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ELEMENTI DI PSICOLOGIA MEDICA
Psicologia medica
branca della medicina (e della
psicologia) che studia le reazioni psicologiche
alla malattia organica e le conseguenze alla stessa.
Per altri autori: area della medicina e della
psichiatria che ha come oggetto di studio
l’unità somato-psichica del soggetto.
Al centro: malato come persona e non la malattia.
Si occupa di:
- Rapporto pz con proprio organo malato
- Rapporto pz con operatori socio-sanitari
- Rapporto pz con l’istituzione sanitaria
- Qualità della vita ed etica sanitaria.
Permette l’osservazione delle vicissitudini interne (emozioni)
ed esterne del soggetto in una situazione sanitaria.
PRIMA PARTE:
1) Modelli di rapporto medico-paziente;
2) Tipi di relazione in ambito sanitario;
3) Concetto di transfert e contro-transfert; 4) Placebo ed
aspetti psicologici della somministrazione farmacologica.
SECONDA PARTE: Reazione psicologica alla malattia somatica
TERZA PARTE: Aspetti psicologici dell’intervento chirurgico.
A) Modelli di rapporto medico-paziente
Modello di Hollender: rapporti a seconda del criterio
dell’attività/passività. Situazioni simili nello sv. psico-affettivo.
• Attività del medico-passività del paziente: pz
completamente passivo, il medico è gestore unico delle
decisioni. Condizioni: coma, infarto del miocardio, ictus
cerebrale, interventi in anestesia totale. Anche in
confusione mentale, deterioramento, scompensi
psichiatrici. Per attuare l’intervento terapeutico il medico
agisce con autonomia decisionale e operativa e il pz deve
lasciar fare. Nello sv psico-affettivo il prototipo è
rappresentato dall rapporto medre-neonato (dipendente).
• Direttività del medico-osservanza del paziente: il pz collabora
col medico nell’attuazione della terapia prescritta dal medico. Il
pz è cosciente del proprio stato e dell’utilità terapia. Condizioni:
malattie infettive, disendocrine, vascolari non gravi, tutte e
situazioni acute in cui pz è in grado di collaborare. Prototipo
nello sv psicoaffettivo: infanzia, in cui il b si attiene agli
insegnamenti dei genitori che guidano il processo di
autonomizzazione.
• Collaborazione reciproca medico-paziente: il pz è aiutato dal
medico a gestirsi il programma terapeutico. Il sanitario è
consultato di rado per avere notizie sull’andamento della
malattia e modificare la terapia. Condizioni: terapia riabilitativa,
psicoterapia; nelle malattie croniche: diabete, cardiovasculopatie, disturbi della senilità, disturbi psichici in
tratatmento psicoterapico. Prototipo: rapporto tra due adulti
maturi.
Nessun modello è migliore o peggiore: ognuno corrisponde a
momenti diversi in cui è richiesto un rapporto invece di un altro ai
fini terapeutici.
Importante: flessibilità a passare da uno all’altro a seconda dei
bisogni fisici e psichici del paziente.
Esempio di Schneider: diabete;
1) coma diabetico: pz a livello I (attività medico-passività pz)
2) uscito dal coma: pz a livello I (direttività medico-osservanza pz)
3) stabilizzazione terapia: livello III (collaborazione reciproca
medico-pz).
Non tutti medici e paramedici sono così flessibili. Motivi: carattere
rigido, resistenze personali ad assumere comportamenti non in
sintonia con la propria personalità o il proprio ruolo.
Esempi: chirurgo predilige livello I, internista il II, riabilitatore o
psichiatra il livello III.
B) Tipi di relazione in ambito sanitario
Gli estremi sono dati da:
• Situazione relazionale con maggior distanza tra utente e
sanitario: rapporto pz con medico laboratorista in cui
sanitario e paziente non si conoscono. Situazioni vicine:
consultazione tecnico-diagnostica (radiografia, ECG…).
• Situazione relazionale con maggior vicinanza tra utente e
sanitario: rapporto tra pz e pscioanalista in cui vi è
massima conoscenza e scambio emozionale
(transfert/controtransfert). Situazioni vicine: psicotp.
Tra le due vi sono vari tipi di relazione più o meno vicine e
più o meno distanti.
