Fanny - Toscana Film Commission

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Transcript Fanny - Toscana Film Commission

INDICE RASSEGNA STAMPA
Si gira in Toscana
Nazione Viareggio
02/09/2014
p. 15
Al Teatro Jenco si gira un film La produzione cerca comparse
1
Tirreno Viareggio
02/09/2014
p. VI
Servono comparse per un film viareggino
2
Corriere Fiorentino
02/09/2014
p. 12
«In fuga dalla gabbia della sua Recanati Inseguendo la libertà Marco Luceri
»
3
Corriere Fiorentino
02/09/2014
p. 12
La rabbia di Giacomo
Roberto Barzanti
4
Segnalazioni
Qn
02/09/2014
p. 31
«Infinitamente libero» Ecco il nostro Leopardi
Andrea Martini
6
Corriere Della Sera
02/09/2014
p. 36
Leopardi il ribelle
Paolo Mereghetti
7
Corriere Della Sera
02/09/2014
p. 37
«Il bel Ranieri, un amico fedele alter ego dell'infelice Giacomo Giuseppina
»
Manin
10
Repubblica
02/09/2014
p. 38
Il ribelle Addio al Leopardi del liceo Martone riaccende il
poeta
Paolo D'Agostini
12
Repubblica
02/09/2014
p. 39
Elio Germano: "La prova più dura? Recitare L'Infinito"
Arianna Finos
14
Indice Rassegna Stampa
Pagina I
Al Teatro Jeneo
si gira un film
La produzione
cerca comparse
L'UFFICIO Spettacolo
del Comune di Viareggio
informa che dal 9 al 12
settembre verranno
realizzate a Viare ggio
alcune riprese di un
cortometraggio diretto da
Nicola Petralia, giovane
autore già apprezzato
anche come fotografo. Il
film, dal titolo "Io non
sono Giorgio Simonne",
racconta i momenti che
precedono l'entrata in
scena di un attore
teatrale. Durante la
vestizione di scena e
l'attesa dell 'ingresso in
palcoscenico , scorrono, in
flash back, i ricordi di una
intera vita . Per il 9
settembre, dalle 14 in poi,
sono necessarie diverse
decine di comparse che
dovranno impersonare il
pubblico dello spettacolo
teatrale che conclude il
film. Tutti coloro che
fossero interessati a
partecipare come
comparse (a titolo
gratuito, essendo la
produzione autogestita e
indipendente, quindi con
risorse molto contenute)
possono presentarsi al
Teatro Jenco entro le ore
14 del 9. Per informazioni
contattare l'Ufficio
Spettacolo (0584 - 966345 l
34).
Si gira in Toscana
Pagina 1
AL TEATRO JENCO
Servono comparse
per un film viareggino
L'Ufficio Spettacolo del Comune informa che dal 9
al 12 settembre verranno realizzate a Viareggio alcune riprese di un film a cortometraggio (15 minuti circa) diretto da Nicola Petralia, giovane autore
video, già apprezzato anche come fotografo. Il
film, dal titolo "Io non sono Giorgio Simonne", racconta i momenti che precedono l'entrata in scena
di un attore teatrale. Per il
9 settembre dalle 14 in poi
sono necessarie diverse
decine di comparse. Gli
interessati a partecipare come comparse (a titolo
gratuito, essendo la produzione autogestita e indipendente) possono presentarsi al Teatro lenco, in
via Nlenini entro le 14. Info: 0584 966345/341.
Martedì 9 settembre alle 14
ai teatro Jenco di Viareggio
Si gira in Toscana
Pagina 2
«In fuga dalla gabbia
della sua Recanati
Inseguendo la libertà»
«Firenze rappresenta per Giacomo
Leopardi la libertà, la città dove, nel
bene e nel male, sperimenta il primo
confronto con il mondo dopo la fuga
dalla gabbia di Recanati. E ciò che
emerge dai suoi stessi testi, che non
abbiamo voluto interpretare, ma offrire come suggestioni utili a compiere
un viaggio nella vita e nella letteratura
di questo grande poeta». Così Mario
Martone descrive l'importanza della
città toscana nel percorso umano e intellettuale narrato ne Il giovane favoloso, che ieri è stato presentato alla
Mostra del Cinema tra applausi della
critica e ovazioni del pubblico.
