L*intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli

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L’intevento degli Stati Uniti e la sconfitta degli Imperi
centrali. Le conferenze di pace.
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La Germania affronta la flotta britannica in
mare aperto una sola volta, a metà del
1916, nella battaglia dello Jutland. L’esito
è incerto dal punto di vista delle perdite,
ma il risultato strategico è a vantaggio
dell’Inghilterra che mantiene il controllo
del mare e impedisce ai tedeschi di uscire
all’aperto.
Inizia il forte impegno tedesco nella guerra
sottomarina. La Germania, strangolata dal
blocco inglese, inizia ad affondare
qualunque nave mercantile in qualunque
parte del mondo, in particolare navi
americane. Era chiaro che avrebbe
provocato l’intervento in guerra degli Stati
Uniti, ma i tedeschi fanno lo stesso errore
che avevano fatto nel 1914 con
l’Inghilterra: pensano di vincere la guerra,
grazie alla sconfitta della Russia, prima che
gli americani si decidano ad intervenire.
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Il presidente democratico Wilson è rieletto nel
1916 con un programma pacifista. L’opinione
pubblica è molto avversa ai tedeschi, ma anche
alla Russia zarista, e nel complesso isolazionista.
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Il continuo affondamento di navi americane da
parte dei tedeschi determina un rovesciamento
dell’opinione pubblica, e la caduta dello zar
rende plausibile una dichiarazione di guerra a
fianco delle democrazie occidentali.
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I grandi istituti finanziari americani sono
consapevoli che i paesi dell’Intesa, in caso di
sconfitta, non avrebbero potuto pagare i debiti e
che i capitalismo tedesco si era rafforzato.
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Gli USA entrano in guerra nell’aprile 1917. Solo
nella primavera del 1918 i soldati dell’esercito
americano cominciano ad arrivare sul teatro di
guerra la ritmo di 300’00 mila al mese. In tutto
gli USA portano in guerra quasi 5 milioni di
uomini, partecipando agli ultimi quattro o
cinque mesi di guerra. Le perdite: poco più di
centromila morti e duecentomila feriti.
L’ultima fase della guerra –Il fronte occidentale
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Primavera 1918: i tedeschi spostano
le truppe dal fronte orientale e
passano all’offensiva in Francia con
impeto e notevoli successi. Sfondano
le linee fino alla Marna, come nel
1914, ma i francesi contrattaccano.
Lo sfondamento dei fronti francese e
italiano da parte delle truppe degli
Imperi centrali ha un effetto negativo
sul morale dei loro soldati che si
rendono conto che le retrovie dei
paesi dell’Intesa sono ricche rispetto
alla situazione disperata in cui sono
ridotte le loro. Il cedimento
psicologico, il rifiuto di combattere, è
una componente notevole della
sconfitta austro-tedesca.
Una novità importante è l’impiego,
soprattutto inglese, dei primi carri
armati, insieme al perfezionamento
degli aerei. Dopo anni di prevalenza
della difesa, l’attacco diventa di
nuovo dinamico.
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In agosto soldati inglesi, francesi e
truppe americane lanciano l’offensiva
in direzione del Belgio con 400 carri
armati e travolgono le divisioni
avanzate tedesche.
A inizio settembre, dopo il crollo delle
linee fortificate, la Germania avvia
trattative per l’armistizio, firmato l’11
novembre. Pochi giorni prima, il 4
novembre, era stato siglato quello fra
Italia e Austria, dopo la battaglia di
Vittorio Veneto e l’avanzata
dell’esercito italiano fino a superare
le linee precedenti la rotta di
Caporetto.
La Germania è in preda a fermenti
rivoluzionari. L’Impero austroungarico si sta dissolvendo, per la
proclamazione di indipendenza delle
varie nazionalità. La prima guerra
mondiale è così terminata.
Gli Stati Uniti, vero vincitore del conflitto
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Gli Stati Uniti sono il vero vincitore del
conflitto. Pagando un costo relativamente
modesto , hanno determinato la vitttoria
dell’Intesa. Hanno prestato capitali
necessari alla vittoria, di cui avrebbero
incassato per anni i benefici.
I paesi vinti sono distrutti; i vincitori
europei sono gravemente indebitati,
mentre gli americani si sono arricchiti,
soprattutto nel confronto con gli altri.
