Ikea Vs Enti locali, Agricoltori, ambientalisti e

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Transcript Ikea Vs Enti locali, Agricoltori, ambientalisti e

le copertine di Largo Consumo
commenti raccolti a cura di Luca Salomone
Questa rubrica riporta il pensiero di chi intende dare delle risposte
o fornire un proprio parere o giudizio in merito agli interrogativi sollevati, in ogni copertina di Largo Consumo, su come determinati
fatti o situazioni di carattere politico, economico o sociale possano
incidere sul rapporto tra domanda e offerta e più in generale sui
comportamenti di produttori, distributori e consumatori.
Era la stessa proposta che veniva avanzata anche per Ikea, un
must della grande distribuzione.
“A mio avviso uno dei compiti della gdo è proprio quello di coniugare lo sviluppo con i bisogni locali. Ikea, di solito molto attenta anche all’ambiente, diventerebbe, se pensata in un contesto
di recupero e rilancio territoriale, un vero caso di eccellenza.
“Come dicevo le logiche di Torino, ma anche del Piemonte in generale, rispondono a un criterio di marketing territoriale e di risparmio del suolo. Dunque quello che va sfruttato è il potenziale
già esistente, quelle zone ormai inutilmente occupate da strutture
non più produttive, che in una contesto a forte vocazione industriale, come è il torinese, non mancano di certo. Proprio la riqualificazione ha permesso al commercio di questa città di mantenere il ritmo e il vissuto positivo nonostante la recessione”.
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Largo Consumo 3/2014
“L’insediamento di Ikea a Torino aveva individuato l’area de La Loggia, che ha una
destinazione agricola e che non poteva assolutamente ricevere un’autorizzazione, se
non con il cambio di destinazione. A mio
avviso uno dei compiti della gdo è proprio
quello di coniugare lo sviluppo con i bisogni locali” (Clara Garibello, Direttore di
ricerca, Area Ricerche e Valutazioni Scenari Immobiliari)
“Il tema della autorizzazioni commerciali è complesso e molto
variegato a seconda delle realtà locali. Se ci riferiamo all’esempio
di copertina, quello dell’insediamento di Ikea a La Loggia di Torino, devo constatare che la città ha dimostrato un’attenzione
molto particolare al marketing territoriale. L’area individuata dalla multinazionale dei mobili, aveva una destinazione agricola e
non poteva assolutamente ricevere un’autorizzazione, se non con
il cambio di destinazione.
“Devo sottolineare che molti piani regolatori a volte contrastano
con le logiche di profitto della gdo. Ovviamente questo ha creato
e crea una grave conflittualità. A volte ci sono anche gli sviluppi,
ma non sempre questi sviluppi sono conformi alle esigenze del
territorio.
“Esiste anche il problema, molto sentito, di non consumare e di
non presidiare tutto il suolo. Torino negli ultimi anni è riuscita a
crescere con interventi di riqualificazione di grandi aree dismesse
e dunque a riproporsi in modo attraente tramite un’attenta opera
di recupero. Questo non permette affatto di dire che gli investimenti vengono scoraggiati. Semplicemente vengono incanalati
nell’interesse comune.
“Per fare un esempio il progetto che coinvolge la cosiddetta area
Spina 3 (più di 1 milione di metri quadrati vicino al corso della
Dora, ndr.) vede fra l’altro interessate alcune multinazionali, come Hines, che hanno avanzato serie proposte di riqualificazione.
“È davvero sorprendente che nei momenti
di crisi tutti invochino le liberalizzazioni
come strumento per aumentare la competitività del sistema economico, in tutti i settori tranne che in quello commerciale. Il sistema commerciale, nella visione dei nostri
enti locali dovrebbe essere mantenuto in
una ipotetica condizione di equilibrio artificiale, che si assume aprioristicamente come equivalente allo
“status quo” (Pietro Malaspina, Responsabile relazioni istituzionali Sonae Sierra Italia, Presidente Consiglio Nazionale dei
Centri Commerciali)
“L’aneddoto di copertina mi fa intanto pensare come le politiche
di sostegno all’occupazione nel nostro Paese siano quasi sempre
concentrate esclusivamente sul comparto industriale e questo è
solo un aspetto della scarsa comprensione che si ha della distribuzione commerciale, che è sempre stata sottostimata come settore
economico. Siamo ancora fermi – culturalmente – a una visione
arcaica della distribuzione, considerata pura intermediaria tra
produzione e consumo, con un ruolo vagamente parassitario. Eppure la perdita di posti di lavoro nel settore commerciale è stata
molto inferiore a quella registrata nell’industria, malgrado il calo
dei consumi, dovuto in larga misura alla forte crescita dei costi
dei cosiddetti consumi obbligati non commerciali.
