Lezioni di Pedagogia sociale - Dipartimento di Storia, Scienze dell

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Transcript Lezioni di Pedagogia sociale - Dipartimento di Storia, Scienze dell

Lezioni di
Pedagogia sociale
Dott.ssa M.Francesca Ghiaccio
II semestre
aa. 2009/2010
Pedagogia sociale:
definizione del suo profilo




Rapporto tra Educazione e società
Volto attuale della pedagogia sociale
Una pedagogia sociale per la riflessività
La pedagogia sociale sapere inquieto e aperto
Rapporto tra pedagogia e società
“ Ogni qual volta proponiamo di discutere un nuovo
movimento nell’educazione, è praticamente
necessario mettersi dal punto di vista più ampio,
quello sociale” (J.Dewey, 1899)
“ Le modificazione che soproavvengono nel metodo e
nei programmi dell’educazione sono prodoti della
situazione sociale mutata, sono uno sforzo di andare
incontro alle esigenze della nuova società che è in
trasformazione” (J.Dewey, 1972)
In queste riflessioni dedicate all’evoluzione del
sapere pedagogico, Dewey da grande enfasi al
concetto di “nuova educazione”, un idea questa
che va ridefinendo, grazie anche all’adozione di
una nuova prospettiva prassica e teorica, il
rapporto tra educazione e società conferendo una
particolare attenzione alla condizione culturale e
sociale dell’uomo.
La prospettiva, la lente focale dal quale viene colto
tale legame è la nuova identità del soggetto postmoderno.
Un’identità scissa, frammentaria, problematica,
contraddittoria, immersa in una molteplicità emotiva
che non riesce a gestire e comprendere, coinvolta in una
molteplicità di ruoli sociali mutevoli e instabili.
 Un soggetto occidentale, post-moderno, spaesato e
disorientato immerso in una crisi determinata da un
processo di “decostruzione radicale” che ha animato il
pensiero filosofico e pedagogico del novecento.
Un uomo demens ma anche ludens, sapiens, poeticus …
un soggetto contraddistinto dal paradigma della
complessità e della pluralità emotiva, culturale,
cognitiva, ecologica … un cittadino che oggi necessita
“apprendere a vivere il proprio tempo individuale e
collettivo” (Morin, 2000)

E l’educazione, come sostiene Morin, deve
contribuire all’autoformazione della persona e
insegnare a diventare cittadini. (Morin, 2000).
Tutto ciò conduce a interrogarsi e a ridefinire le
opportunità emancipative nonché a riscoprire i
luoghi di incontro e di intesa nei quali poter dar
vita a un lavoro educativo che pone al centro
l’uomo e la sua storia.
Promuovere occasioni in cui dar vita a riflessioni che partono
dall’uomo e che nel compiersi nella società, fanno
dell’educazione una forza conoscitiva.
Promuovere una costante ricerca di riqualificazione del quotidiano.
Compito della pedagogia e ripensare e indagare questa dimensione
post-moderna dell’uomo sociale oggi e, in quanto sapere
educativo, deve porsi in un ottica di comprensione critica e
autorevole.
Nei confronti di un uomo inteso come persona “ persona che sappia
prendere le distanze dalla tetraggine dei copioni prestabiliti che
sappia ridere e danzare e che non si neghi l’esperienza del dolore
[…] un soggetto lieve è desiderante, ha buona possibilità di
uscire dal gregge e di sfufggire ai ricatti e alle minacce perché ha
una strada aperta davanti a sé.”
Se ogni individuo costruisce un modello di sé che
nasce in interazione con la società dobbiamo
riconoscere che è mutata la società, che è mutato
l’uomo e che deve mutare anche l’educazione.
Un’educazione che diviene formazione di un
soggetto libero, plurale e aperto.
Un’educazione che va articolandosi su un
paradigma ermeneutico che sottolinei la
complessità del farsi-sociale del soggetto.
Un’educazione come interpretazione o
ricostruzione continua dell’esperienza del
formarsi sociale del soggetto.
La crescita e la maturazione fanno riferimento ai
concetti di educazione e di formazione.
Educazione: significa fare riferimento a un attività
direttiva mediante la quale realizzare modelli
sociali e comportamenti funzionali alla
sopravvivenza del soggetto e del gruppo di
appartenenza. Essa diviene sinonimo di conformazione: cioè accettazione di strutture sociali,
culturali, linguistiche, antropologiche,
psicologiche. Un modello di inculturazione. “Il
modo in cui veniamo preparati a comprendere la
realtà, a interpretare gli stimoli e a controllarli
attraverso le nostre stesse risposte” (Trisciuzzi).
L’educazione assumendo un carattere più sociale e
istituzionale, pone in rilievo più la conformazione e la guida, il costituire processi
funzionali a modelli sociali; si educa secondo
valori o modelli e questo ruolo è svolto da un
soggetto differente rispetto a chi viene educato.
Cioè l’azione educativa diviene un attività conformatrice, direttiva, più autoritaria.
Un’accezione di educazione riduttiva per l’uomo
post-moderno che in questi termini non si
configura come una risorsa, come generatrice di
valori e come sfida al post-moderno.
