SPAZI ETEROTOPICI

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SPAZI ETEROTOPICI I COLLAGES DI LARA BALADI – LE MAPPE DI MONA HATOUM ETEROTOPIA – MICHEL FOUCAULT “contro-­‐spazi”, “luoghi reali fuori da tu7 i luoghi” “spazi diversi, altri luoghi, contestazioni mi:che e reali dello spazio in cui viviamo” “spazi assolutamente altri” (Utopie, Eterotopie, 1966) “Le utopie consolano: se infa7 non hanno luogo reale si schiudono tuBavia in uno spazio meraviglioso e liscio; aprono ciBà dai vas: viali, giardini ben pianta:, paesi facili, anche se il loro accesso è chimerico. Le eterotopie inquietano, probabilmente perché minano segretamente il linguaggio, perché vietano di nominare questo e quello, perché spezzano e aggrovigliano i nomi comuni, perché devastano anzitempo la ‘sintassi’ e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma anche quella meno manifesta che fa ‘tenere insieme’ le parole e le cose” (Le parole e le cose, 1966) I COLLAGES DI LARA BALADI Arte come movimento, relazionalità, aBraversamento di differen: spazi e territori – “deterritorializzazione”, “estrazione di una parte di caos dal caos” (Elizabeth Grosz) “EffeBo Carroll” (Gilles Deleuze, Logica del senso, 1969): il senso si dà nel paradosso, non nel senso comune. Esplosione del senso comune. “il senso smeBe di essere Principio, Serbatoio, Riserva, Origine.” Il senso non è, quindi, alterità assoluta, ma alterità rela:va e relazionale; con:nuità del dentro e del fuori, del sopra e del soBo, del driBo e del rovescio; con:nuo passaggio da una superficie all’altra, alla maniera di Alice, quando si rifleBe nello specchio non ritrovando più se stessa. Il capitombolo di Alice nel paese delle Meraviglie consiste in un’ascesa alla superficie, in una sconfessione della profondità: “la profondità si dispiega in larghezza, il profondo smeBe di essere un complimento”; e nella scoperta che tuBo accade alla fron:era delle cose e del senso comune. “EFFETTO ALICE” E ARTE Il senso presenta significa:vamente la stessa qualità dell’arte e della filosofia, quella di non avere né direzioni né scopo ma di aBraversare il caos e produrre sensazioni, produrre un potenziamento dei sensi, una trasformazione corporea e con essi la possibilità di divenire altro: “art is the way the universe most directly intensifies, enervates organs, mobilizes forces. It is the passage from the house to the universe. … what art and philosophy share in common [is] their rootedness in chaos, their capacity to ride the waves of a vibratory universe without direc:on or purpose, in short, their capacity to enlarge the universe by enabling its poten:al to be otherwise.” (Grosz) Alice infa7 si contrae, si espande, si altera, è una mutante, si trasforma con:nuamente per entrare in contaBo con i tan: altri significan: che segnano il territorio della sua esistenza. “LOGICA DEL SENSO” E ARTE COME “FIGURAZIONE NOMADICA”, CONTINUO PASSAGGIO TRA SPAZI E TERRITORI DIFFERENTI, TRA GENERI E TECNICHE. MITO DELLA CREAZIONE E STORIA DI ALICE OUM EL DOUNIA (2000) TURKEY MERMAID SHELLMAN MADGICIAN L’opera d’arte entra in quello che Iain Chambers definisce come “language of mobile constella:ons” che caraBerizza la metropoli moderna e postcoloniale, ovvero nei “paesaggi migratori” che investono e riconfigurano il senso del quo:diano…. “thus opening a breach into the familiar.” (I. Chambers, Migrancy, Culture, Iden8ty, London and New York, Routledge, 1997.) OUM EL DOUNIA, TAPESTRY (2007) LA POETICA DELLA RELAZIONE – ÉDOUARD GLISSANT La poe:ca della relazione è una forma di nomadismo filosofico che soBolinea l’importanza dell’ “essere nel mezzo” come ontologia della non unità, non