Tolta di mezzo la Russia, gli Stati Uniti
hanno gettato il loro peso dalla parte delle
democrazie contro i regimi autoritari;
possono presentare la guerra non come
uno scontro tra nazionalismi o fra
imperialismi, come era stata, ma come
una vittoria del «bene sul male», di un
cpaitalismo mirante alla convivenza
pacifica delle nazionalistà e al progresso
comune, sulle sopravvivenze del vecchio
autoritarismo illiberale e militarista.
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Wilson sottolinea questo aspetto nel
gennaio del 1918, in una dichiarazione in
cui si enunciano i Quattordici punti che gli
Stati Uniti intendono difendere.
•
«In questa guerra non domandiamo nulla per
noi. Ma il mondo deve poter vivere, e ogni
nazione pacifica che, come la nostra, desidera
veder garantita la propria esistenza e vuole
stabilire pacificamente le sue istituzioni deve
essere sicura della giustizia e correttezza da
parte degli altri popoli. E deve essere protetta
contro la forza e le aggressioni egoistiche. Tutti i
popoli del mondo hanno il nostro stesso
interesse e, da parte nostra, sappiamo che se
non sarà fatta giustizia agli altri, non verrà fatta
neppure a noi».
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I 14 punti elencano il principio della
trasparenza dell’azione diplomatica, la
soppressione delle barriere alla
navigazione e al commercio, il disarmo, il
rispetto del principio di nazionalità e la
creazione di una struttura internazionale
di garanzia «allo scopo di procurare a tutti
gli Stati, grandi e piccoli indistintamente,
mutue garanzie di indipendenza e di
integrità territoriale».
Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
• Gennaio 1919: a Parigi si
riuniscono le conferenze di
pace.
•
La Germania restituisce l’Alsazia-Lorena
alla Francia e una parte dei propri territori
orientali alla ricostituita Polonia. Il porto di
Danzica sul Baltico diventa una «città
libera», punto di arrivo di un corridoio che
costituisce lo sbocco polacco al mare e
interrompe la continuità del suolo
tedesco. La zona mineraria della Saar
viene temporaneamente occupata dai
francesi.
•
Il trattato proclama l’esclusiva
responsabilità tedesca per lo scoppio della
guerra, e pertanto la Germania perde il
diritto di ricostituire un vero esercito; è
tenuta a pagare un’indennità enorme
(risarcimenti in denaro, forniture di
carbone, cessione di navi, bestiame …) da
renderle impossibile per due o tre
generazioni qualunque sviluppo
economico.
• I diversi trattati vengono firmati
in diverse sedi della periferia
parigina nel 1919 e nel 1920, fra
i vincitori e ciascuna delle
potenze sconfitte.
• A Versailles viene firmato quello
con la Germania, là dove
cinquant’anni prima i tedeschi
avevano umiliato la Francia e
proclamato la propria unità.
Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
• Gli Imperi austro-ungarico,
ottomano e russo cessano di
esistere; sul loro territorio
nascono nuovi Stati nazionali:
Finlandia, Estonia, Lettonia,
Lituania, Polonia, Cecoslovacchia,
Iugoslavia, Austria, Ungheria.
• L’Austria firma il trattato di SaintGermain che riduce la sua
estensione territoriale a un
ottavo del vecchio Impero, la
priva di uno sbocco sul mare, per
la cessione dell’Istria all’Italia.
• L’Ungheria, con il trattato di
Trianon, si vede imporre pesanti
amputazioni territoriali e ingenti
riparazioni di guerra.
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La Turchia perde con il trattato di Sèvres
tutta la penisola balcanica tranne Istanbul,
e subisce la smilitarizzazione degli stretti.
Perde l’Armenia e tutto il mondo arabo,
che viene spartito sotto forma di
protettorati fra Inghilterra e Francia: Siria,
Palestina, Transgiordania, Iraq, Arabia,
Yemen. Avrebbe dovuto perdere la città di
Smirne, sull’Egeo, a favore della Grecia, e
il Kurdistan, nell’Anatolia orientale, abitata
da popolazioni di lingua persiana, che
doveva diventare uno stato indipendente.
•
L’Italia, rispetto alle aspettative create dai
patti segreti di Londra, guadagna meno
del previsto. In Dalmazia ottiene solo la
città di Zara, l’unica in cui la comunità
italiana fosse consistente, e in Turchia non
ottiene niente, a parte il Dodecaneso e la
Libia già conquistati nel 1912. Fiume è
dichiarata, come Danzica, città libera.