Una sfida che si sostanzia di teorie ed esperienze
formative, che siano a sostegno dell’uomo e del
suo percorso di cittadinanza mondiale e che
guardino con sempre maggiore sensibilità a tutti
quei bisogni e a quelle necessità che
caratterizzano la quotidianità.
Allora la pedagogia ha il compito di pensare a un
modello di formazione diverso e alternativo
rispetto alla pervasività del mercato globalizzato,
al potere economico e delle nuove tecnologie che
rischiano di sedare la dimensione ludica e
creativa dell’uomo.
Formazione: diviene “regolatore pedagogico” in una
società del disincanto. Uno strumento di presa di
coscienza e di consapevolezza collettiva e individuale.
Una formazione in grado di porre ogni individuo in
condizione di poter gestire in maniera significativa e
consapevole il proprio tempo, la propria storia, nonché i
propri spazi.
Formazione è intesa come raffigurazione e costruzione
della coscienza collettiva per la difesa della dignità della
persona.
Formazione: come regolatore di coscienze e come
strumento del comprendere in quanto ogni individuo
potrebbe attraverso la personalizzazione del consumo e
la costruzione di una soggettività cognitiva (“testa ben
fatta”; Morin, 2000) sganciarsi dall’omologazione e
massimificazione del pensiero.
Formarsi per poter abitare in maniera significativa
la società post- moderna e multiculturale,
esercitando il proprio diritto di cittadinanza che
non è semplice riconoscersi all’interno di un
contesto bensì essere in grado di reinterpretare la
propria funzione sociale di cittadino del mondo.
Dunque, ciò comporta:
 Ri-descrivere il concetto di educazione, cioè dando vita a un
concetto che s’innesta all’interno di un percorso sociale e
culturale molto difficile e complesso.
 L’uomo è alla ricerca di una nuova identità e l’educazionepedagogia sociale oggi ha il dovere di studiare le strategie più
nuove per sostenerlo in questo faticoso viaggio.
 Ogni individuo è artefice e fruitore di un progetto formativo
sempre più dinamico e dentro questa realtà si muove con
moderazione e incertezza.
 L’idea di un’educazione che non viene sostituita dal di
formazione, ma assume un aspetto nuovo maggiormente calato
nelle dinamiche relazionali non istituzionali, più legato al soggetto
e all’ambiente.
 Viviamo in un epoca del disincanto e delle sfide pedagogiche nel
quale diventa sempre più centrale quel processo di “autoformazione” perché offre all’uomo post-moderno la possibilità di
gestire in modo autonomo le problematiche sociali e le
potenzialità di essere soggetto in crescita e costruzione.
Il volto attuale della pedagogia
sociale
Nel 1899 Paul Nartop sosteneva “la comunità è
l’unica e vera grande educatrice di ogni uomo
ed è per questa ragione che si rende necessario
approntare uno strumento specifico di analisi
del fenomeno stesso”.
Questo strumento, in grado di affrontare le sfide
epocali sia per ciò che concerne le
problematiche umane, sia per ri-leggere in
chiave moderna il dualismo uomo-cultura, è la
pedagogia sociale.
Alla pedagogia spetta il compito di ri-leggere e ri-flettere
criticamente sulla realtà e sulle possibilità che ha
l’educazione di incidere sui sistemi e nessi sociali. E in
tale veste va, rispetto ad altri saperi, ricoprendo un ruolo
centrale in quanto essa per vocazione orienta e coordina
in maniera funzionale rispetto all’oggetto delle ricerca:
uomo-società-cultura.
La pedagogia sociale: è quella voce critica che nel corso
degli anni e attraverso l’evoluzione epistemologica delle
scienze dell’educazione si è incardinata al centro delle
dinamiche sociali, politiche, etiche, economiche e
culturali … e si è andata definendo non solo come
semplice approccio teorico a questioni sottoposte a
indagine ma bensì come una tecnologia avanzata del
sapere educativo.
Infatti, la pedagogia coordina tutti quei saperi, quelle
scienze che sono in grado di fornire dati e informazioni
significative per meglio rappresentare e comprendere
l’iter formativo del soggetto. Questo perché le scienze
dell’educazione non possiedono un focus dedicato alla
formazione del soggetto in senso assoluto o paritario ma
si occupano di alcuni aspetti particolari di quel viaggio
lungo e complesso che conduce alla maturità.
La pedagogia non solo si interroga su questi aspetti e
processi teorizzandoli ma li affronta in situazione
attivando una serie di pedagogie (familiare, scolastica,
degli adulti) o di problemi emergenti (pluralità culturale)
che vanno ad animare percorsi coordinati dall’educare e
dal formare.
Ciò implica la necessità di:
 Rivedere e ripensare la pedagogia come quel
sapere che non solamente “pensa” l’agire
educativo ma lo progetta e lo rende possibile
nella misura in cui riesce a contestualizzarlo.
 Porre al centro della teoria educativa la categoria
dell’intenzionalità intesa come intento
conoscitivo, volontà trasformativa e
migliorativa, come consapevolezza epistemica e
capacità di costruire e interpretare il futuro.