Interpretato da un febbrile Elio
Germano (per il quale si parla già di
Coppa Volpi come Miglior Attore), il
film racconta la vita di un uomo che
attraverso la poesia cerca di dare un
senso alla disperata condizione umana, muovendosi solitario in un piccolo
mondo famigliare che non riesce a
comprende il suo desiderio di fuga, il
suo anelito di libertà. Per quanto nelle
pagine che scrive si legga dell'universo, per il prodigioso Leopardi esso è
irraggiungibile. La seconda parte del
film -che segue il racconto degli anni
nella natìa Recanati, dove Leopardi si
forma studiando sui libri della biblioteca paterna - inizia proprio a Firenze (le riprese sono state effettuate nel
novembre scorso), al tempo in cui i
circoli intellettuali italiani hanno
aperto le porte al sublime e tormentato poeta, anche se Giacomo mal si
adatta alle ipocrisie dei salotti e rifiuta
ogni offerta di lavoro che possa ingabbiare la sua libertà di pensiero (in una
scena si assiste allo scontro tra Leopardi e alcuni letterati liberali convenuti al Gabinetto Viesseux, cenacolo
che lo aveva accolto inizialmente con
favore, salvo poi contestare al poeta la
sfiducia nell'idea di progresso umano). Leopardi divide una stanza buia e
austera dell'Oltrarno - dalla finestra
si vede la cupola del Cestello - con
Antonio Ranieri (nel film Michele
Riondino), il romantico rivoluzionario napoletano e amico fraterno con il
quale conduce una vita da bohème in
cui si dorme di giorno e si scrive di
notte (anche Ranieri, come prima Pietro Giordani, capisce la statura dell'amico e lo assiste con devozione,
Si gira in Toscana
mettendo su carta i versi che Giacomo
gli detta). Il poeta si muove per le strade e le piazze della città - il mercato
di Santo Spirito, Ponte Santa Trinita, i
lungarni, il Giardino di Boboli e assiste alla prima dell'Orfanella svizzera
al teatro Niccolini oggi chiuso - trascinandosi dietro un corpo che diventa fonte di dolore insopportabile.
Leopardi è segnato dalla malattia,
ma semicecità e deformazioni non gli
impediranno di invaghirsi della bella
e sfuggente dama fiorentina Fanny
Luoghil
II protagonista si muove
tra Boboli e il mercato
di Santo Spirito,
sino a ponte Santa Trinita
Targioni-Tozzetti (una Anna Mouglalis, che si muove cerimoniosa tra le
stanze di Palazzo Pitti), che cadrà tra le
braccia del ben più prestante Ranieri.
Il pensiero che nulla nasconde dell'infelicità della condizione umana è un
tutt'uno con la spinta vitale di Giacomo, che sperimenta su di sé quelle «illusioni dell'animo» che racchiudono,
ai suoi occhi, l'unico senso dello stare
al mondo. E così la voluttuosa Fanny
(e Firenze) sparirà da questa costellazione come la luna che precipita dal
cielo negli incubi dello stesso Leopardi, lasciando un buco nero nello spazio e un deserto nel cuore del poeta.
Dopo ci saranno una tappa a Roma e
poi Napoli, suburra solare e oscura
che farà da tragico sfondo al suo ultimo viaggio, al termine della vita.
A destra Mario
Martone sul set
fiorentino a novembre scorso
(foto:Cambií
Sestini)
Marco Luceri
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 3
del h --i-- Ovazioni al lido per Elio Germano nei panni del poeta che qui visse oltre tre anni e mezzo
Leo ardi e Firenze nel film ' Manone. E i suoi scontri al Meusseux
di ROBERTO BARZANTI
+Era una prova temeraria intessere
un biopic che raccontasse plausibilmente, senza indulgere a fastidiosi
scrupoli di verisimiglianza, la vita di
Giacomo Leopardi. Mario Martone c'è
riuscito, mettendo in scena un giovane
in rivolta e dividendo la tormentata parabola della sua esperienza in grandi
quadri, scanditi con piglio, in sorvegliato crescendo.
Firenze fu una città decisiva nel
drammatico cammino di Giacomo.
Calcolando tutti i segmenti dei soggiorni fiorentini si arriva
alla bella cifra di tre anni,
sette mesi e ventun giorni:
un periodo abbastanza
lungo, denso di incontri
fondamentali sul piano
culturale, dominato dal
travolgente fascino della
bella Fanny Targioni Tozzetti, siglato da funerei
presagi di morte. E nell'opera di Martone tutti
questi momenti sono toccati con proprietà.
Leopardi mise piede per la prima
volta a Firenze il 21 giugno 1827. Cominciò subito a frequentare abitualmente il Gabinetto Vieusseux e tramite
il grande intellettuale di famiglia svizzera entrò in rapporto con Capponi,
Tommaseo, Poerio, Colletta e soprattutto incontrò, tra gli esuli napoletani
ospiti del Granducato, Antonio Ranieri, un ventunenne di gagliarda presenza che si sarebbe legato al poeta fino
agli ultimi giorni: aveva l'eleganza di
un dandy e lo spirito combattivo e patriottico di un esule che non si rassegnava alla lontananza. Fu sicuramente
la persona con cui Leopardi più s'intese. Il fervido liberalismo della cerchia
del Vieusseux non lo attraeva infatti
più di tanto ed anzi favorì in lui la percezione della distanza incolmabile che
separava il suo pensiero materialista e
scettico dalle ideologie correnti.
