E se parlassimo tutti Celtico? Intercultura, Lingue e CLIL

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Transcript E se parlassimo tutti Celtico? Intercultura, Lingue e CLIL

E se parlassimo tutti
Celtico?
Intercultura, Lingue e CLIL
Lucia Cucciarelli
Copyright IRRE ER 2006
passato presente e futuro
I Celti: i primi Europei
(tradizioni religione lingua)
I Romani e il Latino
Creazione e conio di neologismi dal latino
Un’Europa da sempre multilingue
Politiche dell’Unione Europea e del COE per il multilinguismo e la difesa
della diversità delle lingue
Protezione lingue minoritarie come fattore di identità e di ricchezza
culturale
Strategie di apprendimento multilingue: suggerimenti dalla
Commissione Europea
Il CLIL come veicolo e metodo di multilinguismo inclusivo
Gli storici Greci consideravano le terre dell’Europa
settentrionale come il paese degli Iperborei
L’Europa Celtica estesa al suo apogeo dalle isole dell’oceano Atlantico ai
Carpazi, dalle grandi pianure del Nord alla Turchia (la Galazia Turca, la Galizia in
Spagna, il Galles, la Gallura in Sardegna, Senigallia nelle Marche, Tresigallo
vicino a Ferrara derivano dalla stessa origine) è la prima Europa della nostra
storia
Tracce dei dialetti gallo italici nell’Italiano: tradizioni culturali, folklore, miti, usi e
danze a tutt’oggi esistenti
Il nome dei Celti appare nei testi del IV secolo A.C. epoca a cui risalgono anche
le prime testimonianze in lingua celtica e sarà esteso nel secolo seguente alla
quasi totalità delle popolazioni transalpine che svilupparono contatti con le
colonie greche del Mediterraneo e con gli empori greco-etruschi della Pianura
Padana.
I Celti transalpini invadono l’Italia all’inizio del IV secolo a.C. e diventano i
principali interlocutori dei greci, dei cataginiesi e degli etrusco-italici, fornendo
contingenti di mercenari a tutti i conflitti. Furono infatti sempre esperti nell’arte
della guerra, guerrieri temibili, conquistatori e talvolta anche predoni.
Dionigi di Alicarnasso nella sua opera, posteriore di circa mezzo
secolo alla conquista della Gallia da parte di Cesare, scrive che la
Celtica confinava con gli Sciti (Ucraina) e con i Traci (Bulgaria), che
era divisa dal Reno in due parti uguali e che la Germania era una
porzione della parte orientale. I Romani inoltre chiamavano Gallia
tutto il nord e l’est dell’Italia Transpadana e Cispadana.
I Cenomanni che fondarono Verona, i Veneti, i Tridentini che
abitarono a Trento, i Mediolani di Mediolanum, senza parlare dei
Senoni, che avevano colonie da Bordeaux all’Artois e dal Meno alla
Mosa o dei Boi che diedero il loro nome alla Boemia, si ramificarono
in Borgogna, ma anche nella valle del Po (Bologna, Modena,
Piacenza) e nei dintorni di Ankara, senza dimenticare le varie tribù
sparse nella pianura padana che hanno abitato Tresigallo o Voghera
sono sicura che riuscirebbero a trovare ampi margini di interlingua
comune oltre la condivisione di riti druidici e comuni pratiche religiose.
Tra i circa sessanta popoli vigeva un ordine gerarchico, ma con
frequenti fusioni e il mantenimento di relazioni molto complesse che
ricordano la mutevole geografia dei partiti europei. La gerarchia che
esisteva fra Volchi Tectosagi e Volchi Arecomici, fra Aulerchi Eburovici
e Cenomanni, fra Velavi, Gabali clienti e subordinati degli Averni e
alleati dei Veneti era una caratteristica dell’organizzazione politica dei
Celti che fu fonte di disastrose conseguenze.
La Lingua Celtica
La lingua dei Celti, o Galli, o Galati è stata indubbiamente la
più importante e la più diffusa dell'antica Europa. Il ceppo
linguistico Celtico dal 6° al 3° secolo a.c. era riscontrabile nei territori
dell'attuale Boemia, Ungheria, Germania meridionale, Austria, Francia,
Regno Unito, Irlanda, Belgio, Spagna settentrionale, Italia settentrionale
ed Olanda.