purezza, non origine, essa ci riconneBe al caos vivente del mondo e alle possibilità di trasformazione che in esso sono inscriBe. In essa risuonano “gli echi del mondo”. LA MAPPE DI MONA HATOUM I “luoghi” che l’ar:sta crea evocano la natura eterogenea, differenziale, ambigua dell’essere in-­‐between e insieme il rischio, come osserva Edward Said, dell’essere troppo saldamente lega: alla propria casa: “borders and barriers, which enclose us within the safety of our familiar territory, can also become prisons.” Edward Said, Reflec8ons on Exile, London, Granta Books, 2001 “LA GEOGRAFIA PIÙ VICINA” (ADRIENNE RICH) CORPS ÈTRANGER (1994) “the body is no less alien, unstable, and insecure than the world itself; an inexplorable landscape, a bounded space that is both protec:ve shell and inescapable prison, a boundless expanse that is both libera:ng and frightening.” (Volker Adolphs) “I’m ojen asked the same ques:on, ‘what in your works come from your culture?’ As if I have a recipe and I can actually isolate the Arab ingredient, the woman ingredient, the Pales:nian ingredient. People ojen expect :dy defini:ons of otherness, as if iden:ty is something fixed and easily definable.” (Mona Hatoum) PRESENT TENSE (1996) “[Israel and The US] transform geography into their vision of what geography should be … so the drawing and re-­‐drawing of the land is the endless transforma:on not only of the land but also of the possession of the land.” intervista a Edward Said (in Mona Hatoum: The En8re World as a Foreign Land Tate Gallery Publishing, London, 2000). “Maps make property – they do so through … laws, contracts, trea:es, indices, covenants as well as plain old deals. Following on this same logic maps produce the ‘Law’… through the establishment of such parameters as ‘the border’ which sustains division between those privileged with rights and those outside of them.” 2000, Irit Rofoff, Terra Infirma: Geography’s Visual Culture, London and New York, Routledge, p. 75 MAP (1998) CONTINENTAL DRIFT (2000) Hatoum crea una visione “geosismica” della realtà, faBa di con:nen: in movimento, di zone fraBali che scivolano una sull’altra rendendo precaria la solidità della terra su cui camminiamo e in cui sembra dunque impossibile piantare troppo in profondità le radici dell’appartenenza. La realtà di Mona Hatoum si potrebbe definire, prendendo in pres:to una figura cara a Deleuze e GuaBari, rizoma:ca: una realtà che sconfina, cresce nel mezzo, strappa le radici, scuote i codici, è faBa di spazi di dispersione ma anche di convergenza, di territorializzazione e deterritorializzazione, di pieghe, flussi, corren:, vapori, non di pun: fissi. Una realtà, dunque, che sfugge alla poli:ca del controllo, debilitando il suo sistema basato sulla collusione tra iden:ficazione, riconoscimento e delimitazione e sulla contemporanea azione di esclusione ed estraneazione. Essa si colloca esaBamente sulla soglia tra il riconoscibile e l’ignoto, tra il domes:co e l’indomito, oltre le dis:nzioni tra il proprio e l’improprio, sconfessando i paradigmi con cui la sovranità statale vorrebbe costruire e “contenere” l’iden:tà personale. Le mappe formulate da Mona Hatoum sono delle car:ne personali che rendono visibile e tangibile ciò che è impossibile vedere sulle car:ne ufficiali: la permeabilità dei bordi e la scomponibilità degli spazi provocate dal percorso biografico, dimostrando come l’esilio e l’espropriazione da condizioni di subordinazione e oppressione possono trasformarsi in condizione cri:ca di resistenza. PROJECTION (2006) BLOOD DRAWING SKIN, NAIL, HAIR HOT SPOT (2006) RECOLLECTION (1994) INTERIOR LANDSCAPE (2009) 3D CITIES SHIFT (2012)