Pedagogia sociale: oggi possiede quelle caratteristiche
speciali e necessarie per compiere indagini conoscitive
in grado di porre in relazione fenomeni genericamente
sociali (politici- economici- culurali) con esperienze
prettamente educative e rielaborare una teoria del
soggetto che ponga nuovamente al centro del dibattito
formativo l’uomo e le diverse dimensioni dell’umano.
Pedagogia sociale: un sapere interdisciplinare e critico
guidato da una riflessione sul sociale e il suo senso è
legato al fissare intenzioni che devono decidere se porsi
al servizio del sistema sociale o “fondarlo” facendo
valere come soggetto cardine proprio la formazione di
un “soggetto integrato e critico”.
Una pedagogia sociale per la
riflessività
Rapporto tra pedagogia sociale e pedagogia generale è
un rapporto complesso e dialettico, così come accade
per le altre scienze, dando così quell’apertura
tematica e progettuale essenziale per teorizzare
criticamente l’agire educativo.
Il focus del discorso pedagogico è sempre legato alla
partecipazione attiva dell’individuo e allo sviluppo
del pensiero critico che nasce grazie al dialogo e al
confronto con i tanti saperi che abitano il nostro
tempo.
La pedagogia sociale non solo si occupa di
indagare i nessi che intercorrono tra il mondo del
soggetto e le tante agenzie e istituzioni che
interferiscono nel progetto di vita ma si occupa in
primis di ipotizzare scenari futuri senza avanzare
la pretesa di farcela da sola, ma “utilizzando”
conoscenze e linguaggi molteplici provenienti
dalle altre discipline nella convinzione di essere
chiamata a svolgere un ruolo importante:
preparare l’uomo a gestire in maniera critica
la realtà e la cultura del proprio tempo.
L’educazione e la riflessione pedagogica deve
occuparsi della condizione umana e soprattutto
deve condurre ogni individuo a riflettere con
sensibilità sulla propria condizione di cittadino
globale e di costruttore sociale, così da
promuovere una qualche forma di
emancipazione sia per stesso che per gli altri.
La pedagogia sociale, attraversa criticamente
questi saperi, li orienta, li intepreta per costruire
teoria pedagogica del soggetto post-moderno
fondamentale per tracciare gli itinerari di crescita
e di sviluppo di ogni individuo.
Il volto arboreo della pedagogia sociale consiste
proprio in questo suo movimento di apertura e di
dialogo nei confronti di quel bosco scientifico.
Un apertura che nel ridefinire i suoi compiti,
nonché promuovere l’adozione delle tecniche di
riflessività, ripone al centro di ogni discorso
pedagogico il soggetto: l’uomo post-moderno,
quell’uomo inquieto, sensibile alle suggestioni
mass-mediatiche e disorientato dal mercato dei
consumi che niente offre alla qualità del pensiero
ma imbandisce il nostro presente di oggetti
preziosi e false speranze.
Essendo una disciplina che si pone molteplici
obiettivi di ricerca, nonché una scienza che
possiede numerosi ambiti tematici, la pedagogia
sociale, necessita di tecniche operative sempre
nuove e aggiornate e soprattutto in grado di
usufruire del contributo proveniente da altri
ambiti disciplinari.
In maniera particolare è attraverso la narrazione
del privato che meglio si possono scoprire e
interpretare le necessità dell’uomo di oggi.
Tecniche e metodologie che si pongono nelle
dimensioni dell’ascolto e del dialogo.
La pedagogia sociale cioè ha il compito di
osservare attentamente i soggetti, cogliere le loro
particolarità e le loro differenze e, di dover
essere, intenzionalmente disposta a costruire
nuove realtà comunitarie basate sulla relazione
e condivisione.
Sapere aperto e inquieto



Funzione e ruolo
Statuto epistemico
Pedagogia sociale e pedagogia critica
Funzione
Interrogarsi sulla funzione della pedagogia sociale conduce a fare
riferimento al dibattito che, in ambito sociologico, ha visto
coinvolti due studiosi, Habermas e Luhman, all’interno di un
volume scritto a quattro mani (“Teoria della società o
tecnologia sociale”; 1971) nel quale le posizioni dei due vanno
assumendo posizioni opposte.
O meglio, una posizione “funzionalista”che attinge a una
fenomenologia del vissuto, dell’esperienza vissuta irretita nel
sociale e da esso dipendente, pur declinandosi nella
dimensione del senso (Luhman); e una posizione “critica”
connessa la discorso, all’argomentare, alla cooperazione
comunicativa in grado di far emergere le tensioni del sociale
(Habermas).



Un dibattito che non solo promuove una riflessione sul
ruolo e sull’identità della pedagogia sociale ma che
consente anche di cogliere la tipologia di azione
educativa da essa promossa.
Come sostenne Vuoso (“Prassi pedagogica o tecnica
sociale”, 1983) tale dibattito ha una valenza pedagogica,
in quanto pone in risalto, per un verso, una pedagogia
che acquista le forme di una tecnica di razionalizzazione
del sistema sociale declinandosi in senso funzionalistico
e, dall’altro una pedagogia critica della società che nel
porre al centro l’uomo e la sua emancipazione si
costruisce su un’agire comunicativo e argomentativo.