In effetti le varie tribù avevano differenti dialetti, ma tutti riconducibili
ad un unico ceppo linguistico: il Celtico Classico, come è possibile
riscontrare dai nomi di paesi e località, dai vocaboli riportati sulle
iscrizioni o da riferimenti di scrittori Greci o Latini. La lingua celtica era
compresa dai popoli italici, tanto che Giulio Cesare, nei messaggi inviati
ai suoi legati, era costretto ad usare il greco per evitare che, ove fossero
caduti nelle mani dei Galli, questi messaggi venissero capiti da loro
senza grandi difficoltà.
Dall'Indoeuropeo derivarono due ceppi linguistici, il Celtico
Continentale, cui appartiene il linguaggio dei Galli cisalpini, i
nostri antenati, e il Celtico Insulare da cui ha avuto origine il
Gaelico Scozzese.
I due ceppi linguistici si differenziano per come si è trasformato il
blocco KW indoeuropeo, che è diventato una P (celtico insulare) o
una Q e poi una C (celtico continentale). La lingua popolare latina
acquisì facilmente quindi vocaboli celtici, che entrarono a far parte
del dizionario dei popoli che poi divennero Italiani, Francesi e
Spagnoli, nelle cui lingue si trova ancora un certo numero di parole
con quella provenienza.
Di origine incerta è la scrittura ogamica usata dai Celti insulari.
Creata per essere incisa su legno, essa e' formata da linee e da
punti posti in rapporto ad una linea orizzontale, e da cinque simboli
particolari per indicare i dittonghi. Le principali iscrizioni redatte
con questo sistema sono databili al IV-VI sec. d.C. e testimoniano
d'una fase della lingua ancora molto arcaica.
lingue celtiche
I CELTI IN ITALIA: RADICI ROMANE E ETRUSCHE
Le popolazioni celtiche che non si assoggettarono ai Romani, spinte dalla
pressione dei grandi eserciti di Giulio Cesare, si spostarono sempre più a
nord della Francia, quindi migrarono in Gran Bretagna e in Irlanda.
I Romani non riuscirono mai a insediarsi in Irlanda, mentre giunsero in Gran
Bretagna spingendo le popolazioni celtiche a nord nelle zone più impervie ed
estreme.
Qui i Celti trovarono condizioni di vita dure e difficili, tuttavia si adattarono e
riuscirono ad organizzarsi per respingere l'invasione romana che non riuscì
mai a passare il confine dei quelle terre.
Ancora oggi questo confine, il "Vallo di Adriano", delimita la Scozia che, insieme
all'Irlanda, rimane l'ultima terra degli antichi celti.
La lotta per l'indipendenza degli scozzesi e degli irlandesi non finì con i romani,
ma si ripresentò periodicamente nella storia. Ancora oggi questi popoli
affrontano problematiche legate alla loro identità culturale e alla loro
indipendenza.
Alcune popolazioni celtiche della Gran Bretagna e dell'Irlanda, con la caduta
dell'impero romano, migrarono in terre vicine, estendendo così le regioni
dove si è conservata la cultura celtica.
Ecco che in Bretagna (Francia) o in Galizia (Spagna), possiamo trovare forti
elementi culturali comuni a questi popoli. Elemento di spicco e di unione è
senza dubbio la musica.
Dove sono finiti i Celti in Italia?
Dove sono finiti i Celti in Italia? Perchè ci è sempre stato insegnato
che le nostre radici sono solo romane o Etrusche? Nel periodo
immediatamente post-risorgimentale, quando, per intenderci, "fatta
l'Italia bisognava fare gli Italiani", e fino alla seconda guerra
mondiale, i nostri storici si impegnarono a portare alla luce "le
sottostanti radici etno-culturali, comuni e omogenee, dello Stato
italiano, dedicandosi allo studio delle antiche popolazioni parlanti le
lingue italiche, e delle genti che erano migrate nella penisola italiana
dalla Grecia". (A. Calvetti, "I Celti in Romagna, Ravenna 1991, pag.
86).
I Celti, in un certo senso, vennero accantonati. Una prova di ciò
l'abbiamo nelle carte topografiche, che fino al 1850 circa riportano,
come antiche genti che abitavano la Pianura Padana, proprio i Celti o
Galli, come li chiamavano i Romani.
