Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati - Economia

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Università degli Studi di Cagliari
Facoltà di Economia
Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
3. Mercato Azionario
Docente: Massimo Pinna
A.A. 2008/2009 - II semestre
Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Indice
Analisi macroeconomica
3. Mercato Azionario
3
Modelli di valutazione delle azioni
24
Analisi tecnica
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A.A. 2008/2009
Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Analisi macroeconomica
3. Mercato Azionario
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A.A. 2008/2009
Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Analisi macroeconomica
Il prezzo di un azione è funzione degli utili e dividendi attesi.
Questo è il punto centrale dell’analisi fondamentale.
fondamentale
Poiché le prospettive di un’azione sono legate a quelle
dell’economia nel suo complesso, l’analisi fondamentale deve
iniziare dal contesto economico in cui l’impresa opera.
L’analisi deve poi considerare le implicazioni del quadro
macroeconomico sul settore in cui l’impresa opera e infine il
comportamento dell’impresa all’interno del suo settore.
Questo è l’approccio top-down.
down
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A.A. 2008/2009
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Analisi macroeconomica
Il contesto macroeconomico rappresenta l’ambiente in cui
tutte le imprese operano. È quindi importante analizzare in
primo luogo lo stato dell’economia nel suo complesso. Le
variabili macroeconomiche principali sono:
Prodotto Interno Lordo (PIL)
PIL o Gross Domestic Product (GDP)
GDP
– è la misura della produzione totale di beni e servizi di
un’economia. Un PIL in crescita indica un’economia in
espansione e di conseguenza migliori opportunità per il
fatturato delle imprese. Un’altra importante misura dell’output
è l’indicatore della produzione industriale (industrial
production), che si concentra sul settore manifatturiero.
Tasso di disoccupazione (unemployment rate) – è la
percentuale di forza lavoro totale in cerca di occupazione. È
una misura del livello di utilizzo dei fattori produttivi. Molto
utilizzato è anche il tasso di utilizzo della capacità produttiva,
produttiva
ovvero il rapporto tra l’output effettivo dell’industria e il suo
output potenziale.
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A.A. 2008/2009
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Analisi macroeconomica
Inflazione – è il tasso di crescita del livello generale dei prezzi.
Alti tassi di inflazione sono spesso associati a situazioni in cui
la domanda supera la capacità produttiva o a prezzi crescenti
delle materie prime (petrolio, gas etc.)
Tassi di interesse – alti tassi di interesse riducono il valore
attuale dei flussi di cassa futuri, rendendo meno attrattivi gli
investimenti. Inoltre, il mercato immobiliare e quello dei
consumi durevoli (ad esempio il settore auto) sono molto
sensibili a variazioni dei tassi.
Deficit pubblico (budget deficit) – è la differenza tra entrate e
spese pubbliche. Il deficit pubblico deve essere compensato
dal ricorso all’indebitamento pubblico. Quest’ultimo può
causare effetti di spiazzamento (crowding out) degli
investimenti privati.
Fiducia (sentiment)
sentiment – è la visione ottimistica o pessimistica di
produttori e consumatori riguardo l’economia. Ad esempio, le
aspettative dei consumatori sul loro reddito futuro influenzano
la produzione e le scorte delle imprese.
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A.A. 2008/2009
Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Analisi macroeconomica
L’impatto di una variazione in una grandezza macroeconomica
deve essere, in primo luogo, classificato come shock dal lato
della domanda (demand shock)
shock o shock dal lato dell’offerta
(supply shock).
shock
Uno shock sulla domanda è un evento che influenza la
domanda aggregata di beni e servizi nell’economia. Esempi di
shock positivi sulla domanda sono: riduzione della tassazione,
espansione dell’offerta di moneta, incremento della spesa
pubblica o un incremento delle esportazioni.
Uno shock dal lato dell’offerta è un evento che influenza la
capacità produttiva e i costi di produzione. Esempi sono:
variazioni nel prezzo del petrolio, danni ai raccolti in
agricoltura, aumenti salariali etc.
