Donne e Scienza di Flavia Scoyni

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Flavia Scoyni

Donne e Scienza

Introduzione storico-culturale in particolare in Italia

Nel corso dell’evoluzione della società come istituzione, diversi fattori di stampo sociale, politico e culturale hanno contribuito alla dissociazione assoluta della donna dal mondo sociale e del lavoro. Di conseguenza, per tradizione, la fi gura femminile è stata relegata in un universo nel quale la cura per la casa e per la prole rappresentavano le massime virtù, indispensabili per assicurarsi una digni tosa convivenza all’interno delle istituzioni sociali. L’unico tipo di istruzione in cui erano coinvolte le giovani ragazze, era quello necessario all’ingresso in società, per mezzo di un matrimonio, e riservato alle sole giovani di buona famiglia. Per questo motivo è stato possibile riconoscere e ricordare figure di grandi letterate, artiste ed umaniste, ben più arduo è stato tale compito per le donne di scienza del passato. Ad esse infatti non fu permesso di dedicarsi agli studi scientifici, se non sotto la guida di un padre o di un marito che ne condividesse le conoscenze acquisite con gli studi. D’esempio fu Marie-Anne Lavoisier, moglie del celebre Antoine Lavoisier, che nel ’700 collaborò con il marito definendo la chimica moderna. Non da meno fu Marie Curie (Fig. 1), moglie del celebre fisico e mate 60 Figura 1. Conferenza di Solvay del 1927 che ha ospitato i più grandi esponenti scientifici dell’epoca. In prima fila, la terza da sinistra, Marie Curie, unica donna invitata alla conferenza.

matico Pierre Curie, insignita di ben due premi Nobel, uno per la Chimica e uno per la Fisica all’inizio del ’900. Coloro le quali, assecondando delle iniziative del tutto personali, si sono occupate dell’apprendimento di conoscenze individual mente, sono state allontanate dalle istituzioni sociali e spesso perseguitate. È il caso delle dominae herbarum, figure femminili che hanno acquisito ed applicato le proprie conoscenze della tradizione erboristica basata sull’utilizzo dei principi attivi provenienti da erbe e bacche a scopo curativo.

Nonostante le difficoltà di ordine politico e sociale, numerose sono state le figure femminili che hanno contribuito alle scoperte scientifiche, tanto da co stringere la società a prendere una posizione rispetto a tale fenomeno, che è pre sente storicamente fin dall’antica Grecia (basti pensare ad Ipazia, matematica, astronoma e filosofa greca del IV secolo d.C.).

Tra il 1859 e il 1877, in Italia, furono emanate due leggi, rispettivamente la Legge Casati e la Legge Coppino, le quali sancirono l’obbligatorietà e la gratuità del primo biennio d’istruzione elementare, senza distinzione di genere, e intro dussero pesanti sanzioni per chi non avesse rispettato tale obbligo. Alla Svizzera spetta il primato europeo nell’aver liberalizzato l’accesso all’università a docenti e studentesse già nel 1860, in Italia ciò avvenne nel 1876. Successivamente le don ne riuscirono a cambiare la loro condizione sociale, tanto da ottenere il suffra gio universale, che esercitarono per la prima volta nel referendum del 2 Giugno 1946, contribuendo alla nascita della Repubblica Italiana.

La redazione della Costituzione Italiana, in seguito all’istituzione della Re pubblica, ufficializza definitivamente l’ingresso delle donne nella società e nel mondo del lavoro attraverso l’Articolo 3 dei Principi Fondamentali della Costi tuzione Italiana, secondo il quale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, sen-

za distinzione di sesso

, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli

ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese

”.

È l’inizio della tutela della donna come individuo sociale e del diritto per essa al lavoro, alle ambizioni personali e all’autodeterminazione.

In epoca moderna, la riforma del diritto di famiglia dl 1975 ristabilì l’ugua glianza dei coniugi abolendo la subordinazione della moglie al marito e la patria potestà, tramutandola in potestà congiunta. Non meno importanti, la Legge sul Divorzio, definitivamente accettata a seguito del referendum abrogativo del 1974 e la Legge 194/78 che definisce le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. In un tale ambiente socio-culturale, è stato possibile delineare una figura femminile indipendentemente da quella maschile e legalmente tutelata nel compiere delle scelte secondo le proprie ambi zioni, anche qualora esse avessero interessato l’ambito scientifico.