È solo in tempi recenti, dall' Europa unita in poi, che la questione dei
Celti nel nord Italia è stata riesaminata da un punto di vista storico.
IL DIALETTO, LA LINGUA
Il dialetto emiliano romagnolo viene definito, dagli esperti linguisti, come
"gallo-italico", cioè contenente un cosiddetto "sostrato celtico".
Le varie popolazioni celtiche che abitavano vastissime porzioni di
territori dell'alta Italia non hanno lasciato molta testimonianza del loro
passaggio storico su queste terre: la loro maggiore eredità sta
principalmente nel linguaggio, nella parlata di queste zone.
Il dialetto romagnolo, in questo senso, trabocca di assonanze,
somiglianze e cadenze del tutto simili al francese, la lingua della
Gallia Transalpina. Questa parlata, introdotta nelle nostre terre dai
Celti tra la fine del V e l'inizio del IV secolo a.C., continuò ad essere
usata, specie nei piccoli villaggi e nelle campagne, ancora per molto
tempo dopo la conquista, da parte dei Romani, della valle Padana e la
conseguente sconfitta militare delle popolazioni celtiche che l'avevano
abitata per diversi secoli.
Al pari di altre colonie romane, in Romagna la lingua ufficiale, cioè
quella imposta dai conquistatori, era il Latino: questo idioma, oggi
scomparso, in queste terre si parlava nei tribunali, si scriveva nei
documenti ufficiali, nei resoconti da inviare a Roma, e così via. Ma il
popolo continuò a parlare ancora il dialetto celtico, che
costituirà di fatto il "sostrato" sopra il quale si creerà il dialetto
romagnolo.
L'arrivo del Cristianesimo
L'arrivo del Cristianesimo e il rifiuto, da parte della Chiesa di effettuare
una traduzione della Bibbia in Celtico diedero il colpo di grazia ad una
lingua che rimane a noi solo tramite gli sviluppi insulari, Irlandese e
Scozzese.
La
comunità
cristiana
occidentale,
decisamente
latinocentrica, fu la componente decisiva nella latinizzazione dei
Celti continentali occidentali che necessitavano della conoscenza del
Latino per accedere alle sacre scritture: la grande somiglianza tra il
Celtico ed il Latino diede ovviamente loro un grande aiuto. Il Latino
parlato dai Galli non era certo quello classico, ma piuttosto una forma
volgare contaminata da forme celtiche. Una caratteristica della lingua
Celtica era, come il Latino ed il Greco, il fatto che ci fossero le
declinazioni (i vocaboli cambiano desinenza a seconda del caso:
Nominativo, Genitivo, Dativo, Accusativo, Vocativo, Locativo o Ablativo),
ma già con la presenza dell'articolo, come in Greco.
il sapere dei Druidi
Grande fu la sensibilità artistica dei Celti che realizzò propri
modelli espressivi profondamente diversi da quelli classici:
sensibilità che non fu mai separata dalla sfera religiosa e
spirituale. Essenziale il rapporto con il bosco e con le forme
che lo animano, personale il rapporto fra l’uomo e l’aldilà
Quante forme artistiche abbiamo ereditato?
Tutta la mitologia e le fiabe dei boschi, degli elfi, delle fate,
della metamorfosi fra creature umane e vegetali, fra la luce
della luna e i vapori del mattino, fra la luce della terra e le
tenebre del mondo soterraneo (Il signore degli anelli, Henry
Potter, Halloween e Le cronache di Narnia)
Il vischio, pianta sacra per eccellenza, alla quale erano legati
molti aspetti del culto druidico, mentre la palmetta, imprestito
dall’iconografia mediorientale, diventò il simbolo dell’albero della
vita
I druidi
I druidi di estrazione nobile, rappresentavano la casta
sacerdotale, potentissima per l’importanza quasi ossessiva della
religione, con interessi estesi a tutti gli aspetti della vita pubblica
e privata erano i custodi della tradizione orale dei testi religiosi,
dei miti e in generale del sapere.
Uno degli aspetti della loro conoscenza era quello del tempo e
del calendario, di cui abbiamo un insigne testimonianza nella
tavola bronzea di Coligny che fa conoscere il complesso modello
matematico elaborato dai Druidi, con secolari osservazioni, per il
computo del tempo, basato sulla correzione ciclica di un anno
lunare di 355 giorni.