Due modelli pedagogici che se da un lato, possono
essere colti in una relazione contraddistinta dall’aut–aut,
dall’altra possono conferire forma a un legame
caratterizzato dall’et-et.
Et-et: ovvero “integrazione dialettica nella differenza”.
 Educare al presente/educare al futuro;
 Educare a modelli sociali e comportamenti funzionali al
sistema sociale/educare alla trasformazione sociale;
 Educare per la trasmissione sociale/educare per la
trasformazione sociale
Esse si configurano come due dimensioni di un sapere che
si integrano, che si includono, che si richiamano
reciprocamente. Diviene necessario non solo
accompagnare un soggetto nell’acquisizione di
competenze tecniche e sistemiche, rendendolo
“adeguato” e “abile” a e all’interno del proprio contesto
sociale, ma significa anche dare spessore a una
razionalità critica, all’appagamento di bisogni ulteriori,
di utopia.
Il dibattito Luhman/Habermas ha posto in evidenza
l’a-priori chiave della pedagogia sociale il suo
tendersi tra funzionalità e criticità, il suo mediare
dialetticamente queste due frontiere, il suo gestire
tale tensionalità.
Una tensionalità oggi più che mai caratterizzante la
nostra epoca Globale (tesa all’unità,
all’uniformità, alla funzionalità,
all’omologazione) e Complessa (polimorfismo,
dissenso, contrasto)
Statuto epistemico
La pedagogia sociale si configura intrecciata in
modo radicale con alcuni dibattiti aperti sia in
ambito pedagogico, sia in ambito sociologico.
Nella pedagogia come sapere
dell’educazione/formazione, nella sociologia
come sapere funzionalistico e critico.
Ciò che emerge è una pedagogia sociale in grado
di gestire sia la sua tensione funzionale, sia la
sua tensione critica.
La pedagogia sociale si modella su “discorsi duplici”.
Essa è discorso critico, critico dell’ideologia, critico della
scienza/tecnica, teso verso un’utopia critica.
La teoria critica ci consegna il modello più maturo di
pedagogia sociale capace di accogliere i mutamenti
tecnologici e sistemi della società, ma allo stesso tempo
consente di criticarne la strutture, gli ordini, gli scopi e
di innovare modelli e traguardi.
L’agire educativo/formativo ha sempre due fuochi: è
ellitico. Si tratta di coltivare un pensiero progettuale e
operativo insieme, connesso alle istituzioni, alle loro
regole, ai loro modelli, nonché all’acquisizione e
trasmissione di tale ordine sociale, ma anche capace di
dar voce al dissenso, di conferire forma al contrasto, di
accogliere le emergenze e le marginalità, ovvero
promuovere trasformazione sociale.
La pedagogia sociale conforma, guida, socializza,
integra ma analizza, segue e conferisce forma ai
mutamenti. Abita il dissenso e il contrasto presente
in un sistema sociale.
La pedagogia sociale rappresenta appieno il “doppio
legame” della pedagogia con la teoria e la prassi.
La pedagogia sociale, infatti, si configura come
quella riflessione, dotata di un dinamismo
costante, che nasce in seno all’analisi intenzionale
dell’azione educativa-sociale espletata.
Un azione e una riflessione educativa-sociale che
riflette l’articolazione interna della pedagogia
sociale.
Articolazione riguardante:
 Le istituzioni presenti nella società (famiglia,
scuola, tempo libero, lavoro) nonché il loro
dinamismo, il loro continuo trasformarsi e
modificarsi.
 I gruppi sociali (di genere, culturali, etnici)
nonché i bisogni educativi e le emergenze che
essi continuamente avanzano.
Un agire educativo-sociale contrassegnato:
 Come un agire di cura
 Come un agire intenzionale
 Come un agire dialettico
La cura è una categoria chiave dell’operatività educativa.
Una relazione di cura si fonda sull’incontro, sull’ascolto,
sul dialogo, sulla comprensione profonda … e in quanto
tale fa leva sull’interpretazione che a sua volta richiama
una molteplicità di conoscenze. Una cura che nel farsi
professionalità esige a sua volta, in chi la pratica, un
prendersi cura di sé costante.
Un agire intenzionato che si affranca
dall’estemporaneità confluendo nella progettualità.
L’intenzione promuove la conoscenza, la
comprensione, s’imbatte nella particolarità e
promuove la delineazione di un disegno che si
completa e si arricchisce in itinere. L’intenzionalità
confluisce nel progetto, nei fini, negli obiettivi, nella
chiarificazione axiologica, nel monitoraggio
costante.
Un agire dialettico e contrastativo che nasce nel
conflitto e nel dissenso. Esso si configura come un
processo carico di tensioni che a sua volta genera
tensioni.
Un agire di cura, intenzionato e dialettico che si
pone come regolatore della pedagogia sociale in
quanto riflessione nutrita di teoria, teoria critica
ma pensata voluta e realizzata per l’azione o
dall’azione.
Da ciò si evince il volto plurale e problematico, lo
statuto debole e tensionale dell’agire educativo.