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Analisi macroeconomica
Gli shock dal lato della domanda sono generalmente
caratterizzati da movimenti dell’output aggregato nella stessa
direzione di tassi d’interesse e inflazione. Ad esempio, un
incremento della spesa pubblica tende a stimolare l’economia,
può porre pressioni al rialzo dei tassi per via del ricorso al
debito pubblico e pressioni inflazionistiche attraverso la
domanda di beni e servizi.
Gli shock dal lato dell’offerta, invece, sono generalmente
caratterizzati da movimenti dell’output in direzione opposta
rispetto a tassi d’interesse e inflazione. Ad esempio un
aumento nel prezzo del petrolio può causare inflazione per via
degli aumenti dei costi di produzione che si riflettono sui
prezzi di beni e servizi e l’inflazione tende a riflettersi sui tassi
nominali, questi effetti hanno un’influenza negativa sul PIL.
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Analisi macroeconomica
Le autorità di governo dispongono di alcune leve per
modificare/influenzare la domanda e l’offerta di beni e servizi.
Gli strumenti principali sono tre: la politica fiscale e la politica
monetaria , che agiscono sul lato della domanda, e le politiche
dal lato dell’offerta (supply side policies).
policies
La politica fiscale rappresenta l’insieme delle decisioni in
materia di spesa pubblica e di tassazione. La politica fiscale
agisce in maniera diretta sul sistema economico, tagli alla
spesa pubblica deflazionano immediatamente la domanda di
beni e servizi, mentre aumenti nel livello di tassazione
sottraggono reddito disponibile causando una contrazione dei
consumi.
La politica fiscale è tuttavia uno strumento poco flessibile, per
via in primo luogo della lentezza dei meccanismi di
trasmissione tra gli organi politici e quelli amministrativi e
poiché la maggior parte delle spese pubbliche non sono
discrezionali (sanità, welfare etc.)
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Analisi macroeconomica
L’impatto netto della politica fiscale è sintetizzato dal deficit (o
surplus)
surplus pubblico,
pubblico ovvero dalla differenza tra entrate e spese
pubbliche.
La seconda leva che agisce dal lato della domanda è la politica
monetaria, che influenza il sistema macroeconomico
attraverso l’offerta di moneta, i tassi di interesse e il credito
bancario. Una politica monetaria espansiva riduce i tassi di
interesse a breve termine, stimolando gli investimenti e i
consumi.
La politica monetaria produce effetti nel breve termine mentre
nel lungo termine, oltre che risultare inefficace, può causare
pressioni inflazionistiche. Al contrario della politica fiscale
agisce indirettamente sul sistema economico, agendo su
consumi e investimenti in via mediata attraverso i tassi di
interesse e la quantità di moneta.
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Analisi macroeconomica
La terza leva a disposizione delle autorità di governo è
l’insieme delle politiche dal lato dell’offerta, molto utilizzate
negli USA durante l’amministrazione Reagan, che applicava le
teorie della supply side economics,
economics negli anni ’80.
Le politiche dal lato dell’offerta intervengono sulla capacità
produttiva del sistema economico incentivando l’innovazione
e l’efficienza, investendo in infrastrutture, educazione e
ricerca.
I teorici della supply side economics prestavano molta
attenzione alla politica fiscale, predicando drastici tagli alla
pressione fiscale delle imprese in modo da incentivare gli
investimenti e di conseguenza la crescita.
Piuttosto che valutare gli effetti della politica fiscale sul
reddito disponibile dei consumatori e cioè sulla domanda, gli
economisti della supply side economics si concentravano
sugli effetti dal lato dell’offerta, sostenendo che riduzioni nelle
aliquote per le imprese avrebbero incrementato il gettito totale
per via della crescita economica indotta dai tagli.
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Analisi macroeconomica
Nonostante le misure di fine-tuning su domanda e offerta
poste in essere dai governi, le economie attraversano
periodicamente cicli di espansione e cicli di rallentamento.