L’espressione in a fortnight ricorda che contavano le notti e non
i giorni
Il Latino
Le varie lingue europee, man mano che si è venuto allargando il loro orizzonte spirituale, hanno
attinto largamente nuovi termini al latino e anche al greco trascritto in modo latino. Non solo si
ricorre al latino classico, a quello ecclesiastico, a quello scolastico, a quello scientifico fin quando
dura l’uso del latino come lingua scientifica internazionale, ma anche quando questo uso viene
meno si continuano a forgiare termini nuovi con elementi latini o secondo moduli grecolatini.
Reale, virtuale, attuale, potenziale sono stati messi in circolazione dagli scolatici; propaganda
proviene dalla congregazione romana De propaganda fide; azione in senso commerciale nasce in
Olanda e sostituisce l’antico carato, termini come costituzione e opposizione hanno origine in
Inghilterra.
Si moltiplichino questi esempi per mille e si avrà un’idea dell’inesauribile vitalità del lessico
latino, sempre pronto ad essere riplasmato e a servire ad esprimere nozioni ignote agli antichi e si
avrà un’idea del contributo che i popoli di cultura europea hanno dato alla creazione di un lessico
europeo relativamente uniforme.
Insomma una nuova nozione che venga espressa con un termine latino o greco-latino in Italia,
Francia Germania, Svezia o America ha molte probabilità di mantenere ovunque lo stesso nome. Se
invece viene chiamata con un nome locale senz’appigli al vocabolario classico difficilmente il
termine potrà passare le frontiere.
Il coefficiente dell’europeismo resta pur sempre la latinità.
(Bruno Migliorini 1940)
Il futuro dell’Europa
dipenderà dal successo del dialogo interculturale e dalla riuscita delle
politiche di cooperazione economica, ma soprattutto dallo scambio e dal
comune sviluppo culturale fra popoli e culture della vecchia Europa, del
Mediterraneo e dei paesi dell’Est.
Il crescente fenomeno dell'immigrazione nella Regione Emilia Romagna la
rende sempre più etnicamente variegata, e perciò sempre più complessa
sotto il profilo dell’identità culturale. Un fenomeno che implica una
profonda trasformazione sul piano sociale e richiede alle istituzioni
educative concrete strategie innovative.
La scuola deve dotarsi di nuove proposte culturali diverse da quelle che
sono state modellate in un contesto rimasto monoculturale fino a un
decennio fa.
Un nuovo quadro strategico per il
multilinguismo
Nel dicembre 2005 la comunicazione della Commissione Europea
indirizzata al Consiglio precisa chiare responsabilità in merito alle
politiche che promuovono il multilinguismo, riaffermando il ruolo
della Commissione nei confronti del ruolo di coesione sociale ed
economica che le lingue rivestono; il documento propone inoltre una
serie di specifiche azioni.
Il documento sostiene che l’UE è fondata sulla diversità di lingue,
credenze, abitudini e culture (art 22 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell’UE). Oltre alle 20 lingue ufficiali, dal 2007 21 con
l’irlandese e 23 se includiamo il Bulgaro e i Rumeno, ci sono circa altre
60 lingue indigene
Euromosaic
La lingua è l’espressione più diretta di una cultura ed è il
fattore che contribuisce maggiormente a dare un senso
d’identità e l’articolo 21 proibisce la discriminazione
basata su motivi anche di tipo linguistico.
http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/lang
uages(langmin/euromosaic/index_html
…….Commissione Europea
The rationale of Holistic language policies
One of the three key policy objectives identified by the Action
Plan for language teaching and linguistic diversity is
“better language teaching”. This does not affect only language
teachers; on the contrary; evidence shows that a quality
language teaching is often the result of a global school policy
promoting languages: “the language-friendly school”, thus the
idea of “holistic language policies”.
by Patrizia Baralli DG EAC
e Luca Tomasi
[email protected]
The rationale of
Holistic language policies (2)
It is known, for example, that learning a foreign language can
help one understand and appreciate one’s mother tongue
better, and vice versa, yet often these ‘subjects’ are treated
quite differently; often there is no communication between
teachers of the national language and teachers of foreign
languages within the same school; often there are no
connections between the content of syllabuses or the
methodologies used for teaching them. It may be useful to set
the teaching of ‘languages’ in the framework of a coherent
approach to teaching about ‘language’.
