No alla malattia fai-da-te Per tornare prima al lavoro serve il

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Transcript No alla malattia fai-da-te Per tornare prima al lavoro serve il

LAVO RO E PREVIDENZA
Mercoledì 17 Settembre 2014
L’Inps sottolinea l’obbligo dei datori in tema di sicurezza e salute
33
FINO A 10 MILA €
Omissione,
niente reato
Per tornare prima al lavoro serve il certificato se lieve
No alla malattia fai-da-te
DI
DANIELE CIRIOLI
N
o alla malattia faida-te. La prognosi
del medico curante è
vincolante sia per il
lavoratore che per il datore di
lavoro. Quest’ultimo, pertanto, non può riammettere al
lavoro il dipendente assente
per malattia che, considerandosi guarito, voglia rientrare
anticipatamente rispetto al
giorno indicato nel certificato
medico. Il rientro anticipato è
possibile soltanto in presenza
di un certificato medico di rettifica dell’originaria prognosi.
A spiegarlo è l’Inps nel messaggio n. 6973/2014. La regola, sebbene sia illustrata solo
per i dipendenti dell’istituto,
vale in generale per tutti i
lavoratori.
Certificati medici online. I chiarimenti, spiega
l’Inps, si sono resi necessari
per i numerosi quesiti formulati in materia di assenza
per malattia e casistica del
rientro anticipato nel luogo
di lavoro. Come prima cosa,
l’istituto ricorda che l’assenza
La regola
Il dipendente assente per malattia che,
considerandosi guarito, intenda riprendere il lavoro
anticipatamente rispetto alla prognosi del medico
curante, può essere riammesso in servizio solo in
presenza di un altro certificato medico di rettifica
dell’originaria prognosi
per malattia dei dipendenti
pubblici e privati è oggi attestata da certificati medici
inviati telematicamente. I
medici in particolare effettuano la predisposizione dei
certificati entro le successive
24 ore alle visite dei propri
assistiti, lavoratori dipendenti, e li inviano al datore
di lavoro tramite il «sistema
di accoglienza centrale» (Sac),
disponibile sul sito del ministero dell’economia. Gli stessi
medici, poi, durante tutto il
periodo di prognosi, possono
inviare certificati che annullano i precedenti o li rettificano (per esempio in caso di
evidenti errori o refusi). La
rettifica è l’eventualità nel
caso in cui abbiano modo di
riscontrare nel paziente un
decorso più favorevole della
malattia, tale da poter ridurre la prognosi.
Dovere di sicurezza e salute. In secondo luogo l’Inps,
richiamando l’art. 2087 del
codice civile, spiega che il datore di lavoro è obbligato ad
adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità
fisica dei prestatori di lavoro;
e aggiunge che l’art. 20 del
dlgs n. 81/2008 (T.u. sulla sicurezza) obbliga il lavoratore
a prendersi cura della propria
salute e di quella delle altre
persone presenti sul luogo di
lavoro.
No alla malattia fai-date. Come terza cosa l’Inps
ricorda che il datore di lavo-
ro dispone solo dell’attestato
di malattia, in quanto non è
legittimato a ricevere i certificati completi, cioè recanti
anche l’indicazione della diagnosi oltre a quella dei giorni
di assenza accordati dal medico. Pertanto, si chiede l’Inps,
non sapendo né diagnosi né
malattia, potrebbe il datore
di lavoro valutare adeguatamente se e in che misura il
dipendente che intenda rientrare prima in servizio abbia
effettivamente recuperato le
proprie energie psicofisiche?
Se la risposta è negativa, ne
deriva l’impossibilità per il
datore di lavoro di assolvere
agli obblighi in materia di
salute e sicurezza sul lavoro. Ed è quanto ritiene l’Inps
che, in conclusione, precisa:
ogni dipendente assente per
malattia che, considerandosi guarito, voglia riprendere
anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi del proprio medico curante, potrà
essere riammesso in servizio
solo in presenza di un altro
certificato medico di rettifica
dell’originaria prognosi.
Ordinanza della Corte di giustizia Ue La commissione lavoro tenta lo sprint
Stabilizzazioni, Tutela esodati
vale il pregresso
in dirittura
DI
CARLA DE LELLIS
L
a disparità di trattamento tra chi è
assunto mediante
concorso e chi mediante stabilizzazione non è
una «ragione oggettiva» che
può giustificare l’esclusione,
nel secondo caso, dei periodi
di servizio svolti con contratti a termine. Lo stabilisce
la Corte Ue nell’ordinanza
emessa ieri, per rispondere
alla domanda di pronuncia
pregiudiziale avanzata dal
Consiglio di stato in merito
alla procedura straordinaria
di immissione in ruolo di dipendenti pubblici.
Stabilizzazione e anzianità di servizio. La vicenda
riguarda la controversia tra
l’authority per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) e alcune
lavoratrici che, dopo aver
svolto periodi di lavoro con
contratto a termine, sono state assunte a tempo indeterminato mediante procedura
di stabilizzazione. La questione riguarda, in particolare, il
rifiuto dell’Aeeg di considerare nel calcolo dell’anzianità
di servizio delle lavoratrici
i periodi di lavoro svolti in
precedenza presso la stessa
authority mediante contratti
a termine. L’esclusione è giustificata allo scopo di evitare
la discriminazione a danno
dei lavoratori che accedono
mediante concorso al medesimo ruolo delle lavoratrici
stabilizzate (l’accesso per
concorso, cioè, risulterebbe
«punitivo» rispetto alla stabilizzazione).