Nella sala al secondo piano di palaz zo Buondelmonti, la sera di lunedì 3
settembre 1827, si svolse l'incontro più
celebre, quello con Alessandro Manzoni. Pietro Giordani esibì il suo anticlericalismo con una sgarbata prosopopea, imbarazzando non poco il conte,
fedele a maniere aristocratiche e riservate che lo costringevano ad aggirarsi
come un distratto absent in mezzo a
tanti vani colloqui. Le lodi formulate
Si gira in Toscana
dal Leopardi verso il «capolavoro» che
stava riscuotendo tanto successo nascondevano in realtà un sostanziale
dissenso. Avere scelto il Seicento, secondo Terenzio Mamiani poteva provocare «la deplorevole conseguenza
che del presente non bisognasse zittire, dacché gli italiani altre volte si trovarono molto peggio e l'Austriaco vale
un oro a petto del Castigliano». Gino
Capponi, il rappresentante più seguito
dell'intellighenzia cattolica fiorentina,
si sarebbe più tardi lamentato con
Vieusseux della feroce palinodia con
cui il recanatese metteva alla berlina filosofie troppo rassicuranti e non esitò
a bollarlo come «quel maledetto gobbo
che s'è messo in capo di coglionarci».
Eppure fu così onesto da votare a favore delle Operette morali per l'assegnazione del premio della Crusca attribuito incredibilmente a Carlo Botta.
Non andò meglio con Niccolò Tommaseo, che nel film compare tronfio in
un fulmineo flash, ripetendo esattamente il terribile giudizio che espresse
contro «l'arrogante mediocrità» di Leopardi.
Con Firenze fu tutto un via vai, ma
l'abitazione principale presso cui il peregrinante poeta ebbe alloggio fu la dimora affittata dalle sorelle Busdraghi,
due affaccendate signorine che fanno
pensare a Palazzeschi: «esse - si legge
nello Zibaldone - erano ancora in età
ben giovanile, ma l'amore era scancellato dal loro volto». Anche nel'30 tornò
dalle due pensionanti e presso di loro
vivrà fino ai primi del settembre 1833,
in via Verdi 11, allora via del Fosso,
presso Santa Croce.
Il periodo fiorentino coincide anche
con una stagione poetica dai tratti teorici ben segnati. Fu la bruciante delusione provata dal non corrisposto
amore per Fanny ad alimentare una te matica nuova nell'opera di Leopardi. I
canti fiorentini, al cui inizio si situa Il
pensiero dominante e comprendono A
se stesso, Amore e Morte e, su un altro
piano Consalvo, ribaltano la poetica
della rimembranza ed insorgono da
una dura considerazione del presente,
del qui e ora. É un Leopardi eroico
quello che insorge in riva d'Arno. Amore e Morte - scrive Fiorenza Ceragioli
- sono concepite come due presenze a
cui Leopardi attribuisce una medesima
natura divina che altera e trasforma la
condizione umana».
Niente suggestioni freudiane, dunque, ma piuttosto la rappresentazione
in termini di melanconico classicismo
di una tragica realtà sublimata in mito.
La rabbia del poeta trovò la sua sintesi
in una definitiva lettera scritta alla Fanny, una delle due sopravvissute ad una
stolta distruzione: «Sapete che io abbomino la politica, perché credo, anzi vedo che gli individui sono infelici sotto
ogni forma di governo, colpa della natura che ha fatto gli uomini all'infelicità; e rido della felicità delle masse,
composta di individui non felici».
Martone ha ricavato una battuta dalle
parole conclusive, censurando la prima parte. t stato commovente ascoltare nella grande sala Darsena del Lido
un fragoroso applauso proprio al passo
nel quale Leopardi, splendidamente
interpretato da Elio Germano, scaglia il
suo duro attacco contro i «nuovi credenti». Di ieri e di oggi.
n RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 4
Accanto Elio Germano- Leopardi
sulla riva dell'Arno. A sinistra dall'alto
davanti alla Biblioteca nazionale, che
allora non era ancora stata costruita;
con Anna Mouglalis (Fanny) e
Michele Riondino (Ranieri); e a Boboli
Si gira in Toscana
Pagina 5
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«TORNANDO I NDIETRO nel tempo
mi sembra di essere sempre stato leopardiano, fin da "Un matematico napoletano"». La passione per quell'universo ha radici lontane. Dopo aver
messo in scena a teatro alcune delle
"Operette Morali" con una risposta
del pubblico sorprendente rispetto alle attese è stato quasi naturale per Mario Martone dare vita al progetto di
"Il giovane favoloso" (passato ieri in
concorso fra gli applausi), definizione di Leopardi dovuta ad Anna Maria Ortese.
