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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA
Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza
-TITOLO DELLA TESITolleranza e libertà religiosa nell’ordinamento italiano
tra XIX e XX secolo.
Relatore: Chiar.mo Prof. Riccardo Ferrante
Candidato: Mattia Giannarelli
ANNO ACCADEMICO
2012 / 2013
Premessa
La libertà religiosa é un tema molto importante nella società moderna che si caratterizza, oltre che
per la crescente globalizzazione anche per la sua multietnicitá. Questo fenomeno è definito dagli
anglosassoni e in particolare dagli americani con il termine melting pot ovvero "crogiolo". Questa
espressione sta a indicare la presenza, all' interno di una società di elementi etnici e religiosi
differenti. Il simbolo di questo fenomeno è sicuramente la città di New York nella quale vivono
milioni di persone di culture tra loro diverse, proprio come in un grosso calderone. Il Melting pot,
tuttavia, è un fenomeno complesso, che sta avvenendo, seppur in proporzioni minori anche in Italia
dove si sta delineando una fusione tra la popolazione italiana e quella immigrata. In virtù di questa
iniziale considerazione si capisce l' importanza di un sistema giuridico che possa garantire l' identità
religiosa di ogni etnia.
Innanzitutto è bene chiarire il concetto di libertà religiosa: per farlo possiamo riprendere la
definizione data da Francesco Ruffini, da molti giuristi considerato come il maestro del diritto
ecclesiastico (che insegnò tra l' altro a Torino). Secondo questo insigne giurista la libertà religiosa è
la "facoltà spettante all' individuo di credere quello che più gli piace, o di non credere, se più gli
piace, a nulla". Questo per l' autore é un concetto "essenzialmente giuridico".1
Vale però la pena precisare, che la libertà religiosa, in ambito giuridico si riferisce soltanto alla
libertà di “professare il credo fideistico che si preferisce”.2
Perché sorga il problema giuridico della libertà religiosa, autorevole dottrina3 ha osservato come sia
necessaria la presenza di due presupposti fondamentali:
a) Il pluralismo contemporaneo di due o più credenze religiose e delle relative organizzazioni
confessionali coesistenti e operanti nella sfera di una data comunità nello stesso luogo e
momento storico;
1
Cfr. F. RUFFINI, La libertà religiosa: Storia dell’ idea, Torino 1911, p. 7.
2
Cfr. P. A. D’ AVACK, La libertà religiosa, in “Enciclopedia del diritto”, Varese 1974, p. 595.
3
Ibidem, p. 595.
3
b) Il “monopolio” fideistico preteso dalle medesime confessioni in tale comunità.
In presenza di questi due fattori si pone il problema, per lo Stato, della disciplina giuridica da
adottare per conciliare questo pluralismo e queste pretese esclusivistiche, sia nei confronti dei
singoli, sia nei confronti delle confessioni.
Problema che fu risolto in passato, “con l’ adozione di concezioni e sistemi tutti impostati, pur
nelle loro varianti di tempo e di luogo sul più rigido e intransigente intollerantismo religioso”.4
Problema che viceversa oggi trova soluzione nell’ opposto principio della libertà religiosa, che si
può distinguere in due connotazioni: quella “positiva” e quella “negativa”.
La prima si riferisce alla libertà di agire secondo la propria coscienza o la propria visione religiosa.
Si pensi, ad esempio, al diritto di professare una fede religiosa, a quello di propaganda, e a quello di
farne culto5 senza che lo Stato possa “intromettersi”, limitando tale facoltà, e, allo stesso tempo,
consentendone la piena manifestazione.6
La seconda, invece, consiste nel diritto ad essere “immuni da costrizioni a tenere comportamenti di
valenza religiosa”.7
Accanto alla libertà di religione si pone la libertà di coscienza: essi vengono considerati in modo
strettamente connesso anche dai principali documenti internazionali8.
4
Ibidem, p. 5.
6
Dal latino cultus che significa coltivare. “Farne culto” significa quindi celebrare quella determinata religione secondo i
riti della stessa.
7
Cfr. S. TROILO, La libertà religiosa nell’ordinamento costituzionale italiano, in “Atti del Convegno internazionale
su “diritti dell’uomo e libertà religiosa”, a cura di F. TAGLIARINI, Bergamo 2007, p. 10.
8
Essi vengono considerati in modo strettamente connesso dall’ art. 18 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del
1948, dall’ art. 18 del Patto internazionale sulla tutela dei diritti civili e politici del 1966, dall’ art. 9 della Convenzione
Europea dei diritti dell’uomo del 1950 e dall’ art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea del 2000.
4
Ma la relazione tra libertà di coscienza e libertà religiosa non appare chiara in dottrina: alcuni
autori considerano la prima come una estrinsecazione della seconda9.