• Relazione scientifica: rapporto sanitario-oggetto di studio
senza scambio emotivo. Scopo: “capire” il meccanismo che
ha portato alla “malattia”. Fine: formulazione diagnosi. Pz:
passività collaborante (fornisce dati). Soddisfa nel medico
bisogni sadici (ti possiedo), vojeristici (ti indago), aggressivi
(fatta la diagnosi non esisti più).
• Relazione di riparazione: il sanitario è un tecnico a cui è
affidato un organo-oggetto da riparare. Il rapporto è
medico-organo investito affettivamente. Fine: far
funzionare ciò che non funziona più. Pz: passività
collaborante (aiuta tp a guarire l’organo malato). Legame
medico-pz: parziale (con una parte) e di breve durata. Pz
può avere aspettative onnipotenti (mi guarirà), tp valenze
narcisistiche (io che sono bravo ti guarirò). Le
caratteristiche della relazione permettono al pz di passare
da un tecnico all’altro senza rischi di “lutti da separazione”.
• Relazione di manutenzione: il sanitario interviene più volte su
uno o più organi malati per mantenere il miglior funzionamento
possibile. Si ha con malati cronici stabilizzati. Condizioni: cardiopatie, patologie vascolari, malattie dismetaboliche (diabete),
reumatismi, malattie neurologiche e muscolari. Pz è meno
passivo delle precedenti, spazio per autogestione, vi può essere
dipendenza da oggetti intermedi (medicine, apparecchio
pressione, bilancia, ecc). Relazione: minor distanza e maggior
conoscenza reciproci senza investimento affettivo, minor
aspettative magiche. Tale relazione anche con altre figure
(infermiere, assistente sanitaria, rieducatore) e con istituzione.
Pz accetta sostituzione medico senza “lutti”.
• Relazione di consulenza: il sanitario entra nel rapporto medico
curante-pz come esperto per breve tempo. Scarso investimento
reciproco anche se vi possono essere aspettative magiche.
Maggior vicinanza emotiva se consulente è psichiatra che valuta
indicazione a psicoterapia.
• Relazione di perizia: il sanitario si inserisce per breve
tempo, il rapporto è condizionato da una domanda esterna
per una valutazione medico-legale (fini penstici,
infortunistici, giudiziari…). Pz può non collaborare per
ottenere vantaggi personali e per la presenza di
comportamenti simulatori.
• Relazione di aiuto: la durata del rapporto è variabile,
investe più aspetti della vita del soggetto come la
quotidianità (cibo, alloggio, inserimento sociale). Il
sanitario ha un ruolo di assistente sociale da cui pz è
dipendente. Tale relazione è favorita da chi ha bisogno di
aiuto, da chi dà aiuto per soddisfare i propri bisogni
(essere buono, riparare un sentimento di colpa, essere
bravo e potente). Il mezzo è l’azione. Il sanitario vi ricorre
se ha avuto un insuccesso medico (ricucendo ferita
narcisistica e riparando la colpa di non avercela fatta).
Relazione pericolosa se sanitario si sostituisce all’assistito
che ci rimette in autonomia e crescita.
• Relazione pedagogica: relazione breve con conseguenze
che durano nel tempo, il sanitario insegna qualcosa che il
pz imparerà. meno regressiva se chi insegna favprisce
autonomia nell’assistito. Es: diabetico (impara regole
farmacologiche e dietetiche), preparazione al parto,
relazioni in psichiatria o pediatria. Terapeutica se
corrisponde al 3° modello di Hollender (collaborazione
reciproca medico-paziente).
• Relazione suggestiva: il sanitario si investe e viene
investito di poteri magici, poteri espressi attraverso
sostanze o rituali. Totale dipendenza del paziente da
terapeuta: l’Io del pz regredisce e si affida all’Io del
terapeuta. Condizioni: seduta ipnotica, somministrazione
placebo, elettroterapia suggestiva, agopuntura, ecc.
• Relazione di sostegno: simile a quella di aiuto, ma non riguarda
•
l’agire. L’operatore si sostituisce in parte al pz senza gestire le
sua azioni. Dà a pz aiuto psicologico rassicurandolo, sostiene l’Io
del pz senza analizzare i conflitti sottostanti, si lavora con la
parte adulta. Il sanitario rinforza certi meccanismi di difesa e ne
contrasta altri. Fine: autonomia del pz che interrompe tale
relazione.