Le Conferenze di pace di Parigi 1919-1920
• L’autodeterminazione dei popoli proclamata nei 14 punti di Wilson vale a
favore dei vincitori, ma non dei vinti, e tanto meno dei colonizzati. La
Cecoslovacchia ingloba due milioni di tedeschi, la Romania una notevole
minoranza ungherese, l’Italia 250’000 tirolesi.
• All’Italia, che inizia a sentirsi maltrattata, viene negata la Dalmazia di
lingua croata. La Francia rientra in possesso dell’Alsazia-Lorena
profondamente germanizzate. Agli austriaci viene negata l’ozione di unirsi
alla Germania: sarebbe stato intollerabile che la Germania uscisse dalla
guerra più grande di prima.
• Soprattutto la Francia, che aveva pagato i costi più alti, è determinata a
imporre indennità di guerra tali alla Germania da causarne la rovina per
decenni. Al governo in Francia c’è il vecchio Clemenceau che non intende
transigere sul fatto che il suo paese è nel giusto perché aveva combattuto
per i vecchi e nobili principi della libertà, dell’uguaglianza e della
fraternità; e che la Germania ha tutta la colpa della guerra e deve pagarne
integralmente i danni. Non si rende conto del pericolo che rappresenta
per l’equilibrio europeo una Germania a cui non si lascia alcuna possibilità
di riprendersi pacificamente; che sarebbe stato più saggio e prudente
aiutare una repubblica tedesca pacifica e democratica a risollevarsi e a
chiudere con i fantasmi del passato.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
•
La guerra aveva trasformato la geopolitica e
l’equilibrio fra le classi sociali nei paesi
vincitori e in quelli vinti.
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L’Europa si era fortemente impoverita: si era
gravemente indebitata nei confronti
dell’America, aveva perso molti milioni di
uomini giovani, aveva distrutto la propria
ricchezza, aveva dovuto rinunciare per
quattro anni a crearne di nuova, ad
ammodernare i propri impianti, aveva
dovuto rinunciare a far nascere milioni di
bambini.
•
Indebolita dalle privazioni della guerra,
l’Europa subisce l’ultima terribile epidemia
della sua storia, la spagnola, in realtà una
pandemia, cioè un’epidemia estesa a tutta la
terra, che si calcola abbia falciato una ventina
di milioni di persone nel mondo intero.
•
Le forme politiche di antico regime
sopravvissute fino al Novecento erano
distrutte. L’idea che alla guida della nazione
dovesse esserci il re o l’imperatore, suo capo
naturale voluto da Dio, che questo capo
dovesse essere attorniato dalla sua Chiesa e
da un’aristocrazia di nascita, proprietaria
terriera, era ormai sconfitta. Il crollo della
Russia zarista e deli imperi centrali
rappreentava la fine di quel modello politico.
•
Si rafforzava invece la democrazia delle
potenze che avevano vinto la guerra,
malgrado il progressivo logoramento e la
stanchezza accumulata dall’ideologia
liberale. I Parlamenti erano ormai eletti
ovunque a suffragio universale maschile, i
governi controllati dal potere legislativo, la
libertà di organizzazione sindacale e politica
veniva riconosciuta.
•
Ma si apriva anche un nuovo spazio per due
nuovi modelli politici, simili fra di loro perché
entrambi antidemocratici, ma opposti perché
il primo sovversivo dei rapporti sociali e il
secondo conservatore: il comunismo e il
fascismo.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
•
•
L’idea di progresso armonioso era colpita
a morte. La violenza dello scontro fra le
parti sociali e politiche aveva ricevuto
ampia legittimazione.
L’enorme sofferenza della guerra aveva
segnato in maniera drammatica la
convivenza civile. L’Europa era piena di
sbandati, di persone traumatizzate dalla
guerra, incapaci di riprendere la vita
normale; piena di classi operaie he
avevano imparato a combattere e che non
intendevano tollerare che tutto tornasse
come prima. L’apparato statale aveva
subito ovunque un enorme sviluppo.
Aveva dovuto invadere campi dai quali la
cultura liberale lo aveva escluso: la
direzione dell’economia, la pianificzaione
delle risorse, il controllo dell’opinione
pubblica. I piccoli stati nuovi, privi di una
tradizione di autogoverno e di una classe
politica, erano esposti all’indebolimento
delle relazioni sociali e all’ipertrofia
autoritaria delle funzioni statali.
