La commedia condominiale

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FUORI MIRA
Alessio Boni, 44 anni,
con un’incomprensibile
parrucca bionda, nel film
di Bernasconi
IL CAFFÈ
2 novembre 2014
ilcaffètravirgolette
40
Schermi.
Dopo il successo
di“Sinestesia”
Erik Bernasconi
cerca il bis con
un cast corale.
Tanti personaggi,
forse pure troppi
Libri.
Ossessioni erotiche
e visioni di morte
MARCO BAZZI
N
La commedia condominiale
Un quasi thriller dall’ambientazione ticinese
MARIAROSA MANCUSO
“T
i denuncio. Ti ho visto buttar via
la spazzatura nel sacco nero”. Il
sacco per rifiuti non ufficiale è
segno di comportamento incivile, se non di
devianza, soltanto in Svizzera. Già dalle
parti di Como fan fatica a capirlo, ai più
lontani dalla frontiera bisognerebbe chiarire il concetto di “sacco ufficiale”, prima di
informarli sul costo del medesimo. È il limite - e nello stesso tempo potrebbe rivelarsi la forza, parleranno gli incassi - di
“Fuori mira”, opera seconda di Erik Bernasconi girata 5 anni dopo il successo di “Sinestesia”.
L’ambientazione ticinese è ricercata e
insistita, anche se il film è stato girato a
Bolzano. Cast corale, come si usa dire. Unità di tempo e di luogo: il giorno più caldo
dell’anno, in un posto che non è centro, ma
neanche periferia, un po’ più multiculturale del necessario. Se vi viene in mente “Canicola”, il grottesco e crudele film dell’austriaco Ulrich Seidl, siete fuori strada. La
sceneggiatura, scritta dal regista con Daniel Bilenko e Mario Fabio - più l’anglolivornese Roan Johnson, regista che abbiamo ammirato per “I primi della lista”, oltre
che per l’ultimo film visto al Festival di Roma “Fino a qui tutto bene” - ha toni più comici e svagati, almeno all’inizio.
Ha purtroppo anche un debole per le situazioni esemplari e i messaggi sociali, cosa che in un film bisognerebbe evitare. Una
mattina qualcuno spara a un giovanotto
nero, che ha una fidanzata bianca e al momento prende il fresco sul balcone di casa.
Il vicinato spettegola; sarà stato un regolamento di conti tra immigrati. La poliziotta
indaga, due testimoni di Geova bussano di
porta in porta. I ragazzini cercano un modo
per passare il pomeriggio che non sia il solito videogioco. Il turco dà la ricetta del kebab con carne svizzera e spezie importate,
Alessio Boni (con una terrificante parrucca
bionda in testa, ma perché?) si fa le canne,
gioca a freccette e tiene un orso polare nel
freezer.
Tanti personaggi, forse troppi. Non tutti
infatti servono alla trama, quando dalla
commedia condominiale (sempre un genere divertente e che consente una certa elasticità) si passa al thriller, che invece ha regole più rigide. E mal sopporta una scena,
a un quarto d’ora dalla fine, dove tutti i
personaggi parlano e litigano tra loro, ma
in colonna sonora ascoltiamo solo musica
(come quando lui e lei si innamorano, camminano per strada e parte la sviolinata). La
recitazione non è sempre di prima classe,
ma i tre ragazzini annoiati si fanno notare
per la naturalezza e la disinvoltura.
L’AZZURRO
DEL CIELO
Georges
Bataille
(Einaudi)
ella sua prefazione a l’”Azzurro del cielo”
Georges Bataille scrive: “Come si può perdere tempo su libri alla cui creazione l’autore non sia stato manifestamente costretto?”. E il
suo è uno di quei libri. Lo afferma implicitamente
poche righe dopo: “Solo un tormento mio personale è all’origine delle mostruose anomalie del l’Azzurro del cielo”. Aggiunge di essersi quasi dimenticato di quel romanzo. Eppure è il suo capolavoro.
Narra l’amore di Henry e Dirty nell’Europa del
1934, l’anno dell’assassinio del cancelliere
austriaco Dollfuss, della guerra civile a Barcellona e dell’ascesa al potere di Hitler. La
storia diventa, di pagina in pagina, un’atroce
premonizione del male.
Le immagini finali ne sono una metafora. I
due amanti sulle tombe di un cimitero: “Il suo
ventre nudo fu per me come una tomba fresca.
Eravamo folgorati di stupore, amandoci sopra
quel cimitero stellato”. E nelle ultime due pagine la visione di una banda di ragazzini nazisti che
suonano invitando alla guerra. “Li vedevo, non
lontano da me, affascinati dal desiderio di andare
alla morte (…). A quella insorgente marea omicida, molto più aspra della vita stessa, sarebbe stato
impossibile opporre qualcosa di più di inezie, ridicole suppliche da vecchie signore”. L’opera di Bataille, intellettuale poliedrico, si inserisce in quel
filone che va dal Surrealismo all’Esistenzialismo,
da Artaud a Camus. Passando per l’esperienza di
Céline e del suo “Viaggio al termine della notte”,
che per certi tratti ricorda l’Azzurro del cielo.
Detto della fine, diciamo dell’inizio, ambientato “in una taverna dei bassifondi londinesi, uno
scantinato sordido: “Dirty era ubriaca. Lo era in
modo estremo”. Fino alla camera del Savoy dove,
“al limite del delirio”, si abbandona a quanto di più
disgustoso si può immaginare. È Bataille, con le
sue provocazioni e le sue ossessioni erotiche.
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