Transcript qui

Lezione I
L’Italia antica e i suoi caratteri,
con particolare riferimento
all’Italia meridionale
L’oggetto del modulo e i suoi limiti
geografici
• Le nostre lezioni si concentreranno in particolare sull’Italia
meridionale tra il IV sec. a.C. e il V sec. d.C.
• In queste lezioni adotteremo dunque un concetto ampio di
Magna Grecia: la definizione più rigorosa (l’area
colonizzazione greca in Italia meridionale) non ha molto
senso in età romana.
• Particolare attenzione sarà dedicata all’area corrispondente
all’attuale regione Calabria, nota in età romana come
regione dei Bruttii.
• Nelle dispense il quadro geografico preso in esame è più
ampio: l’Italia, intesa nei suoi confini attuali.
2
L’oggetto del corso e i suoi limiti cronologici
• Il limite “alto” al IV sec. a.C.:
– scelto per evitare sovrapposizioni con il modulo di Storia della Magna
Grecia I.
– Alla metà del IV sec. a.C., con la I guerra sannitica, Roma si affaccia a
questo scenario.
• Il limite “basso” al V sec. d.C.:
– corrisponde al tradizionale limite tra storia antica e storia medievale
nella storiografia italiana (più precisamente posto al 476 d.C., con la
caduta dell’Impero romano d’Occidente).
– Scelto anche per evitare sovrapposizioni con il corso di Storia bizantina.
• Leggermente più ampio il contesto cronologico delle dispense,
che prendono le mosse dal V sec. a.C.
• Limiti convenzionali, che in qualche caso sarà opportuno
scavalcare.
3
I limiti tematici del corso
• L’ossatura del corso sarà ovviamente fornita
dagli eventi politici che interessarono l’Italia
meridionale in età romana.
• Molto spazio sarà tuttavia riservato agli aspetti
della civiltà materiale e culturale:
– in considerazione degli obiettivi del nostro corso di
laurea;
– poiché non sempre è facile ricostruire il quadro
cronologico degli eventi politici e militari, a causa
dello stato della nostra documentazione in alcuni
periodi (fase delle origini; I-II sec. d.C.).
4
Italia: un concetto geografico in
espansione
• Il concetto d’Italia nel periodo che
prenderemo in esame era differente da
quello attuale e variò nel tempo.
• Il concetto di Italia ha dunque una sua
storia: originariamente designa la parte
meridionale della regione Calabria, per
arrivare poi ai confini attuali.
5
L’espansione del concetto d’Italia al tempo
della colonizzazione greca: Strabone,
Geografia, VI, 1, 4
• Ai Brettii appartiene il successivo tratto di costa fino allo stretto
di Sicilia, lungo circa milletrecentocinquanta stadi. Antioco nel
trattato Sull'Italia afferma che questa è la regione che ebbe nome
di Italia (e di questa egli scrive), ma un tempo era denominata
Enotria. Come suoi confini egli indica, verso il mar Tirreno, lo
stesso che abbiamo indicato per la Lucania, il fiume Lao e, verso
il mar di Sicilia, Metaponto. Quanto al territorio di Taranto, che
confina con Metaponto, lo pone al di fuori dell'Italia e lo chiama
Iapigia. In tempi ancor più remoti, sosteneva, si chiamavano
Enotri e Itali solo quelle popolazioni che si trovavano in
quell'area posta fra l'istmo e lo stretto di Sicilia. Questo istmo
largo centosessanta stadi, si trova fra due golfi, quello di
Ipponio, che Antioco chiama Napitino, e quello di Scillezio.
6
Italia: un
concetto
geografico in
espansione
7
Il concetto d’Italia agli inizi del I sec.
a.C.: un concetto “politico”
• In senso stretto l’Italia romana è costituita dalla
penisola, fino alla linea Arno-Rubicone: un territorio che
si distingue dalle province per essere smilitarizzato.
• In senso più ampio l’Italia romana arriva fino al punto in
cui abitano cittadini romani:
– 88 a.C. (fine della Guerra Sociale): tutta la penisola a sud del
fiume Po.
– 49 a.C. (dittatura di Cesare): tutta la penisola, fino alle falde
delle Alpi.
– Il confine settentrionale dell’Italia romana ha comunque un
carattere politico e non corrisponde al confine geografico
della regione (lo spartiacque alpino).