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A distanza di anni da queste grandi riforme siamo ben lungi dall’aver raggiun to l’obiettivo del reale inserimento dell’individuo femminile in una società, che storicamente avanza secondo modalità e approcci prettamente maschili. Il com plesso processo di rielaborazione di strutture sociali e lavorative per renderle a misura di individuo, maschile e femminile, probabilmente non è ancora iniziato del tutto e prevede lo smantellamento di istituzioni tradizionalmente accettate e consolidate. È quindi immediatamente comprensibile la particolare difficoltà di inserimento della donna moderna, in particolare in quegli ambiti che non sono mai stati percepiti essere nelle capacità femminili, tra cui le Scienze e la Medicina.

Dati: discriminazione o autoesclusione?

Nel XXI secolo le disparità di genere, in particolare nell’ambiente scientifico, assumono una connotazione probabilmente meno evidente e forse per questo più subdola. Secondo le leggi della società moderna, nulla impedirebbe ad una giovane donna di compiere un percorso formativo e lavorativo con l’obbiettivo di ricoprire una carica ai vertici delle istituzioni scientifiche. Nonostante ciò, un recente re port della Commissione Europea She Figures 2012, la cui prima edizione risale al 2003, analizza, per mezzo di dati raccolti in tutta Europa, la situazione lavorativa della donna in diversi ambiti della ricerca e propone dati sconcertanti. Secondo il commissario europeo per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza Máire Geoghegan Quinn: “Le analisi presentate mostrano che siamo ben lungi dall’ottenere la parità di genere nella ricerca. Ciò addolora le donne ricercatrici ed è un male per l’Europa” (She Figures 2012, Gender in Research and Innovation. 2013). Osservando i dati ripor tanti nel testo della Commissione Europea risultano chiari e distinti due diversi tipi di segregazione dell’attività lavorativa femminile rispetto a quella maschile.

La segregazione orizzontale rappresenta la forte tendenza del passato ad esclu dere il genere femminile da determinati ambiti del sapere. Tale fenomeno appare evidente osservando il numero di donne iscritte nei diversi corsi di studio (Tab. 1). I dati sulla situazione nell’Unione Europea (EU-27, EU-25) e quelli inerenti all’Italia concordano nell’identificare degli ambiti nei quali la presenza femminile è doppia rispetto a quella maschile. Si tratta delle scienze educative, le materie uma nistiche e l’arte, branche del sapere da sempre più vicine alle donne, materie con le quali in passato le giovani più agiate hanno potuto confrontarsi e spesso anche bril 62 Tabella 1. Numero degli studenti universitari divisi per area di studi e sesso nel 2010.

Fonte: Eurostat (codice: “EDUC_ENRL5”) Abbreviazioni: EU-27 (Europa 27 paesi), EU-25 (Europa 25 paesi), DE (Germania), ES (Spa gna), FR (Francia), IT (Italia), NL (Olanda), SE (Svezia), UK (Inghilterra), US (Stati Uniti)

lare. Inoltre, osservando i dati inerenti alle scienze biologiche e all’area del benessere e della salute, è possibile notare che risultano essere le materie in ambito scientifico che per ora siano state percepite dalla donna moderna come più affini all’approccio femminile. Non a caso si tratta di materie che storicamente sono state approfondite anche dalle donne, pur con non poche difficoltà. Con alle spalle un clima storico culturale svantaggiante per il genere femminile, in particolare nell’ambito scientifi co, la donna del XXI secolo sembra occuparsi di ciò che nei fatti ha percepito come più conforme al proprio approccio, ovvero ciò con cui, in un modo o nell’altro, in passato è entrata in contatto. Di fatto, tale atteggiamento, porta ad un’autoesclu sione femminile da materie con le quali raramente esse siano entrate in contatto, denotando un’insicurezza frutto di secoli di esclusione e misconoscimento.

Contemporaneamente al fenomeno della segregazione orizzontale, ritroviamo anche una segregazione di tipo verticale. La segregazione verticale è un fenomeno per il quale quasi la totalità delle cariche di alto livello nelle istituzioni, pubbliche o private, siano ricoperte da uomini. Tale fenomeno appare evidente se si va ad osservare il rapporto del tasso di laurea suddiviso per genere e i valori di assunzione post-laurea. A livello Europeo, si laurea il 2-3% in più di donne rispetto agli uomi ni (Tab. 2). Di per sé questo dato non sarebbe molto indicativo, ma se confrontato con la percentuale di donne che in seguito a laurea vengono assunte, risulta eviden te lo scarto tra il tasso di assunzione maschile e quello femminile. Una volta che si esce dal mondo educativo e si entra nel mondo del lavoro, sempre meno donne ricoprono cariche di alto livello (Tab. 3) sebbene paradossalmente esse si laureino con un tasso del 2-3% maggiore rispetto agli uomini. Ciò è ancora più evidente osservando il grafico inerente alle sole materie scientifiche (Tab. 3 in basso), in cui in verità la percentuale di donne e uomini non è mai comparabile e nei gradi più alti (Grado A) si osserva un lampante 89% di presenza maschile contro un 11% di quella femminile. Se poi si osserva l’età media di coloro che riescono a raggiungere un grado elevato in base al genere (Tab. 4), il divario risulta ancora più chiaro.

