale”, ma serviranno solo ad alimentare nuove bolle speculative – arricchendo ulteriormente le maggiori banche e i fondi di investimento – mentre i piccoli risparmiatori risulteranno
impoveriti.
Gli esiti delle recenti elezioni europee hanno espresso un
rifiuto massiccio dell’Unione Europea e delle sue politiche.
Ventidue anni dopo il Trattato di Maastricht e dieci anni
dopo l’incorporazione nell’UE di molti Stati ex socialisti
dell’Europa Orientale, la maggior parte delle persone vedono l’Unione per quello che è: lo strumento di potenti interessi capitalistici. In Romania, in Polonia, nella ex Jugoslavia e persino nei territori di quella che fu la Repubblica
Democratica Tedesca (Germania orientale) i cittadini rim-
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anni d’informazione
piangono i regimi con i quali hanno convissuto fino
alla caduta del muro di Berlino.
Da quando la crisi finanziaria è venuta a galla nel
2008, infatti, le istituzioni politiche di Bruxelles
hanno svolto un ruolo centrale nel rimodellare
l’Europa nell’interesse del capitale finanziario. Hanno trasferito miliardi alle banche, hanno saccheggiato lo stato sociale
attraverso drastiche misure di austerità,
hanno fatto in modo che i salari fossero ridotti a livelli cinesi, hanno
spinto verso l’alto lo sfruttamento,
la disoccupazione e la precarizzazione del lavoro.
Mentre le misure di austerità
sono generalmente associate
all’Europa, nei Paesi cosiddetti “in via di sviluppo” –
riferisce un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro – i governi
stanno eliminando o riducendo i
sussidi alimentari e i salari del settore pubblico impongono nuove
tasse, abbattono il sistema pensionistico e sanitario. Il fatto che queste politiche siano imposte
su scala globale dimostra che l’impoverimento della popolazione è inerente al sistema economico stesso e non è imputabile, semplicemente, a questo o a quel leader politico
o partito.
Le esigenze della vita civile sono incompatibili con il capitalismo, un sistema economico obsoleto e fallito, che si
basa sull’accentramento del capitale finanziario e della
proprietà dei mezzi di produzione in pochissime mani,
sulla produzione per il profitto selvaggio e sulla divisione
irrazionale del mondo in Stati-rivali. Lungi dall’elevare le
condizioni economico-sociali delle masse nei Paesi in via
di sviluppo, si assiste ad un livellamento verso il basso, con
gli standard di vita della maggioranza dei Paesi industrializzati che affondano verso quelli dei Paesi ex coloniali.
L’umanità è più produttiva oggi che in qualsiasi altro momento della sua storia, eppure si rivela del tutto incapace
di sradicare la povertà e il bisogno. Questo sarà possibile
solo nel momento in cui le forze realmente produttive
avranno la capacità di liberarsi dall’oppressione a cui – segretamente – gli oligarchi della grande industria multinazionale e del capitale finanziario le hanno condannate.
17
VICE PROCURATORE ONORARIO PRESSO
IL TRIBUNALE DI FROSINONE
OSSERVATORIO GIURISPRUDENZIALE
La sospensione dell’esecuzione della misura di
prevenzione, a seguito dell’esecuzione di misura
cautelare o di sentenza di condanna, decorso il
termine della causa sospensiva, non determina
l’immediata applicazione automatica dell’efficacia della misura di prevenzione
L
a Prima sezione penale della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 26821 dell’8 maggio 2014,
depositata il 20 giugno 2014 (Presidente S. Chieffi, relatore F. Bonito) ha stabilito che, in caso di intervenuta sospensione dell’esecuzione della misura di prevenzione per
l’esecuzione di una misura cautelare personale o di una sentenza di condanna esecutiva, l’efficacia della misura di prevenzione, imposta precedentemente, non si applica
automaticamente al termine del periodo di detenzione. Di fatti
il principio normativo e giurisprudenziale consolidato, secondo il quale il termine di esecuzione della misura di prevenzione ricomincia a decorrere dal giorno in cui è stata
scontata la pena (Cass. Pen., prima sezione penale, sentenza
9 novembre 2007 n. 44998), non può trovare applicazione in
quanto sul punto si è pronunciata la Corte Costituzionale, sentenza n 291 del 2013, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 12 L. n.1423 del 1956 e successive
modifiche intervenute, nella parte in cui non prevede che, a
fine pena, o fine esecuzione misura, l’ufficio giurisdizionale,
18
che ha emesso la misura di prevenzione, debba valutare d’ufficio o su istanza di parte la persistenza e l’attualità della pericolosità sociale del prevenuto. Altresì la Corte
Costituzionale, in applicazione dell’art 27 L. 11 marzo 1953
n. 87, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 D.
Leg.vo n. 159 del 6 settembre 2011 (codice delle leggi antimafia e della misura di prevenzione) con una decisone additiva, cioè che non elimina una norma dello Stato ma l’adegua
ai principi costituzionali, in modo da espandere la sua efficacia interpretativa ed esplicativa. A seguito di tale pronuncia
costituzionale, il quadro normativo di riferimento è evidentemente cambiato “nel senso che, dopo il come innanzi trascorso, la medesima autorità che dispone la misura, deve
valutare la persistente sua attualità”. Oltre a questo principio
regolatore di diritto, la decisione citata della Corte Costituzionale ha indicato delle “regole ermeneutiche” alle quali il giudice della misura di prevenzione deve attenersi: 1) deve
tenere in considerazione la delimitazione del tempo che ha
subito l’esecuzione della misura di prevenzione; 2) deve rivalutare l’attualità dei requisiti richiesti per la misura di prevenzione, in caso di una durata temporale consistente della
sospensione dell’esecuzione della misura di prevenzione; 3)
non deve risultare l’attualità dei requisiti richiesti per la misura di prevenzione, in quanto i periodi di detenzione oggettivamente brevi non sono idonei a maturare valutazioni
sull’opera di risocializzazione carceraria. Sono rimesse, all’apprezzamento del giudice della misura di prevenzione, le
ipotesi che devono essere oggetto di reiterazione della verifica della pericolosità sociale e quelle che possono essere
omesse per brevità del periodo di differimento. Il principio
in diritto esplicato, dalla Prima Sezione penale della Corte di
Cassazione, è il seguente: “In costanza di sottoposto a misura
di prevenzione personale ai sensi ell’art. 3 e 4 L. 27 dicembre
1956 n. 1423, ovvero 4 e segg. D.legs. 6 settembre 2011, n.
159, il quale, successivamente all’adozione della misura, sia
sottoposto a misura cautelare personale o ovvero alla espiazione di pena detentiva per un apprezzabile periodo temporale potenzialmente idoneo ad incidere sullo stato di
pericolosità in precedenza delibata, la misura stessa deve considerarsi sospesa nella sua efficacia fino a quando il giudice
della prevenzione non ne valuti nuovamente l’attualità alla
luce di quanto desumibile in favore del sottoposto della esperienza carceraria patita”. E’ chiaro ed evidente che vi sarà bisogno di una nuova notifica del decreto applicativo della
misura di prevenzione al sottoposto, nel quale sia inserita la
nuova valutazione del giudice sulla rinnovata applicazione
dell’efficacia della misura di pervenzione.
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anni d’informazione
Condominio
MILLESIMALI - RENDICONTO - ANIMALI IN CONDOMINIO
C
ome è noto, la tabella millesimale generale rappresenta la
misura della comproprietà rispetto al godimento delle parti
comuni; ciò vale in relazione alla costituzione dell’assemblea, alla formazione della maggioranza e alla partecipazione delle
spese. Esistono, comunque, altre tabelle, proporzionate all’uso di un
determinato bene comune da parte di ogni condomino allo scopo di
ripartire le spese per il riscaldamento, per le scale, l’ascensore, nonché per tutte le altre parti destinate a servizio. L’art.
1124 del codice civile stabilisce – in ordine alla tabella
millesimale scale – che la spesa è ripartita per metà in
ragione del valore dei singoli piani o porzioni di esso
e per metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun immobile dal suolo. Pertanto i criteri adottati risultano pienamente oggettivi e riguardano (come
detto) l’altezza del piano dal suolo e il valore millesimale di ciascun appartamento (nel cui calcolo rientra
anche il box, la cantina e il sottotetto di proprietà). Per
la redazione di dette tabelle è consigliabile avvalersi di un tecnico
specializzato (architetto o ingegnere), il quale sarà tenuto a visionare tutto il complesso immobiliare, con rilievi e relative misurazioni interne delle unità immobiliari; dovrà, quindi, essere effettuata
tutta una serie di operazioni matematiche abbastanza complicate
che devono tener conto della consistenza reale dell’alloggio, con
l’applicazione di una serie di coefficienti al fine di determinare il
rapporto intercorrente tra ogni singola porzione esclusiva e l’edificio. Anche l’amministratore potrà predisporre il relativo elaborato,
ove sia in possesso delle citate caratteristiche, altrimenti occorrerà
una consulenza qualificata; in caso di accordo tra i condomini, l’incarico potrà essere affidato a chiunque. Comunque le tabelle non
entreranno in vigore se non sono approvate all’unanimità.
*********************
L’art. 1130 del codice civile, all’ultimo comma, prevede che l’amministratore “alla fine di ciascun anno, deve rendere conto della
certficato A.N.AMM.I. n. L160
DR. LUCA CELANI
Associazione
Nazional-europea
AMMinistratori
d’Immobili
sua gestione”; il precedente art. 1129 precisa che lo stesso può essere revocato dall’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino, “oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131
se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se
vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità”.
*********************
Il nuovo testo dell’art. 1138 del codice civile, cosi come modificato dalla riforma,
entrata in vigore il 18 giugno 2013, prevede espressamente che il regolamento
non può vietare di possedere o detenere
animali domestici in casa o, comunque,
nel condominio. Va precisato, però, che
la novellata disposizione ha efficacia solo
per il futuro, non essendo possibile la retroattività della legge; quindi, per i regolamenti esistenti anteriormente all’entrata in vigore della citata norma nulla cambia. Peraltro,
essa non è una disposizione inderogabile, con la conseguenza che
il divieto di possesso potrà continuare a esistere anche per il futuro
in un regolamento di natura contrattuale: la relativa clausola dovrà
però essere trascritta nei pubblici registri immobiliari, in modo da
essere opponibile ai nuovi acquirenti. Invero – preso atto che il divieto di detenere animali menoma il diritto del condomino di disporre liberamente della proprietà – deve essere ritenuta nulla la
clausola di un regolamento che preveda il divieto non approvata
con il consenso unanime di tutti i condomini, accettato o sottoscritto
al momento dell’acquisto della proprietà. Tuttavia, l’assemblea può
in ogni caso stabilire regole afferenti l’uso degli spazi e servizi comuni e, in generale, il comportamento da tenere all’interno dell’edificio; ad esempio, l’animale non potrà circolare liberamente negli
spazi comuni, né produrre rumori e/o odori eccessivi; dovrà essere
custodito con le dovute cautele o (nel caso) essere affidato ad una
persona esperta.
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anni d’informazione
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Crimine
LA RICERCA PSICOLOGICA APPLICATA
ALLA CRIMINOLOGIA
PARTE SECONDA
C
iò che è peculiare di questa prima fase della ricerca
psicologica applicata alla criminologia è comunque che il criminale, seppure non poteva venir più
considerato il delinquente nato della concezione lombrosiana, era in ogni caso un prodotto inferiore della società
dalla quale proveniva sì che la conseguenza più ovvia era
quella di ritenere che la stessa criminalità fosse l‘inevitabile appannaggio di tale inferiorità. Solo con il passare
del tempo, quando si ampliarono le prove che dovevano
intervenire nell’indagine psicologica, quando cioè si decise che non una o due prove potevano essere determinanti per il giudizio psicologico, ma che lo erano solo le
convergenze effettuate tutte ai fini della stessa indagine,
allora, con l’introduzione delle tecniche di controllo, la
criminologia potè essere illuminata riguardo ai poteri intellettivi specifici dei suoi soggetti e la conclusione fu che
questi ultimi non differivano dalle persone normali e libere. Non vi differivano non solo perchè prima della commissione dei reati avevano appartenuto a quello stesso
gruppo ma perchè derivavano dalle stesse classi sociali, si
compartecipavano gli identici problemi, avevano avuto lo
stesso genere di informazioni, erano stati legati dagli
stessi principi e dalle identiche concezioni di costumi e di
tradizioni. Se differenze vi erano queste riguardavano, per
la epoca che esaminiamo (e che è sempre quella del primo
25
anni d’informazione
e del secondo decennio di questo secolo), le differenze etniche fra popolazioni del Nord e del Sud d’Italia e fra popolazioni delle isole rispetto a quelle del continente. Ma
le differenze non erano di “livello intellettuale” sibbene di
“tipo delle conoscenze” che risultavano più d’ordine tecnico nelle località a struttura industriale, più d’ordine a
agricolo nelle regioni a predominante attività contadina e
pastorale. Va però aggiunto che il contributo che la psicologia dette alla criminologia non si arrestò qui perchè
quando lo studio delle motivazioni divenne uno dei capitoli della psicologia sperimentale mondiale, esso ebbe la
sua palestra di ricerca nelle carceri dove le indagini sulle
motivazioni criminali divennero l‘argomento di interesse
centrale.” Spinte, appetiti, desideri, aspettative, propositi
ambiziosi, principi di valore e supporti di valori furono i
temi della psicologia ad orientamento criminologico degli
anni trenta in seguito e se, sotto questo profilo, si esaminano le riviste scientifiche dell’epoca si può convenire intorno al ragguardevole passo in avanti che si venne
compiendo. Ma con lo studio delle motivazioni presero
corpo anche le indagini sui caratteri e sulle personalità
criminali, indagini non solo secondo il criterio di valutazione dei tratti prevalenti e dei tratti accessori ma ancora
con le opportune integrazioni d’ambiente e di storia della
personalità.
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Geologia
Mario Catullo
FRANE
NELLA CITTA’
di FROSINONE
Capitolo secondo
Settima ed ultima parte
CASUS HISTORIAE
al momento che è interessante mostrare l’estrema
sensibilità della strumentazione inclinometrica,
vorrei evidenziare un caso emblematico al riguardo.
Nella zona della ex Banca d’Italia e palazzo Bergamini-Cesari, poco a valle della prima, esistono due tubi inclinometrici molto profondi (circa 50 metri) che non risultano dalle
mappe dell’Italtekna, in quanto furono installati molto in
ritardo rispetto a tutti gli altri, nel corso dei lavori di risanamento intrapresi. Il loro posizionamento avvenne nel settembre del 1989, in un momento di estrema emergenza.
Una notte, gli abitanti del quartiere, avvertendo rumori cupi
e sinistri provenienti dal sottosuolo, informarono della cosa
la Protezione Civile, la quale attraverso la Prefettura, sollecitò l’Italtekna ad effettuare dei controlli, installando in
zona i due tubi FS-55 ed FS-56 che, essendo posteriori agli
elaborati cartacei già in via di elaborazione, non sono mai
stati riportati nei resoconti tecnici della società citata. Inoltre, dai dati di azimut, il movimento della frana avviene in
una direzione a 90 gradi rispetto a quella su cui agiscono
muri e paratie di contenimento, le quali risultano quindi
quasi del tutto inutili. Fatti, questi, che avrebbero potuto essere dedotti, sia da un’attenta lettura della direzioni delle
lesioni presenti in loco, che da un’accurata analisi dei dati
inclinometrici. Durante l’esecuzione dei vari controlli di
misura, mi accorsi che, intorno alla profondità di circa tre
metri dal piano campagna, il tubo FS-56 presentava uno
strano e vistoso fenomeno d’instabilità. Escluso il traffico
veicolare (eseguivo le misure nelle ore notturne ) ed esclusa
la casualità (il fenomeno si presentava regolarmente sempre
alla stessa profondità e con le medesime caratteristiche in
tutti i controlli successivi ), indagai con lo studio del segnale
elettronico emesso dalla sonda inclinometrica. Con l’ausilio
di un oscilloscopio digitale Tektronix, m’accorsi che il fenomeno era a carattere analogico deterministico, lentamente
variabile nel tempo, secondo una funzione a rampa esponenziale, prima crescente e poi decrescente. Per esclusione
dedussi che l’unico fatto locale associabile ad un evento del
genere doveva essere legato ad un flusso di acqua che investisse il tubo inclinometrico, con valori di massimo e di minimo nel tempo. Ebbene, a distanza di alcuni anni, a seguito
D
22
di una vertenza giudiziaria intercorsa tra il comune e alcuni
condomini del palazzo Bergamini-Cesari, il magistrato ordina di eseguire, proprio nei pressi del tubo inclinometrico
FS-56, uno scavo esplorativo per una verifica sulle fondazioni dell’edificio. In tale circostanza, in accordo con
quanto da me previsto a mezzo degli studi inclinometrici
ed alla profondità esattamente di 3 metri, viene scoperta una
fogna romana, ancora in uso, di cui s’ignoravano totalmente
l’esistenza ed il tracciato. La fogna, con pavimentazione a
sanpietrini, ha una copertura con volta a botte, con un’altezza di circa un metro e corre parallelamente al palazzo
Bergamini-Cesari, in direzione di piazza Garibaldi, sfiorando in modo tangenziale il tubo inclinometrico FS-56.
Questi ulteriori dati avvalorano pienamente tutte le mie
previsioni fatte in merito anni prima; ma, solo in presenza
di un quadro clinico completo della tipologia e modalità di
svolgimento di una frana, si può passare ad una fase di progettazione mirata degli interventi di risanamento, che vanno
svolti sempre sotto un attento controllo strumentale .
LA VEGETAZIONE DI COPERTURA
In genere, il rivestimento vegetale esercita una grande influenza sull’erosione d’un pendio. E’ opportuno ricordare
che il versante sotto p.le V. Veneto un tempo era fittamente
ricoperto da alti alberi di robinia pseudoacacia (piante di
esteso e profondo apparato radicale), adatte al consolidamento di pendici franose ed instabili. L’autorità comunale
(estate 1985) decide il taglio di questi arbusti; un anno dopo
si scatena il fenomeno franoso, proprio sul pendio sottostante detto piazzale. Oggi, in barba ai costosi risanamenti
effettuati, sebbene la vegetazione abbia ripreso in piccola
parte l’originario vigore, la situazione è quella che è, con
gravi smottamenti locali. La principale influenza del rivestimento arboreo, in questo caso, consiste nel preservare la
coesione delle coperture di superficie dall’azione denudatrice delle acque meteoriche. Questo ha come effetto secondario di ridurre la portata solida della corrente fluviale del
Cosa e, quindi, la sua azione erosiva di base. Si vede, allora,
che la vegetazione a monte favorisce la stabilizzazione degli
alvei fluviali al profilo di equilibrio, diminuendo la com-
25
anni d’informazione
NOTE CAPITOLARI DEFINITIVE (XI-XVI)
XI ) Grotte del centro storico : Fino a pochi anni fa, alcune
grotte scavate sotto il livello stradale hanno avuto anche
un’importante funzione economica. Infatti, alcuni commercianti locali come macellai, osti, fruttivendoli si servivano
di tali ambienti per la conservazione e lo stoccaggio della
merce più deperibile.
Esempio di pendio cittadino, a sud-ovest inerbito e preservato
da evidenti movimenti di versante
pensazione generale del profilo topografico del pendio. In
verità l’effetto del rivestimento vegetale diventa notevole
quando lo stesso è rappresentato da un bosco avente un indice di boscosità non inferiore al 50 %. Nel pendio sotto il
p.le V. Veneto questo valore era senza dubbio superiore, essendo la secolare boscaglia di base di alto fusto, fitta ed impenetrabile. Un fattore di aggravio sull’instabilità del
pendio è dovuto alle terre di copertura di questa collina. A
frana avvenuta, si scoprì che al di sotto del piano campagna
di questo stesso bosco non si trovano le coperture arenitiche
cittadine, ma residui di materiali di demolizione di vecchie
murature, accumulate per secoli al tetto della collina, fin
sotto il manto stradale asfaltato. Quindi, la tenuta della cresta del versante era assicurata solo dalla vegetazione e non
dalla coesione litologica delle coperture arenitiche di tipo
molassico!! Una situazione analoga è possibile ritrovarla
anche in altre zone della città dove il dissennato disboscamento, in vista dell’ampia e selvaggia urbanizzazione del
capoluogo, ha prodotto frane e crolli vari. Del resto, in letteratura è noto che intensità di piogge superiori ai 10
mm/ora, come quelle che si verificano spesso in zona, provocano effetti consistenti di azione erosiva. Su questi versanti si innesta subito un processo di dilavamento
superficiale, con il conseguente aumento di trasporto solido
associato ai tanti rivoli che vanno ad incrementare la portata
del Cosa. Il fiume, in tal modo, fa crescere l’azione di scalzamento al piede dei versanti, predisponendo lo sviluppo di
nuovi scoscendimenti, incrementando la pendenza dei fianchi delle colline e predisponendo le stesse a nuove frane.
Questo circolo vizioso non troverà mai fine se non attraverso opere di bonifica dei pendii e tramite il necessario
ed urgente reintegro della copertura vegetale di protezione.
Una consistente alberatura permetterebbe un deflusso delle
acque più lento nel tempo, mitigando anche le condizioni di
piena del fiume Cosa, che sempre più spesso minaccia esondazioni. Nella zona bassa, dove si estende il nuovo centro
urbano, diventa invece urgente un consolidamento spondale
del Cosa. Infatti, fino ad alcuni anni fa, erano rari gli episodi
di allagamento di scantinati e piani interrati e relative frane,
che al massimo riguardavano solo le zone a ridosso del
fiume. Oggi le cose sono molto cambiate in peggio.
25
anni d’informazione
XII) Linea dei punti neutri : Rappresenta una zona di confine, definita da un aggravio di instabilità per ogni carico
posto a monte della stessa e da un miglioramento della stabilità per ogni carico posto a valle della stessa. Questa linea
non rimane stabile nel tempo, ma si sposta sempre più verso
monte, man mano che si disperdono le sovrapressioni neutre, indotte dai carichi posti sul terreno.
