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LA VITA
GIoRNaLe aPeRTo
CATTOLICA
GIOVEDÌ
14 AGOSTO 2014
l’obiezion di cussience. La sô femine,
Franziska, invessit, lu judà a sei coerent e a no molâ, ben savint che lu varessin copât e che jê e sarès restade
dibessole. Condanât a muart di un
tribunâl di Berlin, i tajarin il cjâf ai 9
di Avost dal 1943 a Brandenburg su la
Havel. Terziari francescan, lu àn declarât «beât» dal 2007, juste cent agns
dopo che al jere nassût, dismenteantsi di beatificâ cun lui ancje Franziska,
la sô femine, che e à sielt, pierdint il
so om, di vivi dibessole e dibessole di
tirâ sù lis lôr trê frutis. Ce che al reste
di lui al è stât puartât a Sankt Radegund, il so paîs, un paisut di pocje int
in Alte Austrie, sul confin de Baviere,
no lontan dal paîs di chel che lu à fat
copâ, Adolf Hitler.
Giovanni Ermacora
Le campane, un suono
sublime o un rumore?
Le scrivo in riferimento all’articolo
apparso su «la Vita Cattolica» del 31
luglio scorso dal titolo «Campane zittite fino alle 7» a cura di Monika Pascolo. Non le nascondo il mio disappunto per le modalità e i toni con i
quali la giornalista riporta l’intera vicenda dell’approvazione del nostro
regolamento acustico comunale ed in
particolare la parte che disciplina
l’orario del suono delle campane a
Majano. Faccio una breve cronistoria.
Sulla base delle indicazioni del tecnico incaricato dall’amministrazione
comunale e tenuto conto anche delle
disposizioni contenute in diversi decreti vescovili (Udine, Pordenone,
Trieste, Treviso, Venezia, Bergamo,
Brescia, Firenze, Salerno …), emanati
alla luce dei suggerimenti contenuti
nella Circolare n. 33 del 13/05/2002
della Cei, nel regolamento acustico
comunale abbiamo previsto il suono
delle campane a partire dalle ore 7.00
fino alle ore 21.00; naturalmente è
prevista una eccezione per le giornate
di particolare solennità (Santo Patrono, Veglia Pasquale, notte di Natale,
ecc..). Val la pena ricordare che già nel
1995 l’Arcivescovo di Udine e il Vescovo di Concordia- Pordenone avevano
dato indicazioni alle parrocchie affinchè le campane non suonassero prima delle ore 7.00. L’approvazione del
regolamento è stato preceduto da numerosi incontri con la Commissione
consiliare Territorio e Ambiente e con
i Comitati di Frazione e di Quartiere. I
componenti dei due gruppi di opposizione, citati nell’articolo, avevano in
tali occasioni manifestato la loro contrarietà su alcune parti del regolamento, fra cui anche il divieto di suonare le campane prima delle 7.00. Anche in Consiglio comunale hanno ribadito il loro parere e quindi hanno
espresso il loro voto contrario all’approvazione del regolamento. Fare
quindi riferimento, come si fa nell’incipit dell’articolo, alle note vicende di
don Camillo e il sindaco Peppone, è
del tutto strumentale e fuori luogo,
come pure parlare di «bagarre politica»; non c’è stata nessuna bagarre in
Consiglio comunale, come riferisce,
per sentito dire, la giornalista, ma
semplicemente l’opposizione ha
espresso il suo voto contrario.