by Patrizia Baralli DG EAC
[email protected]
l’Occitano
Ben oltre il Piemonte si allarga l’Occitania
Holistic language policies (3)
Holistic language policies are methods and
approaches that a school can take to gear its
general didactic provisions to increase the
quality of language learning. This might not
imply an increase in budget, but finding
creative ways and playing in team to make the
most of the resources available.
by Patrizia Baralli DG EAC
[email protected]
Holistic language policies (4)
1.
making appropriate connections between the syllabuses and curricula
used for the teaching of mother tongue, foreign languages and the language
of instruction when different;
2.
6.
7.
using pupils with a different mother tongue as a resource to raise awareness of
other languages and cultures;
opening up to parents and the local community to raise awareness of other
languages and cultures;
organising activities to make language learning attractive and accessible to all pupils,
also the ones less interested or with special needs;
introducing a wider range of languages onto the curriculum also through CLIL,
multilingual comprehension (see annex 3), or in extra-curricular activities(language
clubs, plays, exchanges);
providing short, ‘taster’ or ‘survival’ courses in languages not normally available;
implementing content and language integrated learning CLIL
8.
implementing early language learning.
3.
4.
5.
by Patrizia Baralli DG EAC
[email protected]
Concrete examples of projects
Holistic language policies depend very much on local needs and
resources and they can involve an amazing variety of activities.
To get an idea of innovative practices to promote languages at
school and local level, you may have a look to the database of
the European Label for innovative projects in language teaching
and
learning:
http://europa.eu.int/comm/education/language/label/
index.cfm , where you can search by country, education theme
or target language.
Where applicable, hosting language assistants and taking part in
Comenius school and language projects could be a valid support
to implement a school holistic language policy
by Patrizia Baralli DG EAC
[email protected]
Multilingual Comprehension:
definition and objectives
Multilingual comprehension is learning to understand other
languages by taking advantage of the learner’s existing
knowledge of languages in the same family (e.g. Romance,
Germanic or Slavic languages). The aim is to understand the
language without necessarily learning to speak or write it
(development of partial linguistic skills). For instance, it is
possible for someone to learn to read Portuguese if they already
have a knowledge of Italian, or to understand Swedish by
knowing German.
multilingual comprehension
is an innovative starting point for the acquisition of “full” skills.
It allows users to speak their own language and understand the
language of the others. What is important is to find good
methods for “learning to learn”, to open the mind to passive
understanding of many other languages where there are clear
resemblances.
Sources of background information on
multilingual comprehension
A good starting point to find out more about the pedagogical
background
of
multilingual
comprehension
and
its
implementation in Member States, is the works of the
International
Congress
“Multilingual
Europe
through
intercomprehension within language families” organised, with
the support of the European Commission, by the Fernuniversität
Hagen during the European Year of Languages 2001
(http://www.fernuni-hagen.de/sprachen/kongress/).
This Congress brought together a large number of experts active in
the field and gave a good overview of what has already been
achieved in this area
Concrete examples of projects and networks
Several Lingua projects have worked to develop didactic tools for
multilingual comprehension. Teachers and trainers may find didactic
resources on these project websites:
Germanic languages
Sigurd project: http://www.statvoks.no/sigurd/ .
The website provides didactic material to compare
Germanic languages.
Fairy tales are used for the comparison and there are references
to fairy tales texts of several Germanic countries.
Iglo project:
http://tea.fernuni-hagen.de/Iglo/Install/kurs/Ressourcen/start.htm.
It provides on-line material for autonomous learning, mainly for
adult learners.
Romance languages
Galatea project: http://www.galanet.be/
The website enables to hold virtual sessions between learners
and classrooms of different countries working on common
topics. It lists also training courses on multilingual
comprehension for Romance languages.
EU & I project: http://www.sprachenzentrum.com/eui/ .
The website enables you to make exercises on
intercomprehension between French, English, Spanish and
Portuguese
Slavic languages
Slavic Networking project (the project is not finished yet):
http://slavic-net.upol.cz/ . The prime objective of the
project is to promote multilingual learning of Slavic languages
among native speakers of these languages and among people
whose mother tongue is not a Slavic language but who are
interested in Slavic countries and would like just to taste their
languages.
