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La nuova disciplina delle cause di esclusione alla luce della direttiva 2014/24/UE.
Rischi in vista per il c.d. soccorso istruttorio rafforzato
Dott. Federico Abrate
[email protected]
Le nuove direttive in materia di appalti pubblici emanate dal Parlamento e dal Consiglio
dell’Unione Europea, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L 94 del
28 marzo 2014, prevedono una peculiare disciplina delle cause di esclusione 1.
Da un punto di vista strettamente formalistico l’art. 57 della direttiva 2014/24/UE
presenta alcune innovazioni rispetto alla precedente. Si pensi, ad esempio, alle nuove
ipotesi di reato che comportano la esclusione ope legis dalla procedura di gara 2.
Non sono queste, però, le principali e più apprezzabili novità relative alle cause di
esclusione.
Merita, difatti, autonoma trattazione la analisi della compatibilità dell’art. 56 della
direttiva 2014/24/UE con il c.d. soccorso istruttorio rafforzato introdotto dal decreto legge
24 giugno 2014, n. 90.
A norma dell’art. 56, paragrafo 3, “Se le informazioni o la documentazione che gli
operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non
corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono
chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente
direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o
completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato,
a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità
di trattamento e trasparenza”.
A prima vista la norma sembra legittimare le disposizioni contenute negli artt. 38, comma
2bis e 46, comma 1ter del Codice.
Si potrebbe anche sostenere che, per una volta, il legislatore italiano abbia anticipato
quello europeo giungendo persino a risultati apprezzabili.
1
La fonte principale è da rinvenirsi nell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE, la cui applicabilità è estesa solo ai settori
speciali, seppur in via facoltativa, dall’art. 80 della direttiva 2014/25/UE. Risulta escluso dalla applicazione dell’art. 57
l’ambito delle concessioni pubbliche disciplinato dalla direttiva 2014/23/UE.
2 Il nuovo assetto disciplinato dall’art. 57 della direttiva in commento prevede due fattispecie nuove rispetto a quelle
indicate dall’art. 45 della precedente direttiva 2004/18/CE. Esse sono:
d) reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche, quali definiti rispettivamente all’articolo 1 e all’articolo 3
della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio ovvero istigazione, concorso, tentativo di commettere un reato
quali definiti all’articolo 4 di detta decisione quadro;
f) lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite all’articolo 2 della direttiva 2011/36/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio.
Sentenzia, difatti, il legislatore di urgenza – poi corretto da qualche spallata parlamentare 3
– che a seguito della “mancanza, incompletezza [indispensabili, nda 4] e ogni altra
irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive 5” o anche la sola “mancanza,
incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi”6
[…] “la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci
giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie,
indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere”.
La posizione di vantaggio del legislatore italiano, alla quale si faceva testé cenno, viene
però a cessare in breve tempo non fosse altro perché, qua e là, tra una essenzialità ed una
regolarizzazione, spunta l’obbligo “al concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in
favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara,
in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore
della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla
cauzione provvisoria”.
Il paradosso, non del tutto secondario, di questa norma è che uno Stato che è al 69° posto
della classifica dei Paesi più corrotti al mondo7, tormentato da notizie quotidiane su
presunti malaffari legati agli appalti pubblici sorti anche grazie alla incertezza normativa 8
si concentra - quasi a voler confermare la propria latinità dando vita al brocardo
corruptissima re publica plurimae leges 9 - sulla erronea predisposizione della
documentazione amministrativa, imponendo alle amministrazioni di comminare sanzioni
fino a 50.000 euro magari per un solo documento di identità mancante.
Questo “nuovo” modo di gestire il potere burocratico, che ha mutato il proprio aspetto da
esclusorio a sanzionatorio, non ha subìto quelle critiche che si sarebbero rese invero
necessarie.
Di fronte a questo scenario è pertanto alta la aspettativa di un corretto recepimento delle
direttive in sintonia con la ratio ad esse sottesa.
3
Le modifiche parlamentari apportate all’art. 39 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, hanno inserito la locuzione
“degli elementi e”, ampliando o, forse, chiarendo i casi di vizi sanzionabili.
4 Lo si desume, a contrario, dalla terza parte del comma 2bis dell’art. 38 che stabilisce: “Nei casi di irregolarità non
essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne
richiede la regolarizzazione, ne' applica alcuna sanzione”.
5 Art. 38, comma 2bis del Codice.
6 Art. 46, comma 1ter del Codice.
7 La classifica è stilata annualmente dall’organizzazione non governativa Transparency International ed è consultabile
sul sito https://www.transparency.org/cpi2014/results. Si pensi inoltre che l’Italia risulta ultima classificata fra i Paesi
europei insieme a Grecia, Bulgaria e Romania.
8 Transparency International ha individuato nella incertezza normativa uno dei 12 drivers di corruzione, in
https://www.transparency.it/wp-content/uploads/2013/11/21x21_SprechiSanit%C3%A0_ITA.pdf. Per quanto riguarda
il Codice degli appalti, si pensi che in nove anni ha subito ben 597 modifiche apportate da oltre 70 norme differenti. Il
dato statistico è reperibile sul sito www.codiceappalti.it.
9
La paternità della locuzione è di Publio Cornelio Tacito, in Annales, Libro III, 27. Per un approfondimento sul
fenomeno si consiglia la lettura di A. SANDULLI, La razionalizzazione normativa, in Giulio Vesperini (a cura di), Il
rendimento dei governi del maggioritario, Donzelli, Roma, 1998, 31-62.