8
L’espasione del concetto d’Italia al tempo del
dominio romano: Strabone, Geografia, V, 1, 1
• Alle falde delle Alpi inizia quella che ora si chiama Italia. Gli antichi
infatti chiamavano col nome di Italìa l'Enotria, che si estendeva dallo
Stretto di Sicilia fino al Golfo di Taranto e di Posidonia; poi il nome
prevalse e si estese fino alle falde delle Alpi. Arrivò a comprendere
anche la parte della Liguria che va dai confini della Tirrenia fino a
fiume Varo e la parte dell'Istria che arriva fino a Pola. Si può supporre
che i primi a chiamarsi Itali, grazie alla loro prosperità, fecero partecipi
di questo nome anche i popoli confinanti e continuarono ad estenderlo
fino all'epoca della conquista romana. Più tardi poi, dopo che i Romani
ebbero concesso il diritto di cittadinanza agli Italici, essi decisero di
concedere lo stesso onore anche ai Galli Cisalpini ed ai Veneti e di
chiamare tutti Italici e Romani.
9
L’Italia romana
al tempo di
Augusto
• Una
ricostruzione
fondata sulle notizie di
Plinio il Vecchio,
Storia naturale.
• Riflette
l’abolizione
della provincia di
Gallia Cisalpina verso
il 42 a.C.
• Il dato macroscopico:
l’esclusione di Sicilia e
Sardegna
dall’Italia
propriamente detta.
10
Il concetto di Italia meridionale
in età romana
• Tra i termini che definiscono l’Italia meridionale o
parti di essa in età romana di particolare interesse
quello di Magna Graecia.
– Una definizione che sembra limitata al solo territorio
delle vecchie colonie greche e non comprende l’intero
Mezzogiorno.
– Una definizione che si fonda su caratteri comuni di
ordine culturale e linguistico, piuttosto che sociale ed
economico.
11
La definizione di Magna Grecia in età
romana: Cicerone (metà del I sec. a.C.)
• Cicerone, Lelio sull’amicizia, 13: [a
proposito delle dottrine sull’immortalità
dell’anima] io credo maggiormente
nell’autorità di coloro che abitarono questa
terra e istruirono con i loro insegnamenti e i
loro precetti la Magna Grecia, che certo ora
è quasi scomparsa, ma allora fioriva.
12
La definizione di Magna Grecia in
età romana: Livio (fine I sec. a.C.)
• Un passo tratto dal discorso del 200 a.C. in cui il
console P. Sulpicio Galba ricorda l’ostilità a Roma
delle popolazioni dell’Italia meridionale ai tempi
della guerra contro Pirro.
• Livio, XXXI, 7, 11: “Non solo defezionarono i
Tarentini e gli abitanti di quel lembo d’Italia detto
Magna Grecia, che si potevano credere indotti
dalla comunanza di lingua e dalla fama di Pirro,
ma anche Lucani, Bruzi e Sanniti”.
13
La definizione di Magna Grecia in età
romana: Plinio il Vecchio (metà I sec.
d.C.)
• Plinio il Vecchio, Storia naturale, III, 95: “Da
Locri ha inizio la base dell’Italia, chiamata Magna
Grecia; essa si ritrae a formare tre golfi nel mare
detto Ausonio, perché per primi ne furono padroni
gli Ausoni. La base dell’Italia, secondo Varrone, si
stende per 86 miglia, mentre la maggior parte
degli autori crede che essa misuri 75 miglia”.
• Una definizione che pare individuare la fascia
ionica della Calabria, da Locri a Capo Colonna
(nell’ipotesi delle 86 miglia).
14
La definizione di Magna Grecia in età
romana: Porfirione (II-III sec. d.C.)
• Pomponio Porfirione, Commento alle Satire
di Orazio, I, 10, 30: “[Orazio definì i
Canosini] bilingui, poiché erano avvezzi a
entrambe le lingue, così come per tutto quel
tratto d’Italia che prese il nome di Magna
Grecia poiché vi abitavano in maggioranza
Greci. Perciò dunque sia Ennio che Lucilio
definirono i Bruzi bilingui”.
15
L’assenza di una definizione complessiva di
Italia meridionale in età romana
• Se il concetto di Magna Graecia non coincide con quello
di Italia meridionale, nemmeno altri termini in uso in età
romana sembrano avere questo significato.
