lezione 4 etica econ., etica del lavoro

Download Report

Transcript lezione 4 etica econ., etica del lavoro

Etiche del lavoro, etiche
economiche
,
• Nel mondo romano non esiste una
elaborazione culturale di valori mercantili
•
• Il mondo mercantile e commerciale romano
non è in grado di elaborare valori autonomi
dal mondo rurale. Il modello di ricchezza è
rappresentato sempre dalla rendita agraria, e
sociologicamente e intellettualmente
predomina sempre il modello aristocratico
,
• Il mondo romano ha forti tratti di individualismo
(ad esempio nelle concezioni e dottrine
giuridiche) ma non sul piano economico
•
• L’attività commerciale su larga scala identifica
sempre un ruolo sociale di transizione, sulla via
dell’accumulazione agraria. La storia dei
commerci romani non è mai storia di grandi
dinastie mercantili
•
,
• La fuga dal lavoro dei ceti intellettuali implica
anche il ritrarsi da tutto quello che concerne le
condizioni tecnologiche e sociali nelle quali i
processi di produzione si svolgono
• - In età greca e romana la tecnologia esiste,
ma si concretizza in pratiche sociali e non in
teorizzazioni. Le esperienze (per la messa a
punto degli strumenti, per l’addestramento
degli uomini liberi o schiavi, per la
trasmissione delle tecniche produttive, ecc.)
restano a livello di tradizioni orali, in saperi di
conoscitori empirici.
.
• Pochissimi testi ‘pratici’ (Archimede – perduti , Vitruvio, la Meccanica di Erone, i trattati
militari di Vegezio e di altri)
•
• società a-tecnologiche (lo sviluppo anche
Occidentale è recente inquesto campo)
•
• [rivoluzione culturale in atto nel Cinquecento,
fra Bacone e Galileo]
.
• Confronto con quello che sta alle spalle:
rivoluzione neolitica (agricoltura, metallurgia,
tessitura, ceramica; urbanizzazione)
• fra Neolitico ed età del ferro un vero balzo
tecnologico
• secondo alcuni, solo due rivoluzioni:
rivoluzione neolitica e rivoluzione industriale
• dall’età del ferro sino alla rinascita economica
tardomedievale dobbiamo registrare in
Occidente un vuoto di incrementi significativi
.
• Né le campagne né le architetture sono il
campo di applicazione della tecnologia
•
• c’è un «abbandono cognitivo del mondo della
produzione a saperi minori, al particolarismo
delle tradizioni»
•
• ‘dematerializzazione’ della natura sensibile,
orientamento alla ricerca delle cause prime,
già avviata nella fisica ionica,
,
• riconoscimento del carattere superiore della
immaterialità del pensiero e degli aspetti emotivi,
etici e politici della realtà sulla materialità del
mondo fisico
• La rimaterializzazione dell’immagine filosofica
della natura deve attendere il Rinascimento e la
rivoluzione scientifica fino al meccanicismo e al
sensismo moderni, da Hobbes a Locke
•
• Dalla filosofia antica è assente l’esperimento e
l’osservazione diretta e quantitativa della natura
.
• Non è la presenza degli schiavi a ostacolare lo
sviluppo del macchinismo antico; la
sconnessione fra produzione e macchine risale
a una condizione più lontana
•
• Ma la presenza e l’abbondanza degli schiavi
copre e occulta gli effetti del deficit
tecnologico e meccanico fornendo energia a
basso costo
.
• concezione del lavoro
•
• predomina a lungo la concezione antica
•
• il termine stesso labor indica fino al XVII secolo uno sforzo intenso e
penoso
•
• I termini che vengono usati in accezione affine nel medioevo sono
opera, ars, fatica, che indicano abilità; ministerium, che indica il
compimento di un servizio
•
• fatica (stessa etimologia di fatisci, ‘fendersi’)
• E. Hobsbawm, Lavoro cultura e mentalità nella società industriale,
Laterza, Bari 1986
• L. Dal Pane, Storia del lavoro in Italia, Milano 1958
.
• La società contemporanea è l'unica in cui la
moneta come strumento di scambio e le leggi
della domanda e dell'offerta che si
confrontano in un mercato astratto sono
davvero egemoni
•
• Nelle altre società l'economia è indistinguibile
dalle istituzioni.