Relazione interpersonale soggettiva: rapporto che ha come
mezzo il linguaggio e come fine la maggior comprensione da
parte di entrambi di sentimenti ed emozioni. Se vi è un setting
(tempi e metodi specifici) è una relazione psicoterapica.
Psicoterapia = terapia con mezzi psicologici, quindi comprende
anche tecniche di suggestione e sostegno. Qui si riferisce a
interventi programmati all’interno di una relazione che si protrae
ed il cui fine è il miglioramento psicologico del paziente. Si basa
su identificazione del terapeuta col pz e sulla capacità del pz di
investire affettivamente il rapporto. Lo scambio emotivo è
intenso, è condizionata da transfert e controtransfert.
C) Transfert e Controtransfert
Scambi emozionali tra paziente e terapeuta durante la
psicoterapia analitica.
Lo stesso accade tra medico-paramedico e paziente in
consultazione ambulatoriale o in degenza ospedaliera.
Transfert: investimento affettivo del paziente verso il medico
Controtransfert: risposta emotiva del medico verso il paziente
Risentono della storia personale di ognuno dei due
Transfert e conrotransfert riproducono affetti, aspettative e
comportamenti dell’infanzia, nei confronti di persone
affettivamente importanti della famiglia (genitori).
Per esserci vi deve essere un certo grado di investimento affettivo (non
nella relazione scientifica, ma in quella psicoterapica, analisi).
Dove li troviamo?
Non solo in campo sanitario, ma tra studente e insegnante, credente e
sacerdote, cliente e avvocato, dipendente e principale.
In ambito sanitario il pz cerca di trovare nel medico una figura simile a
quella del genitore dell’infanzia.
Tali sentimenti possono ostacolare la relazione terapeutica, ma sono
importanti per la comprensione del mondo psichico del soggetto e per la
conduzione della terapia.
Il transfert condiziona atteggiamenti e giudizi verso medici e medicina:
scarsa fiducia, conflittualità, aspettative magiche sono in rapporto ai
vissuti emotivi verso autorità (genitori).
Il controtransfert del medico spiega certi atteggiamenti e risposte dei
medici e paramedici verso pazienti che suscitano sentimenti diversi, di
simpatia o antipatia.
Le reazioni emotive che investono i rapporti in ambito sanitario sono in
realtà uno “spostamento” che va riconosciuto e capito: l’aggressività
verso l’infermiere era diretta la medico e negata per paura di perderne
l’aiuto.
Allo stesso modo nell’infanzia l’aggressività verso i genitori è rivolta
verso i fratelli o gli animali.
Frutto di un meccanismo di difesa è anche l’atteggiamento
condiscendente e complimentoso di pazienti che non sanno esprimere
l’aggressività in modo diretto, ma inviano frecciate per altri canali
(comparsa sintomi nevrotici, scarsa risposta a terapia)
In conclusione: l’aspetto relazionale e psicologico è importante per un
buon esito terapeutico (medico e chirurgico) sul corpo.
La comprensione del malato e l’identificazione con lui dipendono dalla
capacità di comprendere se stessi e le proprie contro-reazioni emotive.
Tutte le azioni e decisioni adattate per scopi terapeutici hanno esito
diverso a seconda dell’impatto emozionale che provocano, quindi a
seconda della qualità della relazione costituita!!!
D) Placebo e aspetti psicologici della
somministrazione farmacologica
L’aspetto relazionale e psicologico è importante per un buon
esito terapeutico (medico e chirurgico) sul corpo.
La comprensione del malato e l’identificazione con lui
dipendono dalla capacità di comprendere se stessi e le proprie
contro-reazioni emotive.
Tutte le azioni e decisioni adattate per scopi terapeutici hanno
esito diverso a seconda dell’impatto emozionale che
provocano, quindi a seconda della qualità della relazione
costituita!!!
Tra queste azioni è importante la somministrazione
farmacologica: campo di incontro e scontro tra malato e
curante.
L’azione dei farmaci dipende dalla relazione.