XIII) D.G. P.V. : Deformazioni gravitative profonde di versante; sono fenomeni degenerativi a lungo termine che dislocano volumi consistenti di ammassi rocciosi, interessati
da discontinuità preesistenti o di neoformazione. Nel caso di
Frosinone le numerose frane localizzate su tutto il territorio
comunale e dislocate su tutta la collina arenacea che borda
la sinistra idrografica del fiume Cosa , fa pensare ad
un’estesa azione di colamento gravitativo con rigonfiamenti,
avvallamenti e raddoppiamenti di creste, legati allo scalzamento di base operato dal Cosa. Guardando la carta litologica della zona, si nota immediatamente la differenza
esistente nel territorio cittadino tra la destra e la sinistra idrografica del Cosa e, quindi, la diversa propensione del terreno
a franare. Se non si prenderanno provvedimenti definitivi
di risanamento, la parte collinare della città è destinata ad
un degrado sempre più avanzato.
XIV) Lago di Maniano : Rappresenta un caso tipico di stagno fluviale legato all’emergenza della falda acquifera connessa al fiume Cosa . Il livello delle sue acque è sostenuto
anche dalla confluenza in esso di tutte le acque di deflusso
provenienti dai rilievi circostanti (Colle Marte, Maniano,
Colle Iorio).
XV) Misure protratte nel tempo : Il principale pregio di
questo tipo di misure è quello che permette, non solo di monitorare preventivamente l’evoluzione d’un fenomeno franoso, ma anche quello di progettare efficacemente il
successivo intervento di risanamento e di controllare in seguito l’efficacia del risanamento avvenuto.
XVI) Inerbimento : Le radici delle piante àncorano gli
strati più superficiali a quelli più profondi, mentre gli steli
arbustivi rallentano il ruscellamento delle acque superficiali,
ed infine l’apparato fogliare attenua l’energia di impatto al
suolo della pioggia, oltre a diluire nel tempo la relativa infiltrazione nel sottostante terreno. In un terreno argilloso denudato,durante l’estate, si formano fessure da ritiro, che in
autunno permettono alle acque di penetrare in profondità.
Viceversa, l’opera di inerbimento evita la formazione di
queste fessure, mantenendo il terreno sottostante in condizioni di costante umidità.
23
Stagione teatrale 2014
Si è riaperto il sipario
Grey Estela Adames
C
i siamo. Si alza il sipario sulla rassegna teatrale estiva
organizzata dal Comune di Frosinone. Per il secondo
anno consecutivo il centro storico del capoluogo sarà lo
scenario naturale di una manifestazione che lo scorso anno, ha
richiamato oltre dodicimila persone, ottenendo un clamoroso
successo e richiamando persone anche da fuori provincia.
La location sarà sempre la stessa, piazza Valchera, così come il
giorno e l’orario degli spettacoli: ogni mercoledì di luglio e di
agosto alle ore 21.15, ad eccezione della “prima” che si svolgerà
in piazzale Vittorio Veneto.
La bellissima e suggestiva piazza adiacente al palazzo della Prefettura, trasformata dalla Giunta Ottaviani da anonimo parcheggio a nuova agorà, infatti, mercoledì 2 luglio, alle ore 21.15,
ospiterà “Alla velocità della luce - Krypton” di Gianluca Cauteruccio, che presenterà un progetto di Teatro-Architettura per
la città di Frosinone, dedicato ad Anton Giulio Bragaglia e al futurismo.
Nelle settimane successive sarà la volta di interpreti come Pamela Villoresi, Mariano Rigillo, Milena Miconi, Iaia Forte e
molti altri per un cartellone di primissimo piano con spettacoli
rigorosamente gratuiti.
“La rassegna teatrale estiva nel centro storico - ha detto il Sindaco Nicola Ottaviani - si conferma un marchio di fabbrica della
città di Frosinone e si incastona come una gemma tra le più preziose nel diadema della programmazione culturale del capoluogo. In un momento di grande sofferenza della cultura per
risorse che diventano sempre più asfittiche, Frosinone ha, invece, deciso di andare in controtendenza, puntando convintamente sulla cultura per promuovere un vero progresso sociale e
il rilancio del territorio. Il Teatro tra le Porte vuole costituire
un’occasione di valorizzazione della parte storica della nostra
città e delle risorse culturali attraverso una delle espressioni più
nobili dello spettacolo. Un’opportunità per creare un nuovo ambiente culturale, una nuova occasione di incontro e di dialogo e
25
anni d’informazione
di crescita sociale ed economica della nostra comunità“.
Due mesi di spettacoli teatrali, cui bisogna aggiungere il Festival
Nazionale dei Conservatori e la rassegna di musica etnica, e poi
ancora la stagione teatrale invernale, che nel capoluogo non si
vedeva da dieci anni, e l’acquisto del primo vero teatro comunale, che confermano come sotto la gestione del Sindaco Nicola
Ottaviani, rispetto a un recente passato in cui, a parte la festa patronale, c’era il nulla assoluto come programmazione culturale.
Frosinone ha scoperto il gusto per le manifestazioni culturali di
qualità e ha cominciato a diventare un polo culturale di interesse
nazionale.
QUESTA LA PROGRAMMAZIONE
DELLA RASSEGNA TEATRALE
“Teatro tra le porte”
Mercoledì 2 luglio 2014 – Inaugurazione
Piazzale Vittorio Veneto, ore 21.15
“Alla velocità della luce – Krypton”
di Giancarlo Cauteruccio, un progetto di Teatro-Architettura
per la città di Frosinone
Intervenire nella città di Frosinone per la compagnia Teatro Studio Krypton e il regista Giancarlo Cauteruccio, non può essere
che l’occasione per creare un omaggio all’opera di un grande artista di Frosinone, quale è stato Anton Giulio Bragaglia. Il 2016
segnerà i 100 anni dalla creazione dell’importantissimo film
Thais per il quale Bragaglia si avvalse delle scenografie di Enrico Prampolini che da sempre Cauteruccio considera un suo
fondamentale maestro. Il teatro elettronico che caratterizza il lavoro di Krypton da oltre trent’anni, in questa opera, creata appositamente per la città di Frosinone, declina l’intuizione
prampoliniana della scenografia sintetica e il concetto di smaterializzazione del corpo che Bragaglia ha applicato nella sua importante creazione fotografica e filmica.
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Stagione teatrale 2014 - il programma
Mercoledì 9 luglio 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“Beate noi”
di Mauro Graiani e Francesca Nunzi
La pièce, diretta da Diego Ruiz e scritta da Mauro Graiani e
Francesca Nunzi è la storia surreale di Santa Rita da Cascia e
Santa Silvia da Brescia che scoprono di aver perso il loro posto
nel calendario e di essere state retrocesse a Beate. La colpa é
come al solito della globalizzazione! Eh si perché tutti questi
stranieri, tutte queste nuove canonizzazioni obbligano i santi
meno pregati a lasciare il posto a santi nuovi e molto più trendy.
Come risolvere la situazione? Un comune mortale direbbe:”ci
vorrebbe un santo in Paradiso!” ma per loro due, l’unica speranza é tornare sulla terra a compiere un miracolo eclatante che
restituisca loro la notorietà!
Mercoledì 23 luglio 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“Hanno tutti ragione”
di Paola Sorrentino
con Iaia Forte
Iaia Forte, pluripremiata attrice italiana, torna a lavorare con
Paolo Sorrentino dopo lo straordinario successo internazionale
de La Grande Bellezza. In Hanno tutti ragione, adattamento
dell’omonimo romanzo di Sorrentino, Iaia Forte è Tony Pagoda,
cantante napoletano all’apice della carriera nella New York degli
anni ‘50, mentre aspetta di tenere il concerto più importante della
sua carriera: si esibirà al Radio City Music Hall davanti a Frank
Sinatra. Lo spettacolo ha conquistato nel 2013 il pubblico italiano, è stato acclamato dalla critica, ottenendo il tutto esaurito
in molti teatri.
Mercoledì 16 luglio 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“La Paloma”
di e con Paola Villoresi
“Come una vestale del dio Pan, sacerdotessa del rito laico, grillo
parlante, operatrice culturale (come amavamo definirci negli
anni Settanta) o più semplicemente lavoratrice dello spettacolo… Comunque un pò iniziata, un pò artista, un po’ sottostimata, emarginata dal potere (come tutte le donne in tutti i
mestieri) capofamiglia, madre, matricola Enpals 07/459778:
sono un’attrice. E, come tante, prima, durante e dopo di me, ho
pagato un prezzo umano, personale e femminile, talvolta alto.
Ed io sono privilegiata: sia per essere nata e cresciuta in una
zona di mondo, e in un’epoca, dove mi è stato possibile seguire
la mia aspirazione, sia per l’esperienza e i percorsi che mi sono
concessa, e sia perché la mia carriera è stata generosa e piena di
soddisfazioni. Racconterò di me non solo con la mia storia ma
anche attraverso le parole delle grandi eroine classiche e le voci
di artiste di tutti i tempi, come Alda Merini, Bilitis, Marina Cvetaeva, Bebetta Campedi, Luisa Furoransky, Valeria Moretti,
Szymborska, Madre Teresa di Calcutta e ancora… e ancora…
dei canti. Accompagnata come sempre dal maestro Vavolo e
dalle sue attente e sensibili composizioni”. Paola Villoresi
Mercoledì 30 luglio 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“Mare, amore e de Pretore”
a cura di Mariano Rigillo
con Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini
L’ouverture per pianoforte e violino ci introduce in un aristocratico salotto anni trenta per presentarci l’incontro tra la contessa
Pizzardini Ba e il suo amico Aldo Palazzeschi. Discutono più o
meno animatamente per tentare di sconfiggere la mortale noia da
cui la nobildonna è afflitta in maniera ossessiva. L’incontro lascia malinconicamente aperto il tema della vita e dell’amore, che
viene scherzosamente proseguito dalle figure di Pulcinella e Colombina e le parole di Eduardo de Filippo. Il secondo movimento
si accompagna ai versi di Eugenio Montale e alla prosa arcaica e
affascinante di Stefano d’Arrigo e attraverso la grandiosità dei
versi di Dante si chiude con le immagini del mare di Federico Garcìa Lorca e del mare di Eduardo de Filippo. L’andante che segue
esalta l’eros racchiuso in una seicento multipla con l’ironica descrizione di un amplesso e la semiseria, straordinaria avventura
di ‘De Pretore Vincenzo’, ladruncolo eduardiano, portato da una
barella d’ospedale ad un immaginario e personale Paradiso grazie
all’ignaro San Giuseppe da lui devotamente scelto come autorevole protettore. Stefano Benni ci racconta poi in pochi e scherzosi
versi la trasformazione dell’amore di coppia, e in
uno scompartimento di treno, con garbo e distaccato dolore si congeda da noi ‘Il viaggiatore cerimonioso’ e consapevole di Giorgio Caproni.
Quindi un corale concluderà la sonata e lo spettacolo, riportandoci alle nostre riflessioni sull’oggi, con due brani tratti da ‘Le luci di Algeri’
di Gianni Guardagli.
Mercoledì 13 agosto 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“L’orso”
con Rossana Bellizzi, Bruno Giovenale, Armando Puccio
regia di Clarizio di Ciaula
Uno dei maggiori drammaturghi della letteratura russa, Anton Cechov, scrive un divertente
atto unico che vede come protagonista femminile una giovane vedova che s’è rinchiusa tra le
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anni d’informazione
mura della sua dimora portando con gravità il suo lutto. Un ex
sergente d’artiglieria giunge improvvisamente esigendo un credito nei confronti del marito defunto della giovane donna. Nascono così una serie di incomprensioni e di prese di posizione da
entrambe le parti, che rappresentano le ragioni dell’uno e dell’altro sesso nei confronti del concetto di fedeltà in amore. Ne
nascerà una diatriba acerba che ben presto si tramuterà in
un’esplicita dichiarazione di guerra, sino a quando sull’astio e
sull’intolleranza reciproca non prenderà inaspettatamente il sopravvento il sentimento d’un amore improvviso.
Mercoledì 20 agosto 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“Canale Mussolini”
Compagnia Latitudine Teatro
di Antonio Pennacchi
regia di Clemente Pernarella
Una epopea clamorosa quella delle genti che abbandonarono i
luoghi natii per raggiungere una terra che non conoscevano e
dove non avrebbero trovato nulla di familiare. Trentamila persone sbarcate in un luogo e obbligate a ricostruire dal principio
ogni relazione antropologica con l’ambiente e con la comunità
sociale. Una epopea che viaggia, nel romanzo di Antonio Pennacchi, parallelamente alle vicende di una famiglia, la famiglia
Peruzzi, e dei suoi componenti. L’architettura dell’imponente
opera letteraria si regge su un sistema continuo di rimandi dal
particolare al generale, dal singolo alla collettività, dall’umano
al metafisico, dal razionale all’istintivo. In tutto questo la famiglia Peruzzi diviene paradigmatica di tutte le famiglie emigrate
dal Veneto e dal Ferrarese in Agro Pontino, vive e rappresenta
una vicenda pregna di umanità nel senso più profondo. Il quadro
storico serve ancora a supporto delle vicende dei singoli e, oltre
a tracciare un affresco meraviglioso di un epoca, ci consegna la
precisa analisi di una nazione, quella che oggi viviamo, dando
una lettura puntuale di alcune contraddizioni del nostro paese e
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anni d’informazione
del nostro popolo tuttora irrisolte. Questi sono i temi di indagine della lettura teatrale, l’intento è andare dentro la stratificazione del senso e dei significati, utilizzando come fa Pennacchi
un plot potente ed un linguaggio scientificamente reso dicibile
dall’autore per cercare l’uomo: elemento teatrale primordiale e
unico protagonista della storia.
Mercoledì 27 agosto 2014
Piazza Valchera, ore 21.15
“Moms, il primo varietà sulla maternità”
Con Carla Ferraro, Corinna Lo Castro, Valentina Martino Ghiglia, Silvia Siravo
regia di Fernando Ceriani
Pluripremiato negli Stati Uniti e in Canada, “Mom’s the word”
(questo il titolo originale), per la prima volta in Italia, è uno
spettacolo scritto, anzi “partorito”, da 6 mamme-attrici che
hanno sopportato tutte le agonie e le estasi riservate alle donne
dalla maternità. Uno sguardo incredibilmente divertente e profondamente toccante, intimo, graffiante, licenzioso sull’essere
genitori oggi. Tra pannolini, notti insonni, pappette, biberon,
mariti alla disperata ricerca di un momento di intimità, frustrazioni, pubertà, sesso, urla, pianti, strepiti e tanto, tanto amore
per quei “mostriciattoli”, le quattro attrici, affiatatissime tra
loro, danno voce, corpo e anima ad un intreccio di racconti e
aneddoti oltraggiosamente divertenti che vi lasceranno senza
fiato. Ma le “Moms” non si limitano affatto a raccontare, divertendo e facendo riflettere, le loro gioie e i loro dolori più intimi. Le quattro super genitrici-attrici fanno varietà a 360 gradi,
ballando e cantando su gingles musicali che hanno per tema
croci e delizie della maternità moderna. Una delle scene più
esilaranti della piéce teatrale è senza dubbio quando le “Moms”
cantano e ballano, prospettando alle spettatrici lo scenario futuro che prima, stressate oltre ogni limite dai bebè esigenti, le
alletta, ma che poi le terrorizzerà più di ogni altra cosa al
mondo: separarsi dai pargoli diventati ormai grandi.
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Ambiente e territorio
Bianca Santoro
CASALENO
O MATUSA
sport o inerzia
S
iamo di nuovo in serie B, feste, fuochi d’artificio,
schiamazzi e tanta contentezza manifestata e giusta.
Ma se non ricordo male, alcuni e non molti anni fa,
eravamo passati in serie cadetta e la situazione si presentò
abbastanza simile all’attuale. Dopo i festeggiamenti si dovettero affrontare i problemi, e primo fra tutti, quello dello Stadio, ovvero di un campo di calcio adeguato per disputare
partite nella serie B, ovvero degno di tale denominazione. Nel
2006, come tutti o quasi tutti sanno, la promozione in B provocò il panico: si deve completare e adeguare il Casaleno o
si modifica, ristruttura e ingrandisce il Matusa? Si optò per la
seconda ipotesi, ma per renderlo idoneo era necessario un suo
ampliamento, anche per poter posizionare delle provvisorie
tribune o meglio delle strutture in tubolari di metallo. E tale
provvisorietà , abbastanza oscena per la città e per la sua immagine, è diventata definitiva, come tante cose adattate o costruite per l’emergenza e poi rimaste per i posteri. Oggi e
solo oggi si ricomincia con la solita diatriba Casaleno sì o no,
si farà in tempo per settembre?, si devono trasferire le gradinate tubolari o si possono costruire tribune stabili e/o quasi
definitive? si può adeguare la tribuna esistente alle normative
del Coni del 1999 e del 2008? Per la sua distanza dal campo
di gioco, per la visibilità di tutto il campo, per le norme di sicurezza e quant’altro per avere il parere positivo della commissione per lo sport. Si possono ristrutturare e adeguare i
relativi servizi in tempo utile? Oppure si deve mantenere il
“Matusa” così com’è? Domanda trita e ritrita ,con posizioni
diverse politiche e dirigenziali. Si legge, infatti, sulla stampa
che il Comune vuole rendere idoneo il Casaleno, con tutti gli
Stadio Casaleno
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Stadio Matusa con gradinate
sforzi per i tempi brevi, e,quindi, farlo diventare un fiore all’occhiello della città di Frosinone, mentre la dirigenza calcistica opta per il “Matusa” definito in una intervista ad un
giornale locale” un simbolo, uno stadio che i tifosi
venerano,vero , autentico e insostituibile dodicesimo giocatore in campo”. E allora se non c’è compattezza, almeno nei
soggetti più interessati e determinanti, non credo che la situazione dello STADIO possa cambiare, confesso che per
questa Città dovrebbe prevalere il vero orgoglio di avere una
struttura degna di questo nome e non false credenze popolari.
Da recenti indiscrezioni comparse su periodici locali, dalle
precedenti dichiarazioni di intenti, pare che si sia passati a
proposte progettuali non ancora ben definite. Il Matusa è al
centro degli interessi imprenditoriali con proposta progettuale
di ampliamento e di profondo scavo per ricavare parcheggi
sotterranei e attività commerciali, il Casaleno è di quelli amministrativi con tutta la sua difficoltà di reperire i fondi necessari. Comunque, è già tardi per le loro definizioni e
sicuramente ne riparleremo alla ripresa del campionato con
altri progetti virtuali o in itinere, i quali continueranno a turbare i sonni dei tifosi. Ma, oltre questo problema prioritario
e urgente, vediamo insieme, qual è la situazione di alcuni importanti impianti sportivi nella nostra città. Il Palazzo dello
Sport, che tanto è costato, oltre ad essere sottoutilizzato, è in
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anni d’informazione
Stadio Casaleno
condizioni esterne indecenti e manca di qualsiasi manutenzione dell’edificio. E questo non è il modo di presentare una
così mastodontica struttura pubblica per lo sport. Quella più
antica della città, cosiddetta “Giardino dell’ENAL”, che oltre
a contenere dimessi campi da tennis, modesti spazi per gioco,
aveva una apprezzabile piscina scoperta, adatta anche per
tuffi, oggi ridotta ad uno sterpaio indescrivibile. E poi, cammina, cammina, pedala, pedala, con le troppe ore passate al
tavolino, ai computer, ai tablet e ai telefonini, diventa una necessità per riacquistare la forma fisica trovare un modo per
muoversi. Tutto questo investe la popolazione di ogni età. E
cosa ci offre questa città? Un frequentatissimo, forse perché
è il solo accessibile liberamente, anche se poco idoneo, circuito in zona Casaleno di circa un chilometro di lunghezza,
con pavimentazione in asfalto, sconsigliata per la podistica,
con commistione di funzioni perché percorribile da auto, pe-
libero per attività fisiche, così
come risulta da una intervista
fatta al prof. Luigi Catalano,
direttore dello Stadio del
nuoto, costruito dal CONI in
occasione dei Campionati del
mondo per allenamenti di pallanuoto e nuoto sincro per otto
nazioni partecipanti. Questo
impianto federale è uno dei 6
esistenti in Italia, e quindi un
motivo di orgoglio per la città.
Dopo i campionati mondiali, è
stato affidato al Comune di
Frosinone, che lo ha dato in gestione alla Federazione Italiana
Nuoto, che accoglie con molta frequenza eventi nazionali, regionali e provinciali. Ma è motivo di preoccupazione la scarsa
disponibilità di ospitalità e la poca sinergia con il territorio,
Ora si disputano sia i playoff di pallanuoto femminile, serie
B nazionale, e subito dopo i campionati italiani di nuoto sincro, che porteranno dall’esterno e per vari giorni, circa duemila persone alla volta. Il problema, più ricorrente, è dove
farli alloggiare, dove farli pranzare (anche per apprezzare i
prodotti ciociari), dove farli passeggiare (nelle ore libere) e
come organizzare visite per far conoscere, almeno, le più importanti e suggestive eccellenze del nostro patrimonio artistico e naturale (abbazie, centri storici, grotte e borghi
antichi). Non posso tralasciare, di parlare di altra assurda realtà sportiva ,di quanto avviene a Cassino. Oltre venti anni
fa, per grazia ricevuta, fu istituito, nella città sopranominata,
l’ISEF, poi diventata Facoltà di Scienze Motorie, e, d’allora,
non hanno saputo costruire in loco, soprattutto per diatribe
locali e politiche, nessuna struttura degna dell’importanza di
questa istituzione. Ha, infatti, un modesto campo di atletica
scoperto, non ha un palazzetto dello sport, non ha una piscina
coperta, esiste solo una scheletrica struttura in c.a. abbandonata. Per tutte le attività sportive e per gli allenamenti si devono trasferire nel Polo didattico sportivo ”Osvaldo Soriano”
di Atina, centro a circa 25Km da Cassino. Insomma è una facoltà errante, per mancanza di un impianto Indoor, necessario
alle sue molteplici attività.
