Il tema delle imprese che agiscono come soggetti interposti negli

Download Report

Transcript Il tema delle imprese che agiscono come soggetti interposti negli

ANGELO FELICE FRATEIACCI
COMMERCIALISTA
Newsletter n° 7/2014
Viterbo, 30 settembre 2014
Le frodi “carosello”: riflessi tributari iva e imposte dirette
Il tema delle imprese che agiscono come soggetti interposti negli acquisti
intracomunitari, con lo scopo di consentire vantaggi fiscali ed economici ad altri
operatori nazionali, è da diversi anni oggetto di particolare attenzione da parte dei
Legislatori al fine di arginare il più possibile il fenomeno per i dannosi effetti che tali
comportamenti producono.
Il meccanismo è noto: una impresa, definita anche “cartiera”, acquista beni da un
fornitore comunitario senza il pagamento dell’Iva, rivende al cliente nazionale
addebitando l’iva in fattura, senza poi provvedere al versamento. Il cessionario
nazionale, che registra la fattura, usufruisce della detrazione di imposta e può
acquisire il bene ad un prezzo inferiore rispetto al mercato. Il tutto mediante un
sistema amministrativo-contabile assolutamente regolare e conforme nella
documentazione e nella gestione finanziaria.
L’impresa “cartiera”, operando come interposta, non è realmente la parte contrattuale
della compravendita e, quindi, le fatture emesse sono considerate “soggettivamente
inesistenti”, con tutte le conseguenze penali e fiscali previste dalla legge. Per il
cessionario si producono due riflessi tributari: a) indetraibilità dell’iva sulla fattura
ricevuta dalla “cartiera” b) indeducibilità dei costi collegati all’operazione.
Alla iniziale interpretazione che riteneva indeducibili i costi relativi alle operazioni
soggettivamente inesistenti, sostenuta da coloro che attribuivano al recupero a
tassazione una valenza sanzionatoria, si è sostituita una diversa e consolidata
posizione favorevole alla deducibilità nella giurisprudenza autorevole della
Cassazione e nel nuovo assetto normativo.
La falsità soggettiva della fattura non determina l’inesistenza dell’operazione e quindi
il costo sostenuto è fiscalmente deducibile purché le cessioni siano effettivamente e
realmente avvenute (Cassazione sentenza n° 9537/2011).
Nella relazione al disegno di legge di conversione al D.L. 16/2012, si è chiarito che
“… l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o
altri documenti aventi analogo rilievo che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da
quelli effettivi…”
Iscrizione Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Viterbo n. 49 - Sez. A
Via A. Diaz, 19 – 01100 Viterbo Tel. 339 5931053 – Fax 0761 309687 e-mail [email protected]
P. Iva 00767290562 - Cod. Fiscale FRT NLF 59L06 L814R
Più articolato è il discorso che interessa la disciplina dell’Iva in caso di frodi
“carosello”, anche per i suoi riflessi fiscali nel sistema comunitario.
Nel 2006 la Corte di Giustizia ebbe a precisare che la detrazione iva deve essere
impedita quando è dimostrato che il soggetto passivo sapeva, o avrebbe potuto
sapere, che l’acquisto era parte di una operazione fraudolenta. Su questa linea si
sono uniformate le successive sentenze della Corte e quelle della giurisdizione
nazionale.
Valga per tutte la sentenza della Cassazione n° 8722/2013 “incombe al Fisco l’onere
di provare sia gli elementi di fatto della frode attinenti il cedente, ovvero la sua natura
di “cartiera”, sia la partecipazione ad essa del contribuente, ovvero la sua
consapevolezza. Tale prova può essere data anche mediante presunzioni, dotate di
gravità, precisione e concordanza, consistenti in elementi obiettivi tali da portare
sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sull’inesistenza
sostanziale del contraente. Qualora tale prova venga fornita, grava sul contribuente
l’onere di dimostrare il contrario”.
L’utilizzatore della fattura interposta non può semplicemente affermare che non
sapeva o non era in grado di conoscere l’attività fittizia del cedente, né è sufficiente
evidenziare il regolare ricevimento e pagamento della merce, ma deve poter
dimostrare la sua estraneità alla frode; ciò, purtroppo, non sempre risulta agevole.
L’Amministrazione Finanziaria deve provare la conoscenza della frode da parte del
contribuente, ovvero deve fornire un quadro indiziario di assoluta evidenza dal quale
si dimostri che il cessionario non poteva non sapere, anche fondando tali
affermazioni su elementi presuntivi.
Gli elementi presuntivi di prova, che negli anni sono stati portati a sostegno
dell’impianto motivazionale degli accertamenti, richiamano queste circostanze:
1) inesistenza di strutture commerciali adeguate del cedente 2) aumento
significativo del volume d’affari con lo stesso cedente 3) aumento della
redditività aziendale in coincidenza dell’inizio dei rapporti commerciali con il
cedente 4) prezzi di acquisto sostanzialmente più bassi rispetto al mercato di
riferimento 5) spedizione delle merci non dai magazzini del cedente, ecc.
In tutti questi casi la giurisprudenza ha confermato l’inesistenza soggettiva delle
fatture emesse dal cedente, convalidando l’operato dell’A.F. per l’indebita detrazione
dell’iva con le conseguenti azioni di recupero e addebito delle sanzioni.
Angelo Felice Frateiacci