La successione di periodi di crescita e di recessione
rappresenta il ciclo economico (business cycle).
cycle
La figura mostra l’andamento del PIL USA storico. Notiamo un
definito trend di crescita caratterizzato da periodi di deviazioni
dal trend (le aree ombreggiate indicano recessione).
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Analisi macroeconomica
La reazione dei vari settori industriali alle fasi del ciclo
economico può essere differente.
I settori che si muovono nella stessa direzione del ciclo
economico, quali quelli dei consumi durevoli (automobili,
elettrodomestici etc.) o dei beni capitali (es. impianti e
macchinari) sono appunto definiti settori ciclici.
ciclici
Viceversa settori poco sensibili alle fasi del business cycle,
quali alimentare, farmaceutico e utilities (distribuzione di
acqua, gas, elettricità, telefonia etc.) sono definiti settori
difensivi (o anticiclici).
La distinzione in settori ciclici e difensivi richiama il concetto
di rischio sistematico (beta) proprio della teoria di portafoglio.
Le azioni di imprese appartenenti a settori ciclici hanno
generalmente beta superiori all’unità mentre quelle di imprese
che operano in settori anticiclici hanno normalmente beta
bassi. Questo perché le vendite (e quindi gli utili e i dividendi)
delle prime sono positivamente correlati con lo stato
dell’economia, al contrario di quanto accade per le seconde.
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Analisi macroeconomica
Come appena visto, l’economia nel suo complesso attraversa
ciclicamente fasi alterne di crescita e rallentamento. Al fine di
misurare, interpretare e anticipare il business cycle, vengono
pubblicati (e sono molto utilizzati da chi opera sui mercati) i
cosiddetti indicatori economici (economic indicators).
indicators
Gli indicatori economici si dividono in leading indicators (che
anticipano il ciclo economico), coincident indicators (che si
muovono parallelamente alle fasi del ciclo) e lagging
indicators (che si muovono in ritardo rispetto al business
cycle).
La Conference Board USA pubblica 10 leading indicators, 4
coincident indicators e 7 lagging indicators i quali formano
rispettivamente i 3 indici compositi (composite index) che
sintetizzano l’andamento delle 3 categorie di indicatori
economici.
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Analisi macroeconomica
Le due figure riportano la composizione del composite index
per i leading indicators e il suo andamento nel tempo rispetto
al business cycle (le aree ombreggiate indicano recessione).
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Analisi macroeconomica
Le due figure riportano la composizione del composite index
per i coincident indicators e il suo andamento nel tempo
rispetto al business cycle (le aree ombreggiate indicano
recessione).
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Analisi macroeconomica
Le due figure riportano la composizione del composite index
per i lagging indicators e il suo andamento nel tempo rispetto
al business cycle (le aree ombreggiate indicano recessione).
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Analisi macroeconomica
Possiamo notare, nella tabella A precedente, come l’indice del
mercato azionario sia incluso tra i leading indicators. Questo è
intuibile, in quanto i prezzi delle azioni incorporano le
informazioni e le aspettative sugli scenari futuri. Questo fatto
rende meno efficaci i leading indicators per le decisioni di
investimento, quando questi indicatori predicono una fase di
crescita economica il mercato l’ha già scontato
Anche l’offerta di moneta è un leading indicator, una politica
espansiva produce i suoi effetti in via non immediata quindi lo
stock attuale di moneta fornisce indicazioni sull’attività
economica futura.
Altri indicatori, quali ordini di beni durevoli per l’industria e
nuove autorizzazioni edilizie, riflettono decisioni attuali degli
operatori che spiegheranno i loro effetti in futuro.
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Analisi macroeconomica
Le agenzie e la stampa finanziaria riportano su base periodica
(giornaliera, settimanale e mensile) calendari relativi a dati
(inflazione, PIL etc.) e indicatori macroeconomici. Le date degli
annunci sono di norma accompagnate dalle informazioni sui
valori nel periodo antecedente e sulle stime degli operatori.
