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IL PUNTO DI VISTA

Contratti collettivi nella cooperazione: la

querelle

Unci

di Francesco Natalini - consulente del lavoro

Se ci si limitasse alla rappresentazione del fatto in modo asettico e oggettivo (anzi, per meglio dire: in modo sbri Economico e poi sospeso dal Tar: quindi di un caso non così infrequente nel nostro Paese. Andando però più in profondità ci si accorge che in realtà è l’ultimo atto, in ordine di tempo, di una

querelle

gativo), si dovrebbe dire che la vicenda in commento tratta di un decreto emanato dal Ministero dello Sviluppo che vede al centro dell’attenzione l’Unci e fa registrare una nuova puntata di un

sequel

che sembra non avere fine.

I motivi alla base del decreto ministeriale di revoca delle funzioni dell’Unci

Com’è noto, l’Unci (Unione Nazionale Cooperative Italiane) è un’associazione nazionale di rappresentanza assi stenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli artt.4 e 5 del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato n.1577/47, il cui ruolo è stato riconosciuto con decreto del Ministro per il Lavoro e la Previdenza Sociale del 18 luglio 1975. Ciò ha comportato tra l’altro la possibilità per la medesima Unci di essere tra le asso sostituzione dell’attività altrimenti svolta dal Ministero dello Sviluppo Economico (competenze in passato attri co.4 del D.Lgs. n.220/02. Sennonché, negli ultimi tempi, sarebbero state segnalate al citato Ministero, attual mente competente, “

rappresentanza dell’associazione

” 1 , conflittualità manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adu giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare. Anche gli stessi sindaci dell’Unci nel mese di dicembre 2010 avrebbero segnalato un perdurante “ diffide rivolte affinché venissero disposti gli opportuni correttivi.

alternativamente sono stati individuati come tali. Di talché, considerato che “

stato di immo relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associa delle quote associative per l’anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa

”.

A questo si aggiungerebbero altresì le risultanze dell’attività di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell’As -

-

ciazioni ammesse a svolgere, tramite loro incaricati, le ispezioni periodiche nei confronti degli enti cooperativi, in buite al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale), ai sensi di quanto previsto specificatamente dall’art.2,

perduranti problematiche ed inefficienze nell’attività di vigilanza dell’Unci nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualità interna circa il soggetto titolato all’effettiva

nanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede

bilità dell’attività amministrativa dell’Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai tiva, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonché

sociazione nell’anno 2011, che avrebbero confermato irregolarità gestionali, consistenti proprio nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall’Unci, nonostante le Ma l’aspetto più critico tenuto in considerazione dal Ministero dello Sviluppo Economico era rappresentato, come si diceva, dalla difficoltà di individuare a chi spettasse la carica di rappresentante legale dell’Unci, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti (nello specifico due) che assumevano di essere titolati e che

tale perdurante incertezza nella titolarità della governance associativa ostacola l’efficace svolgimento della attività revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l’U.N.C.I.

”, il Ministero dello Sviluppo economico, con decreto del 22 novembre 2013 (pubblicato sulla G.U. n.275 del 23 novembre 2013), stabiliva che: "

Ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, è revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell’Unione nazionale cooperative italiane (Unci), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577

”. Parallelamente, veniva inibito alla predetta Unci (art.2) ‒ con effetto dal 23 novem bre 2013, data di pubblicazione del decreto sulla G.U. ‒ di riscuotere somme a titolo di contributo per l’attività 1 La relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n.121080 in data 17 luglio 2013.

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revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici e cessava altresì la legittimazione della società Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. (che gestisce il fondo mutualistico costituito dall’Unci ai sensi dell’art.11 della L. n.59/92), ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo art.11, co.4 e 5, sempre provenienti dalle cooperative e dagli enti mutualistici (art.3).

Il decreto ministeriale del 22 novembre 2013 è stato però impugnato dall’Unci davanti al TAR del Lazio (Sezione Terza Ter) eccependo l’insussistenza del presupposto principale da cui il medesimo decreto prende le mosse, cioè la (asserita) mancanza di un rappresentante legale, ottenendo l’accoglimento dell’istanza cautelare.

Di conseguenza, con ordinanza del 30 gennaio 2014 il Tribunale amministrativo regionale: a) sospendeva il decreto impugnato; b) fissava per la trattazione di merito del ricorso l’udienza pubblica del 12 giugno 2014. Quindi tutto viene rimandato ai prossimi mesi.

