microscopia elettronica a scansione e microanalisi

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LABORATORIO DI MICROSCOPIA ELETTRONICA
F A C O L T À DI SCIENZE - ISTITUTO DI FISICA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA
MICROSCOPIA ELETTRONICA
A SCANSIONE
E MICROANALISI
PARTE II
MICROANALISI
Coordinatori: A. Armigliato e U. Valdrè
Collaboratori:
A. Armigliato
P. Bergamini
M . Cocito
A. Desalvo
P. Echlin
F. Gorgellino
F. Raiteri
R. Rinaldi
R. Rosa
A. Senin
U . Valdrè
M . Villa
Capitolo 3
L A MICROSONDA E L E T T R O N I C A
Romano Rinaldi
Istituto d i Mineralogia e Petrologia, Università d i Modena
Via S. Eufemia, 19 - 41100 Modena
1. Introduzione
2. Caratteristiche tecniche tipiche d i una microsonda
2.1. Il microscopio ottico
2.2. Spettrometri WDS
2.3. Combinazione WDS-EDS
2.4. Posizionamento del campione
2.5. Contaminazione e decomposizione del campione
2.6. Derive strumentali
2.7. Sistema di scansione
2.8. Accuratezza, precisione, limite di rivelabilità
2.8.1. Accuratezza
2.8.2. Precisione
2.8.3. Limite di rivelabilità
pag.
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3. Automazione
3.1. Controlli automatici
3.2. Raccolta e riduzione dati « on-line »
3.3. Automazione dell'analisi quantitativa
3.3.1. Programmi « universali »
3.3.2. Programmi a fattori empirici
3.4. Automazione dell'analisi qualitativa
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4. AppHcazioni mineralogico-petrografiche
4.1. Nuovi minerali
4.2. Minerali zonati
4.3. Geotermometria e geobarometria
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5. Bibliografia
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2.5. Contaminazione e decomposizione del campione
Solitamente il vuoto all'interno della camera degli spettrometri è ottenuto
e mantenuto mediante un sistema di pompe meccaniche ed a diffusione di olio.
Questo sistema produce invariabilmente un vuoto parzialmente inquinato da
una certa quantità di vapore di olio che, decomposto dal fascio elettronico, viene depositato sotto forma di uno strato carbonioso sulle parti colpite dal fascio
elettronico (vedi Parte I , Cap. 1). Questo fenomeno può essere spesso osservato
attraverso il microscopio ottico come una macchia scura sulla superficie del
campione là dove arrivano gli elettroni. L'entità di tale contaminazione dipende dalla natura e stato del campione e soprattutto dal diametro della sonda,
dalla densità di corrente e dal tempo di esposizione. A parità di altre condizioni l'effetto maggiore si ha per diametri minori.
Due tipi di errori sono causati da questo fenomeno. Un diverso grado di
contaminazione tra standard e campione può causare diverso assorbimento sia
degli elettroni entranti, sia dei raggi X uscenti dal campione. In questo caso si
hanno errori solo se la contaminazione è considerevole ed i l potenziale di accelerazione è prossimo alla soglia di eccitazione della riga analizzata, oppure se
lo strato depositato ha un grande fattore di assorbimento per la riga in esame. I l
secondo tipo di errore si manifesta quando nello strato di contaminazione è
presente l'elemento da anahzzare. Questo strato è costituito principalmente da
carbonio e quindi il limite inferiore di rivelabilità del carbonio, per esempio in
un acciaio, dipenderà da quanto si può estendere il tempo di analisi prima che
l'effetto della contaminazione diventi apprezzabile.
La contaminazione ha luogo su ogni superficie esposta al fascio elettronico.