Altri vedono la libertà di coscienza come il momento genetico della libertà religiosa “perché grazie
alla libertà di coscienza è data al soggetto la facoltà di scegliere se e come schierarsi o non
schierarsi in campo religioso, se aderire ad una fede o ad una particolare concezione di vita”.10
Data la vastità e complessità del tema, seppure relativo esclusivamente al profilo giuridico, inoltre,
è da sottolineare come ci limiteremo a trattarlo entro i confini dell’ ordinamento italiano e solo con
qualche breve cenno a profili comparatistici.
Prima di guardare al presente faremo un passo indietro nel tempo: la funzione della storia, se
correttamente interpretata,
infatti è quella di contribuire a chiarire la realtà del presente. La
prospettiva storica è una componente importante per il diritto ecclesiastico italiano. Ma non
solo: anche il diritto canonico è fondato da sempre sulla tradizione.
Osservando la storia, se ci riferiamo al diritto ecclesiastico italiano, notiamo che tutto si consuma in
poco più di un secolo e mezzo: dallo Statuto Albertino da cui ci giunge la famosa legge Sineo fino
alle pronunce più recenti della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda il diritto canonico,
guarderemo soprattutto alla genesi e ai contenuti dell’ importante dichiarazione che ribaltò i
concetti della dottrina cattolica tradizionale: la “Dignitatis Humanae”. Essa “ si presenta oggi nel
suo testo definitivo dopo tutta una serie di ripetuti ripensamenti e rimaneggiamenti e attraverso le
più vivaci polemiche dei padri conciliari, costituendo la nuova Magna Charta ufficiale delle Chiesa
cattolica in tema di libertà religiosa”11. Ma non solo: cercheremo anche di fare una breve indagine
per capire se le libertà riconosciute ai fedeli nel Codice di Diritto Canonico sono effettivamente in
armonia con i Principi affermati nel Concilio Vaticano II, cercando di mettere in luce eventuali
9
In questo caso viene vista la libertà religiosa come” matrice” nel quale si concretizzano libertà di coscienza e libertà di
culto. Cfr. P. A. D’ AVACK, Libertà di coscienza, in Enciclopedia del diritto, (XIV), Varese 1974, p. 592.
10
Cfr. S. TROILO, La libertà..cit., p. 10.
11
Cfr. P. A, D’ AVACK, Libertà religiosa, in Enc. Dir., cit. p.609.
5
situazioni di conflitto tra la libertà dei singoli e l’ autorità ecclesiale che comprimono il diritto di
libertà religiosa.
6
Cap. I
1.1 Dallo Statuto Albertino alla prima guerra mondiale.
Se volgiamo il nostro sguardo alle "stagioni" della storia del diritto ecclesiastico italiano (e per
diritto ecclesiastico intendiamo il complesso di norme dell' ordinamento giuridico dello Stato che
riguarda il fattore religioso e i rapporti tra Stato e le diverse confessioni), dobbiamo rivolgere la
nostra attenzione, in primis, a quanto disposto in materia dallo Statuto Albertino che fu la
costituzione adottata dal regno sardo-piemontese il 4 marzo 1848
a Torino. Esso, poi, dal 17
marzo 1861, con la fondazione del Regno d' Italia, divenne la Carta fondamentale della nuova Italia
Unita e rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio 1944-1946 quando, con
successivi decreti legislativi, fu adottato un regime costituzionale transitorio, valido fino all' entrata
in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana, il 1º gennaio del 1948.
L' art. 1 dello Statuto Albertino del 1848 proclamò la religione cattolica, apostolica e romana "la
sola religione dello Stato” attribuendo agli altri culti la qualifica di "tollerati conformemente alle
leggi.”12 Il Conte Camillo Benso di Cavour, che successivamente diventò il maggior protagonista
della politica piemontese fino all' Unità d' Italia, si dichiarò significativamente deluso dal mancato
riconoscimento costituzionale della piena libertà dei culti, principio che a suo avviso, doveva
necessariamente esistere "nella costituzione di un popolo altamente civile".13
Il futuro statista espresse, tuttavia, l' augurio che l' art. 1 si risolvesse in pratica "in un semplice
omaggio reso alla religione cattolica". 14
Tale auspicio trovó, poi, riscontro nella realtà.
12
Cfr. D. JAHIER, Il primo articolo dello Statuto e la libertà religiosa in Italia, Torino – Genova 1925; A. SINI, La
religione dello Stato in Studi per la revisione del concordato, Padova 1970, pp. 164 -176).
13
Cfr. D. JAHIER, Il primo articolo dello Statuto.. cit., pp. 8-9.
14
Cfr. Ibidem, p.10.
7
Infatti la chiara affermazione confessionista della disposizione non impedì lo sviluppo di una
legislazione orientata nel senso dell' uguaglianza dei cittadini, a prescindere dalla loro appartenenza
confessionale.
