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Aggiornamento Polizia Locale
Circolare 20 marzo 2014
Sosta prolungata nel parcheggio:
la multa non si paga ?
Un po’ provocatoriamente abbiamo usato uno dei tanti titoli apparsi sui giornali negli
ultimi giorni (ovviamente non era presente il punto interrogativo, superfluo visto la verità
rilevata ! …) per “dire la nostra” sulla corretta modalità operativa da seguire nel caso di
accertamento di un veicolo in sosta su area a pagamento (cfr. strisce blu) oltre il tempo di
competenza del tagliando esposto.
Il codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285) all’articolo 7, comma 15, che “Nei casi di
sosta vietata, in cui la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è
applicata per ogni periodo di ventiquattro, per il quale si protrae la violazione. Se si tratta di sosta
limitata o regolamentata, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 25 a
euro 99 e la sanzione stessa è applicata per ogni periodo per il quale si protrae la violazione”.
Orbene se nessun dubbio pare sussistere quando gli stalli di sosta a pagamento sono
istituiti e gestiti direttamente dal Comune, un approfondimento si rende necessario nei
casi, peraltro maggioritari, in cui l’amministrazione ed il controllo prioritario sono
compiuti da società private a seguito di apposita concessione ed avvalendosi degli
ausiliari della sosta.
I richiamati titoli sensazionalistici dei mass media riprendono un parere Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi
informativi e statistici Direzione Generale per la Sicurezza Stradale, Divisione II del 22
marzo 2010 (!), prot. 25783, nel quale si asseriva << ….. omissis ….. a parere di questo ufficio
in caso di omessa corresponsione delle ulteriori somme dovute, l’ipotesi prospettata ….. omissis…..
di applicare la sanzione di cui all’art. 7 c. 15 del codice della strada, non è giuridicamente
giustificabile in quanto l’eventuale evasione tariffaria non configura violazione alle norme del
Codice, bensì una inadempienza contrattuale, da perseguire secondo le procedure” jure privato
rum” a tutela del diritto patrimoniale dell’ente proprietario o concessionario>>.
In prima analisi, la gestione del servizio a società che agiscono in regime di diritto
privato, ancorché spesso a capitale parzialmente o totalmente pubblico, è affidata
attraverso una gara d’appalto 1 con una concessione di tipo traslativo che legittima il
1
In tema di liberalizzazione dei servizi pubblici locali attualmente l’art. 4 del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n.
148/2011 - così come modificato dall’art. 25 del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2012 - costituisce la disciplina
di base dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
L’affidamento cosiddetto “in house”, consentito solo se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento è pari o inferiore alla
somma complessiva di 200.000 euro annui, e a favore di società a capitale interamente pubblico che abbia i requisiti richiesti
dall'ordinamento europeo per la gestione “in house” e con divieto di procedere al frazionamento del medesimo servizio e del relativo
affidamento;
soggetto (privato) ad esercitare quei diritti e quei poteri che la P.A., pur rimanendone
titolare, non fa valere direttamente.
È facile intuire che la natura del suolo non cambia restando pubblica, parimenti non muta
la titolarità del potere pubblico d’individuazione delle tariffe dei parcheggi, che
difficilmente saranno determinabili liberamente dalla società aggiudicataria ma,
verosimilmente, saranno già previste nel capitolato d’appalto e saranno eventualmente
modificate dalla Giunta Comunale (almeno nell’individuazione delle cifre per aree
omogenee, lasciando poi al dirigente preposto l’adozione della specifica ordinanza).
Alla luce di quanto sopra appare perciò legittima e doverosa (come specificheremo in
seguito) l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 7 comma 1 f) e comma 15 del
codice della strada, senza che venga pregiudicato ogni altro intendimento, da parte
della società concessionaria, di intraprendere azioni atte al recupero delle evasioni
tariffarie, a tutela dei propri equilibri di bilancio.
Il riferimento alla norma codicistica è altresì giustificato dal perseguimento degli obiettivi
del codice della strada, quali: la sicurezza stradale, la fluidità della circolazione ed il
miglioramento della qualità della vita dei cittadini, giacché la realizzazione di aree con
sosta consentita previo pagamento dovrebbe tendere ad una disincentivazione del mezzo
privato a vantaggio di quello pubblico, l’ottenimento di proventi vincolati a tutela
dell’utenza stradale e debole in particolare, il recupero di zone di pregio in ambito urbano.
Sulla pacifica legittimità degli ausiliari della sosta nell’accertare la violazione in parola,
l’art. 17 comma 132 della legge 127 del 1997 attribuisce ai Comuni, con decreto Sindacale,
le funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta ai
dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di
concessione (art. 7, comma 8, del codice della strada).
Sulla questione a suo tempo ebbe modo di intervenire anche il Ministro dell’Interno con la
circolare n° 330/A/26467/110/26 del 25 settembre 1997, precisando che le suddette
funzioni possono essere conferite anche ai dipendenti di aziende speciali, di enti di
gestione comunque denominati, ovvero di società private, cui sia stata affidata la sola
gestione delle aree di sosta a pagamento.
Nel richiamato decreto ministeriale, l’ingiustificabilità giuridica del riferimento alla
violazione statuita dal decreto legislativo 285/1992 mutua, per contrappasso, dall’intento
che deve porsi, l’ente proprietario o concessionario, nel tutelare il proprio diritto
patrimoniale.