• Il Mezzogiorno dei Romani è una realtà composita,
suddivisa tra diverse etnie (Greci, Lucani, Bruzi,
popolazioni della Puglia, Sanniti) e in numerosissime
comunità locali.
• Anche nella divisione regionale augustea il Mezzogiorno
appare diviso in almeno tre regiones: Latium et Campania
(per la sua parte meridionale), Apulia et Calabria, Lucania
et Bruttii.
16
Il concetto storico di Italia
meridionale
• In età romana non pare dunque che il concetto di Italia
meridionale abbia quella valenza storica che ha assunto nei
tempi più vicini a noi.
• Sulla spinta dell’interesse per la “questione meridionale”
non sono mancati studiosi che hanno cercato di leggere in
senso unitario la storia del Mezzogiorno in età romana (in
genere secondo la cifra comune della decadenza politica,
sociale ed economica).
• Oggi la critica storica più avvertita mira a distinguere,
anche per l’età romana, le condizioni peculiari nelle varie
aree di questo territorio molto ampio: non più un
Meridione, ma tanti Meridioni.
17
I nomi degli abitanti dell’Italia
• Italioti: i Greci che abitano l’Italia (V sec.
a.C.)
• Italici: gli alleati di Roma che abitano la
penisola (inizi del I sec. a.C.)
• Italiani: gli abitanti della penisola che hanno
in comune le radici romane e la religione
cristiana (XII sec. d.C.)
18
Il debito dell’Italia nei confronti
dei Greci
• I concetti sopra descritti originariamente non
nascono dalle popolazioni indigene, ma
vengono dall’esterno, dai colonizzatori greci.
– Le popolazioni dell’Italia inizialmente non
riconoscono la loro identità e quella della terra in
cui abitano.
• Ai Greci (e ai Fenici) spetta anche
l’introduzione di due elementi fondamentali di
civiltà: la città e la scrittura alfabetica.
19
Il concetto di città
• Il modello greco della polis (“città-stato”).
– Un organismo politico autonomo, con propri organi di
governo, leggi, culti.
– Un centro urbano, sede delle principali attività
politiche, giudiziarie, religiose.
– Un territorio rurale, sede della principale attività
economica, l’agricoltura.
• La novità del modello della polis in un Italia
dominata da un insediamento sparso, per villaggi.
• Un modello che si afferma, oltre che in Magna
Grecia, in Etruria, Campania, Lazio, parzialmente in
Umbria, ma inizialmente che non penetra nelle zone
interne dell’Appennino e nell’Italia settentrionale.
20
La scrittura alfabetica
• I coloni greci portano in Italia meridionale l’alfabeto,
che era venuto loro dal Vicino Oriente
(particolarmente dai Fenici).
• Dalle colonie greche dell’Italia meridionale (in
particolare Cuma) l’alfabeto greco si diffonde in Italia,
con adattamenti.
• Dall’alfabeto greco, con l’intermediazione etrusca,
deriva anche il nostro alfabeto latino.
• Proprio dall’Italia viene una delle più antiche
iscrizioni greche: la coppa di Nestore da Pithekoussai
(Ischia), del 725 a.C. circa.
21
La coppa di Nestore
La coppa di Nestore da Pithekoussai, 725 a.C. circa,
Museo Archeologico, Lacco Ameno (Ischia)
22
Il testo dell’iscrizione della coppa di Nestore
• Una possibile traduzione del testo: “Io sono la bella coppa di Nestore; chi berrà
da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona”.
• Possibile allusione alla tazza dell’eroe Nestore, descritta da Omero nell’Iliade.
• Testo con andamento sinistrorso, inciso nell’alfabeto dell’Eubea.
23
L’inizio della storia dell’Italia
antica
• La storia dell’Italia antica nasce con i Greci
che:
– Riconoscono l’identità del paese e dei suoi
abitanti.
– Portano in Italia, insieme ai Fenici, il modello
della città e la tecnologia della scrittura
alfabetica.
– Ci trasmettono la prima documentazione scritta
sulla storia dell’Italia.
24
I caratteri generali dell’Italia
• Già gli antichi tentarono di cogliere in uno sguardo sintetico i
caratteri generali dell’Italia.
• Queste brevi descrizioni assumono spesso la forma della laus
Italiae, l’elogio dell’Italia.
• Uno degli esempi più alti di laus Italiae, dal punto di vista
letterario si trova in Virgilio, Georgiche, II, 136-174.