Un agire che promuove cambiamento,
trasformazione e innovazione.
Nesso con la pedagogia critica
Come i diversi ambiti del sapere pedagogico anche la
pedagogia sociale mantiene un rapporto sempre più
stretto con la pedagogia critica.
La pedagogia critica è quel dispositivo che s’interroga
sulla generalità del sapere pedagogico, affinché esso si
decanti sia come un sapere, sia come una prassi,
mettendo in luce i principi eidetici e regolativi dai quali
deve ricevere una costante sollecitazione critica. Ovvero
di analisi, di reintegrazione, d’interpretazione
permanente e integrale, … animata da una volontà di
tener fermo il modello più alto e completo del fare
pedagogico.
La pedagogia critica, soprattutto, negli ultimi
tempi, è andata diffondendosi e sviluppandosi in
diversi Paesi assumendo differenti forme e
modelli ma tutti questi presentano un focus
comune:
Tenere ferma un’analisi della complessità della
pedagogia e di delinearne un quadro plurale,
tensionale, dialettico con funzione intenzionalregolativa e di applicazione critica ai modelli e
alle soluzioni in corso.
Un innesto, un legame quello tra pedagogia
sociale e pedagogia critica che possiamo
definire fisiologico in quanto necessario per
tener ferma l’identità e la vocazione della
pedagogia sociale. Un ruolo e un’identità non
lineari ma bensì plurale, articolata, tensionale.
Un innesto che assume le forme di uno stile
cognitivo analitico e problematico, legato a
delle scienze che interroga continuamente.
Una stile filosofico-critico, riflessivo e aperto,
metacognitivo, regolato da una teoria critica
della società.
La pedagogia sociale attraverso il legame con la
pedagogia critica và definendosi come un
sapere produttivo e trasformativo. Un sapere
che si nutre di queste scienze ma non dipende
da esse in quanto i dati e le informazioni di
queste vengono letti, ri-letti, interpretati, usati
ed elaborati secondo il suo specifico che è
l’educazione e la formazione e la tensionalità
stessa presente tra queste due.
Pedagogia sociale
settori di intervento
Consulenza e formazione continua
La consulenza come oggetto di studio della pedagogia:
“un processo volto ad aiutare il soggetto ad elaborare
un progetto educativo su di sé e sugli altri”.
L’obiettivo, dunque, ora sarà quello di far emergere la
dimensione pedagogica del processo di consulenza
mettendo in luce gli elementi che concorrono ad una
più precisa definizione di consulenza educativa e a
una sua migliore qualificazione pedagogica.
Relazione di aiuto e società complessa
L’urbanizzazione, la nuclearizzazione della famiglia, l’automazione
del lavoro, l’emancipazione della donna, l’avvento dei nuovi
mezzi di comunicazione hanno radicalmente modificato le
relazioni sociali e familiari, conducendo l’individuo a
confrontarsi con il disorientamento e la frammentarizzazione,
privo del supporto degli schemi interpretativi globali del passato.
L’accentuazione individualistica degli interessi personali, il primato
della ragione e del pensiero critico, associato alla poca
considerazione del sentimento e alla ricerca immediata del
piacere hanno gettato le premesse per una crisi dei valori che è
anche crisi.
La parcellizzazione e la complessità minano le potenzialità della
famiglia, alla quale però è richiesto di essere sempre più forte
ridare senso, ordine e futuro alla società.
La crisi dei riferimenti axiologici provoca disorientamento, con il
conseguente disagio legato alla scarsa progettualità esistenziale
In questa situazione risulta arduo e complicato per gli
adulti assumere una chiara funzione educativa.
La carenza di adulti significativi in grado ad aiutare le
persone ad affrontare i compiti educativi che di volta in
volta la vita pone loro di fronte, li induce a cercare nelle
diverse figure professionali (i cosiddetti “esperti”) le
soluzioni ai bisogni emergenti. Così in questa situazione
aumentano le richieste di aiuto e di presa in carico ai
Servizi Pubblici.
Si assiste, in un certo senso, ad una sorta di paradosso:
nella nostra società individualista aumenta il bisogno di
aiuto e di relazione tra le persone.
I bisogni educativi e la conseguente ricerca di aiuto
sembrano caratterizzare i momenti cruciali delle varie
fasi della crescita, dando origine a fasi di transizione che
esigono e necessitano di specifici sostegni educativi per
far fronte ai nuovi compiti di sviluppo, trasformando le
potenziali crisi in occasioni di cambiamento.
In riferimento a ciò si sono sviluppate le cosiddette “professioni di
aiuto”: operatori di diversi ambiti professionali (educativo,
sanitario, riabilitativo, sociale, psicologico) che mettono la
propria professionalità al servizio di persone che hanno bisogno
di sostegno.Una relazione di aiuto, due soggetti profondamente
coinvolti in una relazione di scambio, dove entrambi
impareranno qualcosa. Un rapporto assimetrico in cui l’operatore
e il cliente portano risorse, competenze, emozioni differenti, ma
in cui il vettore relazionale non è unidirezionale, non va soltanto
dall’operatore verso il cliente bensì coinvolge in un processo
dinamico entrambi gli attori della relazione.
