Transcript Il reato di omessa dichiarazione
Fiscal News
La circolare di aggiornamento professionale
N. 90
25.03.2014
Il reato di omessa dichiarazione
Dal 18 settembre 2011 soglia di punibilità più bassa
Categoria:
Contenzioso
Sottocategoria:
Reati tributari È sufficiente il mero
superamento della soglia di 30.000 euro di imposte evase
, perché si configuri il reato di omessa presentazione della dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74. Si tratta di un reato omissivo “proprio”, che può essere realizzato
da chiunque sia obbligato
alla presentazione delle dichiarazioni annuali in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto.
Premessa Art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000
È sufficiente il mero
superamento della soglia di 30.000 euro di imposte evase
, perché si configuri il reato di omessa presentazione della dichiarazione. Si tratta di un reato omissivo “proprio”, nel senso che può essere realizzato da
chiunque sia obbligato
, secondo la normativa tributaria, alla presentazione delle dichiarazioni annuali in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto. Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs.10 marzo 2000 n. 74, commette il reato in parola chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva
(dolo specifico)
, non presenti,
essendovi obbligato
, una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, quando l’imposta evasa sia superiore a
30.000 euro
, con riferimento a ciascuna delle singole imposte. La sanzione prevista è la
reclusione da uno a tre anni
. Ai sensi del
comma 2
del medesimo art. 5,
non si considera omessa
, la dichiarazione presentata
entro 90 giorni dalla scadenza
. Ne deriva che, la
consumazione del delitto
si realizza con l’inutile decorrenza di 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione. 1
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Abbassamento delle soglie
La configurazione del reato, per espressa disposizione contenuta nel citato comma 2,
è esclusa
nelle ipotesi di dichiarazione presentata ma non sottoscritta o non redatta su stampato conforme a quello prescritto. L’elemento soggettivo è il
dolo specifico
, consistente nella volontà di evadere le imposte. Secondo un orientamento giurisprudenziale ricordato dalla sentenza n. 13322/14 della Terza Sezione Penale della Cassazione, il termine di novanta giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi o Iva, individuato per legge come momento consumativo del reato, di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, decorre,
quando le scadenze siano diverse, a seconda della modalità prescelta dal contribuente per la presentazione della dichiarazione
, dall’ultima scadenza prevista dalle leggi tributarie. Ciò comporta che il reato può dirsi consumato,
trascorsi novanta giorni dall’ultima scadenza
(vedi Cass., sentenze n. 43695/2011 e n. 22045/2010) . A fondamento di tale tesi è posta la considerazione che, secondo la testuale formulazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, il periodo di novanta giorni concesso al contribuente per presentare la dichiarazione non è configurato quale causa di non punibilità del reato già consumato, bensì quale
ulteriore termine per l’adempimento
(“non si considera omessa la dichiarazione”)
, equiparato sul piano concreto alle altre irregolarità previste dalla norma (dichiarazione non sottoscritta o non redatta su stampato conforme al modello prescritto). Si è, pertanto, affermato il principio per cui
“il reato di omessa dichiarazione dei redditi relativo a un anno d’imposta deve ritenersi consumato nel gennaio del secondo anno successivo e, cioè, con il decorso dell’ulteriore termine di novanta giorni dalla scadenza del 31 ottobre dell’anno successivo a quello d’imposta, previsto per l’invio
in via telematica
delle dichiarazioni (ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998)”.
L’art. 2, comma 36-vicies, lettera f), D.L. n. 138/11 (L. conv. n. 148/11) ha recentemente novellato l’art. 5 del D.Lgs. n. 74/00, riducendo da 77.468,53 (equivalenti ai vecchi 150 milioni di lire) a 30.000 euro
la soglia di imposta evasa
che fa scattare la sanzione penale. Si ricorda che,
per imposta evasa
deve intendersi l’intera imposta dovuta, al netto delle somme versate a titolo di acconto, di ritenuta e comunque in pagamento di detta imposta prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione (vedi art. 1, lettera f, D.Lgs. n 74/2000).
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Determinazione imposta evasa
Omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. 74/2000 Fino al 17 settembre 2011 Imposta evasa
Superiore a
euro 77.468,53 Dal 18 settembre 2011
Superiore a
euro 30.000,00
La corretta quantificazione dell’imposta evasa, quale parametro per far scattare la rilevanza penale della omessa dichiarazione, è un profilo più volte trattato nella
giurisprudenza della Suprema Corte
.
Cassazione – Quarta Sezione Penale sentenza n. 7615/2014
Compete
esclusivamente al giudice penale
il compito di procedere all'accertamento e quindi alla determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venirsi a sovrapporre e anche entrare in contraddizione con quella effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria.
Cassazione – Quarta Sezione Penale sentenza n. 21213/2008
Il tributo effettivamente dovuto deve essere correlato al risultato economico conseguito e deve essere determinato, sulla base delle risultanze probatorie acquisite nel processo penale, contrapponendo ricavi e costi d'esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di
prevalenza del dato fattuale reale
rispetto ai criteri di natura meramente formali che caratterizzano l'ordinamento tributario.
