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L'intervento
FERMIAMO I CONTAGI
O SARÀ UNA CATASTROFE
PHILIP HAMMOND*
L
} Eboia è una grave minaccia che non conosce
I confini. Attualmente il
numero delle persone che contraggono la malattia raddoppia
ogni 15-20 giorni in Liberia e
ogni 25-30 giorni in Sierra Leone. Fino a pochi giorni fa chi era
fuori dal continente africano
aveva gioco facile nell'affermare che il problema riguarda la
sola Africa. Ma adesso, con la
diagnosi di casi di Eboia negli
Stati Uniti e in Spagna, i rischi
per il mondo intero sono più
chiari che mai: se non la fermiamo in tempo, l'epidemia potrebbe avere conseguenze catastrofiche ben oltre lAfrica occidentale.
In Sierra Leone, Liberia e Guinea, l'Ebola è una
tragedia che tocca tutti da vicino.
Sono migliaia le persone che
hanno perso un familiare, e migliaia non riescono a sfamare la
propria famiglia con l'aumento
del prezzo del riso e di altri generi alimentari primari, più che
raddoppiato. Le aziende straniere hanno lasciato i Paesi
coinvolti, i turisti si sono dileguati, e la sanità è al collasso.
Grazie al coraggio e all'impegno del personale medico impegnato nella diagnosi e nella
cura dei malati di Eboia, si stanno facendo importanti passi
avanti nella lotta alla malattia.
L'infermiere britannico William Pooley, che ha contratto il
virus lavorando con i malati in
Sierra Leone, ha commosso la
MEDICINA & FARMACOLOGIA
platea internazionale riunita a
Londra per la conferenza sull'Ebola del 2 ottobre scorso, con
il racconto dell'orrore e della
sofferenza cui ha assistito. Le
parole di Pooley hanno rappresentato un forte richiamo ai
partner internazionali affinché
lavorino insieme per fornire le
competenze, il personale e i
fondi necessari ad affrontare
questa sfida.
Il Regno Unito ha destinato
quasi 160 milioni di euro per il
contrasto all'Ebola: una somma che ne fa il Paese più impegnato a livello economico a
combattere l'epidemia in Sierra Leone. Stiamo finanziando
700 posti letto nei centri riservati ai malati, per assistere fino
a 8.800 pazienti nel corso di sei
mesi e dare un po' di sollievo al
sistema sanitario del Paese. Abbiamo sul campo personale medico e tecnico-militare, e abbiamo inviato ambulanze, tende, inceneritori, strumentazione e approvvigionamenti di vitale importanza. E questa settimana abbiamo annunciato un significativo incremento del nostro contributo in termini concreti, con l'invio in Sierra Leone di altre centinaia di unità di personale militare, di tre elicotteri Merlin e della
nave REA Argus. In totale, il Regno Unito si è impegnato a inviare oltre 750 militari, a sostegno
della creazione di centri di cura e
di un centro per la formazione di
personale sanitario, esperti di logistica e igienisti. Ma bisogna fare di più. Per battere sul tempo
l'evolversi dell'epidemia servono
soluzioni innovative. Per questo
stiamo per lanciare unità di assistenza diretta nelle comunità,
che possano isolare i casi di Eboia più in fretta, e che aiutino a
svolgere i riti di sepoltura in modo da ridurre il rischio di infezione. Siamo impegnati, inoltre, ad
accelerare i test sui vaccini.
Stati Uniti e Francia si sono
impegnati con grande generosità a combattere la malattia in Liberia e Guinea. In occasione della conferenza del 2 ottobre a
Londra sono giunte donazioni
da ogni parte del mondo, compresa una nuova coalizione di
Ong, imprese, filantropi e governi. Si sono uniti a noi nuovi partner come Cuba. Non posso non
elogiare l'impegno delle Ong e
del personale medico e paramedico italiano in Sierra Leone, che
stiamo sostenendo direttamente. I fondi raccolti nella conferenza di Londra ammontano a oltre
120 milioni di euro, e sono centinaia le offerte di invio di personale sanitario, su cui stiamo lavorando per tradurle in pratica.
Ma è stato solo l'inizio. Altri possono, e devono, fare di più. Ogni
mese che passa, il costo e il numero di addetti necessari a combattere la malattia raddoppia. È
necessario che tutti coloro che si
sono impegnati a contribuire
passino all'azione con estrema
urgenza. I popoli dell'Africa occidentale hanno bisogno di aiuto
ora, non il mese prossimo. Non è
un problema africano, è un problema globale, e bisogna rispondere a livello globale prima che
sia troppo tardi.
* Ministro degli Esteri
del Regno Unito