Fiume Oliva, scellerata storia infinita Europee, il problema

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Martedì 29 aprile 2014
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Fiume Oliva, scellerata
storia infinita
LA MIGLIORE DI IERI
ALFONSO LORELLI
ulla martoriata valle del fiuS
me Oliva continua ad accanirsi l’insensata e cinica azione
criminale degli uomini, denunciata per anni dal Comitato civico
Natale De Grazia di Amantea e da
tante altre associazioni ambientaliste che il 24 ottobre del 2009
hanno promosso la più grande
manifestazione di protesta a difesa del territorio e dei mari calabresi inquinati dalle navi dei veleni. In quell’occasione la battaglia degli ambientalisti fu assunta come propria anche dal Quotidiano della Calabria che contribuì a sensibilizzare l’opinione
pubblica calabrese e nazionale.
Oggi quelle denunce sono diventate verità.
L’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(Ispra) e l’Arpacal, che hanno operato per conto della Procura della
Repubblica di Paola e del suo capo
dott. Bruno Giordano, hanno accertato senza nessuna ombra di
dubbio, che nell’alveo di questo
nostro fiume e nelle sue adiacenze, sono stati interrati più di centomila metri cubi di rifiuti di varia natura e provenienza, carichi
di diossina, piombo, arsenico, ferro cadmio, manganese, cesio 137,
solfati, tricloroetano, triclorometano ed altro ancora. Tutto è avvenuto negli ultimi venticinque anni da parte di loschi individui che
avvelenando quella valle hanno
accumulato fortune miliardarie.
Uomini che dovrebbero essere
esecrati e banditi dalla comunità
umana perché di umano hanno
soltanto l’aspetto esteriore. Le sostanze velenose contenute nei rifiuti interrati sono penetrati anche nel sottosuolo. Infatti è stato
accertato e documentato che nelle acque di falda della zona “la
contaminazione è tale da escludere la possibilità di utilizzare la risorsa per il consumo umano e a fini irrigui o zootecnici” e che vi è
stata “la compromissione della
salubrità rappresentata da un aumento statistico, presso la zona in
esame, di patologie associabili alle sostanze inquinanti rinvenute
nel suolo e nelle acque” (dalla relazione dell’Ispra, aprile 2013).
Per effetto, è stata considerata urgente la bonifica della vallata, iniziando da quei siti dove la concentrazione di veleni raggiunge livelli di pericolosità oltre ogni misura. Ma dalla Regione finora sono arrivate solo promesse e procedure dilatorie; i veleni restano dove sono stati rinvenuti e continuano a inquinare. Una nuova
mobilitazione di massa è sentita
come necessaria.
Sul costone destro di quella valle, in località Giani, l’amministrazione comunale di Lago ha progettato recentemente una discarica di rifiuti speciali, con annesso impianto di produzione di biogas. La Regione ha previsto un finanziamento di cinque milioni di
euro, in parte già stanziati e utilizzabili. La progettazione è stata
affidata a uno studio tecnico di
Torino, interessato, tra l’altro,
anche ai lavori della Tav. In prossimità del sito prescelto, una ventina di anni fa venne realizzata e
utilizzata un’altra discarica, poi
dismessa, i cui muri di contenimento stanno cedendo, con conseguente eventuale slavina del
contenuto, percolato compreso,
verso il fondo valle. Nella stessa
zona è stata rinvenuta un’altra discarica abusiva nella quale sono
stati trovati materiali di ogni genere. Su denuncia del Comitato
De Grazia e del forum ambientalista, è intervenuta la Magistratura che ha sequestrato il sito, poi
dissequestrato per la bonifica.
