Epidemie a Messina - Boer

Download Report

Transcript Epidemie a Messina - Boer

Epidemie a Messina
Fortunato E.Marchetti
IC
Anno 1347-1348
*** LA TERRIBILE PESTE NERA
Nel mese di ottobre 1347, 12 navi
mercantili genovesi giungono nel porto
di Messina, con a bordo alcuni marinai
morti ed altri in fin di vita. Le navi
provengono dalla città di Caffa, (oggi
chiamata Teodosia), in Crimea, nel Mar
Nero, dove i genovesi avevano
costituito una base commerciale.
Poco tempo dopo l'arrivo delle navi, in città si manifesta una strana epidemia, i
malati presentano rigonfiamenti di colore nero sotto le ascelle e all'inguine, con
perdita di sangue e presenza di pus. Anche il resto del corpo è pieno di macchie
nere, causate dall'emorragie interne che provocano dolori lancinanti e portano alla
morte entro 5 giorni. In altri casi la febbre molto alta e l'emorragia polmonare
provocano il decesso in sole 24 ore.
E' la peste bubbonica che mette piede sul continente europeo dopo essersi diffusa
nel medio e nell'estremo oriente.
Quando gli abitanti di Messina si accorgono che gli improvvisi casi di morte sono
da ricollegarsi all'arrivo delle galee genovesi, le cacciano immediatamente dal
porto e dalla città, spingendole verso altri lidi con il loro carico di morte. Ma è
ormai troppo tardi per la Sicilia e per tutti gli altri paesi ignari del carico di morte
che porta con sè la nave, l'infezione è dilagante ed in poco tempo si diffonderà in
tutta Europa con effetti devastanti fino al 1350.
Si calcola che circa un terzo della popolazione europea sia morto per effetto
dell'epidemia.
La peste nera del 1347 è quella ricordata da Giovanni Boccaccio nel Decameron.
Anno 1734
*** LA TERRIBILE PESTE NERA
Nell’anno 1734 Carlo Borbone, duca di
Parma, mandò in Sicilia un forte esercito
che quasi senza combattere cacciò gli
austriaci, e si fece proclamare Re con il
nome di Carlo III. Da lui comincia
l’ultimo e più nefasto periodo della
servitù di Messina sotto lo straniero
prima dell’unificazione d’Italia.
Durante questo periodo Messina fu colpita da una delle più disastrose calamità
naturali: la Peste del 1743. Il 20 marzo di quell’anno entrava nel porto un veliero
genovese al comando di Iacopo Bozzo, il quale dichiarò di essere proveniente da
Missolungi. Dichiarava inoltre che durante la traversata era morto a bordo, di
morte naturale, uno dei suoi uomini e perciò la nave fu messa in quarantena.
Poco dopo si ammalò e morì un altro marinaio; solo allora si scoprì che la causa
di quei decessi era dovuta alla peste bubbonica.
Ben presto l’epidemia si estese all’intera città. Sopra una popolazione di 62.775
unità, i morti furono 51.259, gli scampati furono 11.496 cioè più dell’80%. Dei
villaggi rimase immune solo Altolia a qualche paese vicino, negli altri i morti
furono 10.659 sopra una popolazione di 19.671 unità, cioè poco più del 50%. La
durata del morbo fu di tre mesi,
la mortalità maggiore si verificò il 15 giugno e soltanto dall’8 settembre in poi il
contagio cominciò a regredire.
Anno 1894
Il germe della peste, che si annida nelle feci delle
pulci, è stato scoperto dal medico svizzero
Alexandre J.-É. Yersin nel 1894, ma,
contemporaneamente e in maniera indipendente,
anche dal medico giapponese Shibasaburo Kitasato.
La malattia si trasmette attraverso il morso dei ratti,
le punture delle loro pulci, il contatto di una cute,
lesa o abrasa, con materiale inquinato o attraverso
colpi di tosse o starnuti.
Lo svizzero Alexander Yersin