Qual è stato d processo creativo?
«La sceneggiatura è basata su testi leo-
I N SALA
R regista : « Era un uomo
senza nessuna maschera»
L'attore: « Una figura ipnotica»
pardiani, non solo poetici, otiviamente, ma anche epistolari a cui si sono
aggiunte le memorie scritte e le lettere di chi ebbe più o meno assidua frequentazione con lui. Naturalmente
abbiamo usato anche le memorie di
Antonio Ranieri che ha scritto due libri, uno dei quali dedicato ai sette anni di stretta amicizia e di profondo sodalizio, memorie più veritiere di
quanto si fosse pensato all'epoca. In
pratica io e Ippolita di Majo, che ha
scritto con me il film, non ci siamo inventati nulla con la sola eccezione della visita notturna al lupanare che ci è
stata suggerita da un'illuminazione
teatrale di Enzo Moscato».
Come è riusc'
rendere l'imma Ine di un uomo totalmenli
?
«Ho messo in evidenza come tutte le
gabbie con cui la nostra esistenza viene a patti, allora come oggi (scuola, sapere, famiglia, illusione amorosa) siano saltate per Leopardi, una a una.
Egli non indossa nessuna maschera,
da qui nasce la forza della sua poesia e
l'imprevedibilità dei suoi giudizi e
del suo comportamento».
vicenda è scandita
uni ' di lu o® Reca
Firenze e Napoli. A Napoli è 5edicaampia...
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Segnalazioni
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Andrea Martini
VENEZIA
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«Perché è là che Giacomo si apre di
più. Man mano che il malessere avanza, che le membra si rattrappiscono, e
il corpo si piega, il pensiero s'innalza
e tocca le massime vette».
Uno dei punti di forza di "Il giovane
favoloso" è senza dubbio l'interpretazione appassionata quasi viscerale di
Elio Germano.
Germano, come è entrato nel
e nello spirito di Leoparco
di
«E stato un regalo unico quello fattomi da Martone. La ricchezza infinita
del personaggio mi ha spinto a entrare nel suo universo. Ho cominciato a
studiare e ho passato tre mesi interamente dentro il suo pensiero. Avrei
potuto passare tre anni invece di tre
mesi e mi sarei sentito ancora impreparato,
ce ho affrontato la sfida perché il tempo
passato col suo pensiero mi ha permesso di entrare nel suo
corpo e di sentirlo
mio».
Cosci ha serr 'iù vicino
de poeta?
«La spinta a
guardare dentro di sé, e quindi dentro di
noi. Ma soprattutto la ricercata
inadeguatezza.
Voluta, inseguita.
Accettare di essere
inadeguati rende libero. Questo gli permette di disprezzare il disprezzo degli
altri, di vivere nel
profondo lo scetticismo».
Ha accentuato
ita lede
siche?
«Mi sono portato
appresso il suo corpo sgraziato, invecchiato precocemente, cercando di abitarlo molto nella
mia testa per restituirne la vitalità rabbiosa. Leopardi da
molti veniva considerato disgustoso a vedersi. Ma al tempo
stesso ipnotico».
Pagina 6
Dieci minuti di applausi
al film di Martone che
sa evitare il rischio di
schematismi scolastici
Fina del poeta dai genitori oppressivi:
Germano in un'intensa prova d'attore
Segnalazioni
Pagina 7
di PAOLO MEREGHETTI
are un film su Giacomo Leopardi è come camminare su
un crinale friabile e scivoloso. A ogni passo si rischia di
cadere nello schematismo, nell'enfasi gratuita o, peggio, in una logica
voyeuristica da «buco della serratura». Mentre sulla testa incombe la
slavina del nozionismo scolastico,
con i suoi luoghi comuni. Diciamo
subito che, con Il giovane favoloso
- accolto in sala da dieci minuti di
applausi -, Martone ha saputo evitare tutte queste trappole per restituirci un Leopardi veritiero (i dialoghi citano spessissimo le lettere
scritte e ricevute) e insieme capace
I
di andare al
cuore della
sua riflessione poetica e
filosofica
mentre il film
segue un suo
percorso interiore di liberazione dalle
«catene» della famiglia e
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dalle convenzioni della soIg?