Palazzo dello Sport di Frisinone
doni e bici. C’è di più, sembra che con i grandiosi (a tappe)
lavori di adeguamento della strada Monti Lepini, circonvallazione della città, è stata così ristretta la carreggiata per auto,
per consentire la costruzione laterale e complanare di piste
per pedoni e di pista ciclabile. Sarà vero? e se l’ho è grida
vendetta per la scempiaggine con cui è stata concepita. Ve lo
immaginate che i podisti e ciclisti la percorrono, parallelamente e nei due sensi, in presenza di un pesante traffico, con
aria indubbiamente inquinata? Forse daranno in omaggio
bombolette di ossigeno ai coraggiosi. Ma non tutto è così negativo, in fatto di dotazioni pubbliche per lo sport e il tempo
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anni d’informazione
Scheletro piscina coperta a Cassino
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Frosinone
UNA BANCA CHE
VALORIZZA LA CITTÀ
DI FROSINONE
Inaugurata la Sede
della Banca Popolare
del Cassinate
in un look spettacolare
e multifunzionale
Nicandro D’Angelo
Le dichiarazione del presidente Formisano non lascia dubbi sul ruolo e l’importanza che assume la nuova Sede di
Frosinone. “Questa giornata è una festa che vogliamo dedicare alla città, alle famiglie, ai bambini, a tutti coloro che vorranno visitare la nostra nuova sede. Noi vogliamo essere “la banca della città”, vogliamo essere noi ad andare incontro
ai nostri concittadini, vogliamo aprire la nostra sede e renderla viva. Il layout della filiale, che dopo l’inaugurazione di
sabato tutti hanno la possibilità di ammirare, testimonia la nostra voglia di essere protagonisti e interlocutori del territorio. La nostra non è una filiale, ma è un’agorà, un luogo vivo di incontro e di partecipazione. La verità è che quelli che
passano in banca non sono “clienti” e non sono “numeri”. In banca entrano “persone”, che hanno dei sogni, dei progetti,
delle aspettative, delle speranze. Sui conti transitano non semplici soldi, ma transita ciò che si è guadagnato con il lavoro
e con l’impegno, transita la storia di intere famiglie, transita la vita passata e i progetti per il futuro. E’ questa considerazione che ci ha sempre fatto sentire la responsabilità di fornire ai nostri clienti i servizi migliori e a guardare con profondo rispetto al nostro territorio. Per questo abbiamo voluto offrire uno stile davvero innovativo alle nostre filiali e per
questo vogliamo essere sempre più vicini alla città, anche attraverso eventi come questa giornata di festa”.
Qualcosa si muove
Indubbia la “vis roboris” del Dr. Donato Formisano. Vede
lontano il longevo Presidente, ma solo il suo stato anagrafico,
in quanto la sua mente grigia e giovane dimostra agli addetti
ai lavori come si fa banca. L’idea da cui si è partiti affonda
lontano le sue radici. Sin dalla sua fondazione, infatti, la BPC
è nata con una marcata vocazione territoriale e da allora non
ha mai smesso di sentirsi e di essere una banca locale. La relazione con il territorio, con la comunità che lo abita è centrale nella filosofia aziendale della banca. E’ da qui che nasce
il layout di questa nuova Sede, fatta di spazi e soluzioni architettoniche che favoriscono il dialogo e l’incontro; da qui
nasce l’impegno della BPC a promuovere l’arte e la cultura,
con la convinzione che sono queste le chiavi per un rilancio
del nostro paese.
La nuova filiale
La filiale di Frosinone, sita in Via Marco Tullio Cicerone 154,
è stata inaugurata sabato 28 giugno e presentandosi al pubblico con un layout completamente rinnovato e di grande impatto visivo, oltre che straordinariamente efficiente e
funzionale. Colori caldi e naturali, che richiamano il colore
della terra, evidenziando il senso della territorialità. Nessuna
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barriera all’ingresso, ma semplici porte scorrevoli che si
aprono su ambienti eleganti, luminosi, accoglienti, senza
nulla togliere alla sicurezza, garantita dai più sofisticati sistemi. Ogni cassa è separata dalle altre e dall’ambiente
esterno con porte scorrevoli che garantiscono privacy e riservatezza, consentendo a cliente e operatore di parlare con la
massima tranquillità. Splendide fotografie illuminano l’ambiente, regalando delle visuali straordinarie della città, della
quale si riscopre una sorprendente bellezza. Nella Sede di
Marco Tullio Cicerone molti spazi insoliti per una
banca: un’Area Baby tutta dedicata ai bambini, con
animatori qualificati e spazi per il gioco e l’apprendimento. Un bar, per regalare a clienti e ospiti momenti di relax, ma, soprattutto, per facilitare il
dialogo, l’incontro, il colloquio. C’è un’Area shop
e una sala conferenze, perché la banca vuole essere
un’agorà: un luogo per incontrarsi, per promuovere
la cultura, l’arte, lo stare insieme. Ma il cambiamento architettonico non è tutto. Infatti è soltanto
un segno, forse il più visibile, ma certamente non
l’unico. Con la nuova filiale non si fa altro che confermare e riaffermare quelli che sono i valori portanti della Banca Popolare del Cassinate, primo fra
tutti la relazione con il territorio, l’attenzione alla
persona, l’efficienza, la professionalità.
“Animalia” la mostra dell’Accademia all’interno della filiale
L’evento
Con il dialogo e l’incontro, nasce anche l’idea del Premio
Ora et Labora et Lege, che si articola in una sezione nazionale e territoriale, che sabato sera è stato consegnato ad Alberto Angela, celebre divulgatore scientifico, che ha diffuso
l’amore per la cultura, per l’arte, per la scienza insieme a due
istituzioni del territorio: il Conservatorio Licinio Refice e l’Accademia delle Belle Arti di Frosinone.
Il premio nazionale è stato conferito ad Alberto Angela per il suo
impegno di studioso e di divulgatore, che ha saputo trasmettere non
“nozioni”, ma vero amore per la
conoscenza scientifica, per l’arte e la cultura. A lui il merito
anche di aver promosso un’idea di cultura come volano di rilancio economico e per l’impegno a promuovere l’utilizzo di
tecnologie innovative per la valorizzazione del patrimonio
artistico e culturale del nostro Paese. Alberto Angela nel corso
della serata ha parlato della sua esperienza portando a conoscenza alcune scoperte fatte nel corso degli studi compiuti
per la redazione dei suoi ultimi
volumi dedicati alla Cappella
Sistina e ai Bronzi di Riace.
Cosa dire dei due premi riconosciuti a due eccellenze del nostro territorio. il Conservatorio
con uno straordinario concerto
dal titolo “The moon project”,
Premiazione Alberto Angela
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Frosinone
che ha visto salire sul palco un’orchestra di circa 50 elementi;
l’Accademia, invece, ha sposto nei locali della banca la mostra “ANIMALIA, arte del riciclo”, a cura di Luigi Fiorletta,
Docente del corso di Decorazione, dopo l’entusiastica accoglienza ricevuta nell’eccezionale, e quanto mai appropriata,
vetrina del Giffoni Film Festival 2010, e alla Casa Dell’Architettura di Roma. La mostra presenta il talento e le capacità
creative di giovani artisti con una selezione di 9 opere tridimensionali. “ANIMALIA, arte del riciclo” presenta, infatti,
un moderno “bestiario”, uno zoo immaginario dove gli animali sono realizzati, in una sorta di “riciclaggio artistico”, con
materiali di scarto tratti dalla più ordinaria e banale quotidianità o tramite il recupero di giochi della nostra infanzia, come
le figurine Panini, i palloncini, le matite colorate, ma anche i
rotolini di profumata liquerizia, le carte da gioco, le collezioni
di conchiglie o quelle di biglie. Dalla sapiente manipolazione
di questi elementi, dallo studio attento dei rapporti formali e
cromatici, prendono forma l’istrice, il canguro, la tigre, il fenicottero, la foca, il tucano, Il pinguino, il castoro e l’ippocampo, creature di un mondo incantato che ci restituisce il
piacere puro della visione e la libertà della fantasia. Un’esposizione “extraordinaria”, nelle cui opere il rigore progettuale
e realizzativo si unisce alla capacità di trasformare la realtà,
dando ad essa la sostanza fantastica del sogno, in una magica
metamorfosi che trova nella dimensione ludica dell’arte una
sua nuova e poetica verità. Del resto l’arte è anche gioco, e il
gioco è una cosa seria.
I DUE GIORNI CLOU DELL’INAUGURAZIONE.
SABATO 28 E 29 GIUGNO 2014
Un marketing di ottimo livello, una comunicazione impeccabile hanno dato lustro all’evento. Il vescovo Spreafico ha benedetto i locali della banca rivolgendo parole di soddisfazione
per una banca che non pensa solo al proprio tornaconto ma rivolge la sua attenzione alle famiglie, alle imprese in un’ottica
cristiana. Questa é la forza morale del Presidente. Una nostra
riflessione A differenza di molti banchieri che pensano ed attuano nelle loro strategie l’egoismo che deriva dal pensare
che tutto sia loro, gli utili e fare Bilancio, Donato Formisano rivolge la sua
attenzione all’impiego dei capitali per
una politica di impegni nella realizzazione di opere senza perdere di vista gli
interessi della Banca. In poche parole è
il banchiere che fa della banca un modo
di asservire il territorio e di rispettare le
legittime aspettative dei soci. Prendendo la parola il Sindaco di Frosinone
ha posto in risalto che fare diventare
una ex filiale una Sede rafforza i buoni
rapporti che devono suggellare tra Cassino e Frosinone, rimarcando che questa città è un capoluogo di provincia e
giustamente, come ha detto Formisano,
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Premiazione Accademia
merita queste attenzioni. L’incontro avuto del nostro Direttore
con il Vice Presidente Prof.
Vincenzo Formisano è stato
improntato all’attenzione dell’economia della nostra provincia e come la Banca sostiene le
iniziative dei giovani che hanno
progetti ed idee e che a volte
non possono attuare per mancanza di fondi. Il Professor Formisano ha messo in risalto che la Banca non solo sostiene
queste iniziative mettendo a disposizione congrue somme, ma
invoglia queste menti grigie ad andare avanti spronandole
all’attuazione dei loro progetti.
Professor Formisano suo padre sostiene fortemente le imprese ma non ci sono pericoli che queste non possono, a
volte, assolvere gli impegni presi per il subentrare di una
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anni d’informazione
Premiazione Conservatorio
crisi o una contrazione di commesse?
“Mio padre ha sempre guardato lontano e il suo modo di proporsi ha
una sua duplice valenza: la preparazione ormai ultra quarantennale
alla guida del nostro Istituto e poi perché si pone come vero interlocutore di tante virtuose realtà e poi, mi creda, mio padre continua il
proprio impegno di banca a servizio del territorio”.
Le imprese della nostra Provincia stanno boccheggiando, lei
pensa che ne usciremo presto o ci vorrà ancora del tempo?
“Qualche giorno fa il presidente di Confindustria Quinzi ha detto
che c’è una leggera ripresa anche se molte imprese sono in sofferenza. Io penso che sia strutturale e che ben presto usciremo dal
tunnel della negatività”.
Che ne pensa di questa nuova Sede della Banca a Frosinone?
“A dir poco gioioso e pieno di orgoglio. Ho sostenuto questo progetto, non solo nelle mie vesti di Vice Presidente della Banca, ma
perché le soluzioni architettoniche innovative garantiranno la tutela
della privacy e la riservatezza con gli operatori alle casse e poi me
lo lasci dire che abbiamo voluto portare a Frosinone un servizio di
alta qualità ad una città che merita tanto. Mi hanno fatto piacere le
parole del sindaco Ottaviani che ha visto in questa nuova realtà valorizzare il bello e mi creda il bello è Frosinone”.
Che ne pensa di Alberto Angela?
“Se si riferisce al premio nazionale è un attestato di merito per il
suo impegno nella divulgazione scientifica e nella diffusione della
cultura. Basta leggere gli ultimi suoi libri”. E sull’eccellenze territoriali, mi riferisco al premio dato al Conservatorio e alle Belle
Arti? “ Sono due importanti ruoli di presidio culturale su territorio
e riferimento imprescindibile nella formazione dei giovani”.
Auguri Professor Formisano, auguri che faccio non solo al Vice
presidente della banca, ma all’uomo che ha una visione lungimirante trasferita da un DNA paterno”.
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RUBRICA DI MEDICINA
a cura del Prof. Dr. Leonardo Manzari
Medico Chirurgo - Specialista Otorinolaringoiatra
e Chirurgia Cervico Facciale
Membro del Board della Prosper Maniere Society
A
L’UDITO,
questo
meraviglioso
meccanismo
PARTE SECONDA
ttraverso alcuni passaggi
l’orecchio medio si collega
con la cavità dell’osso mastoideo collocato dietro al padiglione; con l’orecchio interno e con
la cavità rinofaringea situata dietro
al naso. Nello spessore del processo mastoideo dell’osso temporale sono presenti un insieme di
spazi confluenti in un’unica cavità,
detta antro timpanico, che comunica proprio con la cavità del timpano. Questo antro si trova al di
sopra e dietro alla parte più profonda del meato acustico. La comunicazione tra cavità del timpano e quella faringea è determinata da
un lungo condotto, in parte osseo e in parte fibro - cartilagineo,
chiamato tuba uditiva o tromba di Eustachio. Questo condotto
consente il passaggio dell’aria nella cavità del timpano allo
scopo di rendere uguale la pressione su entrambe le facce della
membrana del timpano. L’orecchio interno svolge la funzione di
vero e proprio organo acustico, cioè recettore delle vibrazioni
sonore che giungono dall’orecchio medio. L’orecchio interno
ha un’anatomia davvero complessa . Infatti è formato da condotti e da vescichette comunicanti tra loro, a parete membranosa
e sottile. I condotti e le vescichette sono contenuti in cavità scavate nella zona petrosa dell’osso temporale. Le parti membranose, che formano il labirinto membranaceo, sono contenute in
spazi ossei che rappresentano il labirinto osseo. Tra la parete
del labirinto osseo e la superficie esterna del labirinto membranaceo si trova una serie di fessure, che costituiscono la spazio
perilinfatico, riempito da un liquido detto perilinfa. Le cavità
intercomunicanti del labirinto membranaceo formano un secondo spazio, endolinfatico, dove è contenuta l’endolinfa. Questi due spazi sono indipendenti tra di loro. La perilinfa è un
liquido di origine linfatica, chiaro, che defluisce attraverso il
canale cocleare; l’endolinfa è un liquido incolore, trasparente,
fluido. L’organo acustico propriamente detto è formato dal condotto cocleare contenuto nella chiocciola ossea e collegato all’encefalo per mezzo del nervo cocleare dell’acustico. Il canale
o condotto cocleare contiene al suo interno l’endolinfa. Il condotto cocleare è un tubo lungo e stretto avvolto su se stesso ad
elica e chiuso ad entrambe le estremità. La parte esterna della
chiocciola o coclea è costituita da un canale avvolto su se stesso
ad elica conica e assomiglia al guscio di una lumaca (chiocciola
ossea). Si trova in basso e lateralmente rispetto al vestibolo.
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All’interno della chiocciola ossea si
sviluppa il canale cocleare, che inizia in corrispondenza del pavimento
del vestibolo e si avvolge ad elica
formando circa tre giri a partire
dalla cassa timpanica fino alla cupola della chiocciola. La chiocciola
è formata da una lamina spirale, sottile ed ossea, che attraversa nel
senso della lunghezza il dotto cocleare. Dal lato esterno della lamina
partono due membrane: quella vestibolare o del Reissner e quella basilare ed entrambe raggiungono la
parete laterale del dotto cocleare. L’interno della chiocciola è quindi diviso in uno spazio al di sopra
della lamina di Reissner, che corrisponde alla rampa vestibolare,
uno al disotto della membrana basale o rampa timpanica ed uno
situato in mezzo, chiamato rampa media. Compresa tra la cassa
timpanica e la rampa si trova la finestra rotonda, chiusa da una
membrana di connettivo, atta a regolare e a garantire la giusta
pressione dell’orecchio interno quando si verificano vibrazioni
della finestra ovale, che corrisponde alla comunicazione della
cassa timpanica con l’orecchio interno. Sulla membrana basilare, rivestita da epitelio, si differenzia l’organo spirale o del
Corti, che rappresenta l’organo acustico vero e proprio, perché
contiene i recettori dell’udito e le cellule acustiche interne, che
formano una lamina sull’asse longitudinale della membrana. Le
vibrazioni della membrana basilare determinano la contrazione
delle cellule esterne ed aumenta il movimento del liquido a livello delle cellule acustiche interne. Le cellule acustiche interne
sono i recettori dell’orecchio interno, quelle esterne hanno il
compito di aumentare le vibrazioni della membrana basilare, di
modulare il suono e regolare il livello del tono e del volume.
Il tono di un suono dalla staffa arriva fino alla finestra ovale
dove determina una vibrazione, che si trasmette alla rampa vestibolare dove si trova la perilinfa. Le strutture mobili del dotto
cocleare, cioè la membrana del Reissner e quella basilare, hanno
dei movimenti ondeggianti (onde progressive) che si propagano
verso la cupola della chiocciola. Le onde progressive terminano
in un punto specifico della membrana basilare producendo un
onda di risonanza, determinata dall’oscillazione della membrana. Le onde progressive dei toni acuti finiscono vicino alla
finestra ovale, le onde di risonanza dei toni più profondi terminano più posteriormente e il cervello può integrare i vari stimoli
provenienti dai differenti punti della chiocciola.
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anni d’informazione
Vi raccontiamo...
Montecassino
Pur nelle varie scorrerie e distruzioni, l’Abbazia
risorge sempre più bella
Massimo Sergio
P
ur continuando a descrivervi la
Montecassino benedettina, sorge
spontanea una comparazione.
Anzi è quasi facile ed agevole dire che
non si può venire a trattare, a parlare di
Montecassino senza ricorrere, lasciarci
trasportare da un paragone ben appropriato, cioè quello della nave che sfidando marosi e tempeste, emerge
comunque e sempre sui flutti del
tempo. E le tempeste cominciarono abbastanza presto. Già sotto il governo dell’abate Bonito, forse
nell’anno 581, il duca Zotone di Benevento, al comando delle
sue crudeli e feroci schiere longobarde, invase il Monastero, i
cui monaci si salvarono a stento, portandosi dietro a Roma sia
l’autografo della Regola del Santo, ma anche il peso del pane e
la misura del vino. Soltanto dopo più di un secolo, li ritroviamo
verso il 717 a Montecassino, intenti a
custodire la tomba di san Benedetto, e
più tardi a ricostruire il cenobio.
Quindi con queste attività riprendeva
vigore e rifioriva la vita monastica
cassinese. Al convento affluivano a
frotte pellegrini e prìncipi: fra questi il
duca di Benevento, Gisulfo II, il quale
donò terre e privilegi. Durante il governo dell’abate Petronace, che si dedicò a restaurare l’antico monastero,
vennero a Montecassino a vivere nella
solitudine spirituale e nel fervore della
preghiera Carlomanno, figlio di
Carlo Martello e fratello di Pipino il Breve, e il duca del Friuli,
Ratchis, ch’era anche il re dei Longobardi di quel tempo. Fino
a quel tempo i monaci si erano dedicati all’agricoltura ed alle
arti. Con la venuta di Paolo Diacono (pseudonimo di Paul Warnefried o Paolo di Varnefrido/Cividale del Friuli, 720 – Montecassino, 799), autore della Storia dei Longobardi e, secondo
taluni, anche dell’inno Ut queant laxis che fornì a Guittone
d’Arezzo le note della gamma musicale, si aprì il periodo aureo
delle lettere. Dopo una visita di Carlo Magno che concesse
all’Abbazia altri importanti privilegi, ritornarono i tempi tristi e
disagevoli, con le incursioni dei saraceni. Costoro nell’883
piombarono sul monastero, assassinarono sull’altare l’abate Bertario e molti monaci, appiccarono il fuoco alle mura e carichi di
bottino presero la fuga verso il fiume Garigliano. Pochi monaci
riuscirono a salvarsi da quella strage e ripararono a Teano, con
l’autografo della Regola, le bolle, i diplomi, i privilegi. Il soggiorno dei cassinesi a Teano durò all’incirca trent’anni e non fu
di certo più felice di quello precedente: essi persero una parte
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anni d’informazione
del loro patrimonio e, in un incendio,
anche il prezioso autografo di san Benedetto. Un’altra sosta essi dovettero
fare a Capua e quando poterono tornare a Montecassino furono agitati
dalle discordie e dalle guerre che tormentavano ed insanguinavano l’Italia.
Il monastero era quasi diruto e cadente
quando nel 1058 l’abate Desiderio dei
prìncipi di Benevento, assunto il governo di Montecassino, volle che questo non fosse solo un centro di cultura e di vita monastica, ma
anche un monumento d’arte. Rifatto dalle fondamenta il monastero, Desiderio raccolse a Roma marmi e colonne che da Ostia,
lungo il mare, trasportò alle foci del Garigliano e poi alle falde
del monte. Così sorse la prima basilica che era divisa da una
doppia fila di dieci colonne e terminava in un’abside con l’altare
dedicato a san Giovanni Battista. Il
soffitto era scolpito a rilievo, le pareti
dipinte, il pavimento ed il vestibolo a
mosaico, le porte di bronzo. La basilica fu consacrata il primo ottobre dell’anno 1071 da papa Alessandro II.
Duecento monaci convivevano allora
a Montecassino e si occupavano
ormai più di arte e di lettere che della
coltivazione dei campi. Il loro lavoro,
paziente e sereno, fu per molto tempo
turbato dalle lotte per le elezioni degli
abati che erano suscitate da prìncipi e
baroni per impadronirsi del patrimonio cassinese, dalle guerre fra normanni e tedeschi, dalle ribellioni dei vassalli di cui uno, Jacopo da Pignataro, nella prima
metà del ‘300 riuscì ad impadronirsi dell’Abbazia e a rimanervi
annidato per un anno intero, danneggiandola irreparabilmente.
