Surrealismo - cst massa carrara

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Surrealismo
Roberta Zampolini
1
Il surrealismo
è un movimento artistico-letterario che ebbe
la sua massima espansione nel periodo fra
le due guerre.
Nacque ufficialmente in Francia nel 1924
quando lo scrittore André Breton pubblicò il
"Manifeste surréaliste".
Roberta Zampolinii
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Nel manifesto Breton, definisce il
Surrealismo come un
“automatismo psichico puro con il
quale ci si propone di esprimere,
sia verbalmente che in ogni altro
modo, il funzionamento reale del
pensiero, in assenza di qualsiasi
controllo esercitato dalla ragione, al
di fuori di ogni preoccupazione
estetica o morale".
Roberta Zampolinii
Breton diceva
“..mettetevi nel luogo più favorevole per la
concentrazione del vostro spirito…
Ponetevi nello stato maggiormente passivo
o ricettivo.
Fate astrazione dal vostro genio, dalle vostre
capacità e da quelle di tutti gli altri.
Producete rapidamente…
la prima fase uscirà senza sforzi…
la seconda sarà influenzata dalla vostra
attività cosciente...”
Interiorità dell’animo
L'interiorità dell'animo umano è stata esplorata nel
corso della storia dell'arte soprattutto a partire dal
Romanticismo, quando artisti come Turner,
Friedrich e Gericault si addentrarono in questa
dimensione della realtà umana sempre esistita ma
di cui non si era avuta per lungo tempo coscienza
precisa.
I romantici continuarono però a rapportare lo
sguardo verso il profondo con il mondo esteriore,
proiettandolo cioè nell'aspetto della natura.
Roberta Zampolini
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Interiorità dell’animo
Nel corso del XX secolo si assistette alla
creazione di forme atte a rappresentare la
parte oscura della coscienza, quell'inconscio
ampiamente teorizzato nello stesso periodo da
Sigmund Freud, padre della psicoanalisi.
Il movimento surrealista fornì immagini
fortemente suggestive in grado di fissare sulla
tela ciò che nasce dal profondo dell’anima e si
manifesta nell’arte come nel sogno.
I surrealisti tentarono la rielaborazione in
chiave creativa del pensiero psicoanalitico.
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Caratteristiche del movimento
attenzione alla dimensione dell'uomo che
oltrepassa la sua realtà ordinaria
percepibile con gli strumenti della logica.
Grazie alle teorie di Freud
il sogno entra nell'universo dell'arte,
non come fantasia allegorica o stravaganza
come accadeva in passato,
bensì come diretta espressione dell'inconscio
portato alla luce dalla profondità dell'io.
Bisogna liberare tutte le potenzialità
espressive della natura umana.
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In sostanza il surrealismo
rivaluta il sogno,
l'irrazionalità,
la follia,
gli stati di allucinazione,
cogliendo l'essenza intima della
realtà,
Bisogna andare oltre la realtà stessa per
"succhiare" il midollo della vita.
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I maggiori rappresentanti
oltre al teorico del gruppo Breton,
sono
Ernst,
Masson,
Magritte,
Delvaux,
Mirò,
Dalì.
Roberta Zampolini
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MAGRITTE
(1898-1967)
La ricerca sistematica di un “pensiero in immagini”
costituisce lo spazio teorico e creativo di questo pittore,
uno degli interpreti più originali tra
gli orientamenti surrealisti.
Un artista profondamente interessato alla
conoscenza del mondo
come inseparabile dai suoi aspetti
misteriosi ed enigmatici.
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MAGRITTE
(1898-1967)
Attraverso una pittura
dichiaratamente banale e accademica,
costruisce luoghi, spazi, situazioni e
rapporti in cui si rivela
il “mistero dell’esistenza”, il sentimento di
stupore e di angoscia che sorge di fronte allo
spettacolo della rappresentazione e
ai suoi meccanismi illusori.
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MAGRITTE
(1898-1967)
Partendo dalla convinzione che
il significato del mondo è impenetrabile,
egli concepisce la pittura come
strumento di evocazione del mistero;
indaga quegli aspetti familiari del mistero presenti
nella realtà quotidiana nel modo abituale di
osservare le cose,
per poterne ricavare rapporti segreti ed invisibili.
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MAGRITTE
(1898-1967)
Egli dipinge secondo il principio della riconoscibilità:
nelle sue tele appaiono cieli, persone, oggetti,
uniti da nuovi legami
che non corrispondono alla logica delle convenzioni
ma ad un nuovo ordine delle cose.