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della propria
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La prima
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parte del film
ricostruisce
l'educazione
familiare, sotto la guida severa del
padre Monaldo (Massimo Popolizio), a Recanati, dove Giacomo (Elio
Germano) passò «sette anni di studio matto e disperatissimo» insieme al fratello Carlo (Edoardo Natoli)
e alla sorella Paolina (Isabella Ragonese): la biblioteca paterna ricca di
diecimila volumi, che a volte assomiglia a una prigione; l'inizio delle
malattie ossee che gli deformeranno l'aspetto; i primi riconoscimenti
letterari, come filologo e come poeta, soprattutto da parte dello scrittore di idee liberali Pietro Giordani
(Valerio Binasco); i vani tentativi di
lasciare la casa paterna, nonostante
l'intercessione dello zio Antici (Paolo Graziosi); le prime, celeberrime
poesie («La sera del dì di festa»,
«L'infinito»).
Dieci anni dopo, nel 1830, lo troviamo a Firenze, legato all'amico
Segnalazioni
Antonio Ranieri (Michele Riondino), apprezzato nei salotti mondani
ma guardato con sospetto da quell'intellighenzia che lo vorrebbe più
partigiano per le idee liberali e meno malinconico e pessimista. Vive
l'ennesima delusione d'amore per la
nobildonna Fanny Targioni Tozzetti
(Anna Mouglalis) e poi si trasferisce
nella città natale di Ranieri, Napoli.
Qui, dal 1833, accudito dalla sorella
di Ranieri, Paolina (Federica De Cola), vivrà gli ultimi anni della sua vita, i più liberi e «spensierati» nonostante l'aggravarsi della scoliosi: a
contatto con il popolo minuto, rinfrancato dal sole mediterraneo, affascinato dalle antichità romane e
dalla forza della natura, capace di
darci un ultimo capolavoro come
«La ginestra».
Autografi Elio Germano (33 anni) mentre firma gli autografi ai fan
Tutta questa materia è raccontata
da Martone, che firma la sceneggiatura con Ippolita di Majo, in sottotono, senza voler sottolineare nessun
episodio o significato in particolare,
ma disegnando l'animo irrequieto
di un giovane alle prese con le «gabbie» da cui vuole fuggire. Unica vera
libertà il dissonante accompagnamento musicale di Sascha Ring, oltre all'episodio inventato dell'incontro col femminiello nel bordello
«felliniano» di Napoli.
Per il resto, la ribellione di Leopardi è fatta di piccoli passi, di un
appunto lasciato alle pagine dello
Zibaldone, di uno sguardo dalla finestra (verso quella vita che sembra
sfuggirgli), di una poesia che fa risuonare la sua sensibilità, accennando a molti accadimenti biografici (chi volesse ritrovarli può leggerne con profitto la vita e le lettere curate da Nico Naldini per Garzanti). E
se qualche volta la messa in scena
sceglie di mettere l'accento su un
elemento, lo fa attraverso la straordinaria fotografia di Renato Berta,
capace di sottolineare con la luce i
chiaroscuri di un'anima o l'emozione di un paesaggio.
Allo stesso modo la recitazione
del cast sceglie un verismo mai troppo sottolineato, a volte giustamente
ieratico (Graziosi, Popolizio, la madre affidata a Raffaella Giordano),
altre volte più mimetico (Mouglalis,
Riondino e tutti gli altri) su cui spicca la prova di Elio Germano, alle prese con un personaggio le cui poesie
e le cui deformazione rischiavano di
innescare il pilota automatico delle
reminiscenze scolastiche, e che invece mostra sullo schermo una misura invidiabile, mai troppo enfatica
nella dizione né troppo marcata nell'incedere, capace anche attraverso i
toni della voce e le pose delle azioni
di restituirci un po' di verità.
Con la moglie sceneggiatrice
Mario Martone e Ippolita di Majo
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li giovane favoloso
di Mario Martone
11 fiirn narra la solitudíne e le,
passioni di Giacorno Leopardi
*da evitare **interessante
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II rapporto affettivo con la sorella, il padre possessivo, la madre indifferente
«Il bel Ranieri, un-9 e amico fedele
alter ego dell'infel ice Giacomo»
D regista e i suoi personaggi. « Fanny, libera e spregiudicata»
VENEZIA
È stato il Mozart della
poesia. «Le affinità sono tante. Familiari, caratteriali, di destino»,
conferma Mario Martone, innamorato di Leopardi al punto di confrontarsi con lui in teatro e al cinema. In scena con le Operette morali,
sullo schermo con Il giovane favoloso. «Amadeus e Giacomo. Geni ribelli. Talenti precocissimi alimentati da padri autoritari, adorati dalle
sorelle. Entrambi inadatti alla vita,
scomparsi prima dei 4o anni, Amadeus a 35, Giacomo a 39. Morti di
morbi oscuri come oscura è la loro
sepoltura. Fossa comune per Mozart
e forse anche per Leopardi . La tomba ufficiale è a Posillipo , ma l'identità dei resti non è certa».