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Analisi macroeconomica
Come già anticipato, l’approccio top-down all’analisi
fondamentale, dopo l’analisi macroeconomica, si concentra
sull’analisi di settore (industry analysis).
analysis
Dato un determinato scenario macroeconomico (espansione,
recessione etc.) settori differenti reagiscono in maniera
differente.
La
figura
riporta
la
crescita
annua degli
EPS
(utili
per azione)
di imprese
USA
suddivisi
per settore.
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Analisi macroeconomica
La figura riporta le 10 migliori e 10 peggiori performance di
borsa per azioni USA suddivise per settore nel 1999.
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Analisi macroeconomica
Una volta effettuata l’analisi macroeconomica, occorre
valutare le implicazioni di un dato scenario per i diversi settori.
Come noto, i diversi settori reagiscono con sensibilità diverse
alle fasi del ciclo economico. La figura riporta le vendite di
auto e sigarette negli USA dal 1963 al 1993:
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Analisi macroeconomica
Notiamo chiaramente come le vendite di sigarette siano
praticamente indipendenti dallo stato dell’economia.
Viceversa, la vendita di automobili ha un andamento
fortemente volatile. Durante le recessioni i consumatori
possono prolungare la durata di utilizzo delle loro auto in
attesa di redditi superiori. L’anno in cui si è registrata la
performance peggiore per la produzione di auto è stato il 1982,
anno in cui si è avuta negli USA una profonda recessione con
disoccupazione al 10%.
La sensibilità di un settore al business cycle è determinata da
3 fattori: la sensibilità delle vendite rispetto al reddito
(consumi necessari quali alimentari, medicinali e servizi
sanitari e consumi abitudinari quali il tabacco hanno una
domanda rigida rispetto al reddito, mentre consumi durevoli
quali auto ed elettrodomestici e beni voluttuari quali quelli
legati al tempo libero sono altamente sensibili alle variazioni di
reddito), la leva operativa (rapporto tra costi fissi e variabili) e
la leva finanziaria (rapporto tra debiti e capitale proprio).
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Modelli di valutazione delle azioni
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Modelli di valutazione delle azioni
L’obiettivo dell’analisi fondamentale è quello di individuare
azioni mispriced (non prezzate correttamente) rispetto al loro
fair value (valore congruo) determinato sulla base dei dati
finanziari osservabili.
Un primo semplice modello che fornisce indicazioni sul
pricing di un azione è il metodo dei multipli o valutazione
attraverso i comparable.
comparable Il metodo consiste nel calcolare
alcuni ratio (rapporti tra prezzi di mercato e valori di bilancio)
per l’azione analizzata e confrontarli con quelli medi di azioni
che operano nello stesso settore (i comparable o peer).
peer
I principali ratio sono: P/E o price/earnings (rapporto prezzoutili), P/B o price/book (rapporto prezzo-patrimonio netto di
bilancio), P/CF o price/cash flow (rapporto prezzo-flussi di
cassa) e price/sales (rapporto prezzo-fatturato).
Il P/E e il P/B sono ovviamente influenzati dai criteri contabili
utilizzati, per questo spesso il P/CF è considerato più neutro. Il
price/sales viene di norma utilizzato per le start-up (nuove
imprese) che non hanno ancora prodotto utili.
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Modelli di valutazione delle azioni
Un altro metodo per valutare il mispricing di un azione è quello
di paragonare il suo rendimento atteso con quello richiesto
dagli investitori per titoli ugualmente rischiosi.
Ad esempio, se un azione prezza oggi 48, mi attendo che il
prezzo arriverà a 52 tra un anno e mi attendo un dividendo pari
a 4, il mio HPR atteso ad un anno sarà:
L’HPR atteso è quindi pari alla somma del dividend yield
atteso
e del capital gain yield atteso
.