Già qualche settimana prima dell' emanazione della costituzione, nel febbraio 1848, le " lettere
patenti " emancipavano " i valdesi 15, e nel marzo dello stesso anno si riconobbero i diritti civili e l'
accessibilità alle cariche militari agli ebrei16. Ma una svolta storica, come afferma Giovanni Battista
Varnier in un suo recente scritto17, si ebbe con la legge Sineo del 19 giugno 1848 che con un unico
e semplice articolo affermó che : "La differenza di culto non forma eccezione al godimento dei
diritti civili e politici ed all' ammissibilità alle cariche civili e militari".
Si tratta di un’ ampia affermazione di eguaglianza dei cittadini, con una formula aperta anche ad
altri culti rispetto ai due precedentemente emancipati.
Nel 1857 vide la luce la legge 4 luglio 1857 n. 2325, sull' ordinamento delle comunità israelitiche,
(c.d. Legge Rattazzi), che si propose di uniformare la struttura interna e l' organizzazione
amministrativa delle diverse comunità israelitiche (nella legge definite università) presenti nel
territorio dello Stato sabaudo. In sostanza tutti gli ebrei residenti nella circoscrizione territoriale
della comunità/università dovettere iscriversi in essa e pagare i contributi richiesti. In base a tale
legge, tutte le università avevano potere d' imporre tributi, venivano amministrate da consigli eletti
dai contribuenti, ed erano sottoposte alla tutela amministrativa dello stato: erano, insomma,
considerate come collettività pubbliche simili ai comuni18 .
15
Confessione protestante di matrice calvinista. Cfr. sul punto A. BORTOLAZZI, La tolleranza dei culti acattolici
negli Stati sardi e nel regno di Genova, Torino, 1961, p. 98.
16
Cfr. A.C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1949, p. 74.
17
G.B. VARNIER, Il Diritto di libertà religiosa: le stagioni della storia e la voluntas legislatoris, in Proposta di
Riflessione per l’ emanazione di una legge generale sulle libertà religiose a cura di V. Tozzi, G. Macrì, M. Parisi,
Torino 2010, p. 8.
18
G. FUBINI, L' anno della svolta, in “La Rassegna Mensile di Israel”, 1986/2-3, p. 328.
8
Questa sensibilità più moderna del Piemonte (Stato fino all’ inizio dell’ Ottocento
piuttosto
conservatore) si giustifica in parte considerando l’ influsso esercitato in esso dalle vicende culturali
e politiche della Francia (e dalle due “rivoluzioni liberali” del 1830 e del 1848).19
Con l’ ascesa al trono di Vittorio Emanuele II (figlio di Carlo Alberto) e grazie all’ accorta politica
del conte Cavour, acceso sostenitore del separatismo (e della formula “libera Chiesa in libero
Stato”) si verrà a compiere l’ Unità d’ Italia.
L’ ostacolo più grave che il Piemonte e Cavour incontrarono nel loro disegno di unificazione
nazionale fu la Chiesa e il Papa in particolare che all’epoca esercitavano la loro potestas nello stato
pontificio, il quale, tuttavia si era già ridotto a Roma e al Lazio, sotto la protezione di Napoleone
III.20
Come ben noto il 17 marzo 1861 fu proclamata ufficialmente la nascita del Regno d' Italia che ebbe
il suo completamento il 20 settembre 1870 con la presa di Roma nota anche come Breccia di Porta
Pia. Questo episodio sancì l' annessione di Roma al Regno d' Italia decretando la fine dello Stato
Pontificio e del potere temporale del Papa.
Lo stesso Varnier indica il 20 settembre del 1870 come uno snodo cruciale per la libertà religiosa:
da quel momento finì il confessionismo di Stato, ma da allora "il cammino della libertà religiosa si
è bloccato e le minoranze, dopo aver rivendicato il diritto all' uguaglianza rivendicano quello alla
diversità".21 L' autore qui tocca il problema della distinzione tra confessioni (soggetti collettivi nel
quale si sviluppa e concretizza un determinato orientamento religioso) "garantite" sulla base dell'
art. 8 comma 3 della Costituzione italiana, che risultano favorite sulla base di un intesa con lo Stato,
rispetto a quelle poco organizzate e con fedeli poco numerosi che "sono rimaste fuori dalla
possibilità dello strumento dell' accordo". Queste vengono anche definite
in dottrina come
"minoritarie" e meriterebbero speciale attenzione "perché maggiormente esposte al rischio di dovere
19
Manuale di diritto ecclesiastico, a cura di L. MUSELLI e V. TOZZI, prima edizione, Genova 2000, p. 31.
20
Ibidem, p.31.
21
G.B. VARNIER, Il Diritto..cit., p. 9.
9