“E’ davvero sorprendente che nei momenti di crisi tutti invochino
le liberalizzazioni come strumento per aumentare la competitività del sistema economico, in tutti i settori tranne che in quello
commerciale. Il sistema commerciale, nella visione dei nostri enti locali dovrebbe essere mantenuto in una ipotetica condizione di
equilibrio artificiale, che si assume aprioristicamente come equivalente allo “status quo”. Quindi la concorrenza tra i diversi formati distributivi è considerata intrinsecamente negativa.
“Il concetto di efficienza del sistema non viene neppure preso in
considerazione, anche se la quota di mercato della distribuzione
organizzata è ancora molto inferiore nel nostro Paese, rispetto alle altre economie avanzate europee. Questo atteggiamento ostile è
ancor meno comprensibile nei confronti dei centri commerciali,
nei quali da almeno vent’anni le grandi superfici alimentari sono
una componente secondaria in termini di superfici di vendita e la
stragrande maggioranza dei punti di vendita fa capo a insegne che
operano su dimensioni piccole o medio-piccole, abitualmente
presenti in tutte le nostre strade commerciali. Tuttavia si continua
le copertine di Largo Consumo
a demonizzare il centro commerciale considerandolo un unico
grande esercizio, sia sotto il profilo autorizzativo che sotto il profilo concettuale.
“Nel tempo si è registrata una maggiore comprensione del problema e comportamenti più razionali a livello di amministrazioni
comunali, mentre i governi regionali – il cui ruolo è purtroppo determinante - sembrano ancora tutti allineati sulla difesa ad oltranza di un ruolo di rigida regolamentazione e di programmazione dall’alto delle dinamiche commerciali.
“Volendo e al bisogno, le destinazioni d’uso
si possono pur sempre cambiare. Non è
detto che debba succedere: dico solo che un
progetto deve anche essere valutato alla luce dei vantaggi che presenta. In ogni caso il
fatto che si continuino a fare anche buoni
piani commerciali è indicativo di una voglia di ripartire del Sistema Italia” (Roberto Marchetti, Direttore Commerciale e Sviluppo di Cogest Retail)
gratuito, aperto tutti i giorni grazie alla collaborazione dei volontari della Croce Verde: nei feriali i clienti del centro possono rivolgersi al personale paramedico per misurare la pressione, effettuare gli stick glicemici etc., mentre ogni domenica sono disponibili – secondo un calendario pubblicato mensilmente - medici di
diverse specializzazioni, per consulenze e consigli. Sempre sul
fronte del benessere, nel 2013 in tutti i centri Cogest si è svolta
l’operazione 10.000 passi, che ha visto l’organizzazione di camminate all’aria aperta assistite da esperti walking leader. Per diversi mesi, una o più volte alla settimana, 10.000 passi ha promosso la socialità e la scoperta del territorio, oltre a uno stile di
vita più sano e attivo.”
“Le lungaggini burocratiche, vuoi per non
ledere gli interessi di potenziali elettori,
vuoi per trarre il maggior profitto possibile per l’amministrazione pubblica che il
funzionario rappresenta, dilazionano i
tempi tanto da non rendere più remunerativo l’investimento” (Cinzia Murazzi, Responsabile sviluppo rete Scarpe & Scarpe)
“Penso che l’aneddoto indichi come oggi in Italia si dia troppo
poco peso alla distribuzione come datore di lavoro.
Scarpe & Scarpe oggi vuole dire 1.600 dipendenti, ha un importante piano di sviluppo che, a medio termine, prevede l’apertura
di 40 medie superfici che daranno lavoro a circa 500 addetti alla
vendita. Oltre a questi numeri va considerato l’indotto, quindi tutte le imprese che, grazie agli investimenti di Scarpe & Scarpe, a
loro volta possono garantire posti.
La nostra strategia di sviluppo è rivolta prevalentemente all’insediamento nelle gallerie dei centri commerciali, pensiamo quindi a
quali sono i numeri in termini occupazionali, per i medesimi motivi di cui sopra, che girano attorno a questo mondo. Più volte il
Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali è stato invitato, anche da qualificate testate finanziarie, a far valere le proprie ragioni nei palazzi del governo.
“In fatto di autorizzazioni dico solo che è stata addirittura modificata ad hoc una legge regionale pur di non darci un’autorizzazione amministrativa. Dopo anni di ricorsi al Tar, abbiamo ottenuto
giustizia al Consiglio di Stato.
