Martini e i suoi due trentini in maglia iridata

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Transcript Martini e i suoi due trentini in maglia iridata

Sport
40 mercoledì 27 agosto 2014
Checco, 1° a S. Cristobal 1977
«Era un grande diplomatico
e infatti riuscì a fare convivere
il sottoscritto e Saronni»
CICLISMO
l'Adige
Maurizio, 1° a Renaix 1988
«Una persona come poche, prima
che un tecnico di valore. Il Mondiale
lo vinsi grazie alla sua fiducia»
Martini e i suoi due
trentini in maglia iridata
L’affetto di Moser e Fondriest
per l’ex cittì scomparso
PIETRO GOTTARDI
«Ero andato a trovarlo l’ultima
volta durante il Tour. Tornando a casa da Arezzo mi ero fermato un’oretta a salutarlo e a
parlare come sempre di ciclismo. Ormai non si alzava quasi più dal letto: era molto magro, ma lucidissimo. Pensa:
avrei voluto fermarmi anche lunedì, che pure ero di passaggio,
però ero in ritardo e ho tirato
dritto. A tarda sera poi ho sentito la notizia della sua morte...».
Si capisce dalle parole che usa
e dal tono della voce che per
Francesco Moser la morte di Alfredo Martini lo ha toccato nella sfera degli affetti più che in
quella degli amici.
«Domani (oggi per chi legge,
ndr) sarò ai funerali con mio
fratello Aldo, Fondriest, Simoni e con Sergio Chiesa (cuoco
della Nazionale di ciclismo ai
tempi di Martini Ct ndr) : Alfredo merita un saluto corale dal
ciclismo che era la sua vita»
Reciproco il rispetto e l’affetto
che legava il grande Ct a Francesco Moser, considerato che
fu proprio grazie al rampante
corridore di Palù di Giovo che
l’ex corridore toscano ottenne
i primi concreti risultati e la prima delle sei maglie iridate come tecnico della nazionale. «In
realtà non partimmo col piede
giusto - ricorda Francesco -. Nel
1975, primo anno di Alfredo in
ammiraglia, io caddi in una pre-
lui. E ci vide giusto. «Fu una trasferta tribolata, arrivammo in
Venezuela dopo un viaggio avventuroso e senza troppo tempo per ambientarci. Partii con
i gradi di capitano unico, anche
perché Baronchelli era caduto,
e riuscii a ripagare in pieno la
fiducia accordatami da Martini, battendo nettamente Thurau nel duello finale, nonostante una foratura a pochi chilometri dall’arrivo. Fu una gioia
immensa - aggiunge Francesco
-, l’esatto contrario di un anno
dopo al Nürburgring quando
venni beffato dall’olandese Knetemann. Alfredo dopo la corsa
sapeva benissimo quanto fossi arrabbiato con me stesso per
quell’occasione buttata, e cercò solo di consolarmi».
Vennero poi gli anni della spinosa convivenza in azzurro con
Saronni, nei quali Martini diede forse il meglio di sè .... «Era
un grande diplomatico - spiega
l’ex recordman dell’ora -. Con
la sua capacità di tenere le relazioni con tutti, riusciva sempre a creare una squadra che
rispettava il valore dei singoli
corridori, riuscendo a mantenere anche gli equilibri fra le
squadre che esprimevano i capitani. Così facendo riuscì a far
convivere in Nazionale io e Saronni: la sua forza fu quella».
Fra le sei maglie iridate conquistate da Alfredo Martini nei 23
anni da Ct, ruolo ricoperto dal
1975 al 1997, oltre a quella di
Francesco Moser, ce n’è un’al-
Francesco Moser col fratello Aldo, Alfredo Martini e Gilberto Simoni
Martini al Melinda di due anni fa con Moreno Moser e Maurizio Fondriest
tra finita sulle spalle di un campione trentino, quella in palio
nel 1988 a Renaix (Belgio) e conquistata da Maurizio Fondriest,
appena ventitreenne. «Di lui
conservo il ricordo di un grande uomo - racconta l’ex fuoriclasse di Cles -. Una persona
con la P maiuscola, che non
apriva mai la bocca a casaccio
e che quando parlava lo faceva per comunicare cose importanti, insegnamenti di vita. Il
grande tecnico che è stato era
solo la conseguenza del grande uomo che era».
Il ricordo di Maurizio trasuda
riconoscenza: «Ma non può essere altrimenti - conferma -. Da
lui ho imparato una cosa fondamentale per la vita: l’obbligo
di assumersi sempre le proprie
responsabilità. La cosa non è
scontata, soprattutto quando
sei atleta, con l’egoismo a cui
ti spinge la competizione che ti
porta a scaricare sugli altri col-
mondiale in Toscana e finii nel
filo spinato e la cosa non mi fece proprio bene... Il mondiale
si correva in Belgio e vinse
l’olandese Kuiper, sfruttando
la guerra fra belgi. Io rimasi con
i migliori, ma non riuscii ad incidere».
