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30/03/2014
Eccomi qui, seduta nel bus dell’IAM Cycling team, aspettando che i corridori arrivino dopo
aver tagliato il traguardo della gara di oggi.
Sono la dietista di una squadra professionistica di ciclismo svizzera.
Chi l’avrebbe mai detto solo qualche mese fa? Beh, io no di sicuro!
Certamente non avrei pensato che le mie ambizioni lavorative si potessero realizzare a sol
i 26 anni né potevo immaginare che un buon lavoro ce lo si potesse guadagnare senza alc
una conoscenza né raccomandazione.
Perdonate la divagazione, partiamo dall’iniziomi chiamo Laura, mi sono laureata in Dietistica presso la facoltà di Medicina dell’università
di Padova e ho poi proseguito la mia formazione all’estero, specializzandomi in nutrizione
sportiva grazie al master in “Sport and Exercise Nutrition” alla Leeds Metropolitan Universit
y (UK).
Master, fra parentesi, che ho frequentato durante il primo anno di matrimonio. Avete capito
bene sì, Marco ed io ci siamo sposati in aprile, poi in settembre sono partita per l’Inghilterr
a, rientrando poi in Italia in novembre per discutere la tesi di laurea in Dietistica.
Avevo chiesto ed ottenuto dall’università di Leeds un permesso speciale per poter iniziare i
l master prima di conseguire la laurea, in tal modo sono riuscita a non “ perdere” l’anno.
Dopo l’anno a Leeds sono rientrata in Italia e ho da subito iniziato l’attività di dietista in libe
ra-professione; durante questi primi anni lavorativi ho cambiato più lavori che camicie, in p
arte insoddisfatta dalla condizione di precariato e instabilità economica, in parte dal fatto c
he non riuscivo a lavorare con continuità nell’ambito della nutrizione sportiva, da sempre la
mia passione.
Ho avuto esperienze lavorative arricchenti, più o meno positive, comunque preziose per la
mia formazione professionale e personale.
Sono tuttora insegnante di nutrizione sportiva in un master privato, cosa di cui vado partico
larmente orgogliosa. Tuttavia, non avevo ancora trovato il mio posto.
Mi ci ero rassegnata in realtà- complice l’atmosfera di grigio scoramento che caratterizza
l’Italia ormai da qualche anno; neppure la ventata di ottimismo che avevo respirato in Inghi
lterra era durata a lungo: mi ero arresa all’idea che dovevo accontentarmi.
In fondo mi stava andando già molto meglio di molti miei coetanei, no?
Eppure Marco continuava a credere che ce l’avrei fatta, che sarei davvero riuscita a lavora
re per una squadra professionistica; ne era fermamente convinto.
Lui è così- buono sì, è una persona profondamente buona; un marito generoso e un padr
e adorabile.
Sì, perché un paio d’anni fa è nato il nostro piccolino, Luca.
Effettivamente, a ripensarci, sono stati anni molto intensi sì!
Anche il resto della mia famiglia ha sempre creduto in me, anche se probabilmente nessun
o s’aspettava che questo lavoro arrivasse così in fretta; ad ogni modo, hanno pazientemen
te rispettato le mie scelte, aiutandomi nel portarle a termine.
Sono una donna fortunata.
E così un giorno sento parlare di Linkedin, un social network in cui vari professionisti poss
ono entrare in contatto, e decido di creare il mio profilo, inserendo le informazioni relative a
lla mia formazione scolastica e alla mia esperienza professionale, e il gioco è fatto!
Invio richieste di contatto a circa un centinaio di professionisti che operano nell’ambito degl
i sport di endurance, ramo su cui mi sono specializzata, e invio altrettanti curricula.
Ricevo alcune risposte positive ma nulla di concretamente interessante, fino a che un gior
no, dopo qualche mese dal mio primo accesso in Linkedin, mi risponde uno dei direttori sp
ortivi di IAM cycling team, una squadra di ciclismo svizzera.
Dice che ha visto il mio curriculum, i miei studi in Inghilterra, dice che è interessato e che
mi farà sapere. “Ok, come al solito” è il mio primo pensiero, “Dicono sempre così e poi- c
hi li sente più?”.
E invece, passano due mesi e ricevo l’invito ad un colloquio via Skype per il pomeriggio de
l giorno stesso!
Da quel momento in poi per me è stato in qualche modo più facile: ero sicura delle mie ca
pacità e delle mie competenze, finalmente avevo l’occasione di poterle dimostrare. E così f
accio, il colloquio va bene.
Dopo un paio di mesi la mail più bella che potessi ricevere: sarei dovuta andare a Ginevra
per altri due colloqui. Parto carica di emozione e speranze e rientro con la proposta di un c
ontratto a tempo indeterminato.
Incredibile.
Io? Proprio io? Per me è semplicemente un sogno.
Ma ci sono Marco e Luca; comincia a farsi strada un senso di colpa pungente, la paura di
essere una madre assente e una moglie inadeguata. La squadra richiede la mia presenza
nelle trasferte più importanti della stagione, di conseguenza dovrei rimanere lontana da ca
sa per circa 100 giorni l’anno.
Che fare quindi?
I miei genitori e mio fratello da subito mi incoraggiano, dicendomi che assieme avremmo p
otuto affrontare anche questa nuova avventura e che un’occasione così non potevo di cert
o farmela scappare. Anche mia suocera rinnova il suo impegno nello starci accanto.
Tutti mi rassicurano: avrebbero aiutato loro Marco e Luca nei periodi di mia assenza.
E così mi decido e firmo il contratto; è stata di certo una scelta meno difficile, perché condi
visa.
Ed ora eccomi qui, a vivere quest’avventura personale e professionale.
Ammetto che a volte l’idea di fare un passo indietro c’è, complice la fatica dei giorni di trasf
erta e lo stress del nuovo lavoro, in un mondo molto particolare come quello del ciclismo p
rofessionistico.
Ma poi guardo Luca che dopo solo alcuni mesi affronta con serenità le mie partenze e mi s
orride su Skype, guardo Marco che parla orgogliosamente del mio nuovo lavoro ai suoi am
ici e non perde occasione di ripetermi quanto sia fiero di me, guardo i miei genitori e mio fr
atello che guardano incuriositi le foto delle mie trasferte, sinceramente contenti.
Inoltre, aspetto non trascurabile, penso che questo lavoro ci permetterà di ridurre il mutuo
della nostra casa e potrà darci qualche possibilità in più.
E allora mi convinco di aver fatto la scelta giusta; mi convinco che abbiamo fatto la scelta
giusta.
Nonostante la mia giovane età, il management della squadra fin da subito mi ha dato fiduci
a e una buona autonomia professionale.
Il mio lavoro consiste essenzialmente nella gestione a 360° della nutrizione dei nostri 25 c
orridori, in stretta collaborazione con il medico della squadra e i direttori sportivi: elaboro pi
ani nutrizionali individuali, concordo il menu con gli hotel, sono responsabile dell’acquisto e
dell’ordine dei vari generi alimentari, preparo i protocolli di nutrizione, supplementazione e
idratazione prima, durante e dopo l’esercizio fisico.
Insomma- cosa potrei volere di più?
Si può essere brave madri, mogli e professioniste, e lo si può essere anche in questo mom
ento di crisi economica e di disillusione generale.
Laura