•
•
•
I ricchi che avevano saputo speculare sulle
forniture belliche, i pescecani, si erano
ulteriormente arricchiti. I giovani più
fortunati e abili si erano sottratti alla
guerra: si erano imboscati. In molti casi
anche operai dell’industria, soprattutto
bellica, erano stati esentati dal servizio
militare; anche loro potevano passare per
imboscati.
I contadini avevano pagato il tributo di
sangue più alto, benché in alcuni casi
fossero riusciti ad acquisire una certa
promozione sociale. In generale i poveri si
erano impoveriti. Le piccole borghesie, dai
cui ranghi erano stati presi il grosso degli
ufficiali, avevano acquisito un prestigio
che non avevano mai avuto.
Le vecchie classi dirigenti invece avevano
complessivamente perso il loro ruolo: non
avevano saputo prevedere le dimensioni e
le conseguenze della guerra, non avevano
saputo difendere la società, avevano fatto
fare la loro guerra ai popoli sfruttati. In
particolare gli agrari erano colpiti,
economiciamente e socialmente, mentre i
settori industriali che avevano lavorato
per la guerra si erano rafforzati.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
•
•
Le relazioni commerciali fra le varie zone
d’Europa, centrorientale e occidentale,
erano distrutte. I paesi dell’Europa
occidentale non si approvvigionavano più
nell’area danubiana e in Russia, ma in
Canada, in Argentina, negli Stati Uniti o in
Giappone. Questi ultimi furono i grandi
beneficiari della prima Guerra mondiale: si
arricchirono, trasformarono i loro saldi
commerciali da passivi in attivi e
accrebbero la loro produzione per supplire
alla carenza di prodotti europei.
In particolare per gli Stati Uniti la guerra e
il dopoguerra furono causa di progressi
inauditi. Gli indici della produzione in tutti
i settori subirono un enorme incremento,
arrivando a raddoppiare. Soprattutto il
dollaro divenne la valuta di riferimento,
riuscendo a spodestare la sterlina. Le
banche americane, che avevano appena
12 succursali all’estero nel 1913, ne
avevano 238 nel 1930. L’enorme
eccedenza della bilancia dei pagamenti
permise di finanziare un’ampia politica di
investimenti all’estero.
•
Analogamente il Giappone fu tra i grandi
beneficiari della congiuntura, e così il
Canada, l’Australia e il Sudafrica. Anche il
Brasile e l’Argentina conobbero un periodo
di reale prosperità, pur non riuscendo a
consolidare in maniera durevole le loro
prospettive di sviluppo.
•
I nuovi venuti nel club delle potenze
industriali crearono impianti molti
moderni e competitivi, dando un vigoroso
impulso alla seconda rivoluzione
industriale, all’elettrificazione del pianeta,
alla diffusione del motore a scoppio. Ne
derivarono enormi stimoli alla
razionalizzaioni generale, alla diffusione
delle macchine capaci di sostituire il
lavoro umano, all’eliminazione degli
sprechi, alla standardizzazione della
produzione, cioè all’unificazione dei
format, delle tecniche produttive, delle
caratteristiche dei prodotti.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
•
La stabilità monetaria di tutti i paesi
europei, Inghilterra esclusa, era
totalmente distrutta.
•
Ad essere colpiti furono i paesi sconfitti. In
Germania la fuga di capitali, l’enorme
aumento delle importazioni e il crollo
della fiducia generarono una spirale
inflattiva che divenne rapidamente
vertiginosa. Al valore di un marco di prima
della guerra corrispondevano 45 marchi
all’inizio del 1922, 4’300 all’inizio del
1923, 6 miliardi in ottobre, 520 miliardi in
novembre, mille miliardi in dicembre. I
prezzi variavano di ora in ora. Gli operai
compravano il pasto di mezzogiorno al
mattino perché lo avrebbero pagato molto
di più all’ora della pausa.
• Anche gli altri paesi europei, in
misura minore, furono sconvolti
dall’inflazione. Le classi abbienti,
prese dal panico, cercarono di
mettere al sicuro i loro soldi
acquistando valori reali: oro,
quadri, oggetti d’arte, o
portandoli in Svizzera o negli Stati
Uniti. I creditori, titolari di rendite
monetarie, furono rovinati, e con
loro i proprietari di casa che
riscuotevano affitti in denaro che
non valeva piû niente. I salariati,
le cui entrate crescevano molto
più lentamente dell’inflazione, si
impoverirono ulteriormente.