In verità ciò che ne deriva è, non solo la disparità assoluta, ma soprattutto il fatto che a parità di età, molte meno donne raggiungono un tale livello, di con seguenza, l’aumento della presenza femminile con l’andare avanti dell’età presa in considerazione, rappresenta il ritardo con cui esse raggiungono tale livello. Una Tabella 2. Percentuale dei laureati rispetto agli iscritti diviso per ambito e per genere nel 2010.

Fonte: Eurostat (codice: “EDUC_ENRL5”) 63

64 Tabella 3. Andamento della carriera scientifica divisa per genere e con grado lavorativo crescente (in alto) confrontato con l’andamento della carriera universitaria generica (in basso).

Fonte: Eurostat (codice: “EDUC_ENRL1TL”;“EDUC_GRAD4”); WiS database (DG Research and Innovation); MIUR- Ministero Italiano dell’Educazione (2010).

ISCED 5: Primo stadio dell’educazione terziaria secondo la classificazione internazionale stan dard dell’istruzione.

ISCED 6: Secondo stadio dell’educazione terziaria secondo la classificazione internazionale stan dard dell’istruzione.

donna, nel XXI secolo, impiega in media 20 anni in più di un uomo a raggiungere lo stesso grado lavorativo e in tale grado rappresenta una percentuale esigua se rap portata a quella maschile. La disparità di genere emerge anche andando a valutare il rapporto tra le richieste e gli effettivi beneficiari di fondi per la ricerca (Tab. 5). La differenza nell’ottenimento di fondi, tra uomo e donna, è di circa il 2-3%, ma ciò che è più interessante osservare è che, anche in questo caso, si nota una forma di autoesclusione femminile. Infatti il valore assoluto di richieste di fondi inoltrate dagli uomini è di gran lunga superiore a quello inerente alle richieste inoltrate dalle donne (Tab. 5). Ciò lascia trapelare nuovamente un senso di insicurezza femminile, conseguente ad un ingresso difficile e recentissimo nella scienza e ad una realtà che, come dimostrato, utilizza due pesi e due misure nei due diversi generi.

In conclusione la realtà femminile nella scienza è contornata da moderni feno meni svantaggianti, la segregazione orizzontale e verticale, ma anche dal residuo di secoli di organizzazioni sociali impedenti, l’autoesclusione, che non hanno portato alla libera e cosciente strutturazione della figura femminile. Il risultato è un ritardo storico nella coscienza e consapevolezza delle donne e ragazze all’in terno di ambienti nei quali tali figure non sono state consolidate storicamen te. Inoltre, tale analisi dimostra l’attuale inadeguatezza dei meccanismi sociali e lavorativi, che impediscono l’inserimento effettivo della figura femminile e la

Tabella 4. Valore assoluto di lavoratori di grado A diviso per genere ed età.

Fonte: WiS database (DG Research and Innovation).

Abbreviazioni: DE (Germania), IT (Italia), AT (Austria), PT (Portogallo), RO (Romania), SK (Slovacchia), FI (Finlandia), SE (Svezia), IS (Islanda), NO (Norvegia).

successiva espressione, economicamente produttiva per il paese, e personalmente appagante per l’individuo.

Prospettive future: merito o quote?

L’approccio di genere e la valorizzazione della donna nell’ambito della ricerca, divenne definitivamente al centro dell’attenzione mondiale nel 1995 a Pechino, 65

66 Tabella 5. Valori assoluti di richiedenti e beneficiari di fondi per la ricerca scientifica divisi per genere e anno e Percentuale di ottenimento di fondi per genere.

Fonte: WiS database (DG Research and Innovation).

Abbreviazioni: DE (Germania), ES (Spagna), IT (Italia), NL (Olanda), UK (Inghilterra).

dove venne sottoscritto il Piano di Azione della quarta Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne. Si definì così un piano d’azione per il progresso della con dizione femminile, ripreso nel V Programma quadro comunitario per la ricerca, che lo inserì all’interno del contesto della ricerca scientifica. Nel 2000 la Direzio ne generale ricerca della Commissione Europea produsse il rapporto ETAN “Po litiche Scientifiche nell’Unione Europea” con l’obiettivo di ridefinire le politiche scientifiche promuovendo l’eccellenza attraverso l’uguaglianza di genere. In ge nerale, queste politiche di rinnovamento istituzionale, ha portato all’inserimento di consigli specializzati allo scopo di monitorare la presenza femminile all’interno di ogni organo istituzionale ed a sviluppare una particolare attenzione al tema.