Giovani irrequieti e ardenti. Giovani contro. Un Leopardi capovolto,
come nel manifesto del film. Magari
con il pugno alzato , come Elio Germano al Lido. «Fu un rivoluzionario
sostiene l'attore . Uno che dice:
"Nella mia vita mai chinerò la testa
verso persona alcuna" è un vivido
esempio per tempi rassegnati come
i nostri».
Audace e anticonformista anche
nel privato . «Il suo legame con Antonio Ranieri, patriota napoletano,
era certo fuori da ogni convenzione
del tempo
assicura il regista .
Per sette anni Giacomo ha vissuto
con quell'uomo più giovane infischiandosene delle maldicenze». Si
dice di un rapporto omosessuale.
«Mi sono imposto di stare alle carte
ma povera di cultura. Due persone
complementari. Hanno diviso tutto,
anche il corpo di una donna».
La bella e spregiudicata Fanny
Targioni Tozzetti, celebrata da Leopardi come Aspasia. «Una donna libera e stravagante», la definisce Anna Mouglalis che le presta il fascino
bruno. «Un amour à trois che li uni
anche di più
aggiunge Martone
. Ben sapendo di non avere chanches, Giacomo spinse Ranieri nelle
braccia di Fanny e, come Cyrano, la
amò per interposta persona».
Napoletano
Antonio Ranieri (1806
-1888), patriota e
scrittore, ospitò a lungo
Leopardi nella propria
casa a Napoli. A sue
spese fece pubblicare
le opere del poeta
Un corpo d'amore. Forse l'unico
possibile per Giacomo. L'altro che si
vede nel film, di un femminiello ch( f
gli si offre nel lupanare dove lo spinge Ranieri, fa fuggire il poeta a
Sullo
schermo
Michele Riondino (35 anni)
interpreta
Antonio Ranieri nel film
di Martone
frena Martone
di non forzare
nulla e lasciare margini al mistero e
all'immaginazione. Di certo Ranieri
è stato l'alter ego di Giacomo. Tra loro fu amicizia affettuosissima».
«Leopardi è morto casto , scrive
nelle sue memorie Ranieri, forse
per sventare ogni sospetto
interviene Michele Riondino che gli presta il fisico aitante . In realtà credo
che a unirli sia stata proprio la loro
diversità. Uno bello e sano, l'altro
debole e sgraziato, Leopardi nato tra
i libri, Antonio in una famiglia ricca
Segnalazioni
Pagina 10
gambe levate. «L'educazione familiare è stata una gabbia terribile per
lui
ricorda Martone autore con
Ippolita Di Majo della sceneggiatura
pubblicata da Electa
. La madre
Adelaide era tremenda. Anaffettiva,
rigida, bigotta». Fin grata a Dio per
la deformità del figlio.
E Monaldo? «Un padre enorme,
legato a Giacomo da amore, gelosia
e possesso. Orgoglioso di quel suo
primogenito così dotato, si dedicò a
lui mettendogli a disposizione i volumi della biblioteca di casa. Spazio
di libertà e insieme prigione». «dl
loro era un rapporto complice
aggiunge Massimo Popolizio che lo
interpreta
. Monaldo era capace
di quei gesti "materni" negati da
Adelaide, gli tagliava la carne, lo aiutava a fare pipi. Lo stato nervoso di
Giacomo gli impediva persino quello».
Solo uno dei tanti mali. «Soffriva
del morbo di Pott
svela Martone
. Una tubercolosi ossea che gli rattrappiva gli arti e gli deformava la
spina dorsale. Aveva problemi al
cuore e agli occhi, febbri e stanchezza continue. Una salute così precaria
da renderlo inadatto a ogni attività. I
suoi, sperando si facesse prete, gli
fecero indossare fino alla maggiore
età una tonaca nera».