Viceversa i debitori videro
estinguersi i loro debiti, e gli
imprenditori capaci di spostare
rapidamente i propri capitali
riuscirono a realizzare profitti
vantaggiosi.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
•
Lo sviluppo generale dell’Europa era
stato stroncato. Il commercio
mondiale, triplicato nei quarant’anni
precedenti la guerra non cresceva più,
e la parte dell’Europa diminuiva in
maniera consistente. Il livello di vita
degli europei era seriamente
minacciato o poteva essere
mantenuto solo grazie alle rendite dei
capitali investiti all’estero. In
particolare la Germania aveva perso
enormemente terreno. La sua
produzione industriale, che
rappresentava il 40% di quella
europea nel 1913, scendeva al 29%
nel 1929. E il trauma subito con
l’enorme inflazione del 1923 rendeva
difficile e costoso il reperimento di
capitali, che dovevano essere presi
all’estero, con una conseguenze
dipendenza crescente del paese dai
mercati finanziari stranieri. La
Germania stava diventando un paese
dipendente, con tutto quello che ciò
rappresentava in termini di
umiliazione dell’orgoglio nazionale.
•
L’apparato produttivo, colpito dalla guerra,
era capace di riprendersi, ma il mercato
molto meno, perché la stagione
dell’espansione illimitata dei paesi dominanti
era tramontata. Quindi la capacità produttiva
risultava eccessiva rispetto ai possibili
sbocchi. Lo spezzettamento dei flussi
commerciali, le chiusure nazionaliste, le
razionalizzazioni produttive aumentavano la
portata di questo fenomeno, e per la prima
volta nella storia del mondo faceva la sua
comparsa la disoccupazione come
caratteristica permanente dei paesi
industrializzati. I paesi europei furono colpiti
più duramente e i giovani in particolare.
Un’intera generazione trovava enormi
difficoltà a procurarsi un lavoro stabile.
Questa situazione creava una situazione di
sofferenza sociale e di instabilità psicologica
cronica. Inoltre dava nuovi compiti alle
istituzioni pubbliche, costrette ad intervenire
nel mercato del lavoro, a tentare di rimediare
con politiche costosissime di assistenza alla
caduta del potere d’acquisto delle classi
lavoratrici.
Il dopoguerra. I costi sociali e politici
• Nel complesso il panorama sociale e politico risultava
sconvolto dalla guerra e dal dopoguerra.
• La piccola borghesia si era largamente emancipata dalle
vecchie dipendenze culturali gerarchiche della società
paternalista, ma era impoverita e minacciata dalla
disoccupazione.
• Il proletariato urbano era spesso in miseria.
• Le classi dirigenti incapaci di far fronte alle trasformazioni dei
modelli di vita.
• Gli apparati statali si erano enormemente sviluppati rispetto al
passato e con tendenze pericolosamente autoritarie.
• Tutte queste novità rappresentavano elementi di profonda
instabilità politica e sociale.
La Società delle Nazioni – Il progretto di Wilson
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Fra i 14 punti di Wilson era inclusa la costituzione di un organismo internazionale incaricato di
garantire la pace «allo scopo di procurare a tutti gli stati, grandi e piccoli indistintamente,
mutue garanzie di indipendenza e di integrità territoriale». Questo principio fu sancito dalla
conferenza di Parigi che pose fine alla guerra, e venne incluso come preambolo a tutti i
trattati di pace.
L’idea di Wilson era che si dovesse creare un’istituzione capace di impedire nel futuro lo
scoppio di una nuova guerra. Nulla di simile era esistito in passato, se non l’ottocentesco
«concerto delle nazioni». Si pensava dunque a un «concerto» permanente e strutturato, in
cui i primi ministri si consultassero stabilmente per risolvere pacificamente le vertenze.
Il nuovo organismo fu in realtà qualcosa di più innovativo, che si chiamò Società delle Nazioni,
con sede a Ginevra, e cominciò a lavorare dal gennaio 1920. Si componeva di un’Assemblea
formata dai rappresentanti di tutti gli stati membri, che doveva riunirsi una volta l’anno, e di
un Consiglio, i cui membri permanenti sarebbero state le cinque potenze che avevano vinto la
guerra: USA, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone. In pratica i vincitori della guerra
avrebbero dovuto garantire nel futuro la pace mondiale.