Il ratto nero responsabile dell’infezione del Trecento
viveva nei granai e nelle stive delle navi mercantili. La
pulce ha bisogno di 15-20 gradi di temperatura per
riprodursi e un’umidità del 90-95% (la sporcizia di abiti
e corpo, il sudore e il tepore umano costituiscono un
habitat favorevole per la pulce). Può resistere anche 50
giorni senza nutrirsi: d’inverno infatti va come in letargo,
sicché le epidemie scoppiano generalmente in
primavera.
La peste è ancora presente in forma endemica in Cina, Africa, India, Indonesia e
America centrale e meridionale, con un numero di casi/anno da 200 a 6004 (anno
2000) e circa 2000 morti. Oggi però disponiamo di efficaci antibiotici.
Recentemente è stato decodificato il batterio della Peste Nera, cioè i ricercatori,
dopo averne sequenziato il genoma, hanno scoperto che non è molto diverso da
quello di epoca medievale.
Anno 1854
*** IL COLERA
Una prima epidemia di colera scoppiò nel 1835 protraendosi fino agli inizi del
1838.
Tutti gli stati della penisola furono afflitti dall’imperversare del morbo che provocò
decine di migliaia di morti.
Il 20 agosto del 1854 si sparse la notizia che a Messina due persone morirono
di colera in modo fulmineo. Nei due giorni seguenti molti altri casi furono
denunziati al Municipio.
Il 31 agosto il contagio cominciò ad attenuarsi fino ai primi di ottobre, mese in cui
il morbo scomparve completamente.
Complessivamente a Messina e nei suoi villaggi si contarono 10.293 vittime
(5504 maschie e 4.789 femmine).
I cadaveri venivano bruciati nella spiaggia a Maregrosso dopo la foce del torrente
Zaera.
Si cercò di controllare il diffondersi dell’epidemia istituendo dei posti di blocco, così
che nessuno potesse uscire dalla città verso i paesi della provincia.
Tra i tanti, morì pure il sindaco di Messina, don Giuseppe Romeo e il dott. Carmelo
Pugliatti, insigne ostetrico, ma nonostante ciò il male si diffuse anche in numerosi
paesi della provincia.
Nel 1883 fu scoperto il batterio, il vibrione del colera fu isolato nel 1884
attribuendo all’acqua contaminata il principale mezzo d'infezione.
IL LAZZARETTO DI MESSINA
Il Lazzaretto di Messina sorge per la necessità della presenza di
un ospedale specifico contro le malattie trasmesse attraverso contagio, per limitarne
la diffusione e per prevenire le epidemie.
Il primo nucleo per l’edificazione del Lazzaretto di Messina fu istituito intorno
al 1371 ed edificato nel 1575.
Raso al suolo fu riedificato più a Nord nel 1685.
Disponeva di un ufficio con cappella.
Esso si distingueva in ‘puro’, destinato ai servizi generali, ed ‘impuro’, in cui venivano
ricoverati o messi in quarantena i sospetti di contagio.
La zona prescelta fu quella del braccio di San Raineri, l’attuale zona falcata del porto
di Messina: il lazzaretto, infatti, doveva essere costruito fuori da città e centri abitati.
Per l’edificazione si tenne conto del predominio dei venti: il lazzaretto, infatti, non
doveva essere esposto all’azione di venti a provenienza occidentale, perché questi,
definiti putridi, potevano facilmente diffondere il contagio.
Con il sisma del 1908, la struttura muraria del lazzaretto fu
in parte distrutta: ciò che rimase fu destinato ad uffici
pubblici (Municipio e Prefettura).
Tra il 1924 ed il 1937, con la ricostruzione del porto, e poi
dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, avvenne
gradualmente la scomparsa definitiva del lazzaretto di
Messina.
Nella zona di attracco delle antiche navi oggi resta solo un
pontile.