La donna amata
II severo Monaldo
Paolina Leopardi
Anna Mouglalis (36 anni) inter- Massimo Popolizio (53 anni) è Isabella Ragonese (33) è l'unica
preta Fanny Targioni Tozzetti
il padre di Giacomo Leopardi femmina dei 10 figli di Monaldo
II fratello Carlo
Lo scrittore Giordani
Edoardo Natoli (31) è l'ado- Stimò e incoraggiò Leopardi: lo
rato fratello «Carluccio»
interpreta Valerio Binasco
Amorosissimo invece il rapporto
con le due Paoline, una sua sorella
(Isabella Ragonese) l'altra sorella di
Ranieri (Federica De Cola). Infine
Silvia, la fanciulla della finestra di
fronte, quella Teresa Fattorini morta
a 21 anni, cui Leopardi dedicò una
delle sue più celebri poesie. «Non
riuscivo a trovare il volto giusto
racconta Martone
. E' stato il direttore della fotografia Renato Berta
a notare in un ristorante di Recanati
una ragazza che serviva ai tavoli. Appena l'ho vista ho capito che Silvia
era lei. Una bellezza antica, nata nello stesso "borgo selvaggio" del poeta. A Giacomo sarebbe piaciuta».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Segnalazioni
Pagina 11
Dieci minuti di applausi per "Il giovane
favolo ", in gara, che racconta in modo nuovo
l'artista di Recanati. Con un grande protagonista
--
----
opa la felice fatica
risorgimentale di
Noi credevamo,
MarioMartoneha
scelto un'impresa
ancora più difficile. Con Il giovanefavoloso (che splendido titolo) ha inteso raccontare la vita e il mondo interiore del nostro massimo poeta, Giacomo
Leopardi, senza la pretesa di
una pedissequa e didascalica
biografia. Ma selezionando
(molto creativamente) , ha centrato l'obiettivo. Tanto che il
film è stato accolto con dieci minuti di applausi alla proiezione
serale per il pubblico. Due momenti: la prima giovinezz a a Recanati e poi la fuga per Firenze
e, via Roma, per Napoli dove
concluderà a 39 anni la sua breve vita sofferente. Sofferente
ma consumata dal fuoco della
passione, del desiderio e dell'avidità di vita. Il racconto si snoda intrecciando la personalità
di Giacomo ad alcuni personaggi cardine. Il padre conte Monaldo (Popolizio sempre più
bravo nel cogliere la diversità
delle corde cinematografiche
da quelle teatrali) che non è
quel tiranno insensibile che la
vulgata scolastica ci ha insegnato. Nutre per Giacomo, ricambiato, un amore protettivo
e soffoc ante. Poi la relazione con
Pietro Giordani (Valerio Binasco), intellettuale liberale, che
si scomoda per andare a conoscere il giovanissimo prodigio.
Provocando la diffidenza di Monaldo che vi riconosce un incoraggiamento a sviluppare quel seme di
ribellione che sa
quanto covi nell'animo malgrado la fragilità fisica del figlio,
echeadognicostointende contrastare.
Dunque, dopo una
prima fuga frustrata,
via con Ranieri (otti-
Segnalazioni
Addio a1 Leopardi del liceo
Martone riaccende ii poeta
mo Michele Riondino)
fino alla sua Napoli.
L'intimità tra i due è
commovente. Ranieri,
di bell'aspetto e pieno
di donne, tra le quali
Fanny Targioni Tozzetti che procurerà a Giacomo (invaghito)
una bruciante umiliazione, nutre
per Giacomo una devozione illimitata. Calibrate le letture o le declamazioni di opere. Lenito irrompe, concludendo il primo segmento, su uno scenario che evoca
quello che può essere stato il processo di elaborazione del poeta a
proposito dell'Ermo Colle e del
molto odiato ma anche amato
Natìo Borgo Selvaggio. Non moltissimo altro. La sera del di difesta.
Un riferimento al Dialogo tra un
venditore dí almanacchi e un passeggere. La materializzazione
della figura ispiratrice di Silvia.
Per finire strepitosamente con il
testamento poetico della Ginestra sotto il fuoco implacabile dell'eruzione vesuviana e l'incalzare
del colera.
Il Leopardi cesellato da Elio Germano (sfida titanica quella di evitare i trappoloni della caricatura
del poeta storpioesfigato) èunuomo che sa di essere dotato di qualità speciali, e non disdegna fame
di affermazione. Ed è anche, e soprattutto a dispetto delle spietate
limitazioni impostegli dalla natura-la banale spiegazione del suo
disperato pessimismo, quello che
la società letteraria, dapprima
osannante poi sempre più isolandolo, gli rimprovera-unvulcano
di vitalità anche nei feroci sarcasmi o nelle ghiottonerie o nell'innamoramento per Rossini. Un
fuoco che arde senza posa in cerca
di aria libera ("ho bisogno di entusiasmo fuoco vita"), pronto a cogliere e ad auspicare ogni segnale
di rottura ("il vero consiste nel
dubbio") di vecchi equilibri, tanto
artistici che in senso lato politici e
sociali. La tempra dei rari grandi
solitari profeti, per nulla compiaciuta di infelicità e tetraggine,
espressa senza retorica né magniloquenza. Un film "pesante"? Può
darsi, ma come prezioso antidoto
a una leggerezza drogata, pigra e
irresponsabile. E comunque fonte
di grandi e forti emozioni.