L’incombere della nuova direttiva in materia di appalti secondo cui “se le informazioni o
la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano
essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni
aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che
attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare,
chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine
adeguato” comporta difatti una breve ma attenta riflessione.
Secondo il legislatore europeo, se la normativa di uno Stato membro non lo vieta, la
amministrazione ha la facoltà di chiedere integrazioni o chiarimenti della documentazione
amministrativa.
La norma è chiara e non sembra lasciare spazio a tonalità diverse dal bianco e nero:
regolarizzazione sì, regolarizzazione no. Tertium non datur: la sanzione non è ammessa.
Ad accorgersi di questa inevitabile conseguenza sembra essere stata anche ANAC che,
nella Determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015, ha stabilito come “La sanzione
individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda
avvalersi del nuovo soccorso istruttorio; essa è correlata alla sanatoria di tutte le
irregolarità riscontrate e deve pertanto essere considerata in maniera onnicomprensiva”
e ancora che “In caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti,
invece, la stazione appaltante procederà all’esclusione del concorrente dalla gara. Per
tale ipotesi la stazione appaltante dovrà espressamente prevedere nel bando che si
proceda, altresì, all’incameramento della cauzione esclusivamente nell’ipotesi in cui la
mancata
integrazione
dipenda
da
una
carenza
del
requisito
dichiarato.
All’incameramento, in ogni caso, non si dovrà procedere per il caso in cui il concorrente
decida semplicemente di non avvalersi del soccorso istruttorio”.
Secondo l’Autorità, dunque, la scelta di optare per il nuovo soccorso rafforzato sarebbe
nella piena disponibilità dell’operatore economico, libero di scegliere se pagare per la
irregolarità o subire la esclusione.
Una prima bocciatura a questa pur apprezzabile interpretazione è arrivata dalla
magistratura contabile, secondo cui “la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida
di non rispondere all’invito a regolarizzare. Il mancato introito della stessa può essere
fonte di responsabilità amministrativo-contabile” 10.
Entrambe le motivazioni delle soluzioni proposte in questa appassionante querelle non
sono però condivisibili.
10
Estratto della relazione scritta del Procuratore generale Salvatore Nottola in occasione della inaugurazione dell’anno
giudiziario
2015,
consultabile
su
http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/documenti_procura/procura_generale/relazioni_anni_giu
diziari/relazione_scritta_nottola_ag2015.pdf.
Da un lato, difatti, ANAC dimentica quanto recentemente ribadito dal proprio
Presidente 11, ovvero che una fonte può essere modificata solo da una di pari rango. Tale
equilibrio normativo non si può di certo ravvisare fra un decreto legge convertito ed una
(pur importante) determinazione dell’Autorità 12.
Dall’altro, mi si permetta di osservare che l’abbrivio del ragionamento contabile, ovvero
che “lo scopo è chiaro, ed è quello di responsabilizzare i concorrenti a rendere
dichiarazioni il più possibile complete” è anacronistico rispetto alla attuale mentalità
economico-giuridica che richiede snellezza, semplicità e ragionevolezza (anche) della
pratica amministrativa.
È bene ricordare, difatti, che la disciplina degli appalti pubblici ha come obiettivo la
regolamentazione di procedure la cui esecuzione non serve ad individuare un ottimo
compilatore di modelli, ma ha il fine di identificare il miglior operatore economico in
grado di realizzare adeguatamente i desiderata delle amministrazioni.
A ciò si aggiunga un ulteriore aspetto che sembra confliggere con lo spirito europeo.
La sanzionabilità di errori di natura prettamente burocratica ben può comportare la
insostenibilità economica o antieconomicità precontrattuale della offerta.
Se è vero, difatti, che una impresa ha la legittima pretesa di poter estendere o, più
semplicemente, mantenere il proprio mercato di riferimento a prescindere dalla possibilità
di generare profitti adeguati 13, la applicazione di effetti sanzionatori non dipendenti dalla
esecuzione contrattuale e, dunque, non giustificabili in un contratto di appalto, potrebbe
comportare una ingiusta coartazione della libertà imprenditoriale lesiva dei principi di
libera concorrenza e ragionevolezza, andando ad eliminare i margini di profitto prima
ancora che abbia inizio la esecuzione del contratto.
È dunque fondamentale non perdere l’opportunità offerta, recependo la direttiva
attraverso una lettura chiara e riverente della stessa la quale, è opportuno rimarcarlo, né
contempla né tantomeno legittima un soccorso istruttorio rafforzato (rectius: a
pagamento).
11
Famosa, ma forse non troppo, visto che è la stessa Autorità a dimenticarsene, la lettera inviata il 17/7/2014 dal
Presidente Cantone al Governo a seguito dell’accordo raggiunto fra Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e
Governo in merito alla deroga dell’art. 9, comma 4, del Decreto legge 24 aprile 2014 n.66. Nella lettera il Presidente
afferma che “l’Autorità è a conoscenza delle problematiche manifestate dagli Enti locali ed è consapevole che il diniego
nel rilascio dei CIG potrebbe avere un effetto negativo per l’intero comparto degli appalti pubblici; tuttavia non può
esimersi dall’applicazione della disposizione vigente e, pertanto, senza un opportuno intervento normativo, deve
opporre il diniego al rilascio dei CIG nei confronti di tutti i soggetti che non agiscano in ottemperanza alla norma”.
12 Ex multiis, sulla natura degli atti interpretativi della Autorità, cfr. TAR Lombardia Brescia sez. II 29/6/2009 n. 1349.
13
Così, CGUE sentenza del 14 novembre 2013 in Causa C-388/12 (punto 51).