A questo punto, per valutare se il rendimento atteso offerto
dall’azione sia congruo relativamente al suo rischio, ci occorre
un modello che ci indichi il rendimento richiesto per quel
livello di rischio. Generalmente viene utilizzato il CAPM.
CAPM
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Modelli di valutazione delle azioni
Supponiamo che il beta del titolo sia 1.2, il risk-free 6% e il
market risk premium sia 5%. Per il CAPM il rendimento
richiesto (che chiamiamo k) è dato da
. Quindi:
In questo esempio il rendimento atteso (16.7%) eccede il
rendimento richiesto, indicando che il titolo è sottovalutato.
Spostando l’ottica dal rendimento al prezzo, possiamo
ragionare in termini di valore intrinseco o intrinsic value.
value Il
valore intrinseco di un azione è il valore attuale dei flussi
(dividendi e capital gain) che riceverà l’investitore in un dato
periodo, scontati al tasso appropriato per livello di rischio (k).
Nel nostro esempio:
Poiché l’intrinsic value (50) è maggiore del prezzo di mercato
(48) concludiamo che il titolo è sottovalutato.
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Modelli di valutazione delle azioni
Abbiamo visto come il valore intrinseco di un azione sia pari al
VA dei dividendi attesi nel periodo e del prezzo di vendita a
fine periodo (nelle formule seguenti ignoriamo i simboli di
valore atteso per semplicità):
Allo stesso modo possiamo trovare l’intrinsic value per il
periodo successivo come:
A questo punto, ipotizzando di vendere il titolo a fine periodo a
un prezzo pari al suo valore intrinseco futuro, ovvero
,
possiamo scrivere il valore intrinseco a inizio periodo come:
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Modelli di valutazione delle azioni
Generalizzando per H periodi, possiamo scrivere il prezzo di
un azione come valore attuale dei dividendi ricevuti dal
periodo 1 ad H e del prezzo di vendita finale :
notiamo l’analogia tra quest’ultima formula e quella relativa al
prezzo di un bond, con la differenza che, al contrario di cedole
e rimborso, i dividendi futuri non sono noti, l’orizzonte H non è
fissato e il prezzo finale di vendita è incerto.
Ora, spostando indefinitamente l’orizzonte temporale H nel
futuro, sostituendo ricursivamente il prezzo di vendita finale
con il valore intrinseco, possiamo scrivere:
ovvero esprimere il prezzo come valore attuale di tutti i
dividenti futuri perpetui, questo è il DDM o dividend discount
model (modello di attualizzazione dei dividendi).
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Apparentemente il DDM ignora i capital gain, contenendo la
sua formula esclusivamente il valore attuale dei dividendi. In
realtà i capital gain (di qualsiasi periodo) sono funzione dei
dividendi attesi nel momento in cui avviene la vendita.
La formulazione del DDM illustrata in precedenza richiede una
previsione di dividendi per ogni periodo futuro. In pratica
vengono fatte delle assunzioni semplificative quali assumere
che i dividendi crescano nel tempo a un tasso costante g.
Ad esempio se l’ultimo dividendo è stato pari a
tasso di crescita è
, avremmo:
e il
e così via.
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Quindi, nella formula del DDM possiamo sostituire:
che, utilizzando la formula di una rendita crescente perpetua,
può semplificarsi in:
questo è il DDM a crescita costante (constant growth DDM) o
modello di Gordon.
Gordon Ovviamente, se g è uguale a zero
(dividendi costanti nel tempo) il prezzo diventa semplicemente
il valore attuale di una rendita perpetua:
.
Notiamo che il DDM a crescita costante è valido solo se g è
minore di k. Se i dividendi attesi crescessero a un tasso
superiore il prezzo sarebbe infinito, in questo caso occorre
utilizzare un modello DDM a stadi multipli (multiple-stage
DDM), in cui si utilizzano dividendi attesi e tassi di crescita
differenti per differenti insiemi di periodi o stadi.