Non mi permetto di entrare nel merito delle dichiarazioni del parroco di
Pers, riportate nell’articolo; mi preme
solo ricordare che il compianto Arcivescovo di Udine, Mons. Alfredo Battisti, nel trasmettere, quasi 20 anni fa,
alle parrocchie il decreto con le norme in merito al suono delle campane,
invitava i Parroci «a volerne curare
l’esecuzione dando nel contempo opportuna informazione e spiegazione
ai fedeli». Voglio, invece, evidenziare
l’anacronismo antistorico delle dichiarazioni della minoranza, sempre
riportate dalla giornalista, laddove afferma che «è una sorpresa scoprire
che una compagine di centro sinistra
fondi le sue scelte sui documenti della Curia», quasi che le indicazioni che
provengono dalle autorità ecclesiastiche su temi che riguardano la civile
convivenza delle comunità locali siano appannaggio esclusivo di qualche
forza o schieramento politico. Questa
logica, eredità sterile di altri tempi e
di vetuste e ormai superate contrapposizioni ideologiche, non appartiene né a me, né alla maggioranza che
mi sostiene! Preciso, infine, che abbiamo letto attentamente diversi decreti emanati dalle autorità ecclesiastiche e condividiamo il significato
che da questi viene dato al suono delle campane il cui uso risale all’antichità per convocare il popolo cristiano alle celebrazioni liturgiche, per informarlo sugli avvenimenti più importanti della vita della comunità
cristiana (feste, lutti, …) e per scandire i momenti della giornata. Ma condividiamo anche le considerazioni
espresse dagli stessi vescovi che fanno riferimento alle mutate e diversificate esigenze del giorno d’oggi le quali impongono una disciplina nell’uso
delle campane, nel rispetto comunque del carattere religioso e liturgico
proprio del suono delle stesse che
rientra nella sfera della libertà di
espressione del culto esplicitamente
27
Il vero senso
delle vacanze
Fals alarm virus sui dispatriâts di Lampeduse.
Ebola no fâs pôre, la stupiditât tant di plui…
riconosciuta nell’art. 2 dall’Accordo
Stato e Santa Sede del 18/02/1984.
Raffaella Paladin
[Sindaco di Majano]
Gentile sindaca, mi pare evidente
che lo scherzoso «incipit» dell’articolo con il riferimento a Don Camillo e Peppone non avesse nulla di offensivo nei confronti dell’Amministrazione comunale. Magari tutti gli
scontri politici nelle assise comunali
friulane fossero generati solo dagli
alti ideali sottesi ai romanzi di Guareschi! Non mi pare neanche che il
punto principale sia la critica alla
giunta da lei guidata, che si è strettamente attenuta alla legge. Monika
Pascolo ha invece efficacemente
proposto più che altro una riflessione di costume. C’è una normativa
che impone ai sindaci di fare le zonizzazioni acustiche. Un tecnico incaricato, sulla base degli esiti delle
sue strumentazioni, ha detto che bisogna «zittire» le campane prima
delle 7.00 e dopo le 21.00. Nel dibattito che ne è seguito, le comunità cristiane e le consulte di alcune
frazioni hanno cercato di far capire
che le campane non sono un rumore, ma un suono e per di più sublime, e che per giunta in quei paesi
non ha mai dato fastidio a nessuno.
La sua giunta ha deciso che «dura
lex, sed lex». A noi qui in «Vita Cattolica», se vuole un po’ romanticamente, sarebbe invece piaciuto vedere un Comune capace di sfidare i
dettami burocratici per dare voce ai
sentimenti della gente. È ben vero
che molti Vescovi e la stessa Cei
hanno emanato delle normative in
materia: ma, diciamocelo chiaramente, lo hanno fatto «obtorto col-
lo», anche per proteggere i parroci e
le curie da cause di vicinato e polemiche laceranti purtroppo sempre
più frequenti in una società dominata dall’individualismo e dallo sradicamento culturale, dove il senso di
comunità e quindi anche dei segni
con i quali esso si manifesta, è irrimediabilmente perduto. Il nostro
plauso va invece alle comunità di
Pers, San Tomaso e Susans e al parroco don Giuliano Mauro che hanno
difeso non solo le proprie campane,
ma prima di tutto il senso profondo
di un legame comunitario.
Aspettiamo quindi la prossima
normativa sul rumore, che magari
vieterà agli uccellini di cantare all’aurora o proibirà ai neonati di
piangere in orario notturno. Forse
allora qualcuno comincerà a sospettare che dietro questa assurda guerra a suoni che da sempre fanno parte dell’umana convivenza c’è solo il
tentativo di evitare di interrogarci
su che cosa in questa nostra nevrotica società ci rode da dentro e realmente ci impedisce sonni tranquilli
(R.P.)