Non così l’anno successivo ad
Ostuni, in Puglia, quando Francesco regalò il primo podio a
Martini: «Ero in grande condizione - ricorda Moser - purtroppo però nel finale mi trovai davanti con Maertens, il velocista
più temuto del gruppo, che infatti nel testa a testa finale si
impose con relativa facilità. Di
più non potevo fare: con Martini lo archiviammo come il miglior risultato possibile».
Sapendo di avere nel trentino
un atleta in grado di reggere le
responsabilità e all’apice della
forma per le gare di un giorno,
Martini nel 1977 ai mondiali di
San Cristobal puntò tutto su di
pe o mancanze che a ben guardare sono tue».
Il ricordo dell’insegnamento ricevuto è scolpito nella mente
di Fondriest ed ha luogo e data precisi: mondiali 1990 a Utsunomiya: «Nel finale scapparono i due belgi Dhaenens e De
Wolf e dietro eravamo in quindici, fra i quali sia io che Bugno,
capitani della Nazionale - ricorda Maurizio -. Io non volevo sacrificarmi per Bugno e lui non
voleva sacrificarsi per me. Eravamo rivali anche se quel giorno con la stessa maglia e finì
con Bugno 3° e io 7°, ovvero un
disastro per ltalia. In conferenza stampa mi presentai con
Martini e fu lì che ricevetti la lezione di cui ancor oggi gli sono
grato. Era evidente che il mondiale lo avevamo perso io e Bugno facendoci i dispetti e che
Martini non aveva colpe. Lui però assunse su di sé tutte le responsabilità e non rifaccio mai
nulla né a me né a Gianni .Personalmente sarei sprofondato
dalla vergogna, ma almeno quel
giorno imparai come ci si comporta da uomini».
Di Martini tecnico, Fondriest
sottolinea la sua capacità di entrare in empatia con i suoi corridori per cercare di trarre il
meglio da ciascuno. Lo fece anche con il giovane Maurizio nel
1988 e fu titolo iridato: «Era una
Nazionale con molte vedette:
Argentin, Saronni, Bugno, Bontempi. E poi c’ero io... Andavo
fortissimo, ma ero in crisi di risultati e Alfredo se ne accorse.
Parlammo e lui mi disse di non
preoccuparmi, che nel finale
ero libero di fare la mia corsa
se non ci fossero stati altri azzurri all’attacco. Sentire la fiducia del Ct mi diede un morale
incredibile e credo che la chiave del mio successo a Renaix
fu proprio in quelle parole di
Alfredo».
Ciclismo | Vuelta, a Cordoba il velocista tedesco dà due bici a Reynes e Matthews
Basket A | Un altro passaggio importante della vita societaria bianconera
Degenkolb di potenza
Ecco la Fondazione Aquila
CORDOBA - Tra John Degenkolb
e la Vuelta c’è sempre stato feeling. Nel 2012, ad esempio, mise
a segno un pokerissimo, stavolta invece ha dovuto attendere la
quarta tappa, quella con approdo a Cordoba dopo due Gpm ed
un circuito impegnativo finale,
per ricordare agli altri rivali
quanta forza abbia nelle gambe.
Il suo quinto centro stagionale
arriva grazie ad uno sprint potente e preciso che non lascia
scampo allo spagnolo Vicente
Reynes (Iam) e all’australiano
Michael Matthews (Orica-GreenEdge), che incassa anche 4” di
abbuono legittimando così la sua
maglia rossa di leader della classifica generale. Nel giorno in cui
tanti italiani partono col lutto
per ricordare Alfredo Martini, tre
finiscono nella top ten: Damiano Caruso (Cannondale) è 4°, Valerio Conti (Lampre-Merida) 6°
e Fabio Aru (Astana) 10°. Caruso è anche 5° nella generale, dove Matthews ha 8” di vantaggio
sul colombiano Nairo Quintana
e 15” sullo spagnolo Alejandro
Valverde, entrambi della Movistar. Ed è proprio il murciano a
lanciare il guanto di sfida tra i
big.