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Modelli di valutazione delle azioni
Possiamo notare, inoltre, come il constant-growth DDM
implichi che il prezzo dell’azione cresca allo stesso tasso dei
dividendi. Abbiamo visto che:
e di conseguenza, poiché i dividendi crescono a un tasso
costante:
Quindi, per tutte le azioni che hanno un prezzo uguale
all’intrinsic value, il rendimento atteso sarà:
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Modelli di valutazione delle azioni
Abbiamo visto come, secondo il DDM, il prezzo di un’azione
sia pari al valore attuale dei suoi dividendi futuri. Nei mercati
però osserviamo azioni di imprese che non pagano dividendi
(o con dividendi futuri attesi bassi) con quotazioni elevate.
Questo avviene quando un’impresa non distribuisce tutti gli
utili, ma li trattiene (in tutto o in parte) per sfruttare delle
opportunità di investimento. A questo proposito si parla di
dividend payout ratio (la frazione di utili distribuita in forma di
dividendi) e di earnings retention ratio (tasso di ritenzione
degli utili).
A titolo di esempio immaginiamo due imprese identiche,
entrambe con utili (per azione) attesi costanti e pari a 5$
all’anno. La prima distribuisce tutti gli utili (dividend payout
100%) mentre la seconda distribuisce 2$ per azione
reinvestendo quindi il 60% degli utili. Il rendimento richiesto è
pari al 12.5% per entrambe.
Il prezzo delle azioni della prima impresa sarà:
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Modelli di valutazione delle azioni
Il prezzo delle azioni della seconda impresa dipenderà dalla
redditività degli investimenti cui sono stati destinati gli utili
non distribuiti. In particolare se il ritorno sull’investimento è
superiore al rendimento richiesto per l’azione (tasso di sconto)
il prezzo sarà superiore a quello della prima, viceversa nel
caso in cui la redditività dell’investimento fosse inferiore.
Se ipotizziamo che gli utili reinvestiti rendano il 15% avremmo:
quindi il prezzo dell’azione sarebbe:
Superiore al prezzo della prima azione (40). Se, ad esempio, gli
utili fossero reinvestiti a un tasso pari al ROE stesso (12.5%) il
prezzo delle due azioni sarebbe identico:
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Abbiamo visto come, nel caso in cui l’impresa investa in
progetti con rendimento superiore al suo ROE, il prezzo sia
maggiore rispetto al caso di totale distribuzione degli utili. Nel
nostro esempio il maggior valore era 17.14$.
In questo caso, il maggior valore dell’azione è chiamato valore
attuale delle opportunità di crescita o PVGO (present value of
growth opportunities).
opportunities Ovvero possiamo vedere il valore di un
azione come la somma del valore dell’azione in assenza di
crescita (valore degli asset esistenti) e del valore attuale delle
opportunità di crescita:
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Modelli di valutazione delle azioni
Nelle pagine iniziali di questa sezione abbiamo introdotto il
modello dei multipli. Il multiplo più utilizzato è il P/E o
price/earnings ovvero il rapporto tra il prezzo di un’azione e i
suoi utili per azione (utili totali diviso il numero di azioni).
Il P/E è molto utilizzato in quanto fornisce indicazioni sulle
prospettive di crescita (attese dal mercato in quanto
incorporate nel prezzo) degli utili di un’impresa.
Riarrangiando l’equazione precedente possiamo scrivere:
in questo modo abbiamo un’espressione del rapporto prezzo
utili in funzione delle opportunità di crescita (PVGO) e del
rendimento richiesto (k).
Notiamo che quando PVGO = 0 il prezzo dell’azione è pari al
VA della rendita perpetua dei suoi utili attesi
.
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Il rapporto tra PVGO e E/k in parentesi rappresenta il rapporto
tra il valore dell’azione dovuto alle opportunità di crescita e il
valore degli asset esistenti (E/k). Quindi un alto livello nel P/E
indica ampie prospettive di crescita per l’impresa.