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IL GIOVANE FAVOLOSO
Regia di Mario Martone
con Elio Germano, Michele
Riondino, Isabella Ragonese
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Segnalazioni
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Elio Germano
"La prova più dura?
Recitare L'Infinito"
DAL NOSTRO INVIATO
ARIANNA FINOS
-L FILM su Leopardi non sarebbe stato possibile senza il giovane favoloso Elio
Germano. Prende il caffè
seduto al bar dell'Hotel Excelsior prima che tutto inizi, cita il
Gary Oldman di Léon: «Amo
questi momenti di calma prima
della tempesta». Il giovane favoloso farà il pieno di applausi,
ma lui ancora non lo sa: «Mi
aspetto sempre di tutto, anche
il lancio della frutta in conferenza stampa. Nonvengo per ricevere consensi. L'attore è solo
lamateriaprimadiunpiatto cucinato da altri. Il lavoro finisce
quando si chiude il set, il resto
appartiene al regista».
Avete girato a Recanati, nella vera casa di Leopardi.
«E' stato unset complicato. Come attore ti può capitare di cadere nella storia che racconti: a un
certo punto per gli abitanti di Recanati ero diventato Giacomo,
con quel rapporto di canzonatura
che mi ha aiut ato a provare un mi-
Segnalazioni
Mi emoziona il
ricordo di aver
dormito nel letto di
Giacomo. L'ultimo è
stato Carmelo Bene
Studiare quest'uomo
è stato un lusso e una
lezione sulla
complessità, era uno
scienziato dell'anima
nimo, per metafora, quel che aveva vissuto lui. Durante la scena in
cui Leopardi è alla scrivania alla
finestra, fuori la piazza era gremita e i turisti con la macchina fotografica si stupivano di questo
tizio vestito da Leopardi che s'affacciava alla finestra. Surreale.
Fai un film su un tema altissimo,
poi ti ritrovi con difficoltà molto
pragmatiche: fendere la folla dei
turisti con il costume di scenae la
gobba, recitare avoce altaper coprire il rumore del traffico».
I ricordi migliori?
«Mi emoziona l'aver dormito
nel letto di Giacomino, avere usato la sua scrivania. L'ultimo a
sdraiarsi in quel letto, ci hanno
raccontato gli eredi, era stato
Carmelo Bene. Arrivava di notte
e declamava loro poesie fino all'alba. Il momento più prezioso
del film sono stati i quattro mesi
di preparazione, insieme aMario
Martone. Attraversare i testi e
avvicinarsi alla persona, anche
leggendo le lettere di altri che
parlano del suo carattere. Anche
se non avesse scritto niente sarebbe stato straordinario per un
attore da interpretare per la sua
ricchezza, la contraddittorietà:
era freddo e caldissimo, timido e
violento, Esplosivo. Fisicamente
impossibilitato, maconunaforza
vitale e un'energia enormi. Studiarlo è stato un lusso e una lezione sulla complessità: Leopardi
era uno scienziato dell'anima, di
tutti i meccanismi dell'essere
umano. La sua immaginazione lo
portava lontano, senzailimitidel
suo corpo provato sarebbe volato
via come una mongolfiera».
Martone lo dipinge come un
ribelle, lo accosta a Kurt Cobain.
«Leopardi diceva spesso: "iovivrò per non chinarmi mai innanzi a nessuno, vivrò sempre nel disprezzo dei disprezzi e nella derisione delle derisioni altrui". Un
personaggio scomodo agli altri
come a se stesso. Non è mai a suo
agio e non mette a suo agio chi
parla con lui. Nel suo concepire il
tempo non come una linea retta
ma come un circuito, ci ho ritrovato Wittgenstein. E altri personaggi, tutti scomodi: Pasolini,
Carmelo Bene. Come racconta il
film, Leopardi era tollerato dalle
persone intorno a lui, perché ciò
che diceva dava fastidio a tutti».
Nel film lei passa con grande
fluidità dai dialoghi alle poesie.
«Le battute di un personaggio
sono sempre poesia, nel senso di
irrazionale, non logico. Nel mondo reale le persone non si esprimono mai per forme logiche comela scrittura».
Quali parole di Leopardi le sono rimaste dentro?
«Per il mestiere che faccio è assurdo e assolutamente vero che
"tutto il reale essendo un nulla,
nonv'è altro di reale né altro di sostanza al mondo c he le ill usioni"».
E L'infinito?
«L'abbiamo provata tante volte, in luoghi e momenti diversi.
Non ricordo quell a che è finit a nel
film, meglio così. E' stata una forma di violenza dirla, avrei voluto
non venisse mai montata. Anche
perché temo un po' il coretto del
pubblico che la sa a memoria».
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