Patrizia BARALLI, [email protected]
Il Mosaico Linguistico dell’Unione Europea
Quaranta lingue autoctone parlate da 450 milioni di
cittadini europei: questo è ciò a cui ci si riferisce quando
si utilizza l’espressione "mosaico linguistico" nell’ambito
dell’Unione europea. Solo 22 delle 40 lingue godono
dello status di lingua ufficiale: il ceco, il lettone,
l’estone, il lituano, l’ungherese, il polacco, lo slovacco, il
maltese, lo sloveno, il danese, il finlandese, il francese,
il greco, l’inglese, l’italiano, l’olandese, il fiammingo, il
portoghese, lo spagnolo, lo svedese, il tedesco e
l’irlandese (solo per la redazione dei trattati). Le restanti
lingue vengono definite "regionali", "minoritarie" o
"meno diffuse" (in inglese Lesser Used Languages o
LULs).
La realtà eterogenea delle lingue meno diffuse
La terminologia usata non deve trarre in inganno
riguardo la vastità del fenomeno: circa cinquanta milioni
di cittadini europei, quasi un cittadino su sette,
appartiene a gruppi linguistici minoritari. Una
lingua, per esempio, può essere minoritaria in uno Stato
membro ma maggioritaria in un certo numero di regioni
dello stesso Stato.Un altro aspetto da valutare è che,
per esempio, il catalano è una lingua minoritaria in
Francia, Spagna e Italia, ma è parlato da più persone
rispetto al danese o al finlandese, lingue ufficiali
dell’Unione.
lingue regionali o minoritarie
"lingue regionali o minoritarie" definisce le
lingue

tradizionalmente parlate nell’ambito di
un territorio di uno Stato da cittadini di quello
Stato che costituiscono un gruppo
numericamente inferiore al resto della
popolazione dello Stato e

diverse dalla/e lingua/e ufficiale/i di
quello Stato.
l’Unione europea individua e riconosce cinque
grandi categorie di lingue minoritarie
Le lingue nazionali di due Stati membri dell’Unione europea che non
sono lingue ufficiali di lavoro dell’Unione: l’irlandese e il
lussemburghese,
Le lingue di comunità situate in un solo Stato membro - come il
bretone in Francia o il gallese nel Regno Unito, o come il sardo o il
ladino in Italia
Le lingue di comunità situate in due o più Stati - come il basco, il
catalano in Francia e Spagna o il lappone in Finlandia e Svezia,
Le lingue che sono minoritarie in uno Stato ma maggioritarie in
un altro - come il danese in Germania o lo sloveno in Austria e
Italia,
Le lingue non territoriali (o lingue sprovviste di territorio) presenti
in diversi Stati dell‘Unione ma non situabili in un’area particolare come le lingue "giudaiche" e le lingue delle comunità Rom.
l’Occitano
Ben oltre il Piemonte si allarga l’Occitania: al di là delle 15 valli che si
spingono a ovest dalle province di Cuneo e Torino, essa si estende
dall’alta Provenza ai Paesi Baschi.
L’Occitania infatti, non un o stato vero e proprio ma un’area
identificata da criteri socio-linguistici, è forte di una popolazione di 12
milioni di persone.
I confini compredono oltre alle zone piemontesi, sette regioni francesi:
Delfinat, Prouvenso, Auvernho, Guaiano, Lemousin, Gascogho e
Lengadoc e la catalana Val d’Aran nei Pirenei
Le lingue meno diffuse e
l’Unione europea
Nonostante le oggettive difficoltà nel
promuovere le lingue regionali, l’Unione
europea ha adottato una serie di
provvedimenti a loro favore.
Le prime attività del Parlamento
europeo in materia risalgono al 1981.
Tra le principali si possono citare:
Provvedimenti UE
La risoluzione Arfè (1981), prima tappa per la
definizione di una politica linguistica a livello
europeo, cui fece seguito, nel 1983, il primo
finanziamento allo sviluppo di una politica
comunitaria in materia di lingue regionali,
La risoluzione Kuijpers (1987), che
sottolineava la possibilità per i Governi degli
Stati membri della CE di proporre delle
direttive concrete per il mantenimento e la
promozione delle lingue e delle culture
regionali
Provvedimenti UE
La risoluzione Killilea (1994), una
ulteriore tappa nel riconoscimento dei
diritti linguistici in Europa,
La risoluzione Morgan (2001): richiesta
del Parlamento europeo alla
Commissione di presentare un
programma pluriennale sulle lingue,
prevedendo fondi destinati
espressamente alle lingue meno usate.