Essa in genere non disturba quando lo strumento è usato come SEM, finché
non produce un astigmatismo intollerabile, o cattiva conducibilità elettrica e
quindi accumulo di carica nelle varie parti attraversate dal fascio. Questo inconveniente viene ovviato, secondo necessità, mediante la pulitura periodica delle varie parti soggette a contaminazione. A questo fine due accorgimenti
tecnici risultano di grande utilità: l'adozione di una camicia facilmente estraibile all'interno delle lenti condensatrici e l'uso di portadiaframmi a diaframmi
multipli della lente obiettivo, selezionabili dall'esterno senza interrompere i l
funzionamento.
La contaminazione del campione può essere evitata o rimossa mediante
l'uso di un getto di gas (ossigeno o vapor d'acqua) diretto sul punto-analisi, o
per riscaldamento; inoltre può essere limitata in tutto l'apparecchio mediante
l'adozione di trappole criostatiche e/o a setaccio molecolare (zeolite) tra le
pompe e la camera a vuoto. Alternativamente si può ricorrere all'uso di pompe
tur6omo/eco/ari che assicurano un vuoto mo/to spinto (W^ tórr) e praticamente esente da idrocarburi. I l superamento del problema delle vibrazioni, che in
un primo tempo aveva fortemente limitato l'adozione di tali sistemi di pom-
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paggio su strumenti di questo tipo, è stato ormai conseguito, facilitato anche
dalla bassa risoluzione dello strumento (vedi anche Parte I, Cap. 1, § 3.6 e Cap.
4, §§3.1 e 6).
È ovvio che la contaminazione del campione può anche provenire dalla
presenza di un sottile velo organico depositato da solventi impuri o dalla manipolazione del campione senza guanti. In questo caso il lavaggio in solventi puri
e l'eventuale rideposizione dello strato conduttore sulla superficie pulita evitano grossi inconvenienti, come la migrazione del punto-analisi e l'instabilità della corrente sul campione, soprattutto in campioni di materiali non conduttori
(es. minerali, vetri, ceramiche, ecc.).
Un'altra causa di contaminazione è data dal bombardamento accidentale
delle resine (solitamente epossidiche) a volte impiegate nell'inglobamento dei
campioni. Questo deve essere evitato con la massima cura soprattutto in strumenti ad ottica per riflessione, per evitare di inquinare gli specchi, con conseguente peggioramento dell'immagine e necessità di ricorrere frequentemente a
laboriose e delicatissime operazioni di pulizia. Effetti simili sono prodotti purtroppo anche dal campione stesso quando esso sia di natura organica o comunque venga danneggiato dal bombardamento elettronico.
Un effetto solo in apparenza simile alla deposizione di uno strato di contaminazione è causato dal bombardamento di sostanze che possono volatilizzare
o disidratare o addirittura carbonizzare (sostanze organiche) per effetto del riscaldamento nel punto d'impatto degli elettroni. Questo fenomeno può essere
drammatico nei campioni biologici (Cap. 6), ma può avere effetti inaspettati in
molti altri casi, soprattutto nell'analisi di vetri*'^' e di certi minerali*'^'. Ad
esempio in minerali idrati quali le zeoliti si possono verificare, oltre alla perdita dell'acqua, sia una perdita di cationi particolarmente volatili (soprattutto Na,
ma anche Ca, K e Al), sia un apparente incremento della loro concentrazione
durante successive misure sullo stesso punto (mobilizzazione o migrazione ionica). La causa di ciò risiede probabilmente nell'addensamento di cariche negative o positive in prossimità della superfìcie, a seconda che prevalga l'effetto di
carica o quello termico del bombardamento elettronico. Questi effetti possono
in genere essere ridotti diminuendo la corrente della sonda, o defocalizzando il
fascio, o muovendo il campione durante l'analisi, o incrementando lo spessore
dello strato conduttore (carbonio) depositato sul campione, oppure adottando
più di uno di questi rimedi,finchénon si ottenga un dato riproducibile e che
abbia significato chimico (vedi il § 4.1). Le Figure 9a e 9b riportano due esempi degli effetti che possono verificarsi in conseguenza dei fenomeni di mobilizzazione degli elementi analizzati rispettivamente per un vetro^'^' e per una zeolite. Si noti come in quest'ultimo caso le variazioni di composizione apparente
avvengono nei primi 30 secondi di esposizione al fascio elettronico per poi stabilizzarsi. Naturalmente questi valori delle intensità non possono fornire una
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Fig. 9. a) Distribuzione delle intensità X nel tempo per un vetro silicatico di sodio e alluminio;
15kV, 0.1
(adattato da rif. 13). b) Distribuzione delle intensità X nel tempo per una faujasite
ricca di Na (~ 7% Na20) e con un rapporto Si/Al < 2. Radiazioni Ka, 15kV, 15nA sul campione;
in ordinate: cpsxlOOO per Ca, K, Si e Na; cpsx2000 per Al e cpsxlOO per Mg.