La storia cassinese, come riportata da padre Luigi Tosti, benedettino, sino a quasi tutto il Cinquecento è come lo specchio fedele
della vita italiana funestata dalle ire di parte e dal fragore delle
armi. Il risorgimento morale, materiale ed artistico dell’Abbazia
cominciò dopo l’unione di Montecassino alla Congregazione di
santa Giustina di Padova. Da allora, le lotte virulenti nel mondo
non distrassero più i monaci dalla preghiera, dal lavoro e dallo
studio se non due volte: durante la guerra della successione di
Spagna e durante la rivoluzione francese. Poi, finalmente, venne
la pace. Almeno per un secolo e mezzo. Arrivarono allora i liberatori alleati nel 1943/’44 che la rasero nuovamente al suolo credendo di trovarvi annidati numerose truppe tedesche. Ma questa
è un’altra storia, storia più recente e se ne sono celebrati i nefasti
esiti qualche mese fa, in varie cerimonie in tutta la Ciociarìa…
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Via Maremmana III
via Casilina San Cesareo (RM)
Psicologia
Ilaria Antonucci - Psicologa e psicoterapeuta
IO DALLO PSICOLOGO NON CI VADO
“L’ho finita con la psico-analisi. Dopo di averla praticata assiduamente per sei mesi interi sto peggio di prima. Non ho ancora
congedato il dottore, ma la mia risoluzione è irrevocabile. Ieri intanto gli mandai a dire che ero impedito, e per qualche giorno
lascio che m’aspetti. Se fossi ben sicuro di saper ridere di lui senz’adirarmi, sarei anche capace di rivederlo. Ma ho paura che
finirei col mettergli le mani addosso.” Italo Svevo/La coscienza di Zeno
Q
uesta volta mi piacerebbe affrontare con voi una tematica
che ho solo “toccato di sfuggita” nei mesi precedenti, e cioè
il rapporto tra la figura dello psicologo e coloro che decidono o non decidono di avvalersi dell’aiuto di questo specialista nel
corso della loro vita. State tranquilli, non vi “propinerò” una lunga
disquisizione sulla storia della psicologia né, tanto meno, un monologo sulla necessità assoluta di andare dallo psicologo. Mi fa piacere, al contrario, potervi rendere partecipi di alcune mie riflessioni
al riguardo. Sono una psicoterapeuta ma la mia non è la storia di
chi, fin da piccola, insegue un sogno e,
in età adulta, lo realizza. Per anni ho
voluto fare la scrittrice, la giornalista o
comunque un mestiere che avesse a
che fare con la scrittura. Ed ero convinta che, quantomeno, avrei conseguito una laurea in lettere (molto
probabilmente antiche, visto il mio
amore viscerale per il latino ed il
greco). Ad un certo punto, però, tutto
è cambiato. Non so dire bene cosa ma
ho sentito che volevo fare altro.
Quando qualcuno mi chiede perché
abbia scelto proprio questo mestiere,
ciò che mi viene in mente non è “il bisogno di aiutare gli altri” o “la necessità di conoscere meglio me stessa”,
ma la sensazione che ebbi quando presi quella decisione. E la gioia
che provai quando trovai l’edificio in cui mi sarei formata, dopo
aver vagato per la città universitaria, la piazza del Verano ed il quartiere San Lorenzo. Tutto il mio entusiasmo, però, non ha generato
in me pensieri da delirio onnipotente del tipo “il mio lavoro è il più
importante di tutti” oppure “tutti dovrebbero andare dallo psicologo”. Le assolutizzazioni, secondo me, sono sempre dannose e questo vale sia in un senso che nell’altro. Non tutti, secondo me, infatti,
debbono per forza avere necessità di andare dallo psicologo come
è vero che lo psicologo non è per tutti. Quello che su cui mi preme
soffermarmi, invece, sono i numerosi preconcetti di cui è impregnata, da secoli, questa tematica, malgrado l’evoluzione a cui è stata
soggetta. La mia prima riflessione al riguardo è più una domanda,
che vi ho già posto e che vi ripropongo: “Perché, quando si ha mal
di denti, non ci si fa nessun problema ad andare dal dentista (se non,
è chiaro, quello economico!) e quando si ha un disturbo di natura
“non strettamente organica” non ci si dovrebbe rivolgere ad uno
specialista del settore?”. So che non potete rispondermi e che,
quindi, la mia domanda cadrà nel vuoto ma mi faceva comunque
piacere condividere questo pensiero. Un’altra riflessione, conseguente alla precedente, è “perché, se si decide di intraprendere un
percorso psicoterapeutico, bisogna vergognarsene?”. Ammettere le
proprie debolezze non è mai facile ma, se si cambiasse prospettiva
e si iniziasse a concepire l’idea che possa accadere a tutti di avere
uno o più momenti difficili nella vita, probabilmente si riuscirebbe
anche a trovare una soluzione, a volte più semplice e meno dolorosa
di quello che si pensa. Un’altra remora ad intraprendere il percorso
può essere legata alla convinzione di poter risolvere i propri problemi da soli, come se permettersi di essere aiutati comporti uno
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anni d’informazione
scacco all’autostima. Purtroppo tutte queste rigidità sono estremamente d’intralcio al benessere di quella persona che, per tante ragioni, potrebbe trarre beneficio dal setting terapeutico. Per non
parlare del collegamento che troppo spesso si crea nella mente dell’individuo tra psicologo e pazzia! Come se poi la pazzia fosse un
concetto chiaramente definibile! Magari i miei toni vi sembreranno
un po’ duri e forse non ho rispettato neppure il patto iniziale, cioè
quello di non essere troppo “di parte” in questo discorso ma, il mio,
vi assicuro, vuole essere un ragionamento primariamente di carattere sociologico ed antropologico e successivamente psicologico. Ritengo,
difatti, che vedere in chiave diversa la
psicologia aiuterebbe l’uomo ad evolvere umanamente e culturalmente. Ciascuno di noi è dotato di fegato, cuore,
polmoni ma anche di pensieri, emozioni
e sensazioni. Perché chiudere tutte queste ultime cose che ho citato nella parte
più recondita di noi? A che cosa dovrebbe giovarci questo atteggiamento?
Ne è passato di tempo da quando si pensava che, applicando delle calamite
sulle parti del corpo, si potesse sbloccare il flusso dell’energia e quindi produrre benessere. Ed è passato anche del
tempo da quando si pensava che l’intelligenza delle donne o degli individui di colore fosse inferiore a
quella dei maschi bianchi, a causa di una differenza nella forma e dimensione del cranio. Mi piacerebbe, quindi, pensare che ne sia passata di acqua sotto i ponti anche da quando si avevano certe
credenze sull’essere umano, le sue emozioni, la sua vita e tutto ciò
che lo riguarda. Desidero soffermarmi anche su un’altra questione
e cioè sul fatto che molte volte non è raro sentire in giro frasi del tipo
“ma perché si lamenta? Ha tutto dalla vita!”. Purtroppo anche questa
è un’altra convinzione errata, che non riguarda propriamente il fatto
di andare dallo psicologo ma l’essere umano e la sua vita in generale. Ritengo, infatti, che ognuno di noi sia un individuo unico, con
la sua storia, i propri vissuti, le proprie esperienze, i propri traumi
e le proprie ferite. Magari quello che può mettere al tappeto uno,
per un altro può non essere affatto un problema. Magari quel particolare evento è legato in maniera profonda a nodi che la persona
non ha ancora sciolto e forse non è neanche consapevole di dover
sciogliere. Oppure quel fatto si è andato a sommare a tutta una serie
di fatti particolarmente dolorosi e pesanti da sopportare. La famosa
goccia che ha fatto traboccare il vaso. Quindi credo che, al di là di
come ognuno di noi sopporti o pensi di risolvere i propri problemi,
sarebbe importante rispettare la sofferenza altrui, considerando che,
per quanto si possa essere dotati di empatìa, nessuno potrà mai mettersi totalmente nei panni di un altro. Insomma, il succo del mio discorso è che qualunque sovragiudizio sull’esperienza di vita di
un’altra persona dovrebbe essere evitato; nel contempo, ciascuno
di noi dovrebbe farsi condizionare il meno possibile da ciò che l’altro pensa di sapere, non vivendolo. Questo affinché si possa vivere
in un mondo migliore, attraverso relazioni più pulite con chi ci circonda, e non allo scopo di mandarvi tutti dallo psicoterapeuta!
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Economia, Finanza e Fisco
L’IMPOSTA UNICA COMUNALE (IUC)
L’istituzione dell’Imposta Unica Comunale (IUC) dal 1° Gennaio
2014 ad opera dell’articolo 1 della Legge 27 Dicembre 2013
(Legge di Stabilità per l’anno 2014) ha determinato la riforma
della fiscalità immobiliare comunale. La IUC è costituita da:
• imposta municipale propria (IMU), a carattere patrimoniale,
dovuta dal possessore di immobili ad eccezione delle abitazioni
principali;
• tributo per i servizi indivisibili (TASI), dovuto dal possessore
e dall’utilizzatore di un immobile;
• tassa sui rifiuti (TARI), legata al finanziamento dei costi per il
servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
IMU
Il presupposto dell’IMU è il possesso di immobili, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, escluse le abitazione
principali e relative pertinenze, ad eccezione di quelle che sono
classificate nelle categorie catastali A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (ville) e A9 (palazzi storici e castelli). Sono soggetti
passivi dell’IMU:
• il proprietario dell’immobile;
• l’usufruttuario;
• il titolare del diritto d’uso;
• il titolare del diritto di abitazione;
• il titolare del diritto di enfiteusi;
• il titolare del diritto di superficie;
• il locatario di bene in leasing;
• il concessionario di beni demaniali.
Il versamento dell’IMU si effettua in due rate, scadenti la prima
il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre 2014. E’ data facoltà al
contribuente di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere
entro il 16 giugno.
TASI
Il presupposto impositivo della Tasi è il possesso o la detenzione,
a qualsiasi titolo, di fabbricati, compresa l’abitazione principale,
e di aree edificabili ad eccezione dei terreni agricoli. In caso di locazione finanziaria, la TASI è dovuta dal locatario a decorrere
dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto (periodo compreso tra la data di stipulazione e la data di riconsegna
del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna). Nel
caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati è
il soggetto che gestisce i servizi comuni ad essere responsabile
del versamento della TASI dovuta per i locali e le aree scoperte di
uso comune e per i locali e le aree scoperte in uso esclusivo ai singoli possessori o detentori, fermi restando nei confronti di questi
ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario
riguardante i locali e le aree in uso esclusivo. In caso di detenzione
temporanea di durata non superiore a sei mesi nel corso dello
stesso anno solare, la TASI è dovuta soltanto dal possessore dei lo-
25
anni d’informazione
cali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e
superficie. Nel caso in cui l’unità immobiliare sia occupata da un
soggetto diverso dal proprietario o dal titolare di altro diritto
reale una parte del tributo, compresa tra il 10% ed il 30% (secondo quanto stabilito dal regolamento comunale), è a carico
dell’occupante che, per questo, è titolare di un’autonoma obbligazione. In base al principio di non solidarietà tra detentori e
possessori, ove vi siano inadempienze da parte del detentore,
non è chiamato a risponderne il possessore (già soggetto al pagamento della restante quota, tra il 90% ed il 70%, in base a
quanto previsto dal regolamento comunale). Per i comuni che
non hanno assunto le deliberazioni TASI entro il 23 maggio, il
versamento della prima rata TASI viene posticipata al 16 ottobre
2014 (a tal fine, i comuni devono deliberare entro il 10 settembre
le aliquote e le detrazioni). Se i comuni hanno deliberato le aliquote TASI entro il 23 maggio e queste sono state pubblicate sul
sito ministeriale entro lo stesso mese di maggio, la prima rata
TASI deve essere pagata entro il 16 giugno mentre il versamento
della seconda rata TASI deve essere effettuato entro il 16 dicembre 2014 (il contribuente ha la facoltà di scegliere di pagare in
un’unica rata, entro il 16 giugno 2014). Il Consiglio Comunale
di Frosinone ha determinato il pagamento della TASI (con aliquota pari al 2,5 per mille) sull’abitazione principale e sugli immobili ad essa equiparati e relative pertinenze, purché non
accatastati in categoria A1, A8 ed A9. L’aliquota TASI è azzerata
per gli immobili diversi dall’abitazione principale e ad essa equiparati (sui quali è previsto il pagamento dell’IMU).
TARI
Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati nel territorio
comunale, in cui è svolto il servizio di raccolta rifiuti. In caso di
pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria (vincolo di solidarietà). In caso di detenzione temporanea di durata non
superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare la TARI è
dovuta solo dal possessore a titolo di proprietà, uso, usufrutto,
abitazione o superficie. La dichiarazione TARI deve essere effettuata entro il 30 giugno dell’anno successivo alla data di inizio
del possesso o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili al tributo. La riscossione del tributo da parte del comune
avviene attraverso l’invio ai contribuenti di inviti di pagamento
attestanti, per ogni utenza, le somme dovute per tributo ed addizionale provinciale. L’ammontare complessivo è diviso in tre
rate, scadenti nei mesi di luglio, settembre e novembre (il contribuente ha la facoltà di effettuare il pagamento in un’unica soluzione nel mese di luglio).
Dr. Achille Pellegrini – Zeta consulting
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Eventi - Trivigliano
La “Comunità in Dialogo”
di Trivigliano festeggia
i suoi ventitrè anni.
Incontro del nostro
Direttore con Padre Matteo
Padre Matteo Tagliaferri,
Vincenziniano, con gli occhi lucidi ma
pieni di luce parla della “Sua” creatura
che è, e rimane un fiore sbocciato da
23 anni e mai appassito.
Nicandro D’Angelo
n un clima festoso si è svolto il 22 giugno scorso un compleanno speciale, dove gli attori sono i ragazzi della Comunità
e tutti gli Operatori hanno fatto da corollario per superare
lo stato di tossicodipendenza o di alcolismo o quant’altro che
spesso, purtroppo, i giovani e meno giovani vengono a trovarsi.
Due ore intense hanno suggellato un incontro
con Padre Matteo, responsabile della “Comunità
in Dialogo” di Trivigliano dove ospita, oggi, circa
novanta ragazzi divisi tra 30 donne e 60 uomini.
Ma in un trascorso non lontano la struttura ha
raggiunto anche 120 ospiti.
I
L’intervista
Padre Matteo grazie per questa sua accoglienza
in questo luogo così ospitale, dove la freschezza
del luogo, circondato da valli e montagne, sembra un’oasi di Paradiso. Chi non lo conosce
pensa sia un refugium peccatorum di drogati o
alcolizzati, mentre salendo le scale, ho incontrato volti distesi e persone normali. E’ così?
“Direttore questa sua domanda mi riempie di gioia,
significa che lei con occhi attenti ha potuto constatare che nella nostra comunità ci sono “Persone”
uomini o donne che siano e poi i loro problemi, che
noi affrontiamo insieme per risolverli. Lei ha enunciato una locuzione latina ( rifugio dei peccatori)
appellativo dato nelle litanie alla Madonna, in
quanto madre misericordiosa verso le persone o enti, che usa eccessiva indulgenza o in genere accoglie con benevolenza i diseredati. Sì diseredati perché hanno avuto un momento di debolezza
e proprio qui ritrovano la serenità e il vero volto della vita”.
Dalla sua esperienza e dagli incontri con i suoi “Ospiti” quali
impressioni ha tratto nel primo momento dell’incontro?
“Posso darti del tu così mi è più facile rispondere e parlarti con il
cuore” “Certamente Matteo” . Vedi prima ti dicevo che tutti i
nostri ospiti in questa nostra Comunità arrivano con i loro pro-
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blemi, ma noi li accogliamo come “Persone” e poi affrontiamo il
problema. Il primo impatto con loro é di sguardi, il comunicare con
il sorriso, stare ad ascoltarli senza trarre conclusioni. Devono subito
sapere che noi stiamo qui per stare vicino a loro senza giudicarli.
L’accoglienza deve essere sempre festosa, farli sentire a loro agio e
poi cominciare ad ascoltare la loro storia;
ognuno di loro ha una storia. Chi è partito nel
drogarsi perché voleva provare; chi indotto da
una mancanza di affetto all’interno delle mura
familiari; chi spinto dalla disperazione avvenuta
per delusioni. Tutti hanno un fattore comune: la
perdita dei valori”.
Matteo, tu hai iniziato questo percorso 23
anni fa. Pensavi che era possibile attuarlo e
con quali mezzi?
“Tutto è iniziato in un incontro all’Aquila con
un papà che mi si avvicinò dicendo che era disperato perché aveva il figlio in macchina drogato e non sapeva come fare. Il giorno dopo il
giovane figlio aveva un procedimento penale e
non sapeva a chi affidarlo, il suo nome era Danilo. Senza nemmeno farmi parlare me lo portò
in macchina dileguandosi. Feci da garante al
Giudice che lo avrei portato in una Comunità e
lo portai momentaneamente nella Canonica di
Casamari. Seppi che a Trivigliano c’era una casa
adibita all’accoglienza del fanciullo, ma era
chiusa, e ne chiesi l’utilizzazione e così è iniziata questa meravigliosa avventura”.
Intanto bussano alla porta per annunciare che erano arrivate le
autorità: il Prefetto di Frosinone, il Questore, il Comandante
provinciale dei Carabinieri ed altri. Sarebbe stato bello continuare, ma doveva iniziare la cerimonia per festeggiare quella
giornata dove i novanta abbracciavano i loro parenti e sussurrare “Aspettami sono quasi uscito da quel tunnel e presto ritornerò
a casa”.
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anni d’informazione
Eventi - Ceccano
GEA
L’Associazione culturale
Fabraterni premia i vincitori
del concorso letterario
“Liliana Bragaglia”
e presenta il libro
“Sulle ali di una Farfalla”
di Piero Cesari
I
l presidente Serra non poteva scegliere
miglior posto per fare una cerimonia,
di alto profilo culturale, che è quello
della Badia di Ceccano dei Padri Passionisti. I religiosi di questo stupendo convento
mantengono intatti i principi di San Paolo
della Croce, fondatore dell’ordine dei
Padri Passionisti, sempre dediti all’accoglienza e all’amore verso i poveri, e attenti
ad eventi culturali che coniugano storia,
libri e arte. Per questo il presidente Ennio
Serra ha voluto scegliere questo luogo
sacro, dove si “assapora il gusto della Storia non solo religiosa, ma anche della Comunità civile di questo nobile territorio di
Ceccano”, per premiare gli scrittori che hanno
presentato i loro racconti tratti o ascoltati nel periodo bellico del secondo conflitto mondiale
(Settembre 1943-Maggio 1944) in cui il territorio
del Cassinate fu teatro di massicci e tragici bombardamenti anglo-americani. Perché questo
tema è stato posto dal Presidente e dall’Associazione? La risposta viene da lui direttamente:
“Perché in quel periodo i bombardamenti devastarono tutto il nostro circondario causando migliaia di morti e in special modo la distruzione dell’Abbazia di
Montecassino con il devastante passaggio delle truppe
marocchine che violentarono donne, uomini e bambini
nella loro dignità”. Il primo classificato è stato Roberto
Cipoliato di Bologna (titolo Fratelli nella tempesta) il cui
brano è stato letto dalla signora Felicetta Maliziola che,
anche per gli altri classificati, ha dato un tocco di classe ai
vincitori presenti. Il secondo classificato Giovanni Mastrogiacomo di Ceccano (La M nelle mani) e il terzo
Mauro Barbetti (Una storia). Tutti e tre i racconti racchiudono la purezza dell’amore dell’anima che vince anche la
morte. La seconda parte della serata è stata dedicata alla
presentazione del libro “Sulle ali di una farfalla” del Prefetto emerito Piero Cesari. L’intervento del Prof. Luigi
Giulia, già nella sua prefazione, ha voluto rimarcare che
questo libro è formato da tre parti nelle quali vi sono: i racconti, le filastrocche e le poesie. Questo è un libro che
l’autore dedica essenzialmente ai bambini, ai giovani e
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anni d’informazione
anche alle persone di ogni età, dando
una straordinaria attualità nel linguaggio e una comune creatività poetica. Il
messaggio che il Dr. Cesari vuole dare
con questo suo lavoro è trasmettere a
tutti coloro che lo leggeranno quello di
conservare il nostro “cuore di fanciullo”
e sognare è possibile se voli con la fantasia “sulle ali di una farfalla”. E’ stata
invitato il nostro Direttore che in un
breve intervento, di cui riportiamo solo
un passo, ha detto: “Quale momento più
bello della vita può essere esaltato se
non quello di poter sentire nel proprio “Io” la voglia di scrivere un libro di poesie e il Prefetto
emerito Cesari ha scritto questo libro al di fuori
della normalità con episodi fantastici nei quali il
quotidiano si confonde con la fantasia creando
un mondo di stupore e di magia”. Infine il Dr.
D’Angelo ha recitato una poesia Sogni. In chiusura il presidente Serra ha voluto ringraziare la
signora Margherita Rodriguez, presidente
dell’Associazione Amici del Messico per la sua
fattiva collaborazione. Si chiude una pagina di
storia che deve essere pietra miliare e di insegnamento per
i giovani e le future generazioni.
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Moda e tendenze
Emanuela Crescenzi
Prova...costume
C
are amiche eccoci arrivate al tanto sospirato
mese di luglio, scuole finite e vacanze iniziate per molte di voi, questo mese voglio
aiutarvi nella scelta del costume, sembra facile, ma
non lo è. Innanzi tutto ricordatevi sempre che nei
negozi ci sono gli specchi, quindi usateli, ogni tipologia di fisico ha il suo costume adatto, e
quest’anno molti brand hanno creato costumi per
le donne curvy, una sorta di pancera miracolosa
nascosta che riesce a dare armonia ed eleganza
anche ad un fisico pieno di rotolini e ciambelle
varie. No assoluto ai bikini ridotti se non avete un
fisico perfetto, anche il costume da brasiliana è severamente vietato se avete la cellulite sul lato b!!!
Detto questo vi consiglio di optare per modelli
sobri ed eleganti nei classici bianco o nero,
quando siete già abbronzate, mentre nei primi
giorni scegliete fantasie floreali coloratissime per
non attirare l’attenzione sulla vostra pelle color
latte. anche al mare pelle e capelli vanno curati e
protetti con prodotti specifici e di qualità, perché a
vacanze finite, i danni rimarranno con voi.
Pitti uomo
Adesso voglio dedicare un pò di spazio ai nostri amici
lettori. A Firenze si è appena concluso il Pitti uomo
ed abbiamo assistito a numerosissime sfilate, dove
a fare da protagonista, c’era un uomo curato ed elegante, un uomo che non passa inosservato e che
non viene più offuscato dai tacchi della compagna,
anche per le prossime stagioni troviamo completi eleganti, ma rivisitati con pantaloni alla caviglia abbinati
a giacche morbide e polacchine ricercate dallo stile
artigianale in svariate tonalità; grande rientro nell’outfit maschile delle borse, in diverse misure e poi
sciarpe, sciarpe e sciarpe, per dare il vero tocco di
classe. Cari amici non esitate a scrivermi per chiedermi suggerimenti in proposito, aspetto le vostre lettere anche in vacanza.