Placebo: “sostanze inerti che hanno l’aspetto di un farmaco e sono
prive di qualsiasi potere farmacologico”, agiscono solo per effetto
psicologico.
Effetto placebo: riguarda qualsiasi sostanza anche attiva
somministrata a scopo psicologico.
Tale effetto è legato alla relazione e all’accordo terapeutico.
La sostanza avrà effetto se:
a) il pz avrà fiducia nel medico o avrà aspettative di tipo magico
verso il farmaco.
b) se c’è convinzione terapeutica nell’operatore che fa la
prescrizione e in chi somministra.
Il risultato dipende anche dall’aspetto del farmaco e dalla modalità
di somministrazione (iniezione, aspetto colorato o sapore amaro).
In alcune malattie (di natura psicologica) il placebo dà gi stessi risultati
di un farmaco attivo. Studi lo dimostrano per: raffreddore, dolore.
Casi frequenti: pz va dal medico per una terapia, ma non si attiene alle
indicazioni.
Spiegazioni:
a) culturali (i farmaci fanno male);
b) personali: timori per effetti collaterali (informarlo) e motivi inconsci.
Es di motivi inconsci: per il soggetto la malattia soddisfa un bisogno
inconscio di punizione e rifiuta il farmaco; richiesta di attenzioni e non
prende farmaco, aggressività verso terapeuta.
Il farmaco ha un significato non solo per il paziente ma anche per altri:
a) medico: bisogno di prescrivere per avere un ruolo o diminuire ansia
verso il paziente:
b) parenti: non tollerano la malattia (psichiatria);
c) società: deve prendere i farmaci che lei mette a disposizione (case
farmaceutiche). Il medico è pressato da commercializzazione farmaco.
Pressioni anche da:
a) scuola (chiede tranquillante per il bambino caratteriale);
b) ambiente di lavoro (non tollera chi ha disagi psicologici);
c) ospedale stesso (chiede consulenza psichiatrica al primo segno di
risposta conflittuale del paziente).
È importante una corretta lettura della richiesta del paziente di avere un
farmaco!!!
A volte dietro la richiesta di un farmaco si nasconde:
-desiderio di essere ascoltati, bisogno di dipendenza, urgenza di
confidare problemi personali ed intimi. Es: richiesta di ricostituenti può
celare problemi d’insoddisfazione sessuale o impotenza.
La prescrizione può significare allora comprensione e disponibilità alla
domanda del paziente come no, la non prescrizione rifiuto. In psichiatria
lo psicofarmaco può servire a tenere buono il pz o ad avvicinarlo.
È necessaria, come dice Zapparoli; una giusta equidistanza tra
atteggiamento farmacofilico e atteggiamento farmacofobico.
Reazione psicologica alla malattia somatica
Malattia:
a) Modificazione equilibri precedenti
b) Situazione di crisi
c) Cambiamento status del paziente: da sano a malato
d) Adattamento a situazione nuova con problemi interni ed
esterni.
Problemi interni: reazioni psicologiche alla nuova identità.
Problemi esterni: modificazioni dieta, abitudini di vita, lavoro.
I due tipi di problemi si influenzano a vicenda tanto più
quanto maggiore è stato il cambiamento.
La malattia porta ad un reivestimento libico del corpo: il pz
ascolta e controlla il proprio corpo, chi da sano ascolta ad
esempio il proprio cuore?
La malattia fisica ha conseguenze sul piano psicologico:
senso di debolezza, status negativo.
La reazione psicologica alla malattia somatica influenza:
- il decorso stesso della malattia,
- l’accettazione o meno della terapia,
- i rapporti con medico, familiari, ambiente sociale.
Ciò vale molto di più per le malattie che tendono a
cronicizzare e per le malattie-rischio dove il rapporto con un
“corpo nuovo che non funziona” modifica i vissuti ad esso
associati.
La reazione di un soggetto alla malattia varia a seconda dei
seguenti fattori:
• Tipo di organo colpito e grado di investimento di
•
•
•
•
•
questo: certi organi (cuore, cervello, organi genitali)
hanno un maggior investimento affettivo.
Natura e gravità della malattia: quelle croniche e a
rischio sconvolgono di più l’equilibrio psicologico.