composizione stechiometricamente accettabile del minerale. Il comportamento
di Fig. 9b è interessante anche perché, contrariamente al solito, le variazioni
maggiori non si riscontrano per il Na ma per il K. I tentativi di costruire curve
sperimentali di variazione delle concentrazioni nel tempo per le zeoliti o minerali affini sono finora rimasti frustrati dalla complessità delle situazioni che, oltre a dipendere dai parametri sperimentali e di preparazione dei campioni,
sono influenzate anche dall'orientazione dei cristalli analizzati. Tali curve sono
quindi costruite ed utilizzate efficacemente solo volta per volta e soprattutto
con lo scopo di individuare le condizioni che producono le minime variazioni.
2.6. Derive strumentali
L'accuratezza dell'analisi quantitativa è affetta dalle instabilità dello strumento. La più comune di queste è la deriva della corrente del fascio elettronico, la quale può essere prodotta da spostamenti del punto di emissione sul filamento in seguito alla ricristallizzazione dello stesso, o dalla dilatazione termica
delle varie parti che compongono il cannone elettronico, o da effetti di carica
elettrostatica.
Il metodo più usato per limitare gli effetti di questa deriva consiste nel registrare il valore della corrente del fascio, campionata lungo il suo percorso mediante un apposito diaframma, d'ora in avanti chiamata corrente di diaframma
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(Figura 5). Il valore così ottenuto può facilmente essere inserito in un calcolo di
correzione lineare sui valori dei rapporti k (vedi Cap. 1, § 5). Se la microsonda
è automatica, la correzione per deriva è apportata nella prima fase di riduzione
dati; una buona prassi consiste comunque nel riscaldare i l filamento per un
tempo sufficiente (alcune decine di minuti) prima di iniziare l'analisi e di lavorare col filamento saturato e ben allineato.
Il valore della corrente di diaframma è variabile da strumento a strumento
ed è diverso da quello della corrente incidente sul campione (corrente del fascio
o corrente di sonda) in misura direttamente proporzionale al diametro del diaframma finale utilizzato durante l'analisi (Fig. 5). Un valore assoluto della corrente del fascio può essere effettuato solo utilizzando un pozzo di Faraday posto a livello del preparato che assorba totalmente il flusso di elettroni che vi
entra. In quest'ultimo caso la misura ottenuta può essere utilizzata per confrontare le prestazioni di strumenti diversi. Alternativamente tale confronto può essere fatto mediante la misura della corrente sul campione relativa ad un preparato di riferimento. I l valore di corrente così ottenuto è uguale alla corrente di
campione vera, meno le correnti di elettroni secondari e retrodiffusi.
Una buona prassi nella misura della deriva della corrente elettronica consiste nel rapportare la corrente sul campione (misurata con pozzo di Faraday sistemato sul tavolino portacampioni) a quella di diaframma. In una microsonda
automatica queste misure possono essere facilmente utilizzate per apportare
modifiche alle correzioni effettuate per ogni lettura sulla base della sola corrente di diaframma. Ciò si ottiene portando sotto il fascio il pozzo di Faraday ad
intervalli di tempo programmati.