Un nuovo quadro strategico per
il multilinguismo
Nel dicembre 2005 la comunicazione della Commissione
Europea indirizzata al Consiglio precisa chiare
responsabilità in merito alle politiche che promuovono il
multilinguismo, riaffermando il ruolo della Commissione
nei confronti del ruolo di coesione sociale ed economica
che le lingue rivestono;
Il documento sostiene che l’UE è fondata sulla diversità di
lingue, credenze, abitudini e culture (art 22 della Carta dei
Diritti Fondamentali dell’UE).
il documento propone inoltre una serie di specifiche azioni.
Unione Europea
La lingua è l’espressione più diretta di una
cultura ed è il fattore che contribuisce
maggiormente a dare un senso d’identità
l’articolo 21 proibisce la discriminazione
basata su motivi anche di tipo linguistico.
Il significato di multilinguismo
Questo termine si riferisce si all’abilità di una
persona di utilizzare varie lingue e la coesistenza
di differenti comunità linguistiche nella stessa area
geografica, ma il nuovo senso attribuito a questo
termine dalla Commissione è un’area che
promuova la piena espressione e convivenza di
una varietà di lingue.
Gli obiettivi della politica del multilinguismo
sono tre:
promuovere le diversità linguistiche
1. incoraggiare l’apprendimento della lingua
e promuovere la diversità linguistica
2. promuovere
una
sana
economia
multilingue
3. dare ai cittadini la possibilità di accesso
alla legislazione, procedure e informazioni
nella loro lingua
Una società multilingue
E’ stato il proclama nel marzo 2002 del Consiglio di
Barcellona con l’insegnamento di almeno due lingue
partire dalla giovanissima età, ma l’Eurobarometro
ha segnalato la confortante abilità in almeno metà dei
cittadini europei di conversare anche in una seconda
lingua straniera, là dove gli abitanti di
Lussemburgo, Malta e Lettonia sono bilingui e gli
italiani e gli spagnoli all’altro vertice della statistica.
Un’altra importante tendenza è quella di non
considerare solo l’inglese come lingua straniera.
La Commissione Europea e azioni di
promozione della diversità linguistica
Dal 2003 la Commissione ha intrapreso 45 nuove azioni
per sostenere gli enti locali, nazionali e regionali nella
promozione della diversità linguistica. Queste azioni
complimentano altri progetti quali per esempio il
programma LINGUA che ebbe inizio nel 1990.
Sono stati investiti più di 30 milioni di euro all’anno
attraverso Socrates e Leonardo da Vinci per la
formazione dei docenti all’estero, la mobilità di assistenti
linguistici nelle scuole, il finanziamento di scambi classe
per motivare gli alunni all’apprendimento di una lingua,
studi strategici e azioni a distanza.
http://www.coe.int
Tra le attività più importanti del
Consiglio d’Europa bisogna citare
l’approvazione della Carta per le
Lingue Regionali o Minoritarie, sotto
forma di convenzione, obbligando
giuridicamente gli Stati membri che
l’hanno ratificato.
Gli obiettivi della Carta sono
Finalizzare la protezione e la promozione delle lingue
minoritarie perché elementi del patrimonio culturale europeo in
pericolo,
Garantire, dove ragionevolmente possibile, l’uso delle lingue
regionali nell’insegnamento, nei mass media, nell’amministrazione,
nel settore giudiziario, nella vita economica, sociale ed economica.
La Carta rispetta i principi di sovranità nazionale e integrità
territoriale dello Stato. La relazione tra lingue ufficiali e quelle
minoritarie non deve essere interpretata come un
antagonismo, dato che la promozione delle ultime non deve
ostacolare la conoscenza delle prime.
CLIL major contribution
CLIL has a major contribution to make to the Union’s
language learning goals. It can provide effective
opportunities for pupils to use their new language skills
now, rather than learn them now for use later. It opens
doors on languages for a broader range of learners,
nurturing self-confidence in young learners and those
who have not responded well to formal language
instruction in general education. It provides exposure
to the language without requiring extra time in the
curriculum.
