Bancarotta impropria da reato societario con dolo “a

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IMPRESA
Bancarotta impropria da reato societario con
dolo “a struttura complessa”
La Cassazione sottolinea la necessità, per l’integrazione della bancarotta, di accertare
la fattispecie societaria sia materialmente che psicologicamente
/ Maurizio MEOLI
La Corte di Cassazione, nella sentenza 8 aprile 2014 n.
15712, si sofferma su interessanti profili in materia di bancarotta fraudolenta da reato societario e preferenziale.
Il reato di bancarotta impropria da reato societario (art. 223
comma 2 n. 1 del RD 267/42, come sostituito dall’art. 4 del
DLgs. 61/2002) sussiste anche quando la condotta illecita
abbia concorso a determinare solo un aggravamento del
dissesto già in atto della società (cfr., tra le altre, Cass. 21
novembre 2013 n. 46388, Cass. 17 settembre 2013 n. 38177,
Cass. 12 aprile 2013 n. 17021 e Cass. 26 aprile 2010 n.
16259). Rispetto a tale conclusione non è attribuito rilievo al
fatto che l’art. 224 comma 1 n. 2 del RD 267/42, diversamente dalla norma sopra citata, sanzioni espressamente
l’aggravamento del dissesto. Il dato testuale, infatti, appare
in contrasto con un’interpretazione sistematica della norma che tenga conto della disciplina del concorso di cause di
cui all’art. 41 c.p. Applicando tale disposizione assumono rilievo, ai fini della bancarotta fraudolenta impropria, anche le
condotte successive alla irreversibilità del dissesto. Ciò in
quanto, da un lato, il richiamo alla rilevanza delle cause
successive, e, dall’altro, la circostanza per cui il fenomeno
del dissesto non si esprime istantaneamente, ma con progressione e durata nel tempo, assegnano influenza ad ogni
condotta che incida, aggravandolo, sullo stato di dissesto già
maturato. La differente formulazione degli artt. 223 e 224
del RD 267/42, quindi, è verosimilmente ritenuta ascrivibile alla redazione in tempi diversi, che può giustificare il
mancato richiamo espresso in quella più recente
all’aggravamento del dissesto, comunque sottinteso in base
ai principi generali sul concorso di cause richiamati.
I reati societari – precisa inoltre la sentenza in commento –
entrano nella tipologia della bancarotta impropria in forza
dell’ulteriore elemento rappresentato dalla loro influenza
sulla causazione del dissesto della società (ovvero sull’aggravamento di esso), conservando però la loro fattispecie sia
materiale che psicologica. La precisazione è necessaria dal
momento che il legislatore utilizza l’espressione “fatti preveduti dagli articoli …”, suscettibile di essere intesa in senso restrittivo, facendosi esclusivo riferimento all’elemento
materiale. Sennonché, il dato testuale è reputato poco impegnativo per l’interprete; ciò anche alla luce della rubrica dello stesso art. 223, che parla di “fatti di bancarotta fraudolenta” (analogamente, Cass. n. 23236/2003; cfr. anche Cass.
n. 45714/2005 e n. 24328/2005). Di conseguenza, il dolo
della bancarotta impropria da false comunicazioni sociali
/ EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 10 APRILE 2014
presenta una struttura complessa. Rilevano, innanzitutto, le
componenti che concorrono a definire l’elemento soggettivo
del reato societario: dolo generico quanto al mendacio; dolo intenzionale in riferimento all’inganno dei destinatari della comunicazione sociale (risultando quindi incompatibile
una lettura in termini di dolo eventuale); dolo specifico rispetto al contenuto dell’offesa qualificata da ingiusto profitto. A ciò si aggiunge, per effetto della collocazione della fattispecie nell’ambito dello statuto penale del fallimento, una
volontà protesa al dissesto, da intendersi non quale intenzionalità di insolvenza, ma quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso equilibrio economico (cfr. Cass. 12 giugno
2012 n. 23091).
Con riguardo alla decorrenza dei termini di prescrizione della fattispecie in questione, poi, si evidenzia come, nel caso in
cui alla ammissione alla procedura di concordato preventivo
dovesse seguire la dichiarazione di fallimento, il termine di
prescrizione decorra dalla sentenza dichiarativa di fallimento e non dal momento dell’ammissione al concordato
preventivo; ciò in ragione della disuguaglianza tra le due
procedure, che non consente di intravedere nella successione delle vicende concorsuali la medesima connotazione e
quella uniformità che potrebbe consentire l’assorbimento
cronologico della seconda nella prima (cfr. Cass. 4 agosto
2011 n. 31117).
Precisati i casi in cui la bancarotta preferenziale è esclusa
Quanto, infine, alla bancarotta fraudolenta preferenziale
(artt. 223 comma 1 e 216 comma 3 del RD 267/42), dopo
aver illustrato le caratteristiche principali della fattispecie, la
Suprema Corte precisa come essa non sia configurabile: nel
caso di pagamento di creditori privilegiati in mancanza di
altri creditori di grado prevalente o uguale rimasti insoddisfatti; in caso di pagamento di un credito garantito da pegno, ipoteca, anticresi o privilegio speciale, ove il bene oggetto di garanzia abbia una valore pari o superiore all’ammontare del credito; in caso di pagamento di un creditore
con beni che, ai sensi dell’art. 46 del RD 267/42, non sono
destinati al soddisfacimento della massa; in caso di pagamento di un creditore chirografario “pro quota” nei limiti
di una percentuale garantita anche agli altri crediti; in caso di
pagamento effettuato da un terzo con mezzi propri; qualora la massa passiva venga pagata integralmente.