4. governance locale

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4. La governance
dello sviluppo locale
Serafino Negrelli
Esempi
• Il modello dei distretti italiani
• Sistemi produttivi locali (Le Galés, Trigilia,
Pichierri)
• Patti territoriali, contrattazione negoziata,
contratti di rete (ripresa)
• Processi di anticipazione delle ristrutturazioni
(Negrelli Pichierri)
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Capitale sociale e sviluppo locale
• La rete di relazioni tra soggetti individuali e collettivi
può alimentare cooperazione e fiducia utili per lo
sviluppo locale, ma anche esternalità negative (Trigilia,
1999):
• Esempi di effetti negativi: limitare la concorrenza;
frenare l’innovazione economica; ecc.
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Risorse del capitale sociale
utili per lo sviluppo locale
• Risorse culturali: “cerchie di riconoscimento” (religiose, etniche,
parentali, di amicizia, ideologiche, ecc.): favoriscono “identità
sociali” e reti sociali extraeconomiche con effetti di reiterazione dei
rapporti di scambio (Pizzorno);
• Risorse normative (fiducia) che abbassano i costi di transazione e
riducono opportunismo;
• Risorse cognitive con valore economico, diffusione di informazioni e
conoscenze tacite essenziali per la produzione di beni e servizi,
“possibilità di collaborare in processi di innovazione rischiosa”.
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Definizione di capitale sociale
Capitale di “relazioni sociali di cui un soggetto individuale
(imprenditore o lavoratore) o un soggetto collettivo (privato o
pubblico) dispone in un determinato momento” … e attraverso cui
“si rendono disponibili risorse cognitive, come le informazioni, o
normative, come la fiducia, che permettono agli attori di realizzare
obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo sarebbero a
costi molto più alti” (Trigilia, 1999)
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Capitale sociale
per lo sviluppo locale
•
governare la flessibilità dei sistemi produttivi locali post-fordisti (“collaborazioni
pragmatiche”, distretti e reti di imprese, imprese-rete, impresa non standard,
orizzontale, “senza confini”, ecc.: Bonazzi, Negrelli);
•
valorizzare il capitale umano locale (istruzione, conoscenze tacite, saper fare, ecc.)
e il capitale fisico (infrastrutture), finanziario, culturale, simbolico, ecc.;
•
favorire la “regolazione associativa” a livello locale (relazioni industriali, gestione
delle risorse umane, patti territoriali, accordi locali tra attori pubblici e privati);
•
sostenere i local games vs i global players nei processi di globalizzazione dei
mercati e di relativa ristrutturazione delle imprese e dei territori (compresa
l’attrazione locale di investimenti);
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Condizioni che trasformano il capitale sociale in risorse positive per lo sviluppo
locale
•
Il ruolo dei fattori politici nella produzione, riproduzione e regolazione del capitale sociale:
“capacità della politica di modernizzarsi, di funzionare secondo una logica più universalistica
che bilancia e orienta il particolarismo insito nelle reti” (Trigilia, 1999);
•
Il potenziale “particolaristico” nelle reti (Coleman, Bourdieu: “risorse utili” per gli attori;
anche i mafiosi utilizzano il capitale sociale);
•
Il funzionamento del mercato: sanzionare i comportamenti inefficienti; inviare segnali di
aggiornamento e ridefinizione del capitale sociale;
•
I meccanismi di “regolazione associativa” per lo sviluppo delle “reti locali” (Streeck, 1992);
•
Le policies e il ruolo delle istituzioni extra-locali (regionali, nazionali, UE): lo sviluppo della
embedded autonomy (Evans, 1995), es. patti territoriali, “programmazione negoziata”, ecc.
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I sistemi produttivi locali
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Local collective competition goods
• I beni collettivi locali: servizi alle imprese,
infrastrutture, trasferimento innovazioni e tecnologie,
formazione, relazioni industriali, welfare, ecc.;
• Un “principe” per i sistemi produttivi locali (patti
territoriali; outsourcing);
• Dai distretti industriali ai distretti high tech?
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Beni collettivi locali di vantaggio
competitivo (Le Galès et al.)
• Formazione di nuove skills e sostegno nella ricerca del lavoro di qualità;
• Accesso a ricerca e sviluppo per migliorare e/o diversificare il prodotto e
per brevetti;
• Procurare ordini;
• Acquisire informazioni per nuovi mercati esteri e/o interni e opportunità di
penetrazione sui mercati esteri;
• Acquisire informazioni sui cambiamenti relativi alla domanda e costi dei
prodotti e su nuovi sviluppi nei metodi produttivi o odl;
• Ottenere nuovi costosi impianti e tecnologie e relativo sostegno
all’utilizzo;
• Articolare policy relativa ai governi centrale e locale;
• Ottenere accesso a servizi costosi (es. quality testing);
• Risolvere conflitti di lavoro e consulenza legale;
• Sostegno alle funzioni manageriali
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LA PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA DECENTRATA IN ITALIA
 Principale obiettivo: ridurre gli svantaggi della localizzazione
economica e realizzare, a livello locale, progetti congiunti tra i
soggetti pubblici e privati, le autorità locali e gli attori sociali.
 61 patti territoriali all’ottobre 2000: comuni coinvolti 18,4%
sul totale nazionale (12,3% nel Centro-nord; 31,6% nel Sud);
superficie coperta 25,7% (18,4% e 36,3%); popolazione
interessata 21,7% (10,3% e 41,7%).
 Caratteristiche medie dei patti territoriali: 24 comuni (34 e 20);
1.270 kmq (1.639 e 1.090); 204.747 abitanti coinvolti (188.527
e 212.659) (dati Ministero del Tesoro, 2001).
 Valutazioni ampiamente positive degli imprenditori “interni”
ed “esterni” ai patti.
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Le pressioni del capitalismo globale
La ristrutturazione dell’impresa globale
•
Modelli di capitalismo e rendimenti
economici e sociali
•
Ristrutturazioni e dialogo sociale europeo
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Varietà di capitalismo?
(Hall, Soskice)
SEI e SEL ai poli estremi; SEM e SEE modelli intermedi,
in base a:
• Quadro legale e istituzionale dei rapporti di lavoro e del
mercato del lavoro;
• Sistemi di relazioni industriali e di contrattazione
collettiva;
• Regimi di welfare.
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“Naturale” propensione dinamica endogena del capitalismo? (Streeck)
il capitalismo deve essere definito come una specifica istituzionalizzazione
di azione economica nella forma di un sistema specificamente dinamico di
azione sociale, con una tendenza ad espandersi in, imporsi su e consumare
il suo contesto sociale e istituzionale non economico e non capitalista, a
meno che non sia limitato dalla regolazione e dall’azione politica.
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Processi di ristrutturazione aziendale e sviluppo
locale