Ci limitiamo a ricordare che con sentenza n° 66 del 29 gennaio 2005 la Corte Costituzionale
ha sancito che il pagamento per la sosta dei veicoli disposto dall’autorità comunale sfugge
sia dalla nozione di tributo sia a quella di prestazione patrimoniale imposta, essendo
piuttosto configurabile come corrispettivo, commisurato ai tempi e ai luoghi della sosta, di
una utilizzazione particolare della strada, rimessa ad una scelta dell’utente non priva di
alternative; sicché il corrispettivo risulta privo di uno dei fondamentali requisiti che sono
da ritenere indispensabili affinché possa individuarsi una prestazione patrimoniale
imposta; ciò supera la riserva di legge sancita dall’articolo 23 della Costituzione.
La circostanza per cui la strada della contestazione dell’illecito amministrativo con
irrogazione consequenziale della sanzione amministrativa 2 pecuniaria non sia eludibile,
ancorché ripetiamo non esclusiva, è supportata anche da pronunce giurisprudenziali, ex
multis: Corte di Cassazione Cassazione – Sezione seconda civile – sentenza 23 febbraio –
31 maggio 2007, n. 12834, Corte dei Conti, Regione Lazio, sentenza depositata il
19/09/2012, n° 888.
2
Siamo al cospetto del tipico caso di sanzione amministrativa in senso stretto con fini punitivi ed afflittivi e non con natura
prettamente ripristinatoria, reintegratoria, o risarcitoria per la mancata corresponsione del dovuto da parte dell’utente alla società che
gestisce i parcheggi, tipica della sanzione amministrativa intesa in senso ampio.
Nel primo caso gli ermellini rigettavano il ricorso promosso da un automobilista cui era
stata contestata una infrazione, confermata dal Giudice di Pace, per sosta del veicolo in
zona di pagamento senza l'esposizione della ricevuta.
L’importanza della pronuncia sta nel fatto che tra i motivi addotti nell’appello l’attore
convenuto lamentava l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa l'avvenuta
conoscenza della contestazione da parte del proprietario dell'infrazione, dato che, un
Comune, con delibera 28/04, aveva stabilito che in caso di omessa esposizione della
ricevuta di pagamento, prima dell'applicazione della prescritta sanzione amministrativa,
fosse consentito al trasgressore l'estinzione della violazione col pagamento di euro 6 entro
5 giorni dal rilascio del preavviso apposto sul parabrezza.
Senza scomodare norme di rango costituzionale e ricordando che il principio di legalità
fissato dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n° 689 stabilisce che nessuno può essere
assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge; è facile convenire che
<<il potere sanzionatorio delle violazioni al C.d.S. e la sua regolazione anche nel momento
applicativo, è disciplinato direttamente dalle norme del d.lgs. 285/92, aventi forza di legge; e che
quindi, secondo il principio gerarchico delle fonti, non possono certo essere derogate da delibere
comunali che, come nella verificatasi ipotesi, stabiliscano una sorta di “oblazione”, in alcun modo
prevista o autorizzata dal legislatore; esulando del tutto dalla previsione dell'art. 7 C.d.S.,
richiamato nella menzionata delibera, il profilo sanzionatorio delle violazioni; e dovendosi perciò
escludere che sussista in forza dello stesso qualsiasi delega o autorizzazione in tal senso a favore dei
Comuni>>.
Più significativa ancora è la sentenza della Corte dei Conti, sezione Lazio, n° 888/2012 con
la quale una società è stata condannata per il danno erariale procurato al Comune.
La censura verte sulla prassi seguita in caso di accertata scadenza del ticket, allorché
l’ausiliario del traffico non provvedeva alla redazione del preavviso di violazione o del
verbale di contestazione in caso di individuazione del conducente ma lasciava un “avviso
di scadenza ticket” sul veicolo, nel quale si indicava la possibilità di regolarizzazione del
ritardato pagamento entro 24 ore dall’accertamento mediante versamento
dell’integrazione tariffaria maturata fino al momento del pagamento.
Tra i passaggi più interessati vi è il dispositivo della sentenza che individua il danno
procurato all’Ente Locale nel mancato introito delle somme che sarebbero state dovute a
titolo di sanzioni amministrative non contestate dalla società concessionaria. Infatti << …..
omissis….. non può ravvisarsi né in capo all’Amministrazione, né, tantomeno al Gestore - come nel
caso di specie e come giustamente si assume con l’atto di citazione all’esame- alcun esercizio
discrezionale del potere-dovere sanzionatorio agli stessi attribuito>>, tantomeno stabilito
contrattualmente.
Non esistono ex lege possibilità di regolarizzazione successive per il tardivo o insufficiente
pagamento entro 24 ore dall’accertamento, <<ciò si evince chiaramente dal disposto di cui
all’art. 7 (“Regolamentazione della circolazione nei centri abitati”) del “Nuovo codice della strada”
(d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), che al comma 15 dispone nel senso che “Nei casi di sosta vietata, in
cui la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è applicata per
ogni periodo di ventiquattro, per il quale si protrae la violazione. Se si tratta di sosta limitata o
regolamentata, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 24 a euro 94 3 e
la sanzione stessa è applicata per ogni periodo per il quale si protrae la violazione”.
3
Ora da euro 25,00 ad euro 99,00 che diventano 17,50 se pagati entro 5 giorni per effetto della decurtazione del 30% stabilito dal d.l.
21 giugno 2013, n° 69. Oltre o 60 giorni si provvederà all’iscrizione a ruolo di euro 49,50