Dal punto di vista pedagogico stabilire un’autentica relazione
d’aiuto significa stabilire una relazione integrativa e integrante,
con la quale comporre complementarità e simmetria, uguaglianza
e differenza alla luce della parità valoriale delle persone
coinvolte nella relazione educativa. Una relazione che nasce
dalla negoziazione dei significati attribuiti all’azione altruistica
dal soggetto che offre sostegno e da colui che lo riceve. Un
rapporto di reciprocità, una relazione che promuove una forma di
contatto, finalizzato allo sviluppo e alla crescita di quest’ultimo.
Così la relazione d’aiuto è considerata spesso come
un’opportunità per stimolare e incrementare l’empowerment
della persone in stato di bisogno
L’empowermwnt indica il processo di ampliamento delle
potenzialità del soggetto, in modo da aumentare le
abilità personali e la possibilità di controllare
attivamente la propria vita.
La relazione d’aiuto crea le premesse, in quanto volta alla
promozione delle capacità del soggetto, per la
realizzazione di uno dei compiti fondamentali
dell’uomo: educarsi al cambiamento in modo attivo per
essere protagonista del proprio divenire.
Il cambiamento è connaturato all’esperienza umana, il
compito educativo è governare tale cambiamento alla
luce del progetto esistenziale e dei valori che lo ispirano.
L’educazione della persona mira a promuovere la
consapevolezza di sé, lo sviluppo delle potenzialità, la
crescita e il cambiamento dell’individuo attraverso un
processo intenzionalmente strutturato sostenuto da una
prospettiva axiologica.
Esiste, infatti, una stretta connessione tra relazione
educativa e processo di consulenza, sebbene la prima
non si esaurisca nella seconda.
La Consulenza educativa si mostra come un sostegno
offerto alla persona per la sua piena realizzazione, come
percorso formativo volto ad aumentare l’autonomia del
soggetto attraverso lo sviluppo delle sue potenzialità e
capacità. Essa pertanto, si configura come una delle
iniziative di formazione permanente, cioè tra quelle
esperienze che si prefiggono di rendere la persona
sempre più consapevole delle proprie risorse,
sostenendola nell’acquisizione delle abilità necessarie
per prevenire o gestire in modo adeguato eventuali
difficoltà incontrate.
Caratterizzandosi pedagogicamente, la consulenza, si
configura come uno strumento in grado di sostenere
l’uomo e la sua esigenza a fronteggiare situazioni
problematiche e di crisi, promuovendo lo sviluppo di
Essa, pertanto, non si delinea esclusivamente come un rapporto
educativo improntato alla reciprocità nel quale educatore ed
educando scoprono che ciascuno è portatore di un dono e di una
differenza insostituibile con i quali scoprire in modo incessante il
perché dell’agire.
In questo senso, prestare attenzione al significato pedagogicoeducativo della consulenza non può eludere il tema delle
solidarietà.
La solidarietà poggia su un vincolo d’indipendenza all’interno della
comunità ed esprime un atteggiamento dello spirito più che una
scelta pragmatica; più che una scelta operativa e professionale, la
solidarietà esprime un modo d’essere dell’uomo, rimanendo alla sua
interrelazione con l’altro.
Pertanto, affrontare la tematica della consulenza educativa significa
approfondire la questione della relazione interpersonale e della
natura dialogica dell’essere umano, cioè addentrarsi in uno di quei
domini fondamentali della riflessione pedagogica.
L’evento educativo si realizza soprattutto come
relazione
In Italia ancora oggi mancano studi organici attorno
al tema del couselling: difficoltà alla quale si
associa, la difficoltà di definizione e di
delimitazione
concettuale
a
causa
dell’introducibilità del termine e della sua
contiguità con la psicoterapia e altre forme di aiuto
psico-sociale.
Il termine consulenza pur non essendo perfettamente
coincidente con quello di “couselling” sembra
comunque esprimere in modo preciso il concetto
che si vuole descrivere
Cosa non è l’attività di couselling:
 dare consigli
 dare informazioni
 azioni dirette
 insegnamenti
Se ciò fosse, l’aiuto si configurerebbe come un
intervento dell’operatore che offre la propria
competenza per la soluzione dei problemi. Il
protagonista è e rimane il consulente dinnanzi
a chi chiede aiuto: il destinatario. L’aiuto
dipende dalla capacità che l’esperto ha di
riuscire a colmare, il vuoto o l’assenza che
contraddistingue lo stato di bisogno
Esso si configura, infatti, come una strategia d’aiuto in cui l’operatore
non ha il compito di fare qualcosa e dare qualcosa a chi chiede
aiuto. Ma egli ha la delicata funzione di aiutare la persona a definire
il problema e imparare a gestirlo assumendosi pienamente le
responsabilità della scelta compiuta.
Il couselling è una strategia d’intervento volta ad aiutare la persona in
stato di bisogno a definire il problema evolutivo e a imparare a
gestirlo. Essa si basa sulla relazione interpersonale e sulla
comunicazione che si stabiliscono tra consulente e utente.