Dopo un tentativo in discesa, dopo il primo Gpm, del basco
Amets Txurruka (Caja Rural),
Valverde si riportava in discesa,
dopo l’Alto del Catorce, sul colombiano Winner Anacona (Lampre) il britannico Adam Yates
(Orica) ed il francese Romain Sicard (Europcar), a circa 25 chilometri dalla conclusione. Cadel
Evans fora, Damiano Caruso si
lancia all’inseguimento del poker di battistrada e, a meno di
duemila metri dal traguardo, ci
prova anche Adam Hansen, tallonato da Manuel Quinziato. Le
squadre dei velocisti riescono a
cucire il buco e Degenkolb, con
uno spunto da autentico fuori-
classe, conquista il successo
quasi per distacco. E oggi il 25enne tedesco ha subito la chance
di bissare nella quinta frazione
ancora adatta agli specialisti del
colpo di reni.
Tour de l’Avenir | Zurlo si piazza 4° nella tappa
Moscon 7° nella «generale»
PARAY LE MONIAL - Ad un mese dal campionato del mondo di Ponferrada (Spagna), Federico Zurlo ha colto un ottimo posto nella terza tappa del Tour de l’Avenir. 143 i chilometri che hanno visto impegnati i migliori under 23 al
mondo da Montrond les Bains a Paray Le Monial (Francia),
per una frazione adatta alle ruote veloci. Federico Zurlo,
ottimamente pilotato dal treno composto dagli azzurri, si
è gettato nella mischia inchinandosi allo sprint solo al britannico McLay, al norvegese Cort Nielsen e al colombiano
Gaviria. Buoni anche i segnali dati sin qui dal nostro Gianni Moscon che occupa la 7ª posizione in classifica.
TRENTO - La «costellazione»
Dolomiti Energia Basket Trento fa un ulteriore salto di qualità, a certificare la vitalità del
sodalizio che si appresta ad
esordire nel massimo campionato italiano.
Il Consorzio di Aquila Basket
ha così deliberato di affidare
una quota pari al 20% del capitale sociale di Aquila Basket
Trento srl alla «Fondazione di
partecipazione Aquila Basket», nuovo soggetto giuridico fiduciario e garante dei valori e dei principi su cui si fonda il progetto sportivo-sociopromozionale dell’Aquila. La
novità è stata proposta nell’ultima riunione del Consiglio
d’amministrazione del Cast
da Giovanni Zobele (nella foto),
presidente per 11 anni dell’Aquila Basket, e da Marco
Angelini, fondatore insieme a
Gianni Brusinelli della società trentina.
La Fondazione nasce con
l’obiettivo di garantire la continuità del progetto Aquila Basket e il rispetto dei valori, dei
principi di condivisione su cui
lo stesso si fonda e con
l’obiettivo di costruire, attraverso gli apporti raccolti da
vari soggetti interessati pubblici e privati, un patrimonio
destinato al mantenimento ed
alla continuità del progetto
Aquila. La Fondazione intende quindi rivolgersi a soggetti privati, realtà associative
del mondo no profit (inserite
e non nel progetto Aquila Basket for no profit), enti privati ed enti pubblici per chiedere che tali soggetti destinino
una parte del loro patrimonio
a tale finalità e ne affidino la
sua gestione alla fondazione
stessa. Zobele e Angelini ricopriranno il ruolo di promotori della Fondazione e dopo
avere condiviso tale iniziativa con tutte le componenti
della realtà Aquila Basket procederanno alla sua costituzione. Potranno successivamente divenire fondatori le persone fisiche e giuridiche che
contribuiranno al Fondo di
dotazione mediante un contributo in denaro, beni mobili o immobili, nelle forme e
nella misura determinata dal
Consiglio della fondazione.
RITIRI
Con Monroe e Ndoja
Verona si allena a Campiglio
CAMPIGLIO - La Scaligera Basket Tezenis Verona dal 24
agosto è in ritiro a Madonna di Campiglio (fino al 30 agosto). La squadra allenata da Alessandro Ramagli partecipa al campionato nazionale di Lega Due Gold e già da alcuni anni sceglie la Val Rendena per la preparazione precampionato. In questi giorni gli impegni del team veronese si alternano tra il lavoro atletico all’aperto presso il
Centro sportivo Pineta a Pinzolo e gli allenamenti tecnici pomeridiani al Palazzetto dello sport di Carisolo.
Il calendario degli allenamenti dei prossimi giorni è il seguente: oggi seduta dalle 17, domani dalle 9.30 e dalle
17.30, venerdì dalle 9.30 e dalle 18, sabato dalle 10. Oggi
alle 11, presso l’Alpen Suite Hotel di Campiglio, si tiene la
presentazione dei nuovi due atleti Darryl Monroe e Klaudio Ndoja. Mentre cresce l’aspettativa verso i primi incontri stagionali, non si dimentica il campionato passato quando i gialloblù hanno sfiorato l’accesso alla finale
playoff e la possibilità di accedere alla massima serie nazionale del basket.