L’ordinanza della Corte
Ue. È stato chiesto alla Corte
Ue di stabilire se la motivazione, alla base dell’esclusione del computo dei periodi di
precariato dall’anzianità di
servizio, possa validamente
o meno rappresentare una
«ragione oggettiva» ammessa
dalla direttiva Ue sul lavoro
a termine. La corte dice di
no. Ribadito che la direttiva
non ammette una normativa
nazionale che escluda totalmente i periodi di precariato dal calcolo dell’anzianità
di servizio, la corte spiega
che l’obiettivo di evitare il
prodursi di discriminazioni
alla rovescia in danno dei
dipendenti di ruolo assunti
a seguito del superamento
di concorso pubblico non
può costituire una «ragione
oggettiva» compatibile con i
principi della medesima direttiva.
© Riproduzione riservata
DI
I
SIMONA D’ALESSIO
ngrana la marcia la sesta
salvaguardia per gli esodati. E, se la commissione
bilancio di palazzo Madama darà parere favorevole alle
coperture (per 32 mila 100
persone), i senatori potrebbero
licenziare definitivamente il testo la prossima settimana, prima del «Jobs Act», attraverso la
sede legislativa senza, cioè, lo
sbarco in Aula. A preannunciare la corsia preferenziale per il
provvedimento (disegno di legge 1558), che aveva staccato il
primo traguardo a Montecitorio
due mesi fa (si veda ItaliaOggi del 4/09/2014), è il relatore
Mario Mauro (Pi) che spiega:
il lavoro in XI commissione «è
terminato. E, avendo rinunciato, su mia proposta, tutti i gruppi a depositare emendamenti,
acceleriamo in modo notevolissimo il percorso». Pertanto,
qualora l’organismo parlamentare che deve fornire il parere
sulla solidità finanziaria desse
«in tempi rapidi» risposta positiva, «chiederei l’avvio della
votazione direttamente in
commissione, secondo la sede
legislativa, per arrivare all’approvazione del testo in pochi
giorni». La protezione per chi
è rimasto senza stipendio, né
pensione, avendo accettato in-
tese aziendali per lasciare il posto prima dell’entrata in vigore
dei nuovi requisiti pensionistici voluti dall’ex ministro Elsa
Fornero, pertanto, potrebbe
«fare lo sgambetto» al disegno
di legge delega sul lavoro che
completa il «Jobs Act» (1428),
dopo il via libera a maggio del
decreto 34/2014 (convertito
nella legge 78/2014). Mauro lo
ritiene probabile: «Il Jobs Act»,
dichiara a ItaliaOggi, «è previsto sia esaminato dall’assemblea il 23 settembre, la tutela
degli esodati potrebbe finire la
corsa un po’ prima».
In giornata, inoltre, spunta
un ordine del giorno di alcuni
senatori della maggioranza,
ossia Pietro Ichino di Sc, Hans
Berger dell’Svp, Giuseppe Pagano del Ncd e Annamaria
Parente del Pd che, in sintesi,
impegna il governo, una volta
approvata la sesta salvaguardia (il computo dei soggetti
protetti sale a oltre 170 mila,
a fronte di uno stanziamento
complessivo di più di 11 miliardi di euro), a concentrarsi sul
reinserimento degli adulti. «Se
abbiamo risorse», sottolinea
Ichino, usiamole per «sostenere il reddito dei cinquantenni
e sessantenni disoccupati, incentivandone la presenza attiva nel mercato. E non l’uscita
definitiva».
DI
CARLA DE LELLIS
Non è (più) reato
l’omesso versamento
all’Inps delle ritenute
previdenziali fatte ai lavoratori, purché d’importo
inferiore a 10 mila euro.
Lo stabilisce il tribunale
di Asti che, per assolvere
un datore di lavoro che
aveva mancato di versare all’Inps 7.093 euro di
trattenute operate sulle
busta-paghe dei propri dipendenti, ha fatto ricorso
alla depenalizzazione prevista dalla legge delega n.
67/2014, ancora in attesa
di attuazione.
La vicenda, come accennato, riguarda un datore
di lavoro che, imputato
del reato ex art. 81 del
codice penale e art. 2 del
dl n. 463/1983, convertito
dalla legge n. 638/1983, si
è rivolto al Tribunale di
Asti per vedersi dichiarare l’assoluzione «perché
il fatto non è più previsto
dalla legge come reato».
Il tribunale accoglie
l’appello del datore di
lavoro. In primo luogo osserva che la sentenza n.
139/2014 della corte costituzionale, a proposito
della legittimità dell’art.
2 del dl n. 463/1983, «ha
sottolineato l’utilità…
del generale canone interpretativo offerto dal
principi di necessaria
offensività della condotta concreta, ciò che permetterebbe di escludere
rilievo penale a condotte
apparentemente tipiche
quando, avuto riguardo
alla ratio della norma
incriminatrice, esse risultino in concreto prive
di significato lesivo». Ciò
posto, nella difficoltà di
individuare un «parametro sufficientemente oggettivo di offensività»,
il tribunale ha fatto ricorso alla recente legge
delega n. 67/2014. Tale
legge, spiega, «possiede
con certezza l’attitudine
a orientare l’interpretazione e, più in particolare, a completare il
contenuto precettivo di
quanto affermato» dalla
corte costituzionale. In
altre parole, prevedendo la delega al governo
a trasformare in illecito
amministrativo il reato
di cui all’art. 2 del dl n.
463/1983 «purché l’omesso versamento non ecceda il limite complessivo
di 10 mila euro annui», il
legislatore ha fissato un
parametro oggetto di offensività: appunto, quel
tetto a 10 mila di versamenti non effettuati per
periodo di imposta.