Modalità di insorgenza e decorso: più l’esordio è acuto
più la malattia rappresenta una minaccia che non si ha
tempo di accettare e comprendere.
Presenza di dolore associato alla malattia.
Visibilità dell’organo malato.
Eziologia della malattia: causa ereditaria o legata a
comportamenti personali (fumo, malattie a trasmissione
sessuale) intaccano l’autostima del pz inducendo sensi
di colpa.
• Considerazione sociale del tipo di malattia e del
•
•
•
•
problema sanitario: malattie trasmesse sessualmente
(lue, AIDS, gonorrea), malattie mentali o IVG hanno una
connotazione pubblica diversa da altre.
Eventuale ricovero ed esami specialistici: cambiamento
delle abitudini di vita per degenza o attuazione di esami
complessi e dolorosi connotano la malattia
negativamente.
Eventuale intervento chirurgico: vediamo dopo.
Tipo di relazione col medico, il personale e l’istituzione
sanitaria: vi sono elementi interni (psicologici) ed esterni
(appuntamento, ricetta, invio per esami o ricovero, ecc).
Reazione dei familiari e dell’ambiente sociale: problema
del “sostegno sociale” importante per reinserimento e
riabilitazione.
• Modificazioni lavorative e delle abitudini di vita
• Sfondo sociale, culturale, economico religioso, razziale:
•
•
•
esempi di ostacolo all’intervento sanitario: rifiuto delle
trasfusioni per concezioni religiose, rifiuto del malato mentale
o la sua emarginazione in una società produttivistica,
difficoltà di aiuto sociale in paesi poveri, reticenza a parlare di
problemi sessuali in certi ambienti sociali, ecc.
Età del soggetto: in certi periodi di vita si è più vulnerabili e
ciò condiziona la reazione alla malattia. Es: climaterio, età
senile, ecc.
Tipo di aspettative personali sul piano sociale e/o relazionale:
ad esempio un intervento di isterectomia per una giovane
donna senza figli che ha investito il futuro nella maternità.
Tipo di personalità su cui la malattia si inserisce: molto
importante nella reazione alla malattia.
La condizione di malattia è sempre una ferita narcisistica: più
difficile da superare maggiori sono le componenti narcisistiche di
base e quanto più la malattia comporta delle rinunce, tende a
cronicizzare, ha una sua “visibilità”.
Malattia: a volte occasione di spostamento di angosce interne
all’esterno, sul corpo salvaguardando l’integrità psichica.
Ospedalizzazione: cambiamento di vita, dipendenza da parte del
paziente e rapporti regressivi. Durante l’ospedalizzazione:
1) Il pz perde l’autonomia decisionale: vi sono le regole
dell’ospedale, non è nemmeno padrone del proprio corpo (occhi
dei medici, infermieri, studenti).
2) Il pz si riaffida alla gestione di altri: autorità paterna del
medico che decide i compiti e le regole, le cure materne
dell’infermiere che osserva e controlla le funzioni più semplici
(mangiare, defecare e urinare, temperatura del corpo).
Meccanismi di difesa messi in atto dall’Io
in caso di malattia:
• REGRESSIONE: modalità più comune in tutte le malattie. Il
paziente diventa bambino, sospende attività e impegni; le funzioni
di madre le svolge un familiare o un infermiere. Ciò va bene a
medici e paramedici che preferiscono un paziente ubbidiente, certi
infermieri preferiscono invece pz più autonomi. La regressione è
indispensabile in corso di malattie gravi: consente al paziente di
ricevere cure. Viene usato però anche in situazioni di malattia
(banali)in cui non serve ostacolando la guarigione. Anche nelle
malattie gravi ad un certo punto deve cessare per accedere alla
riabilitazione. Manifestazioni: pz sta molto a letto, dorme più del
solito, fa richieste alimentari particolari, chiede farmaci oltre il
necessario.
• FORMAZIONE REATTIVA: manifestazioni: comportamenti che
nascondono il desiderio primitivo di regressione e dipendenza e
sono una reazione contraria. Es: pz non accetta la malattia, le
cure, l’ospedalizzazione; diventa iperattivo e ipomaniacale. Si
confonde con proiezione e negazione.