,
• Nelle società premoderne non c'è nessuno spazio
per le leggi della teoria economica
contemporanea (della domanda, dell' offerta, dei
costi e del profitto), ma solo meccanismi dello
scambio funzionali all’integrazione sociale
• Beni e risorse circolano attraverso forme di
accentramento e di redistribuzione della
ricchezza da parte di un potere centrale, oppure
su base di reciprocità ~ non solo e non tanto
individuale quanto collettiva - fra gruppi e entità
politiche diverse e concorrenti
.
• Il commercio in senso moderno (scambio
mediato dalla
• moneta e/o da un intermediario specializzato)
ha una funzione solo secondaria nella
circolazione dei beni in età altomedievale
• Più rilevante è la gamma di istituzioni sociali
che si colloca fra la rapina e il dono (sia nelle
relazioni fra i popoli sia nelle relazioni fra gli
uomini - un capo e i suoi gregari, ecc.)
.
• Il mondo altomedievale non è dominato da
• un' economia chiusa del baratto rurale e dell'
autarchia. . .
• Ma da un'economia 'aperta' del dono e del
saccheggio, della guerra, che schiaccia l'antico
spazio del mercato
.
• I germani lasciano disgregare il circuito
tassazione - coniazione, estraneo alla loro
cultura (ideologia della libertà da ogni onere
del guerriero franco, disponibilità
• larga a favorire le chiese: ideale dello spreco e
dl dono, cultura del dono e della preda)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
.
Concezioni sulle attività lavorative nell’alto e nel pieno medioevo
Alto medioevo
riduzione della nozione di lavoro a lavoro manuale, e a lavoro rurale
Fra il VI e l’VIII secolo laborare si specializza nel senso del lavoro
agricolo, sia come verbo transitivo sua in forma assoluta
Silenzio delle fonti agiografiche sul lavoro manuale
Elogio della vita contemplativa (Marta e Maria)
È valorizzato solo il lavoro del monaco (inteso in senso penitenziale)
Artigiani sacri o prestigiosi (orafi, monetieri)
.
• Quando la coniazione viene trasformata da
oro in -.. argento si innesca fra VIII e IX secolo
il meccanismo che contribuisce al
superamento dell'economia e della
stagnazione altomedievale e barbarica,
aprendo la strada alla pressione signorile sulla
rendita fondiaria e alla
• ricomparsa di una logica del guadagno
monetario nei secoli XI e soprattutto XII
•
.
• XII secolo: riabilitazione del lavoro manuale
come opera di Dio (Cisterciensi; al contrario
dei Cluniacensi che l’avevano sacrificato alla
liturgia e al lavoro intellettuale)
Due modelli di imprenditorialità monastica
• Cluny: tesaurizzazione dei beni di lusso, edifici sfarzosi
• Citeaux: povertà personale dei monaci, scelte economiche di
tipo produttivo
– “Se possiedi molto grano, non trovare piacere nell’ammassarlo nelle
ceste. Chi ama ammassare vuol diventare assassino dei poveri…
– Vendi il grano quando vale abbastanza, e non quando non può essere
comperato dai poveri. Vendi ai vicini a un prezzo minore, anche se ti
siano nemici; il nemico infatti non lo si vince sempre con la spada,
mentre spesso lo si sconfigge essendogli utili”
[Ps. Bernardo, Raymundo domino castri Ambruosii, PL 182, ep. 146]
.
• LA SCIENZA E IL TEMPO, REALTA’ NON VENDIBILI
• Scientia donum Dei est, unde vendi non potest
•
• Tempo nuovo, misurabile, orientato e prevedibile, che
si contrappone al tempo eternamente ricominciato e
perpetuamente imprevedibile dell’ambiente naturale
•
• “Queritur an mercatores possint licite plus recipere de
eadem mercatione ab illo qui non possit statim solvere
quam ab illo qui statim solvit. Arguitur quod non, quia
tunc venderet tempus et sic usuram committeret
vendens non suum”
,
• Si chiede se i mercanti possono lecitamente
riscuotere per la medesima transazione una
somma maggiore da chi non può pagar subito
rispetto a chi paga subito. Si deduce di no,
perché in tal caso venderebbe il tempo, e
commetterebbe usura vendendo ciò che non è
suo
• H. Dorhn von Rossum, L’heure qui passe, Paris
1998
.