Ora vi saluto dandovi appuntamento al prossimo numero, buone vacanze a tutti, dalla vostra Emanuela.
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anni d’informazione
Moda
Federica Spaziani Testa
are amiche, si sa, noi donne amiamo
fare shopping... ma spesso non ci accorgiamo di farlo in modo sbagliato,
per questo motivo, abbiamo deciso di realizzare un articolo, dedicato a tutte le persone che vogliono scoprire quali sono i
problemi negativi provocati dall’abbigliamento e dagli accessori sbagliati acquistati.
C
Moda e benessere
Partiamo dagli orecchini: lo sapevate che se
troppo pesanti possono causare danni e perfino infezioni? Stessa cosa riguarda le borse
shopping, per intenderci, il modello ultra
grande:sicuramente molto capienti,ma andare
in giro con un sacco di peso in più, non farà altro
che portarvi a seguire una posizione sbilanciata.
Cercate di evitare poi i capi d’abbigliamento intimo troppo stretti, non serve
a nulla mettere in mostra le proprie
bellezze se si è scomode e inoltre
non si ha la possibilità di respirare.
Idem per i pantaloni troppo attillati.
Per non parlare del tanga, lo sapete
che anche il popolare capo d’abbigliamento intimo causa danni alla salute?
Pare che i tessuti in pizzo abbiano il difetto di trattenere l’umidità e non lascino traspirare la pelle, causando
anche serie infezioni.
Non acquistate mai, inoltre, cinture troppo strette e responsabili di dolori o di sensazioni di
formicolio, il risultato finale
sarà quello di comprimere il
nervo dell’addome causandovi dolori e fastidi.
Infine carissime donne, lasciate stare le scarpe con tacchi
alti che spostano tutto il peso sulle
punte, il risultato sarà quello di portare
tutto il baricentro del corpo in avanti e causare
una postura scorretta provocando ipertensione
e caviglie gonfie.
Seguite questi piccoli consigli e quando acquistate qualche prodotto fatelo per la vostra salute
e non solo per bellezza.
Appuntamento al prossimo mese, care lettrici!
25
anni d’informazione
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ALMANACCO DI LUGLIO
Le feconda estate
Barbara Turriziani
I
n Luglio l’estate raggiunge il suo
apice, generosa di doni intensamente
colorati che rallegrano la vista e il
cuore. Il mese deve il suo nome al grande
condottiero Giulio Cesare che riorganizzò
l’antico calendario, sostituendo la precedente denominazione Quintilis con Julius.
Come oggi, esso non aveva feste di vasto
richiamo, a causa del clima infuocato che
impediva il consueto, copioso afflusso di
pellegrini e turisti nell’Urbe. Le più singolari erano le Ancillarum Feriae, cosiddette per la partecipazione delle ancelle ai
riti in onore di Giunone Caprotina, durante i quali le donne offrivano sacrifici
sotto alberi di fico selvatico, in segno di
purificazione e invocazione di fertilità. Le
schiave, per l’occasione, indossavano indumenti e ornamenti delle loro signore,
mentre quest’ultime si ammantavano
della toga pretesta, la veste maschile dai
peculiari valori sacrali. Erano, dunque,
feste di tipo carnevalesco, di temporanea
sospensione dell’ordine sociale costituito
in cui i Romani amavano, occasionalmente, indugiare. Cielo. Oggi come allora, il firmamento notturno fa mostra
delle sue meraviglie: fra tutte, l‘inconfondibile Via Lattea, con la fenditura del
Cigno, che si snoda da nord-est a sud e
l’imponente costellazione dello Scorpione
che, sebbene appartenga all’emisfero australe, è ben visibile dalle coste mediterranee, sviluppandosi verso sud- est. Il 28
Luglio, lo sciame meteorico delle Sud
Delta Aquaridi, generato dalla divisione
delle comete Marsden e Kracht Sungrazing, avrà la sua massima attività; verso
la mezzanotte, guardando in direzione
sud, quasi sulla linea dell’orizzonte, si potranno esprimere tanti desideri quante
stelle cadenti si riusciranno a vedere. Il
Sole, se il 1° Luglio sorge alle 5:32, tramontando alle 21:05, il 31 Luglio si leverà
alle 5:58, tramontando alle 20:43, con una
riduzione netta della durata del dì complessiva di circa 3/4 d’ora. La Luna raggiunge la fase del plenilunio il 12, per poi
annunciare Agosto, in novilunio, il 27, secondo il moto celeste con cui ci veglia
44
Amedeo Modigliani
Ritratto di Jeanne Hébuterne
dall’alba delle ere. Tra le Date da ricordare, citiamo il 4 luglio, giorno della
Commemorazione dell’ Indipendenza dal
dominio britannico, proclamata dagli Stati
Uniti, nel 1776, nonché data della scomparsa, nel 1934, della scienziata polacca
Marie Curie, scopritrice, con il coniuge e
collega Pierre, del Radio e del Polonio; il
12 luglio invece accomuna le nascite di
due importanti figure del panorama culturale internazionale: nel 1884, quella del
tormentato pittore e scultore livornese
Amedeo Modigliani e nel 1934, quella del
poeta cileno, Nobel per la Letteratura nel
1971, Pablo Neruda. Libro. Luglio è
l’unico mese ad avere un “giorno immaginario“, utilizzato nella letteratura fantascientifica: il 32 luglio è il giorno in cui
gli abitanti di una società asservita ad un
immaginario potere temporale vivevano
Oh estate abbondante,carro di mele
mature, bocca di fragola in mezzo al
verde, labbra di susina selvatica,
strade di morbida polvere sopra la
polvere, mezzogiorno, tamburo di
rame rosso, e a sera riposa il fuoco, la
brezza fa ballare il trifoglio,entra nell’officina deserta; sale una stella fresca verso il cielo cupo,crepita senza
bruciare la notte dell’estate.
Pablo Neruda
in permanenza, nel romanzo breve di Frederik Pohl “Il tunnel sotto il mondo” del
1955. Opera d’arte. In omaggio al citato
Modigliani, grande pittore bohemien e alla
sua dolce e fragile compagna, vi propongo
il Ritratto di Jeanne Hébuterne. La loro
frequentazione ha come sfondo una Parigi
artisticamente in fermento, in cui Modigliani è protagonista. I due si incontrano
soprattutto nello studio di lui, in Rue de la
Grande Chaumière. Qui la ritrae, esaltandone la seducente bellezza. Gli occhi in
particolare sono ritratti con un’attenzione
profonda alla luce e donano al quadro un
alone magico e spirituale. Caratterizzano
la tela la posizione del collo e la sua lunghezza; l’armonia delle forme compone un
dipinto superbo dai colori caldi e pieni.
Erbario. Questo è il mese in cui le erbe
sono lussureggianti, risultato dei venti e
delle piogge primaverili e del Sole estivo.
Il loro profumo riempie l’aria, indugia nel
caldo. I cereali sono vicini alla maturazione e nei campi di montagna si raccoglie
e si mette ad asciugare il fieno. Le erbe officinali sono piene di potenziale, vanno
raccolte ed essiccate all’ombra, all’
asciutto, per conservarle e usarle tutto
l’anno. Le tenere foglioline delle margheritine, in particolare, se raccolte prima
della fioritura, possono aggiungersi alle insalate o nei minestroni. I fiori stimolano la
diuresi ed hanno un’ azione disintossicante. Per potenziarne le proprietà depurative, l’ideale è miscelarli ad altre piante
spontanee come tarassaco, ortica e cicoria
in una splendida raccolta nel sole.
Ricetta. Succhi, centrifugati e frullati sono le
bevande che rinfrescheranno la nostra estate.
Eccone uno tra i più dissetanti ed anche efficacemente purificanti e drenanti, merito del
pompelmo e della menta. Semplicissimo:
mettete la polpa di mezzo pompelmo nella
centrifuga con un cetriolo senza la buccia e 5
foglioline di menta fresca; miscelate, servite
fresco, gustate...meravigliosa estate a tutti.
25
anni d’informazione
Mitologia
Barbara Turriziani
Q
La settima notte del settimo mese
uando l’universo era ancora giovane e la Via Lattea era il Fiume
Celeste, sulle sue sponde viveva
il sovrano di tutti gli dei e imperatore del
cielo, Tentei, la cui bellissima figlia Orihime, occupava ogni ora del giorno a tessere e cucire vesti regali per le divinità.
Lavorava tanto alacremente quanto pregevolmente al fuso, che, giunta nell’età
adulta, il padre volle ricompensarla, scegliendo per lei un degno consorte, il giovane e affascinante Hikoboshi, che
portava al pascolo i suoi buoi attraverso le sponde del Fiume Celeste.
Il primo sguardo fece giurare loro
amore eterno. Presi dalla passione,
vivevano l’un per l’altra, dimenticando tutto il resto del mondo. Orihime non tesseva più la sua tela,
lasciando gli dei senza abiti e la
mandria di Hikoboshi vagava
senza controllo per tutto il cielo.
Ciò scatenò la collera di Tentei il
quale, non tollerando la situazione
e volendo porvi rimedio, fu costretto a punire severamente i due
sposi. Li separò, ponendoli sulle
rive opposte del Fiume Celeste e li
costrinse ai loro doveri. La principessa, disperata, piangeva ininterrottamente. Il sovrano degli dei
allora, impietosito dalle sue lacrime, permise che i due potessero
incontrarsi una sola volta l’anno, il
settimo giorno del settimo mese.
Da allora, uno stormo di gazze
giunge, ogni sette luglio, per creare
un ponte di ali, che permetta ad
Orihime di attraversare la Via Lattea e di stringersi tra le braccia del
suo tanto amato Hikoboshi. In Giappone e
in Cina, questo giorno è detto Tanabata ed
è una delle cinque tradizionali festività
dell’anno solare che si svolge in onore dei
due giovani amanti che il mito ha posto in
cielo come le due stelle maggiori del
triangolo estivo, Vega e Altair. Per celebrare l’incontro astrale, le strade sono illuminate delle luci dei Zen-washi, tipiche
lampade di carta arricchite da decorazioni
simboliche, e ciascuno indossa il tradizionale Yukata, il kimono estivo o il Kamigo-
25
anni d’informazione
Le foglie di bambù frusciano,
vicino le gronde ondeggiando.
Le stelle luccicano, granelli
d’oro e argento. Le strisce di
carta dai cinque colori ho già
scritto. Le stelle luccicano e ci
guardano dal cielo.
(Canzone popolare giapponese).
rono, il kimono di carta, considerati di
buon auspicio. Tra le principali decorazioni di carattere propiziatorio e scaramantico ci sono i Tanzaku, le strisce di
carta, particolarmente cari agli adolescenti, cui affidare, a volte sotto forma
di poesia, preghiere e desideri rivolti
alle due stelle. Sugli usci delle abita-
zioni si espongono reti da pesca e strisce
colorate, molto simili alle nostre stelle filanti, che richiamano i filamenti che Orihime tesseva. Ci si scambiano origami a
forma di gru, le Kinchaku, piccole borse
tradizionali che portano buoni affari e ricchezza. Senza ombra di dubbio però, è il
Bambù il simbolo principale del Tanabata.
Le sue canne ornano ogni angolo e, in alcune regioni, le foglie vengono fatte galleggiare sui fiumi insieme a lanterne di
carta. Esso è considerato una pianta
magica che gioca con la Luna e
scherma dal vento. È umile ma tenace, sempre uguale a se stesso è
verde tutto l’anno, per questo è simbolo di vita, fedeltà coniugale e rettitudine. Nasce così, tra miti e
leggende, non soltanto il Tanabata
ma l’intero, vasto e multiforme costume di un popolo, caratterizzato
dagli intensi colori, ricco di forza
misteriosa e consapevolezza delle
proprie origini. L’esemplare entusiasmo e il devoto culto per le antiche tradizioni con cui le genti delle
estreme Terre d’Oriente sanno intridere ogni gesto e ogni azione del vivere quotidiano, basti solo pensare
al rito del thè, rendono ogni ricorrenza un evento di folklore genuino
ed autentico, irrinunciabile e avvincente che induce a riflettere sul nostro, sempre più avvizzito e stantio
orgoglio nazionale e sulla nostra tiepida difesa della storia nazionale e
del pur immenso patrimonio cultuale
e devozionale sedimentatosi nel millenario corso delle epoche. La via
della Seta, il lento cammino delle
antiche carovane che si snoda in un lungo
percorso terrestre che dalla Cina arrivava
fino all’Europa, che ha contribuito allo
sviluppo di storiche civiltà, come quelle
della Cina, dell’India, della Persia, dell’Egitto e anche dell’antica Roma, oltre
alle pregiate stoffe, alle spezie e ai profumi, può forse ancora essere il tramite e
l’ispirazione per riportare nella vetusta,
pallida Europa un rinnovato anelito di
amor patrio, persosi in chissà quale romanzo d’evasione.
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L’ultimo cavaliere...
Cultura musicale a cura di Cesare Marinacci
S
e il 2013 è stato lo straordinario
anno Verdi-Wagneriano che ha
inevitabilmente eclissato altre illustri ricorrenze musicali, comunque
sottolineate dal nostro magazine, anche
il 2014 è ricco di celebrazioni riguardanti l’arte dei suoni; siamo in presenza
di figure forse meno dirompenti rispetto ai citati dioscuri, pur tuttavia, per
la qualità complessiva, anche l’anno in
corso è ricchissimo di figure da riscoprire : da Edward Elgar a Fryderyk Delius apostoli dell’idillio inglese; dal
barocco di Jean-Philippe Rameau al preromanticismo di Carl Philipp Emmanuel Bach
a Cristoph Willibald Gluck riformatore
dell’opera, ed ancora Niccolò Jommelli,
Hans Leo Hassler e Adolphe Sax inventore
dell’omonimo strumento. Approfittiamo dei
mesi estivi per dedicarci all’ascolto di figure
meno presenti nel bagaglio musicale collettivo ma di fascino assoluto. Abbiamo ricordato lo scorso mese Gabriel Faurè come
rappresentante della scuola francese tra Otto
e Novecento, e restiamo ancora in quel periodo culturale che per la moltitudine delle
esperienze estetiche rinvenibili è tra i più affascinanti e sfaccettati della storia della musica. Astro di prima grandezza che spicca tra
gli altri per densità e fecondità è senz’altro
Richard Strauss, di cui ricorre nel 2014 il
150° dalla nascita avvenuta a Monaco di
Baviera, l’11 giugno 1864.
Spesso citato musicalmente come il più eminente rappresentate della società borghese
di fine Ottocento in realtà ad una tale figura
non si può riservare una definizione così
sbrigativa;essa infatti è efficace per certi
aspetti nel tratteggiare Strauss come un figlio del suo tempo, in quelle opere che celebrano un’epoca di ottimismo e progresso,
ma alquanto riduttiva nel riconoscere invece
proprio nel musicista tedesco le inquietudini
per l’avvenire incerto e la nostalgia di
un’epoca al malinconico tramonto. La sua
opera è effettivamente rutilante di effetti ed
affermativa, ma anche problematica, sperimentale , talvolta iperespressionista; dunque
anche se Strauss non ebbe il profondo struggimento di un Mahler o le fascinazioni rivoluzionarie di un Debussy, appare oggi
inefficace liquidarlo come un reazionario attardato nella sua epoca. Certo egli prese per
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buono lo stadio a cui era giunta la società del
suo tempo, abbracciando senza esitazione i
portati di una cultura ormai giunta sulla
china della decadenza e tuttavia trascinando
al limite estremo proprio questo declino,
porgendo una colorazione di luminosità e di
forza che lo pose decisamente al centro
dell’attenzione internazionale di fine secolo.
Piene di energia ed anche ironia sono le sue
pagine orchestrali che ben si situano nella libertà formale del Poema Sinfonico. Con
Don Juan siamo nel vitalismo esasperato
che inevitabilmente porta alla rovina mentre
in Till Eulenspiegel prende corpo l’ironico
disincanto per una realtà da sfuggire nei suoi
oscuri presagi; in Tod und Verklärung si celebra l’ideale romantico dell’aspirazione infinita, della continua ricerca che trova il suo
compimento solo nel momento estremo e in
Don Quixote la nobiltà dell’eroismo, la ineffabile vocazione cavalleresca e la sua folle
saggezza. Intriso di filosofia ‘nietzscheiana’ il celeberrimo Così parlò Zarathustra, così come il più articolato Vita D’Eroe,
fondato su un beethoveniano confronto col
destino, appena velato di tragicità superomistica.
Tuttavia non inganni la programmaticità complessa
di tali composizioni; siamo comunque di fronte a
capolavori perfettamente compiuti
che non hanno bisogno del sostegno
letterario per brillare in tutta la loro
energia; sfavillanti nelle immagini e sorretti da una vera lussuria orchestrale, sono
di ascolto denso e appagante. Padrone del
mezzo tecnico, in maniera istintiva,
Strauss affronta l’orchestra come un conquistatore per il quale la tecnica musicale
non ha segreti, plasmandola in uno strumento docile, capace di realizzare qualsivoglia intenzione espressiva. Anche in
tale senso Strauss continua la linea di
Berlioz, di Liszt e dello stesso Wagner,
non solo adottando in pieno la forma
della musica ‘a programma’, nella quale
approfondire con i suoni suggestioni letterarie, ma proseguendo nell’opera di enfatizzazione dei mezzi orchestrali, tanto da
venire presto definito ‘il mago dell’orchestra’ eguagliato in virtuosismo timbrico
solo, forse, da Maurice Ravel. Per lui l’orchestra è uno strumento pittoresco e funambolico, con cui l’artista può esprimere una
visione fondamentalmente vitale della realtà. E dal punto di vista armonico
si collega all’esperienza wagneriana, approfondendo e arricchendo il linguaggio senza
mai metterlo in crisi, creando pagine di
grande rilievo in campo sinfonico come
quelle appena citate, cui va aggiunta senz’altro la grandiosa Sinfonia Delle Alpi così
come la Sinfonia Italiana; di estrema problematicità sono invece le opere liriche Salomé ed Elettra che restituiscono uno
Strauss multiforme e tutt’altro che conservatore, pervase da un linguaggio onirico ed
allucinato, dagli oscuri presagi. Imperdibile
nella sua fresca originalità anche la Burleske per pianoforte ed orchestra così come
la densità lirica dei ‘Quattro ultimi Lieder’
per voce ed orchestra e la caleidoscopica ineffabilità di Metamorphosen
per soli archi. Delicatissimo infine Il
Cavaliere della rosa, felice rievocazione teatrale nel 1911, in chiave più
nostalgica che ironica, di quel mondo
che stava per sgretolarsi tra i fulmini
della grande guerra, di cui pure ricorre quest’anno il centenario, quello
della Vienna felice degli altri Strauss,
Johann, Joseph, Eduard, con i quali
forse avrebbe voluto condividere non
solo il cognome ma anche i fasti di
un tempo, i balli della principessa
Sissi, il mondo leggero dei Valzer…
25
anni d’informazione
eventi
La Valigia dei Sogni.
Premiazione di “Parole nel Cassetto”
GEA
“P
arole nel Cassetto”, concorso letterario de“La valigia dei sogni”, istituito dalla Associazione culturale “Indiegesta” di Ceccano, ha come scopo di
premiare la migliore poesia e racconti che avrà come tema centrale: “L’immigrazione”. Non a caso la
loro locandina ha come soggetto la valigia, come portatore di sogni, speranze ed
aspettative.
Gli invitati speciali saranno immigranti
che racconteranno la loro esperienza fino
ad oggi. Cittadini perfettamente integrati
che danno la loro opera al sistema Italia,
allo stesso modo le storie di italiani che
sono emigrati e hanno trovato altrove ciò
che qui non avevano, e che verosimilmente hanno vissuto le stesse situazioni
comuni a tutti gli immigranti.
Presentatore dell’evento il giornalista
Dario Facci, l’apertura dei lavori di Viviana Isernia, referente attivismo Amnesty
Lazio. La seconda parte sarà dedicata ai
racconti finalisti della seconda edizione di
“Parole nel Cassetto” che vede la presenza dei seguenti scrittori: il presidente
di giuria Sandro Bonvissuto, Giuseppe
Truini, Francesco Formaggi, Maria Laura
Lauretti (giornalista), Hilde Merini.
La serata sarà chiusa da un buffet multietnico preparato dalle
varie comunità migranti residenti a Ceccano.
Breve cenno su Indiegesta.
L’Associazione culturale IndieGesta è stata fondata il 22 giugno
2001 a Ceccano (Fr) da un gruppo di 20 ragazze e ragazzi. Fin
dalla fondazione IndieGesta si è strutturata in tre aree tematiche:
Area Blu (iniziative culturali: musica, cinema, teatro, arte, fotografia); Area Bianca (solidarietà, adozioni a distanza, integrazione multiculturale); Area Verde (ambiente, sviluppo sostenibile). L’Associazione gestisce inoltre una rivista indipendente,
Oblò, un blog, OblòG, ed una piccola casa di produzione indipendente, la IndieGesta Films, specializzata nella realizzazione
25
anni d’informazione
(
Conosco storie e odori di terre diverse,
colline verdi, ieri. Fresca acqua di fonte,
vecchia casa ad angolo sul mondo.
Da te partono le mie traiettorie sempre
il giorno dopo il riposo”
“L’arameo errante” - Nino Sassi Giovenale- Spoleto
)
di cortometraggi e documentari. Nel
corso degli anni IndieGesta si è resa
protagonista di diverse iniziative sociali, quali la campagna a sostegno di
Emergency, che è valsa all’associazione
il prestigioso riconoscimento del Premio “Antonella Cecconi” per la Solidarietà e il Volontariato nel 2002, e la
campagna per il recupero della memoria storica, culminata con la realizzazione del libro-film “Ore dieci e quaranta”, lavoro premiato con il Premio
Giornalistico Internazionale “Inars Ciociaria 2004″, e con il riconoscimento
per la città di Ceccano della Medaglia al
Merito Civile per le tragedie subite nel
corso della Seconda Guerra Mondiale.