• PROIEZIONE: comportamenti conflittuali verso personale e rifiuto
delle cure dovuti a:
- a) sensazione di attacco al corpo provocata dalla malattia e
proiettata sui curanti che diventano responsabili dello stato del pz;
- b) aggressività verso sé e altri per la propria condizione e
l’incapacità a tollerarla.
Tale atteggiamento spesso stupisce parenti e sanitari e determina
risposte di rifiuto.
• NEGAZIONE: spesso in caso di malattie gravi o mortali che creano
eccessiva angoscia. Può essere:
- a) Completa: negazione della malattia stessa, il pz si comporta
come se non avesse disturbi. Es: pz che non si attiene a
prescrizioni terapeutiche e norme di condotta indispensabili o
sviluppa iperattività.
- b) Parziale: pz riconosce di essere malato, ma non accetta la
verità sulla malattia da cui è affetto, es: hanno il cancro e
pensano di avere una cisti.
Altro modo di negare la malattia: sopravvalutare il medico e le sue
possibilità di intervento.
•
ISOLAMENTO: distacco emotivo verso la malattia che non è
negata ma accettata come se riguardasse un’altra persona.
Reazioni emotivo-psicologiche più comuni di fronte alla malattia:
1. Ansia
2. Rabbia e ostilità
3. Dolore e prostrazione
4. Chiusura e ritiro
5. Speranza e fiducia.
In conclusione: le difese vanno individuate e capite. Solo dopo
averle lette all’interno della struttura del soggetto in cui possono
essere funzionali o no, si può decidere di rinforzarle o limitarle.
Le difese vanno:
- rispettate: se sono utili all’equilibrio del pz e permettono
di sopportare;
- ostacolate: se impediscono l’attuazione di decisioni
importanti per la salute.
Vale soprattutto di fronte a malattie gravi e mortali in cui pz
e tp si confrontano con l’idea della morte.
Condizioni: centro tumori in cui ci si chiede: “dire o no la
verità?”. Il silenzio e le risposte poco chiare sono fonte di
angoscia, ma a volte il pz non tollera la realtà.
A tal proposito vale ciò che diceva Semi a proposito della
terapia: “dare ad ognuno la verità che è in grado di
tollerare”.
Aspetti psicologici dell’intervento chirurgico
Intervento chirurgico: evento sanitario a maggior risonanza
emotiva per:
 rischi che a volte può comportare;
 fattori legati al tipo di intervento;
 organo operato;
 esiti dell’operazione;
 personalità del soggetto.
Interventi:
 senza anestesia;
 con anestesia: parziale o completa.
Interventi senza anestesia: (estrazione dente o operazioni in cui
non si può fare anestesia) confronto col dolore, preoccupazione
principale del pz.
Anestesia
Interventi in anestesia parziale: il pz focalizza l’attenzione su
quello che “stanno facendo per lui, su di lui, senza di lui”.
Interventi in anestesia totale: situazione più temuta per:
- operazione stessa;
- anestesia che provoca “morte temporanea” da cui ci si può
anche non risvegliare.
Perdita del controllo propri pensieri ed azioni: legata ad
anestesia e al periodo post-operatorio, frequente in soggetti che
lavorano in campo sanitario e conoscono gli effetti dell’anestesia
totale.
Investimento affettivo dell’organo: da operare. Interventi al cuore,
cervello, genitali sono vissuti diversamente da interventi a cisti, rene,
stomaco, ecc.
Demolizione: o asportazione di una parte del corpo (anche se dipende
da organo interessato) crea maggior angoscia rispetto ad interventi non
demolitivi. L’asportazione appendice infiammata o tonsilla malata è
tollerata meglio di un’asportazione dell’utero o di una parte del retto.
Interventi demolitivi: sono tanto più disturbanti quanto più - l’organo
interessato è importante per il soggetto,
- è visibile,
- porterà ad esiti nella forma o nella funzione.
Importanza dell’organo per il soggetto dipende da:
- motivi di realtà (perdita mano per chirurgo e di un arto per chiunque),
- motivi più profondi (isterectomia: fine capacità di procreare, rimanda
a problemi legati alla sua identità).
Visibilità: la parte asportata e le sequele dell’intervento
condizionano le risposte psicologiche legate a motivi di realtà o
di fantasia. Es: l’asportazione di un seno o dei genitali sono
vissuti peggio se pz ha avuto problemi nella sfera sessuale.