• L’orologio comunale come strumento di dominazione
economica, sociale e politica del ceto mercantile e
imprenditoriale che governa la città
•
• Dal tempo delle campane al tempo degli orologi
• Tempo urbano contro tempo rurale
• «Campane dicuntur a rusticis qui habitant in campo, quia
nesciunt iudicare horas nisi per campanas» (Giovanni di
Garlandia, inizi 200)
•
• tempo del lavoro nell’alto medioevo:
• ritmi della vita agraria, esenti dalla fretta, senza scrupolo di
esattezza, senza preoccupazioni di produttività
•
.
• Solo nel XII secolo si può parlare di comparsa
della mentalità del profitto
•
•
• Impotenza della teologia e spiritualità
monastica di fronte al nuovo mondo;
Incapacità culturale da parte di persone
avvezze ad un mondo austero, stabile, di
cogliere il nuovo.
.
• Ruperto di Deutz presenta lo sviluppo urbano
come una delle conseguenze del peccato; le
città sono il ricettacolo di infami trafficanti e
di vagabondi
•
•
.
• XII sec.: sistemazione concettuale
• Ugo da S. Vittore: «la filosofia si suddivide in
logica, etica, teorica e meccanica. La meccanica,
recente per luogo e dignità, con fatica ottenne di
far parte del consesso della filosofia, ma una più
equilibrata considerazione la ha ammessa.
Pertanto essa si è articolata in sette distinti
interessi, compensando i rischi della ignobiltà
con il numero delle parti. Infatti contiene il
lanificio, la fabbricazione delle armi, la
navigazione, l’agricoltura, la caccia, la medicina,
l’arte teatrale»
Mestieri leciti e mestieri illeciti
nell’Occidente medievale
• mestieri proibiti “negotia illicita”
• occupazioni disoneste o vili “vilia officia”
I tabù delle società primitive:
il sangue (macellai, carnefici, chirurghi)
la sporcizia (tintori, cuochi, lavandai)
il denaro (mercanti, salariati, prostitute)
tabù aggiunti dal cristianesimo
lussuria (locandieri, giullari, tavernieri)
avarizia (uomini di legge)
La rivoluzione tra XI e XIII secolo
Tra XI e XIII secolo nell’Occidente cristiano avviene una
rivoluzione economica e sociale, di cui lo sviluppo
urbano è il sintomo più lampante, e la divisione del
lavoro l’aspetto più importante. Nuovi mestieri nascono
o si sviluppano, nuove categorie professionali appaiono
o prendono corpo, gruppi socio-professionali nuovi,
forti del loro numero, del loro ruolo, reclamano e
conquistano una stima, ossia un prestigio adeguati alla
loro forza. Essi vogliono essere considerati e ci riescono.
Il tempo del disprezzo è finito.
Il tempo di Dio
• “Se io ti presto 100 non posso chiederti tra un
mese 110, perché, così facendo ti avrei
venduto il tempo trascorso. Ora, siccome il
tempo non è né mio né tuo, ma di Dio,
nessuno può venderlo”.
• In questo senso il dibattito sull’usura si colloca
in quel più generale passaggio dal “tempo
della chiesa” al “tempo del mercante”
Cfr. J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante,
Dalla “superbia” alla “aviditas”
Se un creditore non ha prestato denaro con l’intenzione
di ricevere in restituzione qualcosa oltre il capitale
prestato, potrà ricevere legittimamente qualunque cosa
il debitore voglia elargirgli come ringraziamento. Ma se
invece la sua intenzione, anche implicita, era quella di
ottenere in restituzione qualcosa di più del capitale,
allora lo chiamiamo usuraio se riceve questo qualcosa in
più, e soprattutto se lo esige, perché è da questa
passione per il guadagno a dare il nome al suo mestiere.
Simone di Bisignano, Summa, attorno al 1178
Il commerciante è usuraio?
Ci si può chiedere se i mercanti che comprano
a poco con l’intenzione di vendere a molto
debbano essere chiamati usurai, e si deve
concludere per il no, dal momento che il loro
mestiere è di rendere migliori le cose
commerciate o comunque di occuparsene
dandosi da fare con impegno e fatica, sì che è
loro consentito di commerciare.
Simone di Bisignano, Summa, attorno al 1178