Cassazione- Terza Sezione Penale sentenza n. 10811/2014
Nel processo penale le presunzioni tributarie hanno un mero valore indiziario sicché l’accusa di omessa dichiarazione deve essere supportata da altri elementi. In particolare,
le movimentazioni sul conto corrente bancario
intestato al contribuente o a un suo familiare non legittimano, di per sé, la condanna penale. È noto che, “
in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell'imposta sui redditi (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
non può farsi ricorso alla presunzione tributaria
secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell'azienda (art. 32, comma primo n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in quanto spetta al giudice penale la
determinazione dell'ammontare
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Sequestro finalizzato alla confisca Superamento della soglia- elemento costitutivo del reato
dell'imposta evasa
procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto”
(ex multis, Cass. sez. III pen. n. 5490 del 2011)
. L’accertamento e la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, da intendersi come l'intera imposta dovuta, devono essere compiuti dal giudice penale attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria
(cfr. Cass. sez. III pen. n. 36396/2011)
. La determinazione dell'imposta evasa acquista particolare importanza anche per la
determinazione dell'importo da sottoporre a sequestro preventivo
.
Cassazione – Terza Sezione Penale sentenza n. 1199/2011
Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto per il reato di omessa dichiarazione, deve essere riferito
all'ammontare dell'imposta evasa
, poiché essa costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, riconducibile alla nozione di "profitto" del reato in questione.
Cassazione – Terza Sezione Penale sentenza n. 5759/2014
Il profitto confiscabile, anche nella forma per equivalente, e costituito da qualsivoglia
vantaggio patrimoniale
direttamente conseguito alla consumazione del reato e può dunque consistere anche in
un risparmio di spesa
, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo. È importante ricordare che, il superamento della soglia dell’imposta evasa
non costituisce una condizione oggettiva di punibilità
, come tale sottratta alla rappresentazione del fatto da parte del soggetto agente. Cassazione – Terza Sezione Penale
sentenza n. 42868/2013
Le soglie di punibilità previste per i reati tributari hanno natura di
elementi costitutivi del reato
, con la conseguenza che tali soglie devono essere
“investite” dal dolo
, per cui se l'imputato non è consapevole di averle superate,
non può essere condannato
.
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Altre massime
Questa conclusione appare conforme al principio del “favor rei” e trova conferma sia nel tenore della relazione Governativa di accompagnamento al D.Lgs. n. 74 del 2000, sia nell’orientamento espresso dalle
Sezioni Unite
, secondo cui le soglie di punibilità sono
elementi costitutivi
del reato
(sentenza n. 37424/2013)
. Da altre recenti pronunce di legittimità sul reato di omessa dichiarazione, si ricavano le seguenti massime.
Cassazione – Terza Sezione Penale sentenza n. 44433/2013
L’adempimento dell’obbligo di
comunicazione Iva non esclude il reato di omessa dichiarazione
, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000. La comunicazione Iva, prevista dall'art. 8 bis del D.P.R. n. 322 del 1998, introdotto dall'art. 9 del D.P.R. n. 435 del 2001, finalizzata ad adempiere agli obblighi comunitari, di cui all'art. 22, paragrafo 4, della Direttiva CEE n. 77/388 del 17 maggio 1977,
non è sostitutiva
della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi e Iva.
Cassazione – Sezione Tributaria Civile sentenza n. 1240/2014
In caso di mancata presentazione della dichiarazione Iva, l’Amministrazione Finanziaria è legittimata ad avvalersi di
presunzioni semplici
per accertare il volume d’affari della società. La sentenza 1240/14 spiega che l'art. 55 del decreto Iva consente, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale Iva, di determinare induttivamente
“
l'ammontare imponibile e l'aliquota applicabile sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'Ufficio
”
e tra tali dati può essere senza dubbio incluso il dato indicato dalla parte nella
dichiarazione mod. 760
, relativa allo stesso anno di quello preso in esame
(cfr. Cassazione, sentenze 792/2003, 19321/2006 e 4381/2011)
.
Tale principio si pone peraltro in linea con l'orientamento secondo cui,
nell'ipotesi di omessa della dichiarazione da parte dell’azienda
, la legge abilita gli Uffici a servirsi di
qualunque elemento
ai fini dell'accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con
metodo induttivo
, e anche utilizzando, in deroga alla regola generale,
presunzioni semplici
sul presupposto dell'inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, sicché,
a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall'Ufficio
, l'onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa,
incombe sul contribuente (cfr. Cassazione, ordinanza n. 5228/2012)
.
5
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Sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione
Cassazione – Sezione Tributaria Civile sentenza n. 24906/2013
Pagare la sanzione irrogata per l'omessa dichiarazione Iva
non significa prestare acquiescenza
rispetto alla pretesa concernente il tributo. È pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che
“la definizione del profilo sanzionatorio del rapporto tributario, mercé il pagamento della sanzione stessa (ovvero la sua definizione agevolata ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs. 10 dicembre 1997, n. 472), non comporta effetti di acquiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa
né integra una confessione o un elemento di prova
, non concernendo il profilo (meramente) tributario del rapporto, di guisa che resta materia tributaria impregiudicata la sorte del tributo e la possibilità del contribuente di contestarlo”
(cfr. Cass. n. 17529 del 2012, n. 12695 del 2004 e n. 1558 del 1991)
. Le ultime due massime in rassegna introducono il tema delle
sanzioni applicabili
in caso di omessa presentazione della dichiarazione. A tal proposito si ricorda che: →
nel caso di omessa dichiarazione dei redditi
, è applicabile una sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare delle imposte dovute (art. 1 comma 1 e 3 del D.Lgs. 471/97); →
nel caso di omessa dichiarazione Irap,
è applicabile una sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare dell'imposta dovuta (art. 32 comma 1 del D.Lgs. 446/97); →
nel caso di omessa dichiarazione Iva,
è applicabile una
s
anzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione (art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 471/97). Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, per “imposta dovuta” deve intendersi la differenza
tra l'imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo (circ. n. 54/E del 2002
§
17.1)
.
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