Liberazione anticipata speciale e condannati ex art. 4 bis O.P.

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Transcript Liberazione anticipata speciale e condannati ex art. 4 bis O.P.

Approfondimento all’editoriale
pubblicato nella newsletter “Notizie dal Garante” del 20 ottobre 2014
Liberazione anticipata speciale e condannati ex art. 4 bis O.P.
Le nuove previsioni in materia di liberazione anticipata speciale stanno dando vita a non pochi problemi.
Con il d.l. n°146/2013, convertito dalla l. n°10/2014, è stato infatti introdotto il principio in base
al quale “la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall’articolo 54 della
legge n°354/1975 è pari a 75 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata” per un periodo
di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto, applicandosi anche ai condannati che –
a decorrere dal 1° gennaio 2010 – abbiano già usufruito del vecchio beneficio (sempre che, nel
frattempo, abbiano continuato a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione).
Fin qui, nulla di particolare: la normativa si inserisce nell’ambito dei rimedi per dare attuazione alla
sentenza Torreggiani, con evidente scopo deflattivo.
Il problema si pone perché, nell’originaria versione del decreto, il beneficio si estendeva anche ai
condannati per uno dei delitti previsti nel famigerato art. 4 bis O.P., che individua una serie di reati
(ricollegabili alla criminalità organizzata, ma non solo) considerati di particolare allarme sociale e
quindi idonei a giustificare una differenziazione trattamentale per ragioni di “pericolosità criminale”.
Erano previste alcune cautele (a costoro la detrazione di 75 giorni era consentita “soltanto nel caso in
cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da
comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità”), ma era comunque possibile accedere
al beneficio.
La legge di conversione cambia decisamente orientamento, stabilendo che esso si applica “ad esclusione
dei condannati per taluno dei delitti previsti dall’articolo 4-bis della legge n°354/1975 e successive
modificazioni”.
Questa circostanza consente alcune riflessioni, sotto più punti di vista.
Innanzitutto va ricordato che, in considerazione della natura eminentemente premiale dell’istituto, la
liberazione anticipata cd. “ordinaria” (che prevede uno sconto di pena di 45 giorni ogni singolo
semestre di pena scontata) si applica anche ai condannati di cui all’art. 4 bis O.P.
Sebbene collocata nel Capo VI dell’O.P. (dedicato alle “misure alternative alla detenzione”), infatti, la
liberazione anticipata non costituisce propriamente una misura alternativa al carcere, ma uno scomputo
della pena irrogata nella sentenza di condanna che consente di accorciare i termini per uscire dal
carcere oppure per accedere alle misure alternative e agli altri benefici.
Peraltro, l’utilizzo dell’espressione “è concessa”, consente di ritenere che – in presenza dei presupposti
richiesti dalla legge – la concessione della misura non costituisca una mera facoltà del giudice, ma un
vero e proprio diritto del condannato.
Perché la liberazione anticipata ordinaria possa trovare applicazione si prescinde dalla concreta e già
avvenuta rieducazione del reo: la legge richiede una “regolare condotta” e la “prova di partecipazione
all’opera di rieducazione”, valutata alla luce dell’impegno profuso nel trarre profitto dalle opportunità
trattamentali offerte dal carcere.
Questa è la ratio dell’istituto previsto dall’art. 54 O.P., rispetto al quale le nuove previsioni del 2013
ne rappresentano una mera estensione, prevista al chiaro scopo di decongestionare il sovraffollamento
carcerario (non a caso, infatti, viene prevista come misura temporalmente limitata).
La legge di conversione del d.l. n°146/2013 ha quindi operato una scelta (di tipo politico) che
va quantomeno valutata attentamente: la liberazione anticipata si applica anche ai detenuti ritenuti
maggiormente pericolosi, ma a costoro “un po’ meno” che agli altri.
Non c’è dubbio: la discrezionalità delle scelte politiche investe ambiti molto ampi e può trovare
giustificazione in ragioni di cautela e nella necessità di non scatenare situazioni di panico nell’opinione
pubblica.
Tuttavia, occorre domandarsi se il principio “tiene”, alla luce delle imprescindibili esigenze di
ragionevolezza sistematica.
Ma c’è di più. Nelle more dell’iter di conversione del decreto legge, come immaginabile, alcuni
detenuti condannati per un delitto di cui all’art. 4 bis O.P. hanno presentato domanda di ammissione al
nuovo istituto della liberazione anticipata speciale.
Dopo la conversione del decreto, la loro posizione è diventata controversa e sta dando luogo a diversità
di vedute notevoli, tra gli interpreti.
La questione investe, essenzialmente, il grande tema della successione delle leggi penali nel tempo.
Per gli interessati, darò conto di tutto il dibattito tecnico sviluppatosi attorno all’istituto ospitando di
seguito alcuni materiali molto interessanti.
In linea di estrema sintesi possiamo però sintetizzare il problema come segue: l’applicazione di una
norma – favorevole al condannato nel momento in cui questi propone domanda al giudice – può essere
negata perché successivamente abrogata?
E soprattutto: è ragionevole pensare che di un problema così delicato vengano investiti i singoli Magistrati
o i Tribunali di Sorveglianza, ognuno nella propria autonomia di giudizio?
Il legislatore, in sede di conversione, non avrebbe dovuto prevedere espressamente, per le situazioni
pendenti? E anche ora, non dovrebbe mettere mano alla questione?
Ancora una volta, di fronte alla meritevole intenzione di dare risposte concrete alla Corte di Strasburgo,
il nostro legislatore ha finito per pasticciare.
Così è accaduto con la previsione della durata massima del ricovero in OPG (applicabile anche
all’internamento nelle Case di Lavoro?) o del diritto al risarcimento delle persone detenute in condizioni
inumane e degradanti (azionabile solo in presenza di un “attuale” pregiudizio?)
Basterebbe riformulare le norme in modo chiaro ed inequivoco.
Certo: questo comporta la volontà di operare precise scelte politiche.
Mi sembra dovuto, dopo aver alimentato inutili aspettative.