Pertanto, le abilità richieste al consulente sono:
 L’osservazione
 L’ascolto
 La comprensione
 L’interazione
 La conduzione del colloquio
Gli obiettivi da raggiungere sono:

Aumentare la conoscenza di sé e l’autoconsapevolezza da parte dell’utente;

Sviluppare le risorse personali dell’utente;

Promuovere la crescita personale e saper rilevare adeguatamente i compiti
evolutivi che il soggetto, la coppia o la famiglia si trovano ad affrontare in quel
preciso stadio del proprio ciclo di vita;

Aiutare l’utente ad affrontare i momenti di crisi e di difficoltà, quindi
sostenerlo nel superamento di antichi equilibri e nella riorganizzazione
funzionale di nuovi assetti relazionali;

Favorire l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone che chiedono aiuto,
sviluppando il senso di autoefficacia che nasce dall’esperienza del potere
mettere in gioco risorse proprie per risolvere determinate difficoltà;

Incrementare le competenze progettuali e decisionali, che consentono agli
individui di essere artefici e protagonisti del proprio futuro.
Concludendo questo primo momento di riflessione, possiamo
affermare che il couselling si fonda sulla convinzione che la
persona bisognosa di aiuto non riesce a trovare da sola ke
soluzioni adeguate ma comunque conserva e detiene risorse
interiori, emotive, affettive e cognitive: il consulente deve
attivarle e promuoverle.
Aspetti pedagogico-educativi del processo di consulenza
Da quanto detto, emerge prepotentemente come vi siano delle
analogie tra il processo di consulenza descritto e i concetti
pedagogici utilizzati per approfondire i temi della relazione e
della comunicazione educativa. Entrambi, infatti, sono:
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centrati sull’utente e non sull’operatore;
l’utente è il protagonista del proprio cambiamento;
la relazione tra utente e operatore è un elemento fondamentale;
vi è un aspetto maieutico del “tirar fuori”;
sono fondamentali, in essi, la consapevolezza e l’avvaloramento delle risorse
personali per favorire un vero processo di cambiamento.
Nonostante tutte queste analogie, comunque, in tutti gli studi
concernenti la consulenza, anche quando quest’ultima và
configurandosi come un intervento rivolto alla persona nella sua
integralità, si presta maggiore attenzione agli aspetti sociali e
psicologici piuttosto che a quelli pedagogici. E questo perché la
consulenza viene concepita come qualcosa di estraneo all’attività
tipica del discorso pedagogico. E questo perché essa è considerata
estranea alla direttività tipica del discorso pedagogico
L’attività educativa per sua natura implica
l’assunzione di un ruolo attivo e normativo: esige la
definizione di mete e imllica un messaggio proprio
da comunicare. Ogni processo educativo è per sua
natura teleologico.
Una meta che non si raggiunge attraverso un processo
lineare e statico ma bensì circolare e dinamico. Un
percorso che vede gli obiettivi ri-definirsi in
continuazione nel rapporto con il soggetto.
Ciò che postula l’aspetto pedagogico è l’attivazione di
processi di elaborazione e di organizzazione del
sapere. Apprendere ad apprendere, cioè acquisire
strumenti metacognitivi che assecondino processi di
permanente apprendimento.
L’intervento educativo nelle situazioni di
consulenza mira a favorire il cambiamento e ad
aumentare la consapevolezza di sé nell’utente.
Pertanto, l’obiettivo educativo consiste nel fornire
strumenti mediante i quali la persona possa
affrotare la complessità del reale in modo
autonomo, al fine di poter compiere scelte che la
rendano protagonista della propria vita.
Per consulenza educativa intendiamo: un processo
di aiuto rivolto al singolo, alla coppia, alla
famiglia o alle istituzioni, atto a promuovere le
potenzialità educative insite in ogni essere
umano (Simenone, 1997).
La consulenza educativa non s’innesta, a differenza di quella
psicologica, su un bisogno predeterminato bensì su un esigenza di
perfezionamento. E, in tal senso, si evince la sua funzione
principale: aiutare i soggetti interessati a chiarire la situazione o le
difficoltà avvertite al fine di migliorarle in riferimento alle
oggettive condizioni personali, coniugali, parentali e familiari nel
complesso.
Citando Pati (Pati, 1990), tale consulenza riguarda quello “spazio
individuabile in un preciso segmento: lo scarto tra ciò che il
soggetto è in un certo momento della sua storia e ciò che può essere
e può diventare in quel determinato momento evolutivo”.
Essa permette un nuovo modo di vedere le cose, una nuova
comprensione del sé, una maggiore coscienza dei propri
condizionamenti interni ed esterni affinchè il soggetto possa
diventare protagonista della propria esistenza.
Essa chiama in causa il “dover essere”: è un aiuto alla persona perché
possa definire gli obiettivi della propria vita in modo congruente
con i propri riferimenti axiologici.
Consulenza educativa e consulenza
clinica (Varriale, 2000)
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Consulenza educativa
Logica educativa del prendersi cura
Situazioni di crisi psico-sociale
Contesto non sanitario
Spessore educativo del processo
Rivolta a persone
momentaneamente disorientate da
un problema contingente che crea
incapacità d’azione
Obiettivi educativi legati a processi
decisionali
Non punta a ristrutturazioni della
personalità
Setting poco strutturato
Numero di incontri limitato
Enfasi è posta sulla prevenzione e
promozione di benessere.
