Frontiere criminali nel bresciano

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Transcript Frontiere criminali nel bresciano

FRONTIERE CRIMINALI
Sei in carcere, tre ai domiciliari nell’ambito dell’operazione che ha svelato
il legame tra bresciani e calabresi sul fronte delle frodi tributarie e fiscali
L’amico di Oppido,
l’uomo vicino
alla «Magliana»
e la signora in Porsche
■ «Dopo tanti esercizi retorici, questa indagine è la prova
provata che la ’ndrangheta è
tra noi». Ma è anche la prova dice uno degli investigatori
che l’hanno portata avanti negli anni - che ha affinato le
sue strategie criminali, lasciato da parte droga e armi, ed
ha investito risorse, uomini e
creatività in altro. In particolare nel settore dell’edilizia,
allo scopo di arricchirsi col
business delle frodi tributarie.
Ruota attorno all’evasione fiscale, alla bancarotta fraudolenta e al riciclaggio di denaro l’operazione condotta da
Nucleo Investigativo dei Carabinieri, Squadra Mobile della Questura e Gico della Guardia di Finanza di Brescia, che
nei giorni scorsi è culminata
nell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di nove persone, di origini
bresciane e calabresi, riunite
in associazione per delinquere. Sei di loro sono finite in
carcere, tre agli arresti domiciliari.
Il gip Cesare Bonamartini ha
inoltre disposto il sequestro
di un centinaio di immobili,
tra abitazioni, autorimesse,
terreni, magazzini e fabbricati, oltre ad automobili, quote
societarie e valori. Il totale è
di circa 12 milioni di euro. In
tutto sono 23 le persone indagate.
L’inchiesta risale alla seconda metà degli anni 2000. Ad
occuparsene per primi sono i
carabinieri del Nucleo Investigativo, che si imbattono in
alcuni dei soggetti d’attualità
oggi, e in un chilo di cocaina.
La droga, però, da allora resterà sullo sfondo. In seguito ad
un incontro ad Orzinuovi,
nel novembre del 2007, il business prenderà altre vie.
Il clarense Luca Sirani e sua
moglie Isabella Sirani, il rovatese Marco Plebani; i calabresi di Oppido Mamertina Domenico Saraceno e Francesco Scullino, oltre a Matteo e
Michele Lopreste - i sei finiti
in carcere nelle scorse ore -
■ Un fallimento dai contorni sfocati, e
senza dubbio da approfondire. Da qui è
nata l’inchiesta che ha portato nelle scorse ore all’esecuzione delle nove misure
cautelari e, a partire dal 2010, all’iscrizione nel registro degli indagati di 23 persone.
È proprio nelle more della liquidazione
di un’azienda edile facente capo al sodalizio, che arriva in Procura la segnalazione della presenza in qualità di gestori di
fatto, di due persone di «particolare» interesse investigativo: Francesco Scullino, 49enne di Oppido Mamertina (Reggio Calabria) di casa a Desenzano; e Luca Sirani, suo coetaneo originario di
Chiari, domiciliato a Como, dove si trovava, all’atto della notifica dell’ordinanza
di custodia, in affidamento in prova.
L’interesse sul loro conto della Procura
derivava, all’epoca della segnalazione,
dalla circostanza che il primo era stato in
contatto con affiliati della ’ndrangheta,
in particolare con
i Facchineri di Cittanova e i Feliciano di Oppido Mamertina. Mentre il
secondo era ritenuto riciclatore di
denaro, provento
dibancarotte, usura, estorsione,truffa, traffico di stupefacenti e riciclaggio, commessi da componenti Tommaso Buonanno
della Banda della
Magliana. Secondo il gip che ha firmato
l’ordinanza di custodia cautelare Scullino e Sirani sono gli autentici «domini»
della organizzazione criminale.
Un ruolo significativo, per il giudice Cesare Bonamartini, ha avuto anche la
compagna del secondo. Residente in
Svizzera, dove i figli studiano, ma pendolare in Porsche da Como, dove Luca Sirani dimorava sino all’arresto, la donna
avrebbe «lavato» ingenti quantitativi di
denaro. Sarebbe stato l’ultimo anello di
una catena che per l’accusa si è arricchita ai danni della collettività.
«Di ’ndrangheta, nell’ordinanza di custodia cautelare - dice Giambattista Scalvi,
l’avvocato di Scullino e Sirani - non si parla. Se si vuole dare una connotazione geografica ai fatti, semmai si è al cospetto
di un esempio di gestione di imprese edili tipicamente bresciana». Dell’ordinanza di custodia cautelare, martedì prossimo, si occuperà il Tribunale del Riesame. Ad invocarlo sono proprio Francesco Scullino e Luca Sirani.
«Eco di ’ndrangheta sul Metrobus»
daranno vita a otto aziende
operanti nell’edilizia. Tutte
intestate a prestanome, tutte
destinate a fallire e scomparire dallacircolazione nel volgere di tre anni.
Il Procuratore Tommaso Buonanno, ieri in conferenza
stampa, oltre a far espressamente riferimento a contatti
degli indagati con ambienti
della criminalità organizzata
calabrese - ha illustrato lo
schema criminale utilizzato
dagli indagati. Si tratta di un
copione semplice e redditizio: incasso, pago solo materiali e dipendenti, ma non tasse e contributi. Quelli, mentre ripulisco il frutto dei miei
affari illeciti, se li divide la collettività.
Le aziende edili dei Sirani,
Scullino, Saraceno, dei Lopreste e di Plebani operavano sul
mercato assumendo decine e
decine di operai. Li assicuravano e li pagavano regolarmente. Al versamento dei
contributi
provvedevano
compensandoli con fittizi crediti d’imposta. Di fatto senza
sborsare un euro.
Risultato? Guadagni decisamenti più sostenuti e prezzi
molto più competitivi di quelli praticati dal resto del mercato, soprattutto di quello che,
nonostante la crisi, ha continuato ad operare nel rispetto
delle regole e delle leggi.
Grazie a tariffe particolarmente concorrenziali le
aziende finite nel mirino del
team della Procura che si occupa di reati economici, sono
riuscite ad aggiudicarsi commesse importanti. Subappalti per opere pubbliche come
la Pedemontana, ma anche il
casello di Brescia Centro e le
stazioni della Metropolitana
di Sant’Eufemia e Poliambulanza. Sono circa 400mila gli
euro incassati dagli indagati
solo per questi due interventi.
Importi a cinque zeri anche
quelli stampigliati sugli assegni circolari staccati dai conti
correnti delle aziende che a
loro facevano riferimento. In
barba alla normativa antiriciclaggio, il denaro transitava
suconti correnti aperti in banche di San Marino, ma intestati a società paravento. Dagli istituti di credito del monte Titano le somme venivano
poi trasferite oltre confine, in
Svizzera, sui conti di una fiduciaria di Locarno, facente a
sua volta capo ad una società
off shore, con sede alle Cayman.
Gli inquirenti hanno ricostruito il movimento di parte del
denaro riciclato: quasi quattro milioni di euro. Un terzo
dell’ammontare del sequestro disposto dal gip.
Pierpaolo Prati
«MercatoLibero»
■ È stata chiamata «Mercato Libero»
l’operazione condotta da Carabinieri, Polizia e
Guardia di Finanza che è culminata nella misura
cautelare a carico di nove persone. Si tratta di
un sodalizio composto da bresciani e calabresi
operante nel settore dell’edilizia, con subappalti
in opere pubbliche come la Metropolitana di
Brescia, e dediti alle frodi fiscali