L’area interessata alla realizzazione della discarica si trova dirimpetto ad Aiello Calabro ed è
stata per decenni sventrata da
una cava che ne ha distrutto l’aspetto e la funzionalità territoriale e ambientale. Sembra veramente incomprensibile che su di un
terreno di natura calcarea, scoscesa sul fiume Oliva, a poche
centinaia di metri dalla frazione
di Terrati, possa essere costruita
una discarica che, pure se tutto
fosse fatto a norma, finirebbe per
inquinare ulteriormente quella
martoriata valle. I danni alla salute e all’ambiente, anche dopo la
sua saturazione prevista in 7-8
anni, continuerebbero ad abbattersi sugli abitanti di Aiello Calabro, Serra d’Aiello, Campora San
Giovanni, Amantea e Lago. Per la
frazione di Terrati potrebbe ripetersi una tragedia simile a quella
vissuta più di cento anni fa, quando la malaria causata dallo stagno di Torbole, poi bonificato, decimò la sua popolazione. Chiamati alle loro responsabilità dalle associazioni ambientaliste e dai lo-
Giannelli sul “Corriere della sera”
ro cittadini, questa volta alcune
amministrazioni comunali (Aiello, Amantea, S. Pietro in Amantea, Belmonte) sembrano aver
preso coscienza dei pericoli indotti dalla progettata discarica e
l’amministrazione comunale di
Lago ne ha momentaneamente
sospeso la realizzazione. Decisione che, però, potrebbe essere stata
presa più per evitare il condizionamento della campagna elettorale comunale di Lago e Amantea
che non per annullare la sciagurata decisione. Su questo progetto i candidati sindaci dei comuni
interessati dovrebbero far conoscere i loro propositi agli elettori,
i loro impegni ad attivare la raccolta differenziata ed a salvaguardare la vallata dell’Oliva da
ogni ulteriore inquinamento.
Dicono che tutto è in regola, ma
noi sappiamo che quando si costruiscono discariche “le carte sono sempre a posto”, salvo poi a
scoprire, quando è già tardi, che i
danni alla salute e al territorio sono smisurati e che basta il principio di precauzione per opporsi alla costruzione di discariche e per
trovare altre soluzioni possibili al
problema dei rifiuti. Opere come
quella progettata per Lago sono
al di fuori della normativa europea e in nessun altro paese dell’Unione sarebbe realizzabile. E’ evidente che progettisti, ditte, amministrazioni comunali, Regione, hanno tutto l’interesse a rassicurare le popolazioni interessate,
anche quando sanno che le parole
che dicono e scrivono non corrispondono al vero; tanto, domani
si troverà sempre una giustificazione al disastro fatto, magari
scaricando le colpe su altri politici e altri amministratori.
La progettata discarica di Lago
sarebbe destinata ad accogliere
soltanto rifiuti speciali, ma questa, per come è già avvenuto in altri casi simili, è solo una finzione
formale, utile a non allarmare le
popolazioni. Infatti tutti sanno
come avviene la raccolta dei rifiuti nei comuni che vi sverseranno
la loro monnezza “tal quale” perché la raccolta differenziata non
viene fatta; come le precauzioni e i
controlli sono solo chiacchiere
per convegni; come in casi di
emergenza (che in Calabria sono
continui) essa verrà usata anche
da altri Comuni, magari con regolare ordinanza regionale. Tutti sanno che non esiste in Calabria
una sola discarica che non produca danni alla salute ed all’ambiente.
La valle dell’Oliva come la “terra dei fuochi”; una valle, una volta splendida e rigogliosa, con acque limpide e incontaminate,
produzioni agricole di pregio e
un piccolo ecosistema tra i più
belli della Calabria, che è stata
sventrata, ferita, uccisa da loschi
speculatori che l’hanno usata come una immensa discarica, con il
silenzio connivente di amministrazioni locali, provinciali, istituzioni di controllo, cittadini che
vedevano e tacevano. Oggi su
quella martoriata valle potrebbe
abbattersi un’altra ennesima
sciagura che soltanto la ribellione delle popolazioni può ancora
fermare. Senza farsi imbonire la
testa dai propagandisti delle
“carte a posto”. Ribellarsi è giusto.
Europee, il problema è saper scegliere
ANDREA QUATTRONE
e elezioni europee si vanno avvicinanL
do in un momento difficile per lo squilibrio dei Paesi che fanno parte dell’Unione. Ma non è da sottovalutare il venticello
di destra della recente competizione in
Francia, che ha visto l’affermazione di Marine Le Pen e il rimpasto del governo Hollande. Peraltro la destra nazionalista e
conservatrice è ben presente in altri Paesi
europei.
Volendo dare uno sguardo rapido alla politica europea possiamo renderci conto di
una prima fase in cui la sua concentrazione
ed azione si è rivolta ai Balcani ed all’Europa
Orientale per poi spostarsi a Sud, con la Conferenza di Barcellona del 1995 e l’Unico Programma di Vicinato del 2007 che aprì un
nuovo settennato. Il cambiamento di direzione dall’Est europeo all’area Mediterranea
è avvenuto quando l’Europa si è accorta di
essersi avvicinata troppo alla Russia, attraendo la Polonia, l’Ungheria e la Cechia
prima e, quindi, la Bulgaria, l’Estonia, la
Lettonia, la Lituania, la Romania, la Slovacchia e la Slovenia, convertendole al mercato
libero.