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Consulenza clinica
Logica sanitaria del trattamento
Situazioni patologiche
Contesto sanitario
Spessore terapeutico del processo
Rivolta a persone che manifestano una
significativa sofferenza emotiva
Con obiettivi curativi
Punta alla ristrutturazione della
personalità
Setting molto strutturato
Numero di incontri più ampio
L’enfasi è posta sulla diagnosi e sulla
cura
Responsabilità educativa ed empowerment
L’educatore ha il compito di aiutare la persona bisognosa di
aiuto a muoversi nella direzione del cambiamento positivo e
a individuare gli spazi di azione che permettono di
realizzare un vero e proprio processo di trasformazione; in
altri termini operare per l’empowermente della persona.
L’empowerment è “il processo di ampliamento delle
possibilità che il soggetto può praticare e rendere operative
e tra le quali può, quindi, scegliere” (Buscaglioni, 1994)
L’empowerment si prefigge di aumentare la libertà e la
responsabilità del soggetto, ampliando le possibilità di scelta
e favorendo il raggiungimento di specifici obiettivi.
Secondo Piccardo (1995) il ogni area disciplinare e di
intevento il concetto di empowerment è stato sviluppato per
il tramite di approfondimenti specifici che, sempre secondo
l’autore, possono essere riassunti identificando alcune
parole chiavi.
Il concetto di empowerment nelle diverse aree disciplinari
Politica
Psicologia di
comunità
Medica e
psicoterapeutica
Pedagogica
Emancipazione
Controllo percepito
Importanza appresa
Apprendimento
continuo
Iniziativa
individuale
Partecipazione
democratica
Autoefficacia
Autonomia
Responsabilità e
opportunità
Influenza personale
Tolleranza della
diversità
Impegno
appassionato
Padronanza della
propria vita
Ricerca cooperativa
Capacità negativa
Fiducia in sé
appresa
Rilevanza
dell’apprendimento
Delicatezza e
gentilizza
Le persone al primo
posto
Impegno
Coinvolgimento
attivo
Feedback
L’approccio educativo basato sull’empowerment implica il
passaggio di interventi centrati sul problema ad interventi
centrati sulle capacità e sulle competenze personali
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Interventi centrati sul problema
Sottovalutazione delle potenzialità.
Attenzione centrata sui problemi
Svilimento delle abilità e delle
potenzialità della persona.
Attegimento di passività
Rafforzamento dell’idea di sé come
debole e inadeguato
Aumento della dipendenza dai
servizi e dagli operatori.
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Interventi centrati sulle capacità e
competenza
Avvaloramento delle risorse.
Analisi delle difficoltà.
Ricerca di aiuto.
Collaborazione.
Intervento incentrato sulla persona.
Capacità di affrontare le difficoltà.
Definizione di sé in termini di
capacità.
Interiorizzazione di un’immagine di
sé in terminidi capacità e di
competenze.
Dalla crisi alla progettualità educativa
Il termine crisi designa la rottura di un equilibrio precedentemente
costituito e implica la trasformazione dei consueti schemi
interpretativi e di azione che si rivelano inadeguati alle nuove
esigenze.
Morin (1980) “mettendo in crisi il concetto di crisi” sottolinea come
quest’ultima offra l’opportunità di svelare “ciò che era nascosto,
latente, virtuale all’interno della società (o dell’individuo); gli
antagonismi fondamentali, le rotture sismiche sotterranee, i
percorsi occulti delle nuove realtà, … mette in moto, non fosse
che in embrione o per un attimo, tutto quello che può portare
cambiamento, trasformazione, evoluzione”.
La crisi pone il soggetto davanti alla necessità di compiere delle
scelte, prendere decisioni, ridefinendo il proprio progetto
esistenziale alla luce dei nuovi eventi e in funzione dei propri
riferimenti axciologici.
La crisi, diviene almeno potenzialmente, un’occasione di “riorientamento” a patto che la persona coinvolta abbia le risorse
necessarie per comprendere e guidare il cambiamento.
La crisi percepita come opportunità, rappresenta il punto di avvio di
una relazione di aiuto che voglia sostenere la persona e orientarla
verso nuovi traguardi evolutivi.
Nel momento in cui il cambiamento è guidato dall’intenzionalità
progettuale esso può dar vita a un processo di ridefinizione degli
obiettivi dei soggetto.
Un processo di “progettazione esistenziale” (Bertin e Contini, 1983)
… l’orientamento del soggetto rivolto ad elaborare, vagliare e
unificare aspirazioni, criteri di valore ed obiettivi, non in funzione
dell’attuale (esistente) ma in funzione del possibile (esistenziale),
ipotizzabile dall’immaginazione, verificabile dall’intelligenza,
concretabile in un processo incessante (di costruzione e
decostruzione) dell’esperienza in cui il soggetto è storicamente
inserito e ovviamente proiettato nel futuro.