La Società delle Nazioni si diede uno Statuto che all’articolo 10 l’autorizzava ad intervenire
militarmente contro gli stati che fossero stati dichiarati colpevoli di aggressione nei confronti
di un membro della Società. Era questo un punto centrale, al quale il presidente degli Stati
Uniti teneva molto, e senza il quale tutto il progetto avrebbe avuto scarsa efficacia. In ogni
caso Wilson fu battuto dal Parlamento del suo stesso paese, fortemente isolazionista, che
rifiutò sia di ratificare i trattati di pace, che l’ingresso degli Stati Uniti nella Società delle
Nazioni.
La Società delle Nazioni
• Senza la partecipazione americana l’intero progetto partiva molto
indebolito. Né la Germania, sconfitta, né la Russia sovietica erano
entrate a far parte della Società delle Nazioni.
• Tuttavia il nuovo organismo era qualcosa di diverso da una
conferenza permanente delle grandi potenze, e la sua grande carica
innovativa consisteva nel fatto di possedere un suo segretariato,
una sua burocrazia che rispondeva all’organizzazione stessa e non
agli ambasciatori degli stati membri. Le grandi potenze avrebbero
dovuto d’ora in poi agire attraverso una burocrazia indipendente,
che aveva una sua propria professionalità, una sua propria lealtà di
organismo internazionale in cui tutti gli stati avevano, almeno
nominalmente, lo stesso peso.
• Inoltre l’Assemblea finì coll’acquistare un ruolo in qualche misura
prevalente rispetto al Consiglio, se non altro dal punto di vista
dell’impatto sull’opinione pubblica internazionale. E quindi per la
prima volta il mondo possedeva un consesso di piccoli stati in grado
di farsi ascoltare dalle potenze maggiori.
La Società delle Nazioni
•
La prima crisi che la Società delle Nazioni dovette affrontare fu facile: fra due piccole potenze,
Svezia e Finlandia, che si contendevano un arcipelago in mezzo al Baltico.
•
Più complicato fu quando un ufficiale italiano fu ucciso in Albania da una pattuglia greca, e
l’Italia per ritorsione occupò l’isola di Corfù. Ma anche in quel caso il nuovo organismo
internazionale aiutò a garantire il mantenimento della pace. In generale le grandi potenze
accettavano solo con difficoltà di lasciare un ruolo alla Società delle Nazioni, ma il nuovo
organismo progressivamente si ritagliava uno spazio notevole nella diplomazia
internazionale.
•
Il suo ruolo fu accresciuto dalla stipulazione del trattato di Locarno, nel 1924, con il quale la
Germania riconosceva la propria situazione in rapporto alla Francia. Non riconosceva invece
le proprie frontiere orientali con la Polonia, ma si impegnava lo stesso a non ricorrere alla
forza per modificarle. Le truppe di occupazione francesi sarebbero state ritirate e in cambio la
Germania avrebbe garantito la smilitarizzazione di tutta la zona confinante con la Francia.
Gran Bretagna e Italia si assumevano la garanzia internazionale di questo importante accordo,
che sembrava aprire la strada a una pacificazione reale.
•
Negli anni seguenti la Germania e la Russia sovietica entrarono nella Società delle Nazioni, e
per una breve stagione sembrò che il mondo avesse superato il trauma della guerra ,
addirittura che si arrivasse ad un accordo di disarmo, che la Società della Nazioni potesse
accrescere il proprio peso internazionale.
La Società delle Nazioni
• Ma non fu così: la crisi economica internazionale, l’avvento del
nazismo in Germania, il ruolo sempre più aggressivo dei regimi
autoritari italiano e giapponese fecero rapidamente peggiorare la
situazione.
• Nel 1931 il Giappone aggredì la Cina, occupando la provincia
settentrionale della Manciuria. La Società delle Nazioni si rivelò
incapace di proteggere in maniera efficace i l paese aggredito, e il
Giappone abbandonò la Società.
• Lo stesso copione si ripeté nel 1935 quando l’Italia attaccò l’Etiopia,
che si rivolse inutilmente alla Società. E anche l’italia diede le
dimissioni dall’organimso internazionale.
• Era ormai chiaro che la pacificazione del dopoguerra, le garanzie
cercate attraverso i trattati di pace e gli organismi internazionali
stavano fallendo; che i motivi che avevano spinto il mondo nella
tragedia della prima Guerra mondiale, i nazionalismi e gli
imperailsimi, erano ancora irrisolti; e che altre frustrazioni e
brutalità si erano aggiunte a sospingere il mondo verso una nuova
guerra ancora peggiore.