Il fatto che la Commissione Europea abbia deciso di monitorare la “questione femminile” nella scienza, è sintomo di quanto tale fenomeno sia una realtà mon diale che va riconosciuta ma soprattutto trasformata profondamente. Per modi ficare tale situazione si potrebbero proporre diversi approcci, ad esempio l’inse rimento di quote riservate al genere femminile, in particolare collocate nei gradi lavorativi più elevati (grado A). Tale metodo è innanzitutto una denuncia della reale condizione femminile in ambito scientifico. Infatti, il meccanismo sociale e lavorativo che determina l’assunzione nelle istituzioni risulta così escludente nei confronti delle donne, da dover ricorrere ad un obbligo legale, la predisposizione di quote, per inserirvi forzatamente l’individuo femminile. Inoltre il criterio di assunzione stesso è stato tradizionalmente istituito da una maggioranza di genere maschile, che storicamente ha avuto accesso a cariche con potere decisionale, e prevede un meccanismo di cooptazione, nuovamente svantaggiante per le donne. La cooptazione è un metodo per la scelta di nuovi membri di un organo con-

sistente nella loro nomina da parte dell’organo stesso. Tale scelta ricadrà tra le conoscenze dell’organo stesso e le conoscenze che nel tempo si sono consolidate all’interno degli organi decisionali riguarderanno per la maggior parte figure di genere maschile, che tradizionalmente hanno occupato posizioni di potere nelle istituzioni decisionali. In ogni caso, anche le pochissime donne che dovessero ri entrare in questa rete di conoscenze, entrerebbero a far parte dell’organo secondo un meccanismo che non ne esalta la capacità produttiva quanto quella di essere cooptate. Il risultato sarebbe un’accettazione della femminilità, intesa come ca pacità personale di genere, e non un rimodernamento istituzionale in grado di apprezzare tale individualità e promuoverla poiché produttiva. La promozione della figura femminile nel mondo lavorativo, secondo tale approccio, porterebbe ad una definizione di role model, figure femminili positive ed inserite, che in realtà non rispecchia l’obbiettivo finale dell’inclusione dell’individualità femmi nile. Infatti, inserire delle figure femminili in un meccanismo avente criteri di valutazione che favoriscono le caratteristiche maschili, porterebbe ad uno snatu ramento della donna stessa e un adeguamento della propria personalità ai canoni consolidati tradizionalmente. Ne conseguirebbe un modello femminile, che di femminile non ha mantenuto nulla e che verrebbe percepito come distante oltre che surreale. In definitiva l’unico metodo di reale inserimento sociale e lavorativo della figura femminile è quello di ridisegnare i criteri di valutazione a favore del

merito

a prescindere dalla diversità di genere, che vista come cooperatività pro duttiva, porterebbe al paese grandi miglioramenti economici oltre che socio-cul turali. Per questo, le intenzioni della Comunità europea sono quelle di eliminare le disuguaglianze e promuovere l’uguaglianza con attenzione al merito a prescin dere dal genere. Dunque le prospettive future appaiono positive, quantomeno sul fronte teorico, va però puntualizzato che un processo di rivoluzione così am pio e di ordine mondiale, vada affiancato a scelte politiche. Esse riguardano la mancanza di democrazia in ambito scientifico, e non solo, e la perdita economica dovuta all’investimento formativo sulle donne e al mancato rientro economico, dal momento che le capacità professionali che ne derivano, non vengono sfrut tate al meglio. Per concludere i pilastri fondanti di tale rivoluzione dovranno essere l’equità di genere e la rielaborazione delle strutture sociali e professionali, promuovendo criteri meritocratici nella valutazione e nei finanziamenti. Ciò do vrà avvenire in tutte le istituzioni che si occupano della formazione, assunzione, promozione e finanziamento della ricerca scientifica, nonché, ci auguriamo, in ogni istituzione di ordine sociale, politico ed economico.

Bibliografia

Costituzione della Repubblica Italiana. 1947.

Commissione Europea. 2013 She Figures 2012, Gender in Research and Innovation Commissione Europea. 200. Rapporto ETAN “Politiche Scientifiche nell’U nione Europea”

Sitografia

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/ http://www.istruzione.it/ 67