Sources of background information on CLIL
1.
A good starting point to know more about the pedagogical
background of CLIL and its implementation in Member States is
the works of the Symposium “The Changing European
Classroom - the Potential of Plurilingual
Education” (Luxembourg, 9th to 11th March 2005). This
conference, organised by the Luxemburg presidency with the
support of the European Commission, gathered CLIL experts
from Member States and policy makers to exchange experiences
on how the CLIL approach could be introduced or more widely
used in the different school systems. The conference works are
available
at:
http://www.men.lu/edu/fre/presidence/CLIL/
(See
in
particular
the
Working
document:
http://www.men.lu/edu/fre/presidence/CLIL/Working
Document.pdf, which is a provisional synthesis of the
conference).
CLIL practices in Europe
The European Commission has also financed a study:
CLIL/EMILE: The European dimension. Actions, Trends
and Foresight Potential by David Marsh et al., Jyväskylä
University, Finland 2002, available at:
http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/doc/
david_marsh-report.pdf . Download the brochure with a
selection on European projects supporting CLIL:
European language policy and CLIL - A selection
of EU–funded projects. Brussels 2005. Available in
EN, FR, DE at:
http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/teach
/clil_en.html
Clil Websites
A useful reference for CLIL practitioners is the website
of a network originated by a Lingua project, called
EUROCLIC (the European Network for Content and
Language Integrated Classrooms):
http://www.euroclic.net/. It shows country files
listing CLIL projects, links to CLIL institutions and a
forum for teachers. A section devoted to “professional
development” lists courses available on CLIL in Europe
and may be also useful for applicants of Comenius 2.
http://www.euroclic.net/index.php?inhoud=inh
oud/ttraining/main.inc
vocational and technical education CLIL
For teachers and trainers working with CLIL in
vocational and technical education, a useful reference
is another network build by a Leonardo Language
project called VOCTALK
http://www.cec.jyu.fi/voctalk/over.htm
Its website provides a useful handbook to start CLIL
in vocational education, a help line, a forum and a lot
of useful tips for CLIL teachers and trainers. Both
Euroclic and Voctalk include an extensive list of links
to CLIL research institutions, projects and courses.
………. E per concludere
Sul nostro pianeta si parlano circa 6.800 lingue. Ogni
quindici giorni ne spariscono due e con esse muoiono
antiche culture, usi, costumi, tradizioni, leggende, riti,
medicine naturali. Entro il 2100, il 90 per cento di
tutti gli idiomi umani, sparirà per sempre.
Le previsioni più ottimistiche dicono che soltanto la
metà, sarà estinta. Quelle ormai irrimediabilmente
perdute, secondo i calcoli dei linguisti, potrebbero
essere tra quattro e nove mila.
le lingue più parlate
Il 96% della popolazione mondiale utilizza soprattutto quattro
lingue: il cinese mandarino o putonghua, parlato da un miliardo
di persone, come l'inglese, l'Hindi/Urdu (900 milioni) e lo
spagnolo (450), seguito da russo, arabo, bengali, portoghese,
giapponese, francese, tedesco, italiano. Il restante quattro per
cento parla tutte le altre. I ricercatori escludono dal rischio
d'estinzione soltanto 600 lingue nel mondo, perché sono ancora
insegnate ai bambini. In Canada e Stati Uniti, il 90% delle lingue
native, non è appreso dalle nuove generazioni. Su 300 lingue
parlate sul territorio americano in età colombiana, soltanto dieci
sono ancora utilizzate da gruppi superiori ai diecimila individui.
Nel continente sudamericano resistono
ancora 640 lingue, il 27% delle quali è a
rischio.
I quattro quinti degli idomi sono usati da
gruppi inferiori ai diecimila individui. Nell'area
amazzonica peruviana soltanto cinque
persone parlano ancora il Chamicuro. Gli
scienziati stimano che, in Africa su un
patrimonio di 1.400 lingue 54 sono ormai
estinte, 116 sono vicine all'estinzione, 250
sono minacciate e 600 in forte declino.
UNESCO
Il presidente dell’Unesco Koichiro
Matsuura dice che quando una lingua
muore, è una visione del mondo che
sparisce
Lucia Cucciarelli [email protected]
http://www.europa. iav.it
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