Taluni parlano di fallimento della politica
di Lisbona e noi diremmo anche di confusione ed incertezza istituzionale.
Il partenariato mediterraneo si estrinsecava in una cooperazione per la creazione di
uno spazio comune di pace e di stabilità mediante il partenariato politico e di sicurezza,
il partenariato economico e finanziario e il
partenariato sociale, culturale e umano. I
primi Paesi che ne hanno fatto parte sono
stati l’Algeria, Cipro, l’Egitto, Israele, la
Giordania, il Libano e Malta.
Il corso della storia vede coinvolti nella instabilità politica e nella guerra alcuni di questi paesi per cui salta il primo partenariato
così come salta il secondo che non ha realizzato la Zona di libero scambio e la Banca Euro
Mediterranea, senza dazi doganali e con libera circolazione di merci e capitali.
Il terzo partenariato fa qualche timido
passo. Tuttavia nel 2008 la Francia lancia la
costituzione dell’Unione del Mediterraneo
con sei progetti: 1) disinquinamento del Mar
Mediterraneo;
2) autostrade del mare e terrestri;
3) energia solare;
4) protezioni civile contro le catastrofi naturali o causate dall’uomo;
5) costituzione dell’Università Euro-Mediterranea a Portorose, in Slovenia;
6) sviluppo della piccola e media impresa
con assistenza tecnica e accesso al credito favorevole.
Viene creato anche un segretariato permanente con sede a Barcelllona per valutare
le proposte progettuali e di cooperazione.
Nel 2003 viene fuori “Enpi, European Neighbourhood Policy Instrument”, che si divide nella Pev che riguarda la seconda parte
del partenariato di Barcellona (Economia e
Finanza), la Pem per la prima parte (politica
e sicurezza) e la terza con la Fondazione Mediterranea per il Dialogo tra le Culture.
A nessuno sfuggono l’enorme burocrazia
e le impossibili sigle, che vanno ben oltre
quelle che speriamo il lettore abbia avuto la
pazienza di leggere. Ma bisogna leggere per
capire e riformare ai tempi del vivere liquido, per tagliare gli insopportabili bubboni e
rapine sui quali piange da coccodrillo tutti i
giorni il nostro Paese.
L’Europa si trova oggi con alcuni paesi che
non aderiscono all’Euro e alle sue leggi, che
con compromessi vari ne fanno parte perché
bisogna ricordare che la divisione ha portato
alle guerre, ma si dovrebbe fare in modo che
tali paesi assumano diritti e doveri in toto
senza dei quali mantengono ingiusti privilegi sugli altri.
E’ indispensabile riordinare le economie
di ciascuno dei partecipanti all’Unione e porre un freno alle delocalizzazioni, che significa portare lavoro ai paesi che pagano di meno e sottrarlo a quelli dove il lavoro costa di
più. Il libero scambio non può significare depauperazione di sistemi industriali senza
dei quali non sopravvivono le economie di
chi ne è dotato. In altri termini spogliare gli
uni e vestire gli altri non va.
L’Europa ha degli aspetti negativi, ma
senza l’Europa nessuno dei paesi che ne fanno o ne dovrebbero far parte a pieno titolo è in
grado di non farsi mangiare dalla Cina, dall’India o dal Brasile o di prescindere dagli
Usa. In questo quadro l’area mediterranea è
fondamentale specie per il Sud Italia e bisognerà smettere di dissipare denaro e facilitare rapporti sistematici con l’Africa anche
per riequilibrare la questione gas che oggi
per noi è quasi totalmente nelle mani della
Russia.
Non è semplice ma non sarebbe difficile se
si desse corso alle modalità fissate dalla Convenzione di Barcellona nel 1995. L’Europa
deve solo aiutare in primis la costruzione
della democrazia nei paesi africani, sottraendoli alle bande e alle dittature più o meno simili. E’ un fatto di civiltà e non di colonizzazione.
Un aspetto negativo della prossima competizione elettorale è che si prospetta in Italia una formazione di eletti reietti della politica italiana e nessuno ci ha insegnato ancora come chi non è buono per l’Italia possa esserlo per l’Europa. Una rappresentanza con
criteri opposti al fatebenefratelli salverebbe
la nostra faccia, i nostri interessi e la buona
democrazia. Ma guai a pensare di risolvere i
problemi standosene a casa e non votando. Il
problema è saper scegliere fra il magma i
meno peggiori ma anche di vigilare sugli atti e sui fatti dell’istituzione Europa credendo
ad essa almeno come nostra seconda patria.