Possibili sviluppi futuri in caso di decisione “confermativa” del D.M.

?

Ma quali sono gli scenari che si potrebbero profilare nel caso in cui la decisione dei giudici amministrativi dovesse confermare la validità del decreto del 22 novembre?

Una rappresentazione “a caldo” (e a dire il vero non sempre corretta di questa situazione) si era già avuta dopo la pubblicazione del decreto ministeriale e prima della sospensiva disposta dal Tar.

I primi commenti (in alcuni casi entusiastici) parlavano di estromissione dell’Unci dalle associazioni titolate ad essere rappresentanti del movimento cooperativo, vale a dire cancellazione dello

status

di “associazione di cate goria”

sic et simpliciter

, discutendosi semmai se l’efficacia della revoca fosse

ex nunc

(come sembrava, senza par ticolari dubbi interpretativi) ovvero addirittura retroattiva, cioè

ex tunc

. La cancellazione, secondo tali interpre Lavoro) che con le altre Associazioni di categoria e che ormai perdura da circa un decennio, di cui si tratterà periodiche

ex

nel quale si dispone che: “ contratti collettivi, ovvero a sottoscriverne di nuovi.

infra che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati

”.

.

tazioni, avrebbe portato a far decadere ‒ in quanto privati del presupposto soggettivo: cioè la presenza di una genuina organizzazione sindacale di categoria firmataria ‒ tutti i contratti collettivi siglati dall’Unci, incidendo su quello che a parere di chi scrive sembra essere il vero motivo di contrasto che esiste sia con il Ministero (del Restando agli effetti che potrebbero derivare da una decisione giudiziaria “confermativa” del decreto, va invece detto che, a parere di chi scrive, questa andrebbe a toccare solo la legittimazione dell’Unci a gestire le revisioni D.Lgs. n.220/02, come si evince chiaramente dal fatto che la norma invocata è il co.7 dell’art.3,

Il Ministro può revocare il riconoscimento di cui al comma 1 alle Associazioni nazionali

Ciò però non significa, sempre ad avviso di chi scrive, che l’Unci non possa continuare ad essere intestatario di

L’evoluzione normativa e i Ccnl sottoscritti dall’Unci

A questo punto, ricollegandoci a quanto anticipato in precedenza, si intende ritornare sulla

querelle

insorta fin dall’emanazione della L. n.142/01 (Legge di riforma della figura di socio-lavoratore), la quale in modo sorprenden te (rispetto ai principi costituzionali sottesi all’art.39 Cost.) dispone (all’art.3) l’obbligo per i soci subordinati di ve dersi applicato un trattamento complessivo “

non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla con trattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine

”. L’impostazione adottata dal legislatore, che utilizzava (e utilizza tuttora) l’espressione “

contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine

”, senza aggiungere, come in altre disposizioni, l’ulteriore inciso “

stipulati dalle organizzazioni sindacali compara tivamente più rappresentative su base nazionale

definirsi “

collettivo

” e che avesse una “ " (o espressioni similari)

valenza sul territorio nazionale

2 , aveva indotto gli interpreti a ritenere che, sulla scorta del dato testuale, il precetto sotteso all’art.3 poteva ritenersi rispettato laddove la cooperativa si fosse limitata ad adottare il trattamento economico previsto da un contratto di lavoro, che potesse (ovviamente) ”, (cioè, per l’appunto, un Ccnl), pur dunque se sottoscritto da organizzazioni sindacali non maggioritarie, sia a livello assoluto che comparato 3 .

La scelta da parte del legislatore di “accontentarsi” di un mero Ccnl ai fini del rispetto del precetto

ex

art.3 L. n.142/01 aveva inevitabilmente indotto molte cooperative ad optare per quei contratti collettivi (tra cui, innega bilmente, anche quelli sottoscritti dall’Unci), che presentavano i trattamenti economici più favorevoli (anche se 2 Ovvero, anche se attualmente viene un po’ meno utilizzato dal legislatore, “

stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale

”.

3 Peraltro la volontà di “accontentarsi” di un mero Ccnl non poteva essere imputabile a una svista del legislatore del 2001, atteso che in altre parti della norma è invece presente il richiamo alla maggiore rappresentatività a livello comparato: vedasi ad esempio il richiamo contenuto agli artt.2 e 6 della L. n.142/01.