Franz Jägerstätter,
un grant om, un sant vêr
Setemane passade, ai 9 di Avost, al
stât l’aniversari de muart di un sant
vêr, Franz Hubert Bachmeier Jägerstätter, copât dal 1943. Franz al è un
contadin da l’Austrie, fi di doi gjenitôrs puarissims, Rosalia Huber e
Franz Bachmeier che, cuant che lui al
nassè, no àn vût nancje i mieçs par
maridâsi. Lui, lu tirà sù sô none. So
mari, dal 1917, si maridà cuntun contadin cence fîs, che i dè il so cognon,
Jägerstätter, e che i lassà la proprietât
cuant che, dal 1933, al murì. Franz, di
fantat, nol jere flôr di fâ ostiis: i plaseve cori ator cu la moto, al jere barufant, al ve ancje une frute cuntune
fantate dal paîs, frute che al ricognossè dal 1933, cuant che, cu la muart dal
pari adotîf, al deventà paron de robe.
Dal 1935 al cognoss Franziska
Schwaninger e cun jê si maridà dal
1936, lant in viaç di gnocis a Rome. Il
matrimoni al segnà un grant gambiament, cu la preiere e la leture da Bibie
fatis ogni dì insieme, lui e la sô femine. Jur nasserin trê frutis: Rosalia dal
1937, Maria dal 1938 e Aloisia dal
1940. Dal 1938 al fo l’unic, tal so paîs,
che al votà «No» a l’union da l’Austrie
cu la Gjermanie, union volude di Hitler. Contrari al regim, al refudà l’elezion a sindic dal paîs, insieme cui
aiûts che il nazisim al dave aes fameis.
Dal 1940 lu àn clamât soldât, ma lu
mandarin a cjase par vie che la sô femine si jere inmalade e nissun, se no
lui, al podeve viodi des frutis. Simpri
dal 1940 lu clamarin un’altre volte soldât, ma il sindic lu declarà «insostituibil» e lui al restà a cjase. Dal 1941 il so
plevan lu volè muini, dopo la muart
dal muini vecjo. Dal 1943, in Fevrâr, lu
clamarin soldât la tierce volte e al scugnì lâ, ai 13 di Març. Sot l’esercit, al fasè obiezion di cussience, par vie che il
Vanzeli no i permeteve di lâ a copâ.
Lu meterin alore te preson di Linz, po
in chê di Berlin-Tegel, là che al jere
ancje Dietrich Bonhöffer. Un grum di
lôr, comprendût il Vescul di Linz, lu
consearin di pensâ ae sô famee, ae femine, aes frutis, di no tignî dûr ta
L’augurio non vuol essere un’ulteriore presa per… per chi non può
viaggiare o non ha i mezzi a sufficienza. Se si ascoltano e ci si lascia condizionare dai messaggi e dalle statistiche dei media, alla parola «vacanza»
viene dato, quasi esclusivamente, il
significato di spostarsi, viaggiare,
esplorare terre sconosciute, mari,
monti, luoghi esotici, crociere. Da
questo punto di vista, ci stanno martellando ogni giorno con resoconti
negativi, allarmanti che appesantiscono ancor di più la nostra già difficile situazione quotidiana. La gente
non si muove, non spende, il settore
va in crisi e, a cascata, ci sono la perdita di posti di lavoro, le autostrade
semideserte, le pompe di benzina tenute in lontananza, gli incentivi alla
rottamazione disattesi e… chi più ne
ha più ne metta.
Certo che le belle teorie, le discussioni appassionate sulla persona, la
sua dignità, la sua intelligenza, la capacità di risolvere le situazioni più disperate sono evaporate come neve al
sole. L’uomo è utile, vale soprattutto,
o soltanto, perché consuma! Se non lo
fa, è meglio rivolgersi agli animali, alle piante, alla natura. Questa però, è
una discussione che ci porterebbe
lontano e quindi torniamo al nostro
argomento.