L'adozione di un sistema elettrostatico di deflessione totale del fascio
(beam blanking) è ormai di uso corrente. La deflessione è ottenuta applicando
una tensione opportuna ad una coppia di placchette poste immediatamente sotto il cannone. Per effetto della contaminazione questo sistema tende però a caricarsi elettrostaticamente producendo un effetto di deriva sulla corrente del fascio. È dunque opportuno provvedere alla regolare pulizia delle placchette e relativi diaframmi per mantenere la stabilità del fascio e l'alta velocità di commutazione (interruzione e ripristino del fascio) sul preparato (~ 10"^s).
L'interruzione del fascio può alternativamente essere ottenuta mediante
l'inserimento di un pozzo di Faraday lungo i l cammino degli elettroni. Questo
metodo permette anche di campionare l'intensità del fascio e quindi di compensare automaticamente eventuali derive.
Il tempo morto dei rivelatori dà luogo ad un effetto che può essere erroneamente interpretato come una deriva. Se non viene applicata una correzione
che ne tenga conto, l'effetto dà luogo ad una apparente maggior concentrazione
in quei campioni che vengono confrontati con uno standard a concentrazione
più elevata. L'errore può essere considerevole (fino al 20%). Una correzione an-
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che solo approssimativa riduce l'errore a circa i l 2% quando il numero di colpi
per secondo è mantenuto al di sotto del valore 10/T dove T è il tempo morto.
Un altro fattore di cui si deve tener conto, normalmente associato al tempo
morto del rivelatore, ma che ha diversa origine, è la variazione dell'ampiezza
dell'impulso proveniente dal rivelatore a gas in funzione della quantità di impulsi registrati per unità di tempo. Infatti l'incremento di questi ultimi produce
una riduzione dell'amplificazione del gas e, conseguentemente, una ampiezza
inferiore, per un impulso proveniente da un fotone di uguale energia. Se la finestra di energia utilizzata nell'analizzatore di ampiezza d'impulso (= Pulse
Height Analyser = PHA) è stretta, si ha una produzione di impulsi per concentrazioni elevate non più proporzionale alla concentrazione. Alternativamente,
se la finestra è regolata in modo ottimale per un alto numero d'impulsi per
unità di tempo, (alta concentrazione nello standard), la situazione inversa (bassa concentrazione nel campione) può produrre una distribuzione di ampiezze fuori della finestra del PHA, con conseguente apparente valore negativo del tempo morto.
Questi ultimi effetti sono limitati in genere se si fornisce al rivelatore la
minima tensione possibile.
2.7. Sistema di scansione
Nelle microsonde vengono impiegati vari tipi di sistemi di scansione. L'escursione massima del fascio sul campione è di circa 2 mm nelle due direzioni
X e y; questa può essere ottenuta con un sistema elettrostatico (placchette a cui
vengono applicate tensioni fino a 300 V) o con una serie di bobine elettromagnetiche. Poiché le placchette possono essere facilmente danneggiate o piegate,
il sistema adottato normalmente è quello elettromagnetico.
Il sistema di scansione può prendere posto all'interno della lente finale
(obiettivo), oppure in posizione superiore o inferiore a questa, sia esso elettrostatico od elettromagnetico. La massima versatilità si ha mediante un doppio
sistema di deflessione posto tra l'ultimo condensatore e la lente obiettivo. Questo consente frequenze rapide di scansione (TV) se le bobine di scansione sono
poste a distanze dalle lenti tali da non creare interferenze col loro circuito magnetico, e minimizza gli effetti di defocalizzazione del fascio prodotti dai campi
usati per la scansione stessa.
Per mantenere costante il punto di convergenza del fascio (fuoco) durante
la scansione, è necessario che gli elettroni passino attraverso la lente obiettivo
in prossimità dell'asse ottico. A questo scopo si usano sistemi a doppia deflessione, come nel caso illustrato in Figura 10. In un SEM tipico i l punto d'intersezione dei cammini elettronici (rocking point) del sistema a doppia deflessione
viene fatto coincidere col piano focale posteriore della lente obiettivo ove si