Sono quindi le differenze nelle opportunità di crescita che
giustificano le differenze nei P/E che osserviamo tra imprese
diverse. Possiamo esplicitare meglio questo concetto
utilizzando il DDM.
Sappiamo che
pari a
egli utili) e che
, che i dividendi distribuiti sono
(dove b rappresenta il tasso di ritenzione
. Quindi sostituendo:
e quindi il P/E:
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Notiamo che il P/E cresce con il ROE. Questo è intuibile
perché investimenti in progetti con ROE elevato innalzano il
tasso di crescita degli utili g.
Anche il tasso di ritenzione degli utili b agisce positivamente
sul P/E. Questo perché il mercato premia le imprese che
investono più aggressivamente in progetti con ROE alto.
È importante sottolineare che la crescita di per se non è
valutata positivamente dal mercato. La crescita aumenta se
aumenta la ritenzione degli utili, ma il P/E cresce solo se gli
utili non distribuiti sono investiti in progetti con ROE superiore
al rendimento richiesto k.
Questo perché gli investitori preferiscono ricevere dividendi
piuttosto che l’impresa investa in progetti con VAN negativo e
quindi distrugga valore.
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Queste relazioni tra utili, crescita e prezzi sono esemplificate
nella tabella seguente. Sono riportati tasso di crescita e P/E in
funzione della ritenzione degli utili per diversi livelli di ROE:
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Mercati Azionari, Obbligazionari e Derivati
Modelli di valutazione delle azioni
Come detto, i P/E vengono presi come indicatori delle
opportunità di crescita degli utili delle imprese. Infatti gli
analisti generalmente ritengono che tasso di crescita e P/E
tendano a coincidere, ovvero che il rapporto tra P/E e g sia
tendenzialmente pari a 1. Tale rapporto è chiamato PEG ratio.
ratio
A questo proposito si riporta di seguito un passo dal libro
“One Up on Wall Street” di Peter Lynch:
Occorre infine ricordare che (a parità di politiche sulla
distribuzione degli utili) azioni più rischiose (con k elevato)
avranno P/E più bassi:
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Analisi tecnica
Studio del movimento del mercato, tramite l’uso sistematico di
grafici allo scopo di prevedere le tendenze future dei prezzi.
Fonti informative
• prezzi
• volumi
• tempo
• ampiezza
• open interest
Premesse
• Il mercato sconta tutto
• I prezzi si muovono dentro un trend
• La storia si ripete
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Il mercato sconta tutto
Nei prezzi di borsa sono incorporati tutti i fattori di tipo
fondamentale, psicologico, politico etc. che ne hanno
determinato l’andamento.
Lo studio dei movimenti dei prezzi è tutto ciò che viene
richiesto ai fini dell’analisi previsionale
“Il livello del prezzo non indica quanto valgono i titoli ma
quanto la gente pensa che valgano” - G.Drew
Il Per mezzo dello studio dei grafici, supportati da indicatori
tecnici, l’analista individua la direzione che il mercato
intende prendere senza dover ricorrere all’analisi delle
motivazioni esterne al prezzo stesso
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I prezzi si muovono dentro al trend
Individuato il trend primario del mercato, questo è destinato a
proseguire finché non mostra chiari segni di inversione.
La storia si ripete
La configurazione e il movimento del mercato, che ne
individuano la tendenza rialzista o ribassista, riflettono anche
la psicologia umana e tendono a non cambiare: i movimenti
del mercato sono storicamente ricorrenti.
Per capire il futuro bisogna studiare il passato poiché il futuro
potrebbe esserne una ripetizione.