“Le lungaggini burocratiche, vuoi per non ledere gli interessi di
potenziali elettori, vuoi per trarre il maggior profitto possibile per
l’amministrazione pubblica che il funzionario rappresenta, dilazionano i tempi tanto da non rendere più remunerativo l’investimento.
“Oltre alla difficoltà di districarsi tra i cavilli di leggi e decreti nazionali, regionali e comunali che alla fine rendono contraddittorie
o interpretabili le stesse, sono anche i vantaggi fiscali a spingere
le aziende all’estero, basti pensare a quante sono quelle del Nord
Est che hanno trasferito la loro sede al di là del confine o alla stessa “Fiat” con sede legale in Olanda e quotazione alla borsa di
Londra!
“Per progetti commerciali esteri futuribili nel nostro Paese, devo
dire che l’incertezza dei tempi sicuramente scoraggia, ma aggiungerei che per l’esistente non mi risulta che non vi sia interesse ad
investire.
“Ormai da anni l’Italia viene bocciata e declassata dalle società di
rating, siamo tra i Pigs, insomma spazzatura. Sarò troppo nazionalista o tutto sommato orgogliosa di essere italiana, nonostante le
cronache e le zuffe in Parlamento, ma un dubbio sorge spontaneo:
se un titolo in Borsa sale o scende senza che vi sia riscontro nella
realtà, è chiaro che si tratta di ingenti capitali in mano a pochi, che
ne fanno la fortuna o meno. Da qualche tempo fondi tedeschi,
americani e medio orientali sono venuti in Italia a fare “shopping
a prezzi di fine saldo outlet”, siamo divenuti improvvisamente virtuosi, o si tratta di una strategia messa a punto da tempo…
Largo Consumo 3/2014
“Se vogliamo prescindere dallo specifico del caso La Loggia – in
cui la conversione di un terreno agricolo a uso commerciale è solo una delle questioni dibattute – l’aneddoto è comunque indicativo di un momento storico ed economico senza precedenti. In
una congiuntura che vede un calo drammatico dell’occupazione,
cresce la consapevolezza del ruolo che la gdo può svolgere come
importante datore di lavoro, e persino come volano dell’economia
di un territorio. E’ naturalmente una forzatura. In primo luogo
perché la priorità dell’imprenditore commerciale resta comunque
il profitto: prova ne è il fatto che quando gli ostacoli risultano insormontabili, anche a fronte di valutazioni positive sulla fattibilità di un progetto, si cambia location. E in secondo luogo perché la
complessità normativa resta comunque “ostile” allo sviluppo.
“Nonostante le aperture che erano state fatte dal Decreto Bersani,
la burocrazia italiana è ancora troppo complessa. Gli investitori
devono destreggiarsi fra cavilli e distinguo che spesso cambiano
da regione a regione, a volte anche in contrasto con le stesse direttive europee. Se a questo si aggiunge la stretta del sistema bancario si capisce perché molti progetti vengano dilazionati o restino solo sulla carta.
“Del resto, ritornando al caso di Torino-La Loggia, aggiungo che,
volendo e al bisogno, le destinazioni d’uso si possono pur sempre
cambiare. Non è detto che debba succedere: dico solo che un progetto deve anche essere valutato alla luce dei vantaggi che presenta. In ogni caso il fatto che si continuino a fare anche buoni
piani commerciali è indicativo di una voglia di ripartire del Sistema Italia.
“Dove è stata applicata con giudizio, la liberalizzazione ha prodotto esperienze positive. Vediamo per esempio la liberalizzazione degli orari, contro la quale si sono levate voci di protesta da più
direzioni: dalla Chiesa, secondo la quale le aperture domenicale
attentavano all’unità familiare, come dalle associazioni di categoria, per le quali il confronto impari con i centri commerciali
avrebbe definitivamente strangolato il piccolo commercio. Alla
luce dell’esperienza maturata nei centri Cogest, possiamo dire
che l’estensione degli orari di apertura è stata un’opportunità. Se
è vero che, incrementando le presenze, ha contrastato la perdita di
fatturato prodotto dal calo dei consumi, è anche vero che in termini di marketing ha permesso alle gallerie di sperimentare nuove formule di intrattenimento e di servizio. Per un centro commerciale le visite lunghe, possibili quando la gente ha più tempo
libero, rappresentano un modo per esplicitare molte potenzialità
di business, ma anche per mettere in atto iniziative che non necessariamente sono di carattere economico. Per fare un esempio,
a Macerata il Centro Commerciale Val di Chienti ha creato La Casa della Salute, un punto informativo medico multidisciplinare e
commenti raccolti a cura di Luca Salomone