Roberta Zampolini
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MAGRITTE
(1898-1967)
Nelle proprie opere l’artista belga si propose di
mettere in luce il singolare paradosso per cui il
linguaggio abitualmente impiegato per descrivere la
realtà non può, al contrario, che dar luogo ad un’infinita
serie di fraintendimenti, perché si fonda su convenzioni
sprovviste di qualsiasi grado di verità.
L’uso della parola
L’artista vuole evidenziare la
differenza che esiste tra
figurazione del visibile e
sfera dell’oggettualità.
Dipinge in maniera molto
precisa una pipa, che però
non può essere fumata
perché è un oggetto
disegnato, allora non è una
pipa.
Infatti è un’immagine di
una cosa, non è la cosa,
così come non lo è il suo
nome.
Lo spettatore rimane divertito e
sconcertato.
L’occhio vede un determinato
oggetto ma la mente sa che si
tratta di una finzione
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L’impero delle luci
Il titolo, dato da Paul Nougè, predica
la supremazia della luce mentre
l’opera celebra il mistero delle
tenebre e dell’oscurità.
L’autore a lungo aveva pensato come
evocare in un unico quadro notte e
giorno senza ricorrere al simbolismo
convenzionale.
Magritte riuscì qui a realizzare il suo
progetto opponendo ad un cielo
diurno un paesaggio notturno,
illuminato con luce artificiale.
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La riproduzione vietata (ritratto di Edward James)
L’uomo, che lo spettatore vede di
spalle, è posto davanti ad uno
specchio, ma questo anziché
mostrarne il volto e lo sguardo lo
fa vedere ancora di spalle.
Non si tratta di uno specchio
truccato perché il libro, in basso
a destra, si riflette
correttamente.
Il problema non riguarda gli
oggetti ma l’individuo che non
riesce a ritrovare la propria
identità, a riconoscere
l’immagine riflessa della propria
persona, a mostrare il proprio
volto allo sguardo degli altri.
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Joan Mirò
(1893-1983)
Catalano di origine, dopo aver assimilato le forme
dell’avanguardia parigina tra cubismo e dadaismo,
esprime il bisogno di raggiungere la massima intensità
espressiva con mezzi essenziali,
con la semplicità di forme e di colori,
alla ricerca di un equilibrio tra figuratività e astrazione
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Joan Mirò
(1893-1983)
L’adesione di Mirò al surrealismo
è legata all’idea di una comunicazione che
sprigiona energie immaginative
non riducibili ai limiti della stessa pittura,
ma in grado di suggerire un vitalismo continuo,
una costante germinazione di emozioni.
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Paesaggio catalano (il cacciatore)
É un’opera emblematica
del modo di procedere
dell’artista, che traspone
l’amato paesaggio della
terra natale, soggetto
prediletto di molte opere
giovanili, in una
dimensione simbolica ed
immaginaria.
In uno spazio ampio, definito sola dalla linea alta e ondulata all’orizzonte, la
figura stilizzata e buffa di un cacciatore che fuma la pipa s’incontra con animali
reali ed immaginari, con linee e segmenti, coni e sfere, occhi, scale, lettere
dell’alfabeto. Il colore è usato puro, steso in ampie campiture uniformi;
dell’arancio e del rosso. Proprio come nei disegni infantili, l’opera è priva di
simmetria, non ha un centro definito, nè segue una disposizione gerarchica
delle parti, proponendo allo spettatore di immergesi emotivamente
nell’immagine colorata e ludica.
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A differenza di altri surrealisti,
le cui opere sono caratterizzate
da atmosfere inquietanti,
Mirò realizzò sempre
creazioni di gioiosa e vitale energia.
Il bell’uccello rivela l’ignoto a una coppia di innamorati
Quest’opera fa parte della serie delle
Costellazioni, realizzate durante la
Seconda Guerra Mondiale, mentre
l’artista risideva sulla costa della
Normandia.
Come l’opera anche il titolo è surreale.
Essa è un insieme di idee libere.
L’immagine è composta da tanti
elementi: forme geometriche nere non
perfette, forme fantasiose piatte e occhi
legati da sottilissime linee nere.
Nonostante l’insistenza del nero, che riduce gli altri colori a piccole
macchie, e la presenza di tanti occhi sgranati sull’ignoto, l’opera è
caratterizzata da un’armonia compositiva che fa pensare ad una
partitura musicale. Il fondo è dato con la tecnica della guache, una
sorta di tempera il cui legante gommaso ne accentua la trasparenza.