A questo si aggiungono le decine di iniziative di prestigio internazionale organizzate in questi sette anni di attività,
quali ad esempio: il Women&Blues Festival, l’IndieGesta Music Festival, l’IndieJazz Festival, l’Imboscata Rock Festival, il Premio nazionale di poesia “Pensieri di
Pace”, il Dieciminuti Film Festival, la mostra fotografica “Terra”
di Sebastião Salgado, e la partecipazione attiva in contesti nazionali quali la Tavola della Pace di Perugia, il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza e la campagna mondiale “No Excuse 2015″ indetta dalle Nazioni Unite. A Ceccano IndieGesta
ha poi portato avanti la campagna per l’istituzione della figura del
consigliere aggiunto in rappresentanza degli immigrati e quella
per la creazione di una consulta giovanile comunale. Dal 2009
l’Associazione ha avviato la Dieciminuti Academy, la scuola di
arti visive del Dieciminuti Film Festival.
(Nella foto la pittrice Grey Est di origine latinoamericana da anni residente in Italia)
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in viaggio per il Lazio
Rita Giovannelli
RIETI, città d’acqua
I
l percorso inizia nei pressi del ponte romano, visibile tra
le acque del fiume Velino. Il manufatto permetteva alla
via Salaria, l’antica via del sale di superare questo ostacolo naturale per poi inerpicarsi sul viadotto formato da archi
crescenti. Oggi passeggiando lungo la principale via cittadina
(l’odierna via Roma - l’antico cardo), non tutti riescono ad
immaginare di camminare sui resti di una poderosa costruzione realizzata dai romani per evitare l’impaludamento dell’importante via consolare. Eppure sotto il piano di calpestio
si apre un mondo straordinario ed affascinante, fatto di volte,
architravi, antichi vicoli, che conduce al viadotto romano e
che aspetta di essere scoperto dai visitatori. Anticamente occupata da un grande bacino, la città di Rieti, fu conquistata insieme al resto della regione sabina, nel 290 a.C. da Manio
Curio Dentato. Le acque del fiume Velino, ricche di sostanze
minerali, avevano nel corso dei secoli incrostato le rocce, creando una barriera travertinosa che impediva il deflusso delle
stesse a valle. Il console romano fece eseguire il taglio delle
Màrmore, consentendo così al fiume di precipitare nel Nera
e liberare la pianura di Rieti dalle acque del “lacus Velinus”.
Questa importante opera idraulica, citata spesso nelle fonti
antiche, è considerata uno degli interventi paesaggistici più
interessanti e spettacolari della storia, che da una parte mise
Reate in urto con Terni per i contrastanti interessi connessi
alla regolamentazione delle acque del fiume Velino, dall’altra
trasformò la città in un importante centro agricolo, naturale
fornitore di Roma, “vocazione” che Rieti non ha mai abbandonato nel corso dei secoli. Dopo la conquista Rieti fu sempre
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molto legata a Roma e collegata ad essa dalla Salaria, la via
più antica che usciva da Roma. La denominazione dell’importante arteria si deve alla sua funzione originaria che consentiva alla popolazioni dell’entroterra sabino e dell’agro
reatino di raggiungere Roma per rifornirsi di sale nel Foro
Boario, trasportato qui dalle saline della foce del Tevere ed
alle popolazioni del Piceno di trasportare numerosi prodotti
verso la capitale. Inizialmente la strada doveva giungere a
Rieti, e solo successivamente venne prolungata fino all’Adriatico, in seguito all’assoggettamento del Piceno avvenuto nel 268 a.C. L’ampliamento del percorso richiese un
notevole dispendio di energie e di risorse economiche, se si
pensa che per aprirsi un varco in direzione del mare, i romani
furono costretti a realizzare subito dopo l’abitato di Interocrium, l’odierna Antrodoco, tagli verticali nelle rocce che ancora oggi caratterizzano le “gole del Velino”. In loco il fiume
ha scavato una forra profondissima, forse la più selvaggia e
suggestiva di tutto l’Appennino, dove è possibile ammirare il
“Masso dell’Orso”, rupe tagliata dai romani per un’altezza di
circa 30 metri e una lunghezza di 20, a perpendicolo sul
fiume. Queste ed altre modifiche, furono necessarie per rendere la consolare Salaria, la principale via di comunicazione
per l’intero territorio sabino, utilizzabile in qualsiasi periodo.
L’abbondanza delle acque della città di Rieti infatti, e le ricorrenti piene del Fiume Velino, resero altresì necessaria la costruzione del viadotto formato da fornici rampanti per elevare
la Salaria. Questo manufatto, superando il fiume con un solido ponte in pietra dove sono visibili i profondi solchi lasciati
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anni d’informazione
RIETI
dalla ruote dei carri utilizzati per il trasporto del sale, permetteva alla strada di raggiungere la città sviluppatasi su una
rupe, evitando allagamenti ed impaludamenti. La struttura inglobata nei sotterranei di alcune dimore patrizie reatine è formata da grandiosi fornici romani costruiti con enormi blocchi
squadrati di travertino cavernoso, a sostegno del piano stradale. Dopo aver attraversato il foro, situato dove oggi si
estende piazza Vittorio Emanuele II, la strada piegava a destra
sulla via Garibaldi, formando gli antichi cardo e decumano
che rappresentano ancora oggi i due assi su cui imperniare
una visita ai luoghi di maggiore interesse della città di Rieti.
Nei sotterranei di casa Sciarra si apre un ambiente straordinario formato da un fornice romano e da archi utilizzati successivamente come fondaci per la vendita di olio e vino. Più
tardi tra il 1600 ed il 1700 questi locali divennero magazzini
mercantili, utilizzo testimoniato
dalla presenza in loco di antichi
dolii oleari della capacità di circa
200 litri cadauno. Interessante risulta visitare il magazzino di casa
Parasassi ed i sotterranei di Palazzo
Rosati Colarieti dove è rintracciabile parte del viadotto con fornici
seminterrati e dove un imponente
muro mostra il piano di inclinazione della via consolare dalle rive
del fiume Velino fino alla rupe di
travertino dove si era sviluppato il
primo nucleo abitativo della città.
L’ambiente più antico di palazzo
Napoleoni, cronologicamente successivo al manufatto romano, è appoggiato verticalmente ad uno
degli archi del viadotto, conservato
per una larghezza di 5,40 m, un’altezza di 3,40 m ed una profondità
di 7,10 m. E’ forse il fornice pervenutoci con la visibilità più completa; risulta infatti quello meno
interrato e caratterizzato, nella parete di fondo da una botola, che nel
passato assicurava il passaggio tra
i palazzi Napoleoni e Vecchiarelli.
Quanto alla quota rispetto al piano stradale dell’attuale via
Roma si è invece ad un’altezza inferiore di 2,90 m, che documenta come nel fornice Napoleoni ci troviamo ad una
quota più elevata rispetto a quella dei due fornici precedenti.
Nella zona più bassa della città di Rieti, sempre sulla riva destra del fiume Velino, era invece posizionato un porto fluviale
ampio e sicuro attracco per le barche che trasportavano granaglie dalla valle reatina ai sotterranei degli edifici citati. In
loco, la presenza di archi ribassati testimonia i continui aumenti di livello delle rive del fiume, tesi ad evitare l’annoso
problema delle inondazioni delle case. Nel passato infatti, le
acque si addentravano per diversi metri lungo l’odierna via
del Porto trasformandola in un canale navigabile. Così Rieti,
con stretti canali formati da case/torri appoggiate al viadotto
romano, si trasformava in una piccola “Venezia di acqua
dolce” per poi tornare, per brevi
periodi, alla percorribilità delle
sue strade. Una interazione in
continua evoluzione del rapporto città - acqua - fiume - viadotto romano. Un rapporto di
odio e amore dove tutti hanno
trovato vantaggi quotidiani e
problemi da risolvere: dalle lavandaie ai contadini, dai mugnai alle ricche famiglie. Oggi,
dopo i lavori di sistemazione del
Velino degli anni Trenta, dopo
la costruzione delle dighe del
Salto e del Turano, l’acqua,
croce e delizia di Rieti, non costituisce più una minaccia per la
popolazione ma un bene da salvaguardare ed uno strumento di
studio attraverso il quale comprendere le vicende del passato.
Per informazioni rivolgersi a:
www.rietidascoprire.it
email: [email protected]
“Rieti da Scoprire”
tel. e fax 0746 296949
ppure 347-7279591
Nota redazionale.
Abbiamo conosciuto Rita Giovannelli in occasione di una gita nel capoluogo sabino, effettuata in una piovosa domenica
di gennaio di quest’anno. Si è dimostrata una eccezionale guida in cortesia, amabilità e competenza. D’altra parte è
anche una collega che scrive per il Corriere di Rieti, redazione dell’Umbria, e collabora con varie riviste specialistiche
nazionali ed estere. Nel 2003 ha ricevuto a Cracovia, in Polonia, il Premio dei “Benemeriti del turismo e dell’ospitalità”;
ed ha altresì fondato da tempo la società “Rieti da scoprire”. Alcune sue pubblicazioni, fra le altre, sono “Rieti, santuari
francescani, itinerari tematici”, “Rieti, architetture sotterranee” e “Rieti Umbilicus Italiae”. Ci ha inviato un suo
articolo che volentieri pubblichiamo e del quale logicamente ringraziamo per l’attenzione dimostrataci.
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anni d’informazione
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Caffè per l’anima
Rodolfo Coccia
Maria Carta,
una Voce, una Terra
nel Mondo
I
o penso che in tanti ancora la ricordano, Maria Carta, la
voce che si fa melodia, sussurro e urla di una terra
amata, bella e incontaminata. Questa volta è toccato
all’Associazione Il Gremio dei Sardi, a Roma, l’onore e il
piacere di ricordare una grande artista ( in occasione degli
ottanta anni dalla sua nascita, Siligo 24 giugno 1934-Roma
22 settembre 1994), vanto di una terra bellissima, che mantiene ancora intatta una propria antica cultura millenaria. Il
Presidente Antonio Maria Masia, regista della serata, ha
ideato e condotto un Reading poetico artistico, teatro e immagini, con la complicità e la partecipazione di Gemma
Azuni (Consigliera al Comune di Roma), Pierfranco
Bruni (scrittore, presidente Comitato Nazionale Minoranze
Etnico-Linguistiche), Rodolfo Coccia (poeta-attore),
Neria De Giovanni (scrittrice, presidente dell’Associazione internazionale dei Critici Letterari), Giuseppe Di
Chiera (giornalista), Leonardo Marras (presidente della
Fondazione Maria Carta), Luca Martella (attore), Antonio
Maria Masia (Presidente del Gremio), Ilaria Onorato (attrice), Giacomo Serreli (giornalista, presidente del Comitato Scientifico Fondazione Maria Carta). In una splendida
serata di inizio estate su di una favolosa terrazza che dava
su Villa Borghese, a Roma, l’arte e la bellezza solare della
grande artista ancora una volta ha toccato la sensibilità e i
cuori dei tanti presenti, che hanno voluto omaggiare ancora
una volta una grande artista, figlia di una terra circondata
dal mare, una Nazione dentro una Nazione. Tanti i contributi teatrali, poetici, amicali ma anche letterari con il dono
alla vasta platea di spettatori, di un libro autobiografico”
Canto Rituale” edito da “La Biblioteca della Nuova Sardegna” – 2006 per La Fondazione Maria Carta, un libro in
versi che ricostruisce l’identità di un popolo, la fisionomia
di una cultura tramandata oralmente soprattutto, ma anche
gestuale, musicale e tradizionale. Chi mi conosce sa quanto
50
amo L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e
nello sfogliare le pagine del libro ho ritrovato proprio
quella stessa costruzione dell’identità di un paese attraverso
il quotidiano delle singole persone che lo animano ( che lo
hanno animato), in un carosello di voci inconsapevoli
(molti anche analfabeti) che hanno fatto la STORIA (anche
quella minore) della Sardegna. I versi sono un susseguirsi
di nomi ( ma anche cognomi e soprannomi) raccontati e
visti in terre e territori duri ma dolci, aspri ma amati, tra
usanze, pastorizia, natura, etnografia, rito e religiosità pagane. I personaggi si concedono nelle pagine scritte alla
sensibilità e alla memoria di una grande conduttrice, capace
di catapultare la sconosciuta identità di un popolo al mondo
intero. E per una donna votata già da bambina ad essere
“messaggera in-canto” di un popolo fiero dell’appartenenza, non è poco, entrando così a far parte di quell’immaginario dei grandi personaggi illustri, che come ebbe a dire
il grande scrittore Dessì “ I soli grandi uomini della Sardegna sono le Donne”.
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anni d’informazione
The Boundary Line 2
Testo di Rodolfo Coccia
Immagine originale di Giovanni Grande
Colorazione digitale di Giulia Trasacco
Let it Be, Let it Be…Lascia che sia, è facile salire le lunghe e tortuose
scale, quando da giovani si permette alla propria ombra di muoversi a
piacimento. Il tempo della maturità è ancora troppo lontana ma anche
tanto vicina. Nulla sarà più come nella gioventù, tutto sarà ancora come
nel sogno. Let it Be, Let it BE…
Lascia che sia…
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L’arte allo specchio
Massimo Sergio
LO STRANO CASO
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omenica 8 giugno, presso il Palazzo Giorgi/Roffi Isabelli in Ferentino, si è svolto un incontro che aveva
tutti gli ingredienti del mistero, con l’intenzione recondita di svelare qualche identità. La curiosità è stata tanta
che anch’io ci sono andato con la segreta speranza di venirne
a capo. L’incontro, indetto dall’associazione culturale Atelier
Lumière, ha avuto lo scopo di presentare un
libro di Feltrinelli curato da Francesca Baiardi, “We are all fakes” (Siamo tutti
falsi), che racconta le vicissitudini e le
esperienze umane ed artistiche del più
grande personaggio vivente della così detta
Street Art, Banksy, artista writer inglese,
del quale si sa di certo soltanto che ha trascorso parte della sua gioventù a Bristol,
ora cittadino del mondo e si pensa che sia
nato nel 1974 o l’anno seguente. Di lui non
52
THIERRY GUETTA ( “MBW”) AUTORITRATTO
si conosce nemmeno il nome vero ed è ignoto il volto, presentandosi egli sempre con un cappuccio calato sul capo che lo
rende non identificabile. Solo pochi intimi sanno come si
chiami veramente e sono capaci di accertarne le fattezze. Secondo una rivelazione effettuata dal giornale inglese The mail
on Sunday si chiamerebbe Robin Gunningham. Una sua
opera famosissima, raffigurante attori
Pulp Fiction che hanno in pugno delle
banane al posto di fumanti pistole, è
stata valutata all’incirca € 400.000. E’
sua caratteristica entrare furtivamente
nei musei e lasciare appese, indisturbato,
delle sue opere fra quelle esposte al pubblico, trascorrendo magari anche più
giorni prima di accorgersene da parte dei
responsabili e dei vigilanti, i quali si
guardano bene dallo spiccarle dalle pareti. Tutte le sue opere hanno un carattere satirico, ironico e grottesco,
riferendosi però alla cultura, all’etica, al
sociale, alla politica, agli armamenti bellici. Tale personaggio in effetti incuriosisce in tutte le sue uscite, che si
svolgono in tutto il mondo e che attirano
su di sé schiere di estimatori se non di
proseliti. Comunque nell’occasione non
si è presentata soltanto la pubblicazione
descritta, edita da Feltrinelli, ma si è
svolto un vero incontro tendente a spiegare l’arte e l’esperienza artistica di
Banks, con la presenza di Fernando Popoli e Corinna Sabetta, i quali con foto,
filmati, diagrammi, prospetti e leggende
hanno saputo incuriosire il pubblico raccolto nella biblioteca del palazzo avìto
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anni d’informazione
Lo specchio dell’arte
BANSKY
ferentinate. V’è stata anche la proiezione di un lungo
filmato in cui si documentano anche alcune prodezze e
frasi emblematiche riportate da Banks, ma soprattutto
l’evoluzione ed ascesa al successo di un personaggio
singolare che risponde al nome di Thierry Guetta, noto
anche con lo pseudonimo di Mr. Brainwash (“MBW”).
Tale documentario si intitola “Exit trhough the gift
shop” (Uscita attraverso il negozio di souvenir) e narra
la maniacale occupazione di un filmaker, il quale filmava di tutto, in famiglia, fra gli amici, in casa e fuori
all’aperto, negli incontri di lavoro, nelle gite, nei viaggi
che faceva usufruendo magari di una camera anche abbastanza rudimentale. Tutto questo materiale, logicamente, aveva un costo in dollari, sottratti spesso alle
esigenze della famiglia, ma che poi si riveleranno fonte
di guadagno e di arricchimento, ma soprattutto di fortuna artistico/sociale per tutti. Infatti il francese Guetta, già gestore
di uno shop di vestiti firmati e videoamatore si trasformerà
nel tempo e mediante frequentazioni con personaggi importanti in uno street artist. Nel documentario, aiutato da Shepard Fairey, si dipanano interviste ch’egli effettua a
rappresentanti della street art, come
Space Invader, suo cugino, Fairey e
Banksy stesso. Inaugurò la sua prima
mostra-evento dal titolo “Life is Beautiful” nel giugno 2008 a Los Angeles,
dove tuttora vive ed opera. Ma parlando
sia di Guetta che soprattutto di Banksy
non si può trascurare di descrivere brevemente la figura di Keith Allen Haring (1958/1990), che è stato uno degli
esponenti più singolari del graffitismo
di frontiera, il quale non disdegnava di
attingere esperienze influenzate dal Dadaismo di Tzara e di altri movimenti ar-
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anni d’informazione
HARING
tistici precedenti. Egli disegnava i suoi Radiant babies (omini
che irradiano) e i Barking dogs (cani che latrano), immersi
in un flusso grafico che ha dato vita ad un linguaggio visuale
inedito ed inconfondibile, colorando spazi pubblici di molte
città del mondo, fra le quali la toscana Pisa. Apparteneva alla
corrente neo-pop, e disegnava i suoi pupazzi stilizzati sulle
metropolitane newyorchesi con un gessetto bianco. Amava dire:”Non penso che
l’arte sia propaganda; dovrebbe invece essere qualcosa che libera l’anima, favorisce l’immaginazione ed incoraggia la
gente ad andare avanti”. Ed aggiungeva al
suo credo che “l’arte celebra l’uomo, non
lo manipola”…
53
Fiuggi
Francesca Ludovici
Il Centro Polivalente
si realizzerà!
I
l centro congressuale, che gli operatori economici della
cittadina termale aspettano da oltre 20 anni, finalmente si
realizzerà. L’annuncio ufficiale dell’imminente realizzazione, arriva dalla giunta Martini che in una nota ufficiale
ha evidenziato quanto segue: “Con la Determina n.633 del
31/05/2014 si conclude il procedimento di gara avviato da
questa Amministrazione per la realizzazione di una struttura
congressuale polivalente nell’area dell’ex campo sportivo in
Viale IV Giugno. Un’opera rincorsa nell’ultimo ventennio da
molte maggioranze politiche e oggi, finalmente, destinata ad
essere realizzata concretamente. La procedura di gara per la
progettazione esecutivo e l’esecuzione dei lavori per realizzare l’opera si è infatti conclusa con l’aggiudicazione definitiva dell’appalto integrato in favore della C.L.C. Soc.
Cooperativa di Livorno che ha ottenuto il punteggio più alto
e porterà a compimento l’opera in 165 giorni, non appena saranno terminate le procedure per la definizione del contratto
di appalto. Un risultato straordinario, frutto dell’impegno dell’Amministrazione Comunale che, pur avendo ereditato
l’Ente, sull’orlo del dissesto finanziario, ha pazientemente
avviato un’opera di risanamento dei conti, recuperando anche
il finanziamento regionale di € 4.500.000,00 destinato all’opera, che il Comune rischiava di perdere a causa della non
curanza della precedente amministrazione. Sono inoltre stati
avviati, attraverso lo stanziamento dei fondi GAL, i lavori di
riqualificazione del compendio ex Stefer-Zona Stazione e il completamento della pista ciclabile presso
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il Centro sportivo Capo i Prati che sarà dotato di un sistema
di illuminazione, sorveglianza e di bagni per chi usufruisce
della pista. Da quando si è insediata, l’Amministrazione targata Fiuggi Unita, ha lavorato costantemente e quotidianamente nell’interesse della comunità; il risanamento finanziario
ha consentito la programmazione a breve, medio e lungo termine- termina la nota dell’ente di piazza Trento e Trieste - di
interventi di miglioramento dei servizi al cittadino e dell’offerta turistica”. Da più di 20 anni a Fiuggi si parla di realizzare
un pala congressi. Negli anni ‘90 sotto la giunta Celani,
quando le risorse dell’ente erano ai massimi livelli, la progettazione della struttura fu affidata all’Archistar Santiago Calatrava, che, ideo uno splendido palacongressi, ispirandosi alla
foglie di castagno, che da sempre caratterizzano la zona. Ma
l’opera non ha mai visto la luce, a causa dei costi proibitivi.
Ora di quel progetto resta solo uno splendido plastico ad abbellire il corridoio dell’ufficio tecnico comunale.
Durante l’amministrazione Bonanni si è tentata nuovamente la
strada del Calatrava chiedendo ed ottenendo dal famoso architetto un ridimensionamento dell’opera e conseguentemente
dei costi per la sua realizzazione. Ma nonostante ciò, il project
financing per la ricerca di un partner privato, che lo realizzasse
e lo gestisse per un certo numero di anni, a causa dei costi ancora troppo elevati (25 milioni di euro) andò deserto. Così
oggi, l’amministrazione Martini si appresta a realizzare non
un’opera monumentale, ma certamente funzionale alle esigenze del mercato. Era ora!
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Alatri
VI RACCONTIAMO
STORIE, CURIOSITÀ, FATTI, FATTERELLI, LEGGENDE,
PERSONAGGI E QUANT’ALTRO DI UNA CITTÀ ANTICA.
Enzo Rossi
“Finalmente, dopo aver girato una collinetta, vidi dinanzi a me questa interessante
città, ricca di splendidi palazzi che dimostrano una fiorente vita cittadina nel passato.
Non avevo ancora visto una città di così bell’aspetto nei monti del Lazio”. Gregorovius
Gli antichi ospedali di Alatri.