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poi la comparazione tra Ccnl è compito tutt’altro che agevole, dovendosi procedere a una valutazione comples anno dopo, a mezzo della L. n.31/08 (di conversione del D.L. n.248/07,

c.d. decreto Milleproroghe

all’art.7, co.4, che non sia sufficiente rispettare semplicemente un Ccnl, bensì richiedendo che il contratto col siva, non limitata ai singoli istituti). Il legislatore ha però, come ci si poteva aspettare, “corretto il tiro” qualche ), prevedendo, lettivo sia anche “

leader

”. In pratica, seguendo testualmente il dettato normativo dell’art.7, co.4, viene stabilito che, laddove si sia “

in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società coo perative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria

”. Tale disposizione mantiene e forse aumenta ancor più i dubbi di “tenuta costituzionale” della norma e, forse, non depone a favore del

c.d. plura lismo sindacale

; dall’altra parte, si è sostenuto da più parti come tale scelta fosse necessaria per favorire una maggiore concorrenzialità tra le cooperative e arginare il fenomeno delle OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale (

c.d. cooperative spurie c.d. contratto leader

4 .

Resta però l’altro problema, tutt’ora irrisolto, cioè di stabilire quale sia il contratto collettivo sottoscritto dalle ), ma questa è un’altra vicenda, altrettanto complessa e spinosa, che esula dalla presente trattazione.

Il regime sanzionatorio in materia di vigilanza

Da ultimo, si ricorda che, in materia di vigilanza in ambito cooperativo, rilevanti cambiamenti sono stati apporta comma (il 5-

ter

) all’art.12 del D.Lgs. n.220/02, che così recita: ti, sul piano sanzionatorio, dal D.L. n.83/12 (convertito nella L. n.134/12), il quale, all’art.46, introduce un nuovo “

Agli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza o risultano irreperibili al momento delle ve rifiche disposte nei loro confronti si applica la sanzione amministrativa da euro 50.000 ad euro 500.000 per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo da parte dell’autorità di vigilanza e per ciascuno dei successivi periodi fino alla cessazione del irreperibilità. La stessa norma si applica alle irrego semestrale di ogni attività

”.

larità previste dall’art. 10 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in sostituzione della sanzione della sospensione

Al di là delle infelici espressioni adottate dal legislatore “

agli enti cooperativi che si sottraggono

” o a maggior ragione “

agli enti cooperativi [...] che risultano irreperibili

”, che appaiono di dubbia interpretazione (visto che l’irreperibilità non può che associarsi a una persona fisica e non a una società), è evidente che il riferimento è agli amministratori della cooperativa (i quali, non a caso, possono essere destinatari di pesanti sanzioni amministra in vigore delle disposizioni introdotte dal D.L. n.83/12, la sanzione è pecuniaria, con un deflattivo

ex

all’art.10 della L. n.99/09, cioè quelle che riguardano: mutualità prevalente; ziale alla diffida impartita in sede di vigilanza. Per queste violazioni (nello specifico per quelle

sub range

da parte dell’autorità di vigilanza che per ciascuno dei successivi periodi, fino alla cessazione dell'irreperibilità. 2. l’omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente; 3. ovvero si ritiene, anche l’inottemperanza, senza giustificato motivo, entro il termine prescritto, anche par sospensione semestrale da ogni attività intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrat tive “personali”). In pratica, mentre in passato nel caso di sottrazione all’attività di vigilanza o di irreperibilità era prevista la cancellazione dall’Albo nazionale degli enti cooperativi (art.12, co.3, D.Lgs. n.220/02) oggi, con l’entrata compreso tra € 50.000,00 e € 500.000,00, applicata sia per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo Alla stessa sanzione pecuniaria (obiettivamente molto pesante, atteso che, anche a voler aderire all’istituto art.16 della L. n.689/81, ammonterebbe a € 100.000,00) vengono ricondotte le violazioni di cui 1. l’omessa comunicazione delle notizie di bilancio, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito della 1. e 2.), nel regime previgente era prevista la sanzione della tuali (art.10, L. n.99/09) 5 .

4 In questo senso si spingeva anche il protocollo d’intesa sulla cooperazione siglato, nell’ambito dell’accordo sul Welfare del 23 luglio 2007, dalle organiz 5 zazioni sindacali del movimento cooperativo.

Nel caso

sub

3) la violazione veniva segnalata anche all’Amministrazione finanziaria.

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