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Analisi Tecnica vs Analisi Fondamentale
Obiettivo comune:
comune determinare il movimento dei prezzi
Punti di vista diversi:
• AF studia le cause dei movimenti del mercato
• AT studia gli effetti
“ quando il mercato comincia a fare importanti movimenti di
prezzo gli analisti fondamentali non capiscono e non spiegano
cosa il mercato sia in procinto di fare” - J.Murphy
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La più antica teoria di AT: la Teoria di Dow
• Gli indici scontano tutto
• Il mercato ha tre trend
• Il trend primario ha tre fasi
• Gli indici si devono confermare a vicenda
• Il volume deve confermare il trend
• Un trend è in atto finché non esiste un segnale definitivo di
inversione
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Strumenti
• Forme di rappresentazione delle informazioni: i Grafici
Diverse tipologie
• Strumenti per l’interpretazione delle informazioni
Concetti di trend
Figure (modelli di prezzo e volumi)
Indicatori tecnici (oscillatori)
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Tipologie di Grafici
• Rappresentazione prezzi
Lineare (valore unico del prezzo per unità di tempo)
A Barre/Candele Giapponesi (indicazione di più livelli
di prezzo per unità di tempo: max, min, open, close)
Scala aritmetica/logaritmica (analisi di breve/lungo
periodo)
• Dimensione Tempo
Giornaliero, Settimanale, Mensile
Intraday
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Concetti fondamentali di trend:
trend
tutti gli strumenti utilizzati dagli analisti hanno lo scopo di
monitorare l’andamento del trend per decidere se partecipare
al suo movimento.
• Il trend è una successione di massimi e minimi
- rialzista, ribassista, laterale
• Il trend ha tre classificazioni
- primario, intermedio, breve termine
• Supporti e Resistenze
• Trend Line e canali
• Ritracciamenti
• Medie Mobili
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Figure di Inversione:
Inversione
implicano un’importante inversione del trend.
Fattori comuni:
• Trend primario in atto
• Rottura di un’importante trendline
• Più è larga la figura, maggiore è il movimento dei prezzi
• Le formazioni Top, di solito, sono più brevi e volatili di quelle
di Bottom
• Il volume è solitamente più importante nella fase rialzista
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Principali figure di Inversione:
Inversione
• Testa e Spalle
• Doppi e tripli massimi
• Rounded top/bottom
a=spalla sinistra
b=testa
c=spalla destra
d=neckline
b
c
a
d
• Spikes (V reversal)
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Figure di Continuazione:
Continuazione
rappresentano una semplice pausa del trend che può essere
utilizzata per correggere condizioni di ipercomprato o
ipervenduto di breve periodo
• Triangoli
• Flag
• Rettangoli
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Oscillatori:
Oscillatori
indicatori calcolati sull’andamento dei prezzi, dei volumi o di
entrambi che normalmente oscillano fra due valori estremi,
anziché muoversi secondo linee curve di trend.
• Scopo: anticipare o individuare tempestivamente l’inizio di
un trend
• Utilizzati in mercato privo di trend
• Utilizzati in mercati in tendenza per individuare eccessi di
breve periodo (ipercomprato/ipervenduto)
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Momentum:
Momentum M=P – Px
Rate of change (ROC):
ROC ROC=P/Px
dove:
P
= Ultimo prezzo chiusura
Px
= Prezzo chiusura di x giorni prima
• Misurano i ritmi di salita / discesa dei titoli
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Relative Strenght Index (RSI)=100100/(1+RSx)
RSI
dove RSx=
numero rialzi negli x giorni precedenti /
numero ribassi negli x giorni precedenti
(RSI Straight)
oppure RSx=
media rialzi negli x giorni precedenti /
media ribassi negli x giorni precedenti
(RSI Blended)
• Indica quante volte negli ultimi tempi il titolo ha subito più
rialzi che ribassi
• Misura la velocità del movimento dei prezzi
• Elimina movimenti erratici
• Crea range di oscillazione costante (0-100)
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MACD = Moving Average Convergence-Divergence
• Differenza fra due medie mobili esponenziali, tipicamente a
12 e 26 giorni
• Filtrate con una media mobile, tipicamente a 9 giorni
• Fornisce indicazioni sul Trend sottostante il mercato
• Indicatore Trend Following (lagging)
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Bollinger Bands:
Bands m.m. semplice a 20gg +/- 2σ
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