I
n tv, sulla stampa ed alla radio è un bel susseguirsi di
servizi ed articoli che trattano dei tagli alla sanità, della
chiusura degli ospedali. In buona sostanza pare che
chiunque ci amministri, di qualunque colore ed estrazione
politica sia, abbia scoperto che per risanare le casse di uno
stato nazionale o di una regione che sia, da loro stessi prosciugate nel tempo con allegre e poco oculate gestioni, non
ci sia nulla di meglio e di più facile che risparmiare in quei
settori che invece sono necessari a tutelare e a preservare il bene primario
della comunità: la salute.
Ed ecco che già molti
ospedali nella nostra provincia sono spariti e sempre più insistentemente si
paventa il rischio di chiusura per l’ospedale San
Benedetto di Alatri o di alcuni reparti dello stesso.
Nulla pare che gli amministratori di turno abbiano
appreso dai nostri antenati, che pur con tutte le loro miserie, si adoperarono sin
dall’anno mille sempre per la fioritura di numerose comunità religiose e laicali che si dedicavano alla cura degli infermi e al servizio ospedaliero. Successivamente al
concilio di Vienne (1311-12) fu disposto poi che alla direzione degli xenodochi e degli ospedali non venissero più
preposti religiosi, ma laici abili ed esperti che però dovevano dipendere dalla massima autorità religiosa locale, il
Vescovo, ed avevano l’obbligo di rendergli conto del proprio operato. Gli operatori sanitari continuarono per molto
tempo a chiamarsi frates, ma erano dei semplici laici impegnati nell’assistenza dei pellegrini e nella cura dei malati. E così, anche la città di Alatri ebbe nei secoli scorsi
una pluralità di fondazioni caritative, nate dapprima come
ricovero per forestieri ed infermi, per trasformarsi poi in
56
veri e propri ospedali. Uno dei primi e più antichi ospedali
di Alatri, preesistente all’anno 1162, fu quello del Santo
Sepolcro, nella piana di Tecchiena, annesso al quale sorgeva la chiesa di San Leonardo di Casagenzoli. Esso sorse
però più che altro come rifugio di viaggiatori e pellegrini,
poiché nel medioevo si era soliti viaggiare molto per necessità commerciali o per visitare santuari e la piana di
Tecchiena rappresentava allora un passaggio quasi obbligato per costoro. Altro ospedale di notevole importanza e
preesistente all’anno 1254 è quello di Santa Maria Maddalena, annesso all’omonima chiesa; fu edificato
fuori della cinta muraria, ai
piedi del centro storico di
Alatri, in un tempo in cui
era notevole il problema
della prostituzione. La
chiesa operava quindi per la
redenzione delle prostitute,
e l’annesso ospedale per la
cura delle malattie legate
alla prostituzione, fondendo
quindi intenti sia religiosi
che sociali. Fu poi trasformato in lebbrosario, allorquando nella prima metà del 1200, anche Alatri, come tutte
le altre città fu toccata dal terribile morbo. In detto ospedale, tra l’altro, si narra, operò caritativamente anche San
Francesco durante il suo transito nella nostra città. Proprio
a ridosso di una delle porte principali della città sorgeva
poi uno dei più importanti ospedali del tempo, l’Ospedale
di San Matteo annesso all’omonima chiesa e preesistente
all’anno 1132. Difatti, in una delle sei tavole incise, volute
dal Vescovo Ignazio Danti nell’anno 1584, che illustrano
i fatti salienti della traslazione del corpo del nostro patrono
San Sisto nell’anno 1132, esatta interpretazione degli affreschi che erano in cattedrale già dall’anno 1400, precisamente nella quarta, è raffigurata la mula, che trasportava le
sacre spoglie, impuntatasi ostinatamente presso l’Ospedale
San Matteo. Inoltre, negli statuti di Alatri è riportata l’esi-
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anni d’informazione
stenza della piccola chiesa di San Matteo con annessi un
oratorio, un orfanotrofio ed un brefotrofio. Inoltre, si parla
dell’ospedale di San Matteo come ospedale generico, sito
alle porte della città in tre pergamene dell’archivio capitolare di Alatri rispettivamente del 1339, del 1346 e del
1348. Già all’epoca retto dai Padri Crociferi, frati dell’ordine di Sant’Agostino, che lo amministrarono sino all’anno dello scioglimento dell’ordine nel 1656, con un
intervento sociale a favore dei pellegrini, poveri e malati.
La collocazione di questo ospedale, esterno alla cinta muraria cittadina, nelle vicinanze di una porta, impegnava i
Padri Crociferi nell’accoglienza
temporanea dei pellegrini e
nell’assistenza continua per i poveri, i malati, i bambini. Dentro
le mura della città aveva albergo
invece sin dall’anno 1093 l’Ospedale di Sant’Antonio, in fondo al
vicolo che tuttora è intitolato al
santo. Anch’esso nominato negli
Statuti di Alatri, nacque dapprima
per accudire i malati di peste,
quindi per la cura dell’herpes zoster o cintura sacra o fuoco di
S.Antonio. Dalle “Note Storiche
sugli Istituti di beneficenza in
Alatri”, opera di Giuseppe Ricciotti edito dalla Tipografia Alatrina 1891, rileviamo l’esistenza dell’Ospedale di Santo
Spirito che preesisteva all’anno 1545, dipendenza dell’ospedale Santo Spirito di Roma. L’istituzione, affidata ai
padri conventuali, pare che si trovasse entro le mura della
città nel rione Spidini, in via S.Anna, attiguo alla chiesa
omonima, acquistati entrambi successivamente dalla nobile famiglia degli Antonini che nel rione aveva il suo nobile palazzo, prendendo cura dei bambini esposti e degli
orfani. Sempre dentro le
mura cittadine, nei pressi
di porta San Pietro, sorgeva sin dall’anno 1137
l’Ospedale di San Giovanni con la chiesa annessa. Fatto curioso, esso fu rifugio,
unitamente alla chiesa, dei contumaci con il privilegio
dell’immunità fino all’anno 1739. Come ospedale di fatto
rimase attivo sino all’anno 1700, quando tutti i suoi beni
furono trasferiti all’Ospedale San Benedetto. Altro Ospedale dell’Annunziata sorgeva sempre presso porta San Pietro, all’imbocco di via del
Colle, così come l’Ospedale
Maggiore nel rione S.Simeone
in via della Trinità. Unico rimasto attivo e speriamo continuerà ad esserlo a dispetto delle
ventilate ipotesi di chiusura è
l’Ospedale San Benedetto. Esisteva sin dall’anno 1186 a ridosso della porta a ovest della
città, acquistato dai monaci benedettini di Subiaco che lo utilizzarono anche come ospizio
per i monaci e i pellegrini che
transitavano per Alatri per raggiungere Montecassino. Fu
successivamente gestito dai lavoratori della lana e dalla Confraternita dell’Adorazione e
Morte. Nel tempo, fu unito all’Ospedale di San Giovanni
e una parte fu destinata esclusivamente alla degenza dei
sacerdoti, quindi ampliato ripetutamente con più posti letto
e attrezzature mediche nel 1780, nel 1847 e nel 1856 per
opera dei vescovi Speranza, Giampedi e Rodilossi, sino a
giungere ai nostri tempi con il suo trasferimento fuori delle
mura della città.
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Storia, Filosofia e Fede: Religioni a confronto
Monica Ciotoli
PROTESTANTESIMO RADICALE
Le Dottrine “Unitariane” e la Riforma Radicale : la “Libera ricerca della verità”
Proseguiamo il nostro “percorso” rivolto alla “ricerca della verità” all’ interno della Comunione Unitaria Italiana (CUI) con la Comunità Italiana Cristiano-Liberale Interdenominazionale (CICLI) che è un nuovo organismo maturato ed operante al suo interno.Il suo scopo è
il superamento di qualsiasi barriera teologica e dogmatica nel campo cristiano per accogliere
chiunque, pur legato a diverse tradizioni denominazionali,cristologiche e teologiche o estraneo
a qualunque forma ecclesiastica organizzata, si riconosca nei valori cristiani liberali riassumibili nei quattro termini di Fede, Speranza, Amore,Giustizia.
ntervista al Reverendo Lawrence Sudbury, responsabile della Comunità Italiana Cristiano-Liberale Interdenominazionale. Nato vicino a Londra, consegue il Dottorato in Religious Studies presso la Bedford University, ottiene l’ordinazione
pastorale interdenominazionale (di stampo evangelico liberal) presso la United New Testament Church e prosegue i suoi
studi presso il Newburgh Seminary dell’Indiana con un master in Biblical Studies e un Ph.D. in Church History.Successivamente
fonda una missione a Milano che viene riconosciuta dalla Alleanza Evangelica Italiana.Nel 2011 aderisce alla CICU (divenendone responsabile per l’ecumenismo) ed alla Unitarian Christian Association britannica.Nel 2012 ottiene l’incardinamento nel
pastorato unitariano presso la Unitarian Ministries e, nel luglio 2013, conseguito il Master in Divinity unitariano presso il Seminario Valdes del CUI, viene consacrato dal Sovrintendente nazionale al reverendato cristiano unitariano italiano. Pubblica
numerosi libri e saggi,tra i quali, con il Sovrintendente nazionale Rev.Roberto Rosso, il libro INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO UNITARIANO,in seguito il testo liturgico DIO E’ UNO, l’introduzione al DE UNO VERO DEO di Paruta e i testi
storici VITE ERETICHE e FERDINANDO BRACCIFORTI, UNITARIANO.
I
“Colui che cerca non cessi di cercare, finché non trova e
quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto (Vangelo di Didimo
Toma)”. Questo aforisma campeggia sulla Sua pagina
web,ma che cosa è l’ATMAN,il Tutto universale, questo
meccanismo propulsore che muove ogni Sua ricerca?
“Atman” è un termine sanscrito di difficile traduzione in
italiano. In sostanza è il soffio vitale universale, l’essenza del
Divino che è insieme trascendente e immanente e che impregna di sé ogni cosa pur rimanendo altro da ogni cosa.Nelle
“Upanishad”, la serie di scritti spirituali alla base dell’Induismo, assume poi anche il significato specifico di vera essenza dell’uomo ed è in questo senso che amo citarlo,
ricollegandolo alla tradizione cristiana espressa nella Genesi,
laddove si legge che l’uomo viene creato a immagine e
somiglianza di Dio.Ecco,è proprio questa immagine e
somiglianza,questa intima presenza divina che risiede in ciascun essere umano che credo dobbiamo ricercare, riscoprire,
depurare dalle numerose scorie e dai numerosi elementi spuri
che la offuscano. Se riusciremo a cogliere l’Atman in noi
stessi e negli altri esseri umani, allora, come scrive Didimo
Toma, saremo commossi e contempleremo il Tutto.
I valori cristiani liberali della CICLI sono riepilogabili
nei quattro punti fermi di Fede, Speranza, Amore, Giustizia: ce li espone in poche righe?
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Sono quattro concetti inestricabilmente interlacciati tra loro.
La “fede” significa la volontà e la capacità di oltrepassare i
limiti di una visione puramente materialistica e meccanicistica dell’esistenza per riappropriarsi di una dimensione di
trascendenza che ci è propria in quanto immagine divina.
La “speranza” di ritrovare la nostra essenza più intima di esseri creati per riflettere un piano divino di cui siamo corresponsabili è il motore del nostro agire concreto nella
costruzione di un mondo improntato alla pace e al rispetto
di chiunque e di qualunque cosa. L’“amore” è, allo stesso
tempo, il mezzo e il fine di questo piano: mezzo nel momento in cui la costruzione del Regno di Dio significa la ricerca di costruire una rete universale di amore che ci
colleghi verticalmente al Padre e orizzontalmente a tutti gli
esseri umani, secondo il Grande Comandamento; fine nel
momento in cui il solo mezzo a nostra disposizione per tale
costruzione è il libero e gratuito dono di amore che possiamo fare a chiunque come riflesso del grande dono della
vita data dal Padre. La “giustizia”, infine, è l’evidente corollario dell’amore, perché non avrebbe nessun senso dire
di amare se poi non agissimo concretamente, almeno per
quanto nelle nostre possibilità, affinché tutti i nostri fratelli
avessero uguali possibilità, ottenessero uguale dignità, rispetto e attenzione, indipendentemente da elementi unicamente accidentali (colore, etnia, orientamento sessuale,
livello sociale di origine, ecc.) e in piena consonanza con la
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anni d’informazione
volontà del Padre, che non ha certamente creato figli di
“serie A” e figli di “serie B”.
In che modo professate ed esercitate, come Comunità religiosa liberale, i principi che enunciate, come ad esempio
alcuni di quelli più pregnanti e specifici: libero arbitrio del
singolo; ogni testo sacro è, comunque,prodotto umano; ogni
credente ha diritto inalienabile a seguire liberamente gli insegnamenti di qualunque Denominazione, Maestro o Guida
spirituale; nessun ministro, pastore o figura consacrata è da
considerare migliore o superiore agli altri membri della comunità per un diverso grado di sacralizzazione, elevazione
spirituale o capacità profetica;totale democrazia pluralistica
e partecipativa di tutti i credenti come unico strumento di governo della Chiesa…?
Il nostro modo di vivere la spiritualità è strettamente connesso
con i principi basilari di cui ho accennato alle risposte precedenti. Il punto di fondo è che se ciascun essere umano è riflesso divino e ha in sé quella particella dell’essenza di Dio
che abbiamo definito “Atman”, allora nessuno è impossibilitato ad ascoltare la voce dello Spirito che alberga in ciascuno
di noi. Ma Dio, per come viene interpretato nella visione interconfessionale a cui personalmente mi rifaccio, è un Padre
amorevole che sa parlare a tutti i suoi figli che vogliano ascoltarlo in modo diverso e confacente alle diverse origini, culture
di riferimento e sensibilità personali di ognuno. In realtà, se ci
pensiamo bene, ogni teologia non è altro che una semplice assolutizzazione dell’ottica interpretativa del singolo su un Divino che nessuno potrà mai afferrare pienamente, non fosse
altro che per la naturale sproporzione tra finitezza umana e infinitezza divina. E’ questo il paradosso:da millenni combattiamo e discutiamo per affermare una opinione indimostrabile
su altre opinioni indimostrabili, senza renderci conto che, al
contrario, forse, la somma di ottiche diverse, anche se a tratti
contrastanti su alcuni punti, può aiutarci ad allargare almeno
parzialmente il nostro campo di visione. I corollari più immediati del considerare ogni essere umano come voce dello Spirito che può arricchire la nostra percezione della volontà divina
sono, naturalmente, il rispetto totale per ogni visione, anche
se lontana da quella che personalmente abbiamo, in un’ottica
prettamente a-dogmatica, la completa democraticità dei processi decisionali congregazionali e il riconoscimento della potenziale capacità pastorale di ognuno. Un ministro, allora, è
solo una persona che, per inclinazioni personali e studi, ha sviluppato un grado più elevato di conoscenza su alcuni temi e
una professionalità specifica, ma non qualcuno che sia “voce
univoca di Dio”: sarebbe come dire che un avvocato fosse ontologicamente voce infallibile della Giustizia solo perché ha
studiato legge più degli altri. Ciò che comunque più conta, al
di là delle singole opinioni, è il ritrovarsi comunitario non solo
per il reciproco ascolto, ma anche per l’azione concreta e fattiva nell’essere strumenti di amore e giustizia nella costruzione
di un “Regno” di cui ognuno di noi è chiamato ad essere mattone nella propria vita.
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anni d’informazione
L’Italia post-risorgimentale e la
lotta per la libertà di pensiero:
qual’è stato il ruolo della Denominazione Unitariana e del conte Ferdinando Bracciforti, anti-trinitario
nell’Italia e nell’Europa di fine ‘800,a cui ha dedicato il libro “FERDINANDO BRACCIFORTI,UNITARIANO-Tra la riforma del secolo XIX e Cristo redentore
anche senza miracoli”?
Credo che a nessuno sfugga l’importanza del ruolo giocato, in
epoca post-risorgimentale, dall’ideologia liberale ma ben
pochi studi sono stati fatti sul liberalismo religioso, cioè su
quella forma di spiritualità che, da Bayle a Locke e John Stuart
Mill, ha aspirato a realizzare la tolleranza tra persone portatrici
di differenti credenze religiose. I liberali religiosi distinguono
tra uso privato e uso pubblico della religione: la religione opera
liberamente all’interno del dominio privato, mentre nel dominio pubblico deve vigere una neutralità tra ideologie religiose.
I corollari di un tale atteggiamento sono numerosi: la non assolutizzazione di un “credo” porta a lasciare uno spazio di dialogo tra opinioni e sensibilità religiose differenti, valorizza il
pensiero umano e, più in generale, l’uomo, visto come centro
dell’universo capace di elaborare un proprio modo di sentire
e vivere la spiritualità in forma matura, senza necessità di
etero-direzione, senza limiti al libero pensiero e al diritto critico, senza dogmi inviolabili, senza che alcuna autorità religiosa abbia il diritto di interferire in sfere, come quella politica,
che non le pertengono. Il radicamento di tale visione non è
stato un processo indolore e nel periodo germinale dell’Italia
unita i risultati non risultavano certo omogenei in tutta Europa,
soprattutto laddove alcune forze ultraconservatrici tentavano
una strenua resistenza passatistica. E’ contro questi baluardi
della conservazione tradizionalista che hanno speso la propria
vita alcuni uomini convinti dell’assunto liberale: Cattolici liberali, Valdesi, Anabattisti, Metodisti, ma anche un gruppo
certo piccolo, forse intellettualmente élitario a quel tempo, che
rappresentava la forma più estrema e assoluta di liberalismo religioso che l’Italia avesse mai fino a quel momento conosciuto
e che seppe avere un peso nel dibattito culturale in atto: gli
Unitariani. Ebbene, quel gruppo ebbe un leader stimato e apprezzato da grandi nomi dell’Italia di fine ‘800, da Garibaldi
a Mamiani, da Aurelio Saffi a Giulia Caracciolo: Ferdinando
Bracciforti, un uomo che dedicò tutta l’esistenza ad affermare
il diritto di ciascuno a non sottostare a nessuna coercizione religiosa che non venisse dalla propria coscienza e a predicare la
necessità storica, sociale, spirituale ed economica di una fede
adulta disancorata da ogni superstizione, da ogni mistero senza
senso, da ogni intoccabile letteralismo.Quello di Bracciforti è
un percorso pionieristico che,come cerco di dimostrare nel mio
testo,racchiude in sé il meglio del patriottismo,del libero pensiero e della resistenza contro i totalitarismo politici e spirituali che caratterizzarono quella fase cruciale della storia
italiana.
59
EDUCARE
PER SALVARE
IL MONDO
ED I NOSTRI
TERRITORI
Mario Cerroni
L
a chiesa, come sempre, si è sempre interrogata sul
futuro del “creato” e continua in questa non sempre
facile impresa con una importante iniziativa che si
terrà il primo settembre in occasione della 9^ Giornata per
la custodia del creato. Tema sarà: “Educare alla custodia
del creato per la salute dei nostri paesi e delle nostre città.”
Un tema moderno in un momento in cui i grandi della
terra, a parole, dicono che vogliono tutelare l’ambiente e
poi nei fatti fanno il contrario, in quanto ogni paese, in
primis quelli emergenti, non vuole sottostare ai criteri di
controllo delle diverse forme di inquinamento per motivi
legati alla crescita. L’uomo non ha più rispetto del suo ambiente: è l’animale che non ama
dove è nato. Vuole creare un
nuovo creato, uccidendo l’originale habitat che , nei tempi passati,
era senza dubbio pari al paradiso
terrestre. “Si spergiura, si dice il
falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga
e si versa sangue su sangue. Per
questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con
gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del
mare periscono.” (Osea,4,2-3).
Osea, in ebraico Hoseah (VIII secolo a.C. – ...), fu il primo dei cosiddetti profeti minori ed è l’autore
dell’omonimo Libro del Vecchio Testamento. Osea, il cui
nome significa «il Signore salva» o «il Signore viene in
aiuto» [1], visse nel regno d’Israele nell’VIII secolo a.
C[2] Calzante per i nostri tempi questa tremenda pagina
del profeta Osea che, assieme a Papa Francesco, ci richiama alla responsabilità nel mantenere - già tardi -o ripristinare la vecchia alleanza tra l’uomo ed il suo
Creatore-Dio. Come esseri umani - ci ricorda Papa Francesco - non siamo “meri beneficiari ma custodi delle altre
creature. Mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha
tanto strettamente uniti al mondo che ci circonda che la
60
desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie
come fosse una mutilazione! Non lasciamo che al nostro
passaggio rimangano segni di distruzione e di morte che
colpiscono la nostra vita e le future generazioni.” (Evangelii gaudium 215). Così fa bene la Cei, attraverso un suo
messaggio, in parte qui riportato (il nostro giornale anche
di recente si è sempre posto l’interrogativo sulle problematiche ambientali ai diversi livelli. Non vanno sottaciute
le diverse posizioni riportate sulle questioni ambientali e
più particolarmente idro - geologiche della provincia ed in
particolare della nostra Città di Frosinone, abbastanza disastrata sul fronte dell’ambiente,
per cui necessiterebbe una soluzione drastica e definitiva nel
senso della salvaguardia generale
del territorio, abbastanza debole
anche per operazioni di cementificazioni che tengono in scarsa attenzione al nostro- sottolineo
nostro ambiente - che la civica amministrazione deve farsi garante al
fine di tutelare la salute di ogni
singolo cittadino), a prendere posizione su tale argomento, chiamando alla responsabilità i governi
nazionali, internazionali e locali a
lavorare per ripristinare l’antico
rapporto tra Creato e Creatore.
Come? Combattendo con i fatti l’inquinamento che in
vaste zone del pianeta si fa sempre più “pervasivo”. Non
sempre le attività produttive sono condotte con il dovuto
“rispetto del territorio circostante”. La sete del profitto, infatti, si legge nel documento, “spinge a violare tale armonia, fino alla diffusione nell’ambiente di veri e propri
veleni.” La cosiddetta “terra dei fuochi”, gestita da comportamenti criminali e da volute disattenzioni anche dei
singoli cittadini (quanto è civile il nostro comportamento,
ad esempio, quando buttiamo rifiuti o maltrattiamo le
spiagge sporcate dalla presenza poco umana segno di una
25
anni d’informazione
profonda inciviltà che viene anche da altri confini!!), è lì
ad indicarci come maltrattiamo, permettendo, per un tozzo
di pane, di arricchire, con complicità alte le ecomafie. Poi
restiamo stupiti, ci interroghiamo dinanzi all’espandersi di
malattie di vario genere, di tumori, di mal formazioni.