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Salvador Dalì
(1904-1989)
Il pittore spagnolo
aderì piuttosto tardi al surrealismo,
ma vi restò fedele per tutta la vita,
anche dopo il distacco definitivo dal
gruppo di Breton
Salvador Dalì
(1904-1989)
Egli dipingeva seguendo un metodo
da lui stesso definito
“paranoico critico”
un metodo spontaneo della
conoscenza irrazionale
in grado di creare
“associazioni deliranti”
Salvador Dalì
(1904-1989)
"Il fatto che neppure io, mentre dipingo,
capisca il significato dei miei quadri,
non vuol dire ch'essi non ne abbiano
alcuno: anzi, il loro significato è così
profondo, complesso, coerente,
involontario da sfuggire alla semplice
analisi dell'intuizione logica”.
Enigma del desiderio, mia madre,
mia madre, mia madre…..
Dalì stesso lo considerava una delle sue
opere più importanti. È uno dei rari omaggi
alla madre, che non compare mai nella
vasta produzione dell’artista.
In mezzo ad un paesasggio desertico si
eleva una strana roccia giallastra a forma di
ala, levigata da agenti fisici nel corso di ere
geologiche e attraversata grandi aperture.
La maggior parte della superficie è
disseminata di incavi arrotondati sul cui
fondo si legge ma mére. La bizzarra
formazione emerge dal terreno con delle
nervature vagamente architettoniche
terminanti in una voluta che si trasforma, senza soluzione di continuità, nella testa senza
bocca, dall’enorme, pesante palpebra chiusa,che diviene presenza costante nei quadri di Dalì.
Sulla sinistra sono riuniti in un gruppo compatto alcune delle ossessioni di Dalì: il pesce, la
cavalletta, la mano che brandisce il coltello, la testa femminile dai lunghi capelli, il leone che
ruggisce, simbolo di tutti i desideri.
Salvador Dalì
(1904-1989)
La possibilità di creare immagini
in grado di mostrare
significati lontanissimi fra loro,
semplicemente fissando l’attenzione
su alcuni particolari invece che su altri,
con un processo che avviene tutto nella mente
dell’artista prima e dell’osservatore poi,
affascinava a tal punto Dalì che vi si dedicò
sovente nel corso della sua carriera.
Viso di Mae West utilizzabile come
appartamento surrealista
Un bellissimo saggio di abilità nell’alterazione
di un’immagine è questa opera. Come base
l’artista si era servito di una famosa fotografia
della celebre diva di Hollywood che, pur nelle
trasformazioni alle quali egli ne sottopone i
lineamenti, rimane ancora ben riconoscibile.
Vengono persino esaltate quelle caratteristiche
di sensualità un po’ pacchiana che erano la
maggiore arma dell’attrice. Esempio classico è
quello delle sue labbra, qui trasformate nel
divano imbottito, rivestito di stoffa vermiglia,
al centro della stanza. I capelli, poi sono
trasformati in suntuosi tendaggi; gli occhi in
Due paesaggi assolutamente verosimili.
Viso paranoico
(La cartolina trasformata in Picasso)
Il soggetto di questo dipinto, può
essere sia un paesaggio che
mostra un villaggio africano con
alcune figure intorno ad una
costruzione cupoliforme; sia un
volto umano, molto più evidente
se si ruota l’immagine verso
destra di 90°.
Si vedrà in tal caso un viso dalle
caratteristiche spiccatamente
picassiane.
Volto della guerra
E' stato realizzato quando l' artista si trovava al sicuro negli Stati Uniti per sfuggire alla
guerra in Europa. Si tratta di una delle immagini più forti e paurose tra quelle inventate da
Dalì. La guerra generatrice di morte, alimenta in Dalì l'angoscia. Forse la sua immaginazione
è mossa dal ricordo della guerra civile in Spagna più che dalla IIa Guerra Mondiale iniziata da
poco. Ma il volto della guerra può essere attribuibile agli orrori di tutte le guerre.
Nel dipinto, in primo piano, su un paesaggio desertico, vuoto fino all' orizzonte, è
rappresentata la maschera della morte; le sole presenze vive sono i vermi-rettili che
fuoriescono minacciosi, ma che non trovano nulla su cui avventarsi.
La prospettiva angosciosa della figura, indica la
moltiplicazione all' infinito del male totale
Causato dalla guerra, portatrice di morte
distruzione. I vuoti delle orbite e della bocca
sono occupate da teschi, che contengono altri
teschi, che ci lasciano intuire che quella che
vediamo sia solo una delle infinite facce della
guerra, contenuta a sua volta in una più grande.
I colori predominanti sono il giallo e il marrone.
In basso a destra della tela c' è l'impronta della
mano di Dalì.
Istituto Alberghiero G. Minuto
Prof.ssa Roberta Zampolini
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