Personalità: è l’elemento più importante che condiziona la
reazione del paziente.
La storia affettiva personale determina il tipo di reazione
emotiva prevalente all’intervento: l’operazione è vissuta in modo
diverso a seconda di ciò che rappresenta per quel paziente, in
quel momento, in quella situazione.
Reazioni psicologiche all’intervento chirurgico:
• REAZIONE DI LUTTO: legata alla perdita di un organo o ad una
amputazione. La perdita parte di sé diventa inconsciamente perdita di
un tutto (come lutto per persona amata). Quadro clinico: sintomi
depressivi. Personalità: struttura depressiva, maggior timore: perdita.
Storia infantile: esperienze dolorose reali e fantasmatiche.
• VISSUTO DI CASTRAZIONE: l’operazione e l’asportazione di organi
sono vissuti come castrazione inconsciamente legata ad una
punizione per desideri pericolosi. Reviviscenza del complesso di
castrazione. Personalità: nevrotici, soggetti che non hanno risolto l’
edipo in modo soddisfacente. Situazioni: interventi ed organi della
sfera sessuale. Manifestazioni: preoccupazione per un danno estetico.
• MODIFICAZIONI DELLO SCHEMA CORPOREO: è più frequente se
a) è frequente una modificazione corporea (es: amputazione),
b) quanto più il soggetto è angosciato per la propria identità.
Il rapporto col proprio corpo non dipende dall’immagine reale, ma da
quella mentale. Dunque anche gli organi interni hanno grossa
importanza. Personalità: psicotiche.
Urgenza e informazione
Per alcuni autori: pazienti operati in stato di angoscia
possono avere maggiori complicazioni durante
l’anestesia e nella fase post-operatoria.
Una buona preparazione psicologica all’intervento ha dei
vantaggi anche rispetto al risultato
dell’operazione stessa.
Ci si può trovare in due situazioni:
a) Intervento urgente
b) Intervento non urgente
INTERVENTO URGENTE
operazione deve essere eseguita subito, informazione al pz
rapida, non c’è tempo per una preparazione psicologica. La
sofferenza e il pericolo sono tali da rendere l’intervento una
rapida via all’eliminazione dell’angoscia.
INTERVENTO NON URGENTE
operazione programmata nel tempo permettendo una
preparazione psicologica. Ognuno di fronte ad un intervento
mette in atto i propri meccanismi di difesa vantaggiosi nella
fase post-operatoria.
Serve un periodo di tempo tra il momento dell’informazione
e quello dell’intervento in modo che il pz mette in atto le
proprie difese.
Per Shneider il periodo ottimale va da una a tre settimane, a
seconda: a) tipo di intervento; b) personalità del soggetto.
Per certe operazioni la preparazione deve essere più lunga (es.
amputazioni, asportazione organi importanti affettivamente:
utero, genitali, ecc).
INTERVENTO NON URGENTE
chiarire al pz (senza tecnicismi: confusione):
a) perché l’intervento è necessario
b) cosa accadrà durante l’intervento
c) come sarà il periodo post-operatorio.
PER UNA BUONA PREPARAZIONE PSICOLOGICA:
a) permettere al pz di esprimere le proprie fantasie e timori
(come immagina l’operazione, l’anestesia, gli esiti
dell’intervento e nel caso di amputazione, il proprio corpo
dopo operazione);
b) riportare queste fantasie sul piano di realtà creando un
clima di fiducia e collaborazione.
MODALITÀ PATOLOGICHE DI PORSI DI FRONTE
ALL’INTERVENTO CHIRURGICO:
1) Pazienti che rifiutano un’operazione necessaria: non si
rendono conto dell’utilità dell’intervento o usano “negazione”
o hanno avuto esperienze dolorose (in infanzia) in questo
campo.
2) Pazienti che chiedono di essere operati senza un bisogno
reale: sogg. con tendenze masochistiche o con bisogni
riparativi (colpa) o con turbe psicotiche.
La comprensione della domanda e il rapporto corretto col pz
consentono a) elaborazione conflitti latenti, b) risposta
terapeutica su corpo e mente.