E se «vacanze» significasse, prima
di tutto, più tempo per se stessi, più
tempo per la famiglia, più tempo per
gli amici, più tempo per le bellezze
del proprio paese, più tempo per lo
spirito? In questo caso l’ostacolo a godersele non sarebbe più determinato
dai soldi, dal portafoglio, ma dalla volontà del singolo; in una simile prospettiva, eccetto rarissime eccezioni,
tutti, in qualsiasi luogo o età, potrebbero fare «vacanza». Buone vacanze!
Renato Zuliani
[Passons]
Natisone, alternativa
alla spiaggia da ripristinare
Più Paritarie, meno costi
L
a vicenda della docente lesbica
trentina a cui non è stato rinnovato
il contratto ha sollevato un polverone riguardo alle scuole paritarie
cattoliche. Le scuole cattoliche sono
state per secoli le uniche gratuite; oggi, paradossalmente, dopo che lo Stato ha assunto il
controllo, tra Ottocento e Novecento, di buona parte dell’istruzione, sono tra quelle a pagamento. Però le cose sono un po’ più complicate di quello che appaiono. Infatti anche le
scuole statali costano: in una scuola statale
superiore ogni alunno costa, ogni anno, circa
8000 euro. Che vengono raccolti tramite le
tasse che tutti paghiamo. Per ogni alunno di
scuola superiore statale, invece, in Italia, lo
Stato mette solo 50 euro circa: il resto lo pagano direttamente i genitori, (i quali, con le loro
tasse, contribuiscono a pagare anche l’iscrizione di alunni della statale), tramite la retta.
Ciò significa che in una sola classe di 20 alunni, di una scuola paritaria, lo Stato risparmia
ogni anno 8000 euro contro i 20 spesi!
Nella Provincia di Trento, che è autonoma,
l’Ente pubblico considera le scuole paritarie
una ricchezza ed un risparmio. Per questo interviene più abbondantemente che nel resto
del Paese. Così ogni genitore del Sacro Cuore
paga la retta annuale (circa 2 mila euro); oltre
circa mille euro, per ogni alunno, li mette la
Provincia. Ogni alunno viene così a costare
poco più di 3000 euro: cioè, comunque, circa
5000 euro in meno di quello che costerebbe in
una scuola provinciale.
Perché la scuola paritaria costa così tanto
di meno? Per vari motivi: c’è una gestione più
economica, tipica delle istituzioni più «familiari»; gli insegnanti prendono di meno (dove
c’è personale religioso, spesso lavora anche
gratis o quasi); è molto ridotto il personale
ausiliario; le spese di manutenzione dell’edificio sono a carico dell’ente gestore e non dello Stato…
Dire dunque che la scuola cattolica è un costo per lo Stato è una inesattezza colossale
dettata solo dall’ideologia.
Oscar Boscardin
Leggendo «la Vita Cattolica», ho appreso che presto verrà siglata una
convenzione tra la Regione Friuli-Venezia Giulia e i comuni attraversati
dal fiume Natisone inseriti nel progetto Europeo Natura 2000 (Taipana,
Pulfero, S.Pietro al Natisone, Cividale
del Friuli, Premariacco, Manzano,
S.Giovanni al Natisone, Trivignano
Udinese, Chiopris Viscone e Caporetto) per elaborare un piano paesaggistico regionale che valorizzi le peculiarità del territorio lungo l’asta del
fiume transfrontaliero.
Mi auguro che tale importante convenzione serva a far ritornare balneabile anche in Italia il nostro bellissimo
fiume come lo è già presso i nostri vicini sloveni che beneficiano di questo
prezioso bene naturale anche con
strutture che confortano il turista che
preferisce la tranquillità del fiume in
alternativa alle affollate spiagge.
Vanno bene gli aspetti culturali
enogastronomici storici per valorizzare il territorio, ma se prima non risolviamo il problema della balneazione, restituendo il divertimento e la
gioia di un tuffo al fiume, il tutto mi
sembra inutile.
Giovanni Jenco Paoloni
[Orsaria di Premariacco]