Ancor più restiamo paurosi, intimoriti, come nuovi selvaggi, dinanzi ad eventi meteorologici estremi. Quante
volte abbiamo sentito parlare di inattese “bombe d’acqua”??! Lì attaccati al televisore a vedere spettacoli orrendi
di catastrofi, di morti, di distruzioni di case, di fabbriche,
di scuole e strade. Come se la cosa non ci toccasse: invece
quelle sono manifestazioni forti, di ribellione del creato
che ci avvisa, che ci
manda segnali sulla necessità di voltare pagina
nel senso di ritrovare la
sana strada che ci riconduce alla antica alleanza
con il Creatore. L’uomo
si umili, butti giù la maschera del “superuomo”,
di colui che si vuole sostituire alla fonte della
vita. Basterebbe un po’
di umiltà nel mondo per
ritrovare quella vecchia
strada del giusto equilibrio nel creato.
Inoltre occorre creare la
cultura della prevenzione e non dell’emergenza che diventa anche lurida occasione di loschi guadagni sulla pelle di coloro che sono
vittime di coloro che, per altezzosità, per un guadagno
senza freni, vuole schiavizzare l’uomo ed il creato. Pochi
di buoni costoro che pensano di sostituirsi al Creatore: il
passo di Osea ci dovrebbe aprire gli occhi per avere uno
sguardo fatto di purezza ed amore dell’altro e di ciò che ci
circonda. Si può ritrovare la vecchia alleanza incominciando dai giovani, dalla scuola, dalle famiglie ma soprattutto da coloro che credono di detenere in mano il mondo,
25
anni d’informazione
il nostro futuro. Qui una forte ribellione per far capire chi
realmente comanda il mondo. Il bene deve prendere il
posto del male: una vecchia storia che ancora non trova il
felice finale. Anzi, sembra che le cose non stiano migliorando: le guerre per gli affari continuano ad uccidere, la
fame assieme a malattie (tele comandate!!??) stanno da lustri uccidendo intere comunità in Africa, nei paesi cosiddetti emergenti come Cina, Brasile ecc.. Il dio Denaro,
come satana, continua a comandare il mondo uccidendolo
giorno dopo giorno: la politica, quella cattiva (tanta purtroppo!!??) ad ogni dimensione è sottomessa a coloro che
detengono le ricchezze, alle mafie che, nel mondo, controllano i sistemi finanziari, decidendo in ogni
momento ed in ogni
luogo, con l’asfissiante
tecnologia, di spostare
denaro da un paese ad un
altro, arricchendolo o affamandolo. Bisogna che
la POLITICA in ogni
dimensione territoriale
torni sovrana e non ancella: UTOPIA!! Solo i
giovani, ancora non toccati dal male del mondo,
con una rinnovata cultura, con un nuovo senso
civico, potranno essere
“sentinelle vigili ed efficaci” per debellare gli aspetti negativi che da lustri imperano nel mondo e nei sistemi e nei luoghi dove il senso
della responsabilità è nella forma e non nella sostanza.“E
avverrà in quel giorno - oracolo del Signore dice Osea - io
risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo ed all’olio e questi risponderanno a Dio” (Os 2,23-24). Con lo sguardo dei
giovani e con lo sguardo negli occhi dei nostri bambini
“possiamo ancora sperare a spazi di armonia, di vita buona
e di benedizione“ come ci ricorda il profeta Osea.
61
Referenze letterarie
Delfina Ducci
IGINO GIORDANI: L’UOMO
CHE SI CHIAMÒ FOCO
L
e elezioni europee sono ormai un ricordo,
mentre un evento è rimasto impresso nella
memoria di chi vi è stato presente. Parlo
della presentazione del volume che, avvenuta al
Collegio Capranica in Roma, ha animato un dibattito interessantissimo sul pensiero di Igino
Giordani, con l’introduzione della sua figura da
parte del prof. Rocco Pezzimenti, storico del
pensiero politico italiano presso l’Università
Lumsa di Roma. Altresì erano presenti l’on.
Rosa Russo Jervolino, che ha conosciuto personalmente Giordani, ed il prof. Alberto Lo
Presti, direttore del Centro Studi dedicato alla
stessa personalità.
Igino Giordani è vissuto tra il 1894 ed
il 1980 (Tivoli, 24 settembre 1894 –
Rocca di Papa, 18 aprile 1980), un periodo storico di cui non è facile riassumere il retaggio. Credo che tutti
convergano sul fatto che siano stati
raggiunti due grandi risultati nel ‘900:
l’allargamento della democrazia e dei
diritti umani; la rivoluzione dell’informazione e la rapida globalizzazione.
Nonostante le repressioni e le difficoltà (due guerre mondiali, i totalitarismi, la guerra fredda
fra Est ed Ovest, il collasso dell’Unione Sovietica, la nascita delle Nazioni Unite…) la sensibilità verso la democrazia e i diritti umani si è estesa in tutto il mondo. La
globalizzazione, però, non riesce tuttora ad arrivare ad una
situazione di equità: è necessario adottare con coerenza e
globalmente gli stessi princìpi. Gli uomini dovrebbero essere in grado di sentire che è nel loro interesse operare a
favore della democrazia, dei diritti dell’uomo, dello Stato
di Diritto e della giustizia sociale ed economica. In realtà
ciò che accade oggi in termini di formulazione di progetti
per il futuro comune è qualcosa che turba profondamente
le nostre coscienze. Le parole sembrano essersi svuotate di ogni significato per diventare propaganda di
concetti espressi in formule stereotipate. Slogan ripetuti all’infinito non per ottenere
qualcosa ma per evitare di fare. I politici sono caduti in disgrazia in
quanto non citano le fonti del
pensiero che ha animato il loro
progetto. Hanno rinunciato ad
ispirarsi al pensiero degli uomini
grandi che ci hanno preceduto.
Non definiscono i concetti di lai-
62
cità, il cui equilibrio etico/politico dovrebbe essere garantito
dai partiti ispiratori, gli stessi
che dovrebbero governare il
Paese. La laicità non è intesa
come spazio pubblico, comune a
tutti i cittadini, piuttosto spazio
concorrente di forze private quali
i partiti in competizione nel tentativo di privatizzarlo attraverso
la loro riconosciuta influenza
sulle pubbliche istituzioni. Aumentano così le contraddizioni del
mondo contemporaneo che non
riescono a realizzare il bene comune e
neppure a sviluppare la responsabilità
individuale. “Se la globalizzazione è
retta dalle pure leggi del mercato le
conseguenze nonpotrebbero che essere
negative anzi nefaste…”, esortava papa
Wojtyla. In effetti la rinuncia ai valori
cristiani come fondamento del progetto
di vita dell’umanità non può che aumentare il divario fra ricchi e poveri.
Non c’è alcuna certezza nel futuro se si
manda in pensione Dio e lo si esclude
dai mille problemi dell’uomo. Igino Giordani si è battuto
non per un’Italia migliore ma per un mondo migliore. E’
un intellettuale che prova a realizzare ler cose che dice. E
di cose ne ha realizzate tante. Si ricorda che è stato uno
degli autori del primo disegno di legge sull’obiezione di
coscienza nel 1949. Il suo impegno sociale e politico,
come pure quello culturale se lo è conquistato da solo.
Era nato in provincia di Teramo da una famiglia modesta,
aveva fatto regolarmente solo la quinta elementare. Una
forza di volontà straordinaria, insegnando in diverse sedi
universitarie. Ricopre numerose cariche pubbliche nella
sua città ed anche in ambito nazionale. Dal 1953 al 1972
è stato deputato al Parlamento italiano nella commissione della P.I. ed in sèguito della Sanità. L’incontro più significativo della sua vita è con Chiara
Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Rimane affascinato dalla personalità straordinaria di questa
donna e dalla sua visione ecumenica, che coincide con la sua:
l’ecumenismo è incontro nella
Bibbia. Chiara ne scorge la
grande umanità. Il movimento da
lei fondato è aperto a tutte le vo-
25
anni d’informazione
cazioni laicali ed anche ai giovani, ai sacerdoti, ai religiosi, a tutta l’umanità rinnovata dall’ideale dell’unità, di
essa il Foco è il simbolo.
Dopo la morte di Igino, Chiara lo dichiara cofondatore.
Igino sarà il primo laico sposato, a consacrarsi a Dio nel
focolare ed a riconoscere la famiglia come comunità, la
Chiesa come comunità. L’unica ricetta per uscire dalla
crisi è la solidarietà. La speranza è una virtù: essa deve
prevalere nella disperazione. Il vero crimine è il pessimismo. Il suo pensiero sull’Europa lo esprime in Fides
61/1961, alla pagina 29: “Ricostruita nella sua unità etica,
dal cristianesimo – e in questo sono accomunati cattolici,
protestanti ed ortodossi (e si
concordano gli israeliti,
eredi dei profeti, e gli stessi
musulmani col Corano) –
animata, contro gli agenti
mortiferi, dalla città…, l’Europa potrà recuperare, se non in volumi di merci e di armi
e di denaro, certo in potenziali di spiritualità la sua mansione di suscitatrice di civiltà, ridiventare la centrale dell’arte, della filosofia, della scienza; un vivaio di energìe
morali e spirituali per l’intera famiglia umana, proseguendo e precisando la sua missione storica”.
Igino Giordani “anticipava davvero di almeno un quarto di secolo certi aspetti del processo comunitario
messo in cammino dopo la seconda guerra mondiale: vedeva la reale interdipendenza delle economìe
degli stati europei, vincitori e vinti, e il comune rischio di ridursi, come debitori degli U:S:A:, a “protettorato
d’America (USA Dominion)”. (…) Riteneva però condizione assolutamente necessaria il passaggio di tutti
gli stati alla democrazia; così anche pensava che fosse un traguardo che le “diplomazie non sanno ottenere”.
Perciò invocava una “forza spirituale” che potesse fungere da “elemento di unificazione”. (…) “La chiara
distinzione – ma non separazione – tra religione e politica era già allora (nel 1925) un punto fermo della sua
concezione della laicità dello Stato. Nel pieno rispetto di tale distinzione egli esponeva la sua “utopìa” europeistica
con basi spirituali, “utopìa” che si pone oggi in una linea molto meno irreale, finendo con l’apparire – se ben dimensionata – come una vera intuizione…
Tommaso Sorgi, Igino Giordani. Storia dell’uomo che divenne Foco, Città Nuova Ed., Roma 2014.
Il giovane avvocato frusinate, Davide Sole, nel marzo del 2013, ha pubblicato, per i tipi della nota Casa editrice
romagnola “Maggioli Editore”, il “Codice del nuovo condominio commentato, con formulario”.
A distanza di un solo anno, vede la luce la seconda edizione del volume, che fa parte della collana
“Immobili&Condominio”, coordinato da G. Di Rago, M. Rana, F. Sandrini.
Il libro è un commento ai singoli articoli del Codice Civile e delle relative disposizioni di attuazione, in tema di
comunione e condominio, a seguito della riforma introdotta dalla legge 220/2012 ed è aggiornato alla legge
09/2014, in conversione del D.L. n. 145/2013. L’analisi delle singole norme, divise in paragrafi, è particolarmente
chiara, accurata ed approfondita, arricchita con i più recenti indirizzi della giurisprudenza nonché con schemi riepilogativi. Al commento è unito un nutrito formulario di atti, dove ogni singola formula è illustrata con sintetici
riferimenti normativi, relativa analisi e puntuali richiami giurisprudenziali. Al volume è allegato un Cd-Rom, che
comprende le varie formule in formato, tale da consentirne l’immediato utilizzo, ed una ricchissima raccolta di
leggi complementari in tema di antenne, ascensori, assemblea, barriere architettoniche, locazioni, mediazione,
parcheggi e posti auto, portieri, prevenzioni incendi, privacy, pulizia, riscaldamento, impianti termici, risparmio
energetico, rumore, scarichi e fognature. Lo stretto e programmato collegamento tra commento esplicativo, strumenti operativi pratici forniti dalle formule e vasta rassegna normativa rende la pubblicazione molto utile per gli
amministratori di condominio, per tutti coloro che frequentano corsi di formazione per l’amministrazione condominiale e/o sono tenuti ad affrontare le numerose problematiche relative al condominio negli edifici. La pubblicazione, di 246 pagine è fornita, all’inizio, di indici relativi alle parti prima (normativa base) e seconda
(formulario commentato) ed a tutta la legislazione contenuta nel Cd-Rom; alla fine, l’indice analitico sottolinea
i riferimenti al Codice Civile e realtive disposizioni di attuazione, mentre i richiami diversi sono collegati alla
normativa raccolta nel Cd-Rom. La veste tipografica è piacevole ed il prezzo del volume è di € 32. Per completezza di informazione, l’avv. Sole ha pubblicato, sempre per Maggioli Editore, il Codice della strada e dell’infortunistica per l’avvocato, Compendio di diritto internazionale privato e processuale, Codice e formulario
commentato di procedura civile, Codice e formulario commentato di procedura penale.
25
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o
i
c
l
a
C
Il presidente Maurizio Stirpe ricorda i
giorni tristi della retrocessione quando
duecento tifosi lo invitarono a restare al
comando della società
“Grazie a voi se
ho avuto la forza
di riportare
il Frosinone
in serie B”
Su uno striscione scrissero che una sconfitta
non poteva cancellare dieci anni di successi.
Piazza VI Dicembre presa d’assalto dai frusinati per la doppia festa ai Santi Patroni ed alla
squadra del cuore.
di Franco Turriziani
fotoservizio di Federico e Tonino Casinelli
I
l senso di appartenenza alla storia ultramillenaria di una
città troppe volte penalizzata per colpe non sue riemerge
in una serata di giugno, resa vivibile da una leggera
brezza che tiene lontani i primi caldi di stagione, per esplodere e far tremare strade e piazze non più abituate a contenere
entusiasmi sopiti e d’incanto ritrovati. E’ il venti di giugno,
giorno di festa in onore dei Santi Patroni Ormisda e Silverio,
ma è anche il “Frosinone day” che, grazie alla sua squadra di
calcio, offre alla città la possibilità del riscatto almeno nel
campo dello sport. Luogo del nuovo miracolo calcistico è la
64
piazza antistante il Comune, a poche centinaia di metri dallo
stadio che ha visto primeggiare i colori giallo e azzurro nella
battaglia sportiva per la riconquista della serie B, illuminata
a giorno e presa d’assalto dalla gente frusinate che vuole interamente riappropriarsi dei luoghi in cui è nata, cresciuta e
tuttora vive; testimone d’onore l’irremovibile campanile,
simbolo della storia cittadina nel bene e nel male, possente
antenna che irradia in cielo entusiasmi e passioni per la riconquistata e ambita meta calcistica.
Piazza “VI dicembre” si trasforma subito nel suggestivo
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anni d’informazione
palcoscenico con una cornice
di pubblico che evoca i più
importanti eventi vissuti nel
Capoluogo e che si infiamma
sempre più con il passare dei
minuti e nell’attesa di festeggiare la squadra del cuore. Il
Frosinone arriva con i suoi
giocatori, capitanati da Alessandro Frara, con il suo tecnico Stellone ed i suoi
collaboratori, con l’èquipe
medica al completo, con il suo
presidente Maurizio Stirpe, il
direttore generale Ernesto Salvini, il responsabile dell’area
tecnica Marco Giannitti e tutti gli altri preziosi collaboratori
che hanno contribuito, ognuno per la sua parte di competenza,
a rendere d’oro una stagione da incorniciare. Sono ricevuti
dal sindaco Nicola Ottaviani che ha voluto la festa ad ogni
costo per impreziosirla con la presenza sul palco di tutti gli artefici della promozione. La passerella si svolge in un tripudio
di canti e cori da stadio e sventolii di bandiere giallazzurre, ci
promessa. Il patron del
Frosinone deve un particolare ringraziamento a quei
“duecento tifosi che, nei
giorni tristi della retrocessione, vennero all’Hotel
Bassetto, dove ero con la
squadra, per invitarmi a
restare nel Frosinone. Da
quell’invito ho trovato la
forza per ricominciare il
cammino verso la riconquista della serie B”.
Targhe e medaglie per
tutti, consegnati dal sindaco Ottaviani, dall’assessore allo Sport Fabrizi, dal prefetto Dott.ssa Emila Zarrilli
e dal commissario alla Provincia Patrizi, presenti fin dall’inizio della festa.
Il “Frosinone day” era iniziato nella mattinata nella sala di
rappresentanza della Banca Popolare del Frusinate, da anni
tra i più importanti sponsor del sodalizio canarino. Qui i massimi vertici dell’Istituto di Credito di piazzale De Matthaeis,
con in testa il presidente Domenico
Polselli, il direttore Rinaldo Scaccia,
il consigliere Angelo Faustini ed il responsabile della comunicazione
Luigi Conti, hanno ricevuto i dirigenti del Frosinone ed una rappresentanza di giocatori per consegnare una
targa al presidente Maurizio Stirpe, al
tecnico Roberto Stellone ed alla squadra. Ed era proseguito, nel pomeriggio, con i canarini accolti dai
proprietari del Caffè del Parco dove
sono rimasti per un paio d’ore.
Quindi il gran finale in piazza VI Dicembre.
sono applausi per tutti ed in special modo per il capitano
Alessandro Frara, per il portiere Massimo Zappino e per il
bomber Daniel Ciofani. Il presidente Maurizio Stirpe appare
emozionato e punta l’indice della mano destra su in alto, soprattutto quando dalla piazza i tifosi in coro omaggiano la
memoria del cavaliere Benito Stirpe, quasi per dire che lassù
in cielo sta festeggiando pure Lui ed è in buona compagnia,
con i papà, prematuramente scomparsi, di Alessandro Frara,
Davis Curiale, Massimiliano Carlini, Danilo Soddimo e Roberto Crivello, tutti e cinque protagonisti della squadra neo ri-
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anni d’informazione
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L’Opinione
Mario Cerroni
SFRUTTAMENTO DEI MINORI:
VERGOGNA MONDIALE
Q
uando l’uomo, e gli
interessi non sempre
trasparenti di popoli,
nazioni e politiche sfruttano
milioni di bambini, il mondo
rischia di perdere il lume non
soltanto della ragione ma del
cuore. Cosa profondamente
negativa che non promette
nulla di buono.
Centosessantotto
milioni
sono i bambini che ogni
giorno nel mondo si svegliano per andare a lavorare,
sfruttati ed uccisi dalla fatica insopportabile per
la giovanissima età. Lavorano nelle cave, nelle
miniere, nelle fabbriche o in strada. E la metà,
secondo i dati offerti dal direttore generale dell’Ilo (organizzazione internazionale del lavoro;
organismo delle Nazioni Unite per promuovere
la giustizia sociale...), svolge lavori pericolosi e
nocivi per la salute. L’impegno dell’Ilo è costante
e mira, assieme ad altri organismi nazionali ed
internazionali, a fermare questa vergognosa
piaga che da lustri, in maniera purulenta, ammorba l’umanità. Una umanità in chiaro scuro,
che non vuole affrontare in maniera drastica tale
situazione. Indubbiamente interessi anche dei governi locali
e di altre formazioni poco trasparenti non sono interessati a
prendere di petto una vergogna mondiale. Secondo l’Ilo occorre una maggiore sensibilizzazione dei governi ma anche
dei semplici cittadini ma soprattutto politiche che vanno nella
direzione di garantire protezione sociale, istruzione obbligatoria, formale e di qualità al di sopra dell’età minima, lavoro
dignitoso per adulti e giovani
in età di lavoro, norme efficaci ed un forte dialogo sociale. Qualche passo avanti
negli ultimi anni è stato fatto.
Secondo le ultime stime, comunicate durante la giornata
mondiale contro il lavoro
minorile, il numero totale dei
minori lavoratori è sceso da
215 milioni a 168 tra il 2008
ed il 2012. Recentemente è
stato pubblicato il rapporto
globale dell’Ilo sulla Protezione sociale 2014/2015. Secondo tale rapporto, gli
investimenti a favore dell’in-
66
fanzia non sono sufficienti e ciò mette a rischio i diritti ed il futuro di milioni di bambini. I governi stanziano in media lo 0,4
per cento del Pil per sussidi all’infanzia ed
alle famiglie, passando dal 2,2 % in Europa occidentale allo 0,2 per cento in
Africa, Asia e zone del Pacifico. La raccomandazione (parola già chiaro scura; si dovrebbe parlare di imposizione...) dell’Ilo,
credo la n. 202, sui sistemi nazionali di
protezione sociale di base del 2012, testimonia il consenso internazionale a favore
di sistemi di protezione
sociale di base, definiti
a livello nazionale
come diritto fondamentale di tutti. Il documento chiede ai 185
Paesi membri dell’organizzazione internazionale del lavoro,
almeno l’accesso alle
cure sanitarie di base
ed una sicurezza minima del reddito nell’arco di tutta la loro
vita. Milioni di bambini, ad esempio, sono stati impiegati e sfruttati per cucire
magliette e scarpini e palloni in occasione dei mondiali in
Brasile e non solo. Un grido di dolore è venuto dal Papa Francesco, il quale, nel chiedere alla comunità internazionale di
estendere maggiormente la protezione sociale dei minori per
debellare la piaga del lavoro minorile, ha denunciato che decine di milioni di bambini sono “costretti a lavorare in condizioni degradanti, esposti a
forme di schiavitù e di sfruttamento, come ad abusi, maltrattamenti e discriminazioni”.
L’auspicio è che la Comunità Internazionale si impegni di più per
sconfiggere la piaga dello sfruttamento dei minori. Una fanciullezza serena “permette ai bimbi di
guardare con fiducia alla vita ed
al futuro.” Papa Bergoglio, come
è sua responsabilità, attenzione e
sensibilità, ha avuto parole dure
contro la cattiva finanza, (occorre
una finanza etica), contro i corrotti, contro chi costruisce armi e
fa la tratta di persone umane.
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anni d’informazione
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