• In questo passo abbiamo il ricordo della ricchezza
dell’agricoltura e delle risorse del sottosuolo, della mitezza del
clima, della forza militare degli Italici, in un complesso gioco di
riferimenti eruditi
• Il passo è riassunto nell’appello finale: “Salve, grande genitrice
di messi, terra Saturnia, grande madre di eroi “.
25
Un’illustrazione del testo di Virgilio: Saturnia
Tellus nell’Ara Pacis
26
Il clima: il pensiero degli autori
antichi
• La varietà del clima dell’Italia, una terra
non molto vasta, ma molto allungata da
nord a sud.
• Da questa varietà climatica discende anche
la varietà di prodotti agricoli.
• In questa varietà di clima vi è un carattere
comune e peculiare: la mitezza.
27
Strabone, Geografia, VI, 4, 1: la
varietà dei climi dell’Italia
• L’Italia è soggetta a condizioni assai varie di clima e di
temperatura, e questo fatto le comporta, nel bene e nel
male, di avere anche una grande varietà di animali, di
piante e, in generale, di tutto ciò che serve ai bisogni della
vita. Essa si estende per lo più in lunghezza, da settentrione
verso mezzogiorno ... l'Italia attuale, estendendosi per così
grande lunghezza fra i due opposti estremi, beneficia al
massimo del clima temperato e ne trae moltissimi vantaggi.
28
Il clima: gli studi di
paleoclimatologia
• Il clima dell’Italia attraversò una fase fredda e umida
fino al 200 a.C.
• Nel periodo seguente la temperatura divenne più mite,
con l’estensione delle colture mediterranee (cf. la
testimonianza dell’agronomo Saserna sull’estendersi
della coltivazione dell’olivo).
• Tra il III e il V sec. d.C. il clima fu piuttosto caldo e
con scarse piogge.
• Nel I e II sec. d.C. il clima dell’Italia romana era
simile a quello degli ultimi decenni (prima degli
attuali fenomeni di riscaldamento globale).
29
Il rilievo
• L’Italia è una terra “giovane”, con numerosi
vulcani (Etna, Lipari, Vesuvio, Colli Albani, Colli
Euganei) e frequenti terremoti.
• Due catene montuose: le Alpi e gli Appennini, che
ostacolano le comunicazioni, ma anche le
invasioni (soprattutto le Alpi nei confronti della
popolazioni settentrionali).
• Una grande pianura a nord, la pianura Padana, e
piccole ma fertilissime pianure nel centro-sud,
specialmente lungo la costa del Tirreno.
30
Strabone, Geografia, VI, 4, 1: l’Italia
è una regione ben protetta
• L’Italia si può considerare quasi un'isola
ben protetta intorno dai mari, ad eccezione
di poche parti, che sono comunque
anch'esse difese dai monti, difficilmente
valicabili.
31
Il rilievo nell’Italia meridionale
• Il susseguirsi dei massicci montuosi dell’Appennino
meridionale (in particolare in Calabria Pollino, Sila, Serre,
Aspromonte).
• Cime non elevatissime, che tuttavia condizionano le
comunicazioni e le forme di sfruttamento del territorio.
• Ai piedi di queste montagne pianure che sul versante
tirrenico e ionico sono quasi sempre di carattere costiero
(Piana del Sele, Piana di Lamezia, Piana di Gioia Tauro,
Piana di Sibari, Piana di Metaponto).
• Pianure che talvolta si prolungano in vallate interne (Vallo di
Diano, Valle del Crati).
• La tendenza all’impaludamento.
• Sul versante adriatico le alte pianure del Tavoliere pugliese e
del Tavoliere salentino, caratterizzate da un clima talvolta
freddo in inverno, molto secco in estate.
32
Il rilievo in Italia meridionale
33
Le vie di comunicazione terrestre
• Le Alpi costituivano una difesa per l’Italia, ma anche un
notevole ostacolo alle comunicazioni con l’Europa
centrale.
• Gli Appennini a loro volta rendevano difficili le
comunicazioni tra Italia settentrionale e centrale e tra il
versante tirrenico e quello adriatico-ionico.
• Nonostante queste difficoltà, le strade romane divennero
un fattore di unità del paese.
• La rete stradale dell’Italia ricalca ancora oggi quella
romana.
• La tremenda lentezza e i costi proibitivi dei viaggi via
terra, soprattutto se a