Vecchie e nuove forme di ristrutturazione delle imprese;

I processi di deindustrializzazione fino agli anni Settanta: alcuni settori, alcuni territori;

Dagli anni Ottanta forme di declino industriale e regionale meno specifiche di settore;

Ciò non ha significato la fine del core industriale dell’Europa (e della Lombardia);

Le strategie contro il declino industriale non sono mirate alla semplice reindustrializzazione;

L’impatto della globalizzazione sembra produrre la crisi finale non solo di certi modelli
organizzativi ma anche del modello manifatturiero tradizionale, accelerando il processo
di de-manualizzazione del lavoro.
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Processi di cambiamento dell’impresa e dei sistemi
produttivi locali

I processi di “disintegrazione verticale” dell’impresa post-fordista o “non
standard”;

Territori e aziende più orientati alla riduzione dei prezzi e ai processi di
outsourcing “specializzato”; il ruolo di leadership innovativa delle medie
imprese “eccellenti”;

I tradizionali distretti industriali che entrano nelle reti lunghe e globali;

Moltiplicazione e combinazione di processi di delocalizzazione (offshoring) e
outsourcing;

Processi di ristrutturazione “strategica” che richiedono forme altrettanto
strategiche di “anticipazione” e governance delle ristrutturazioni (documento
Ue 2005)
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Capitale sociale e sviluppo locale
•
Innovazione: approcci interpretativi
•
Lavoro relazionale: modelli “partecipativi” di gestione delle risorse umane
•
Managerialità diffusa: il ruolo della formazione di alto livello (università)
•
Aggregazione d’impresa: patto territoriale, contratto di rete, evoluzione postdistrettuale, filiere e catene di fornitura orizzontali e verticali, il ruolo delle medie
imprese eccellenti, ecc.
•
Regia: rappresentanze degli interessi, associazioni, la “buona” politica, gli operatori
economici e sociali, esperti, ecc. in grado di assumere strategia e leadership nel
territorio.
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Alcuni casi significativi di collaborazione
tra lavoro, imprese e territori
• Fiat Auto: il ruolo del management e delle autorità locali;
• Distretto di Lumezzane: la cooperazione tripartita tra
management, sindacati e Comuni;
• StM e distretto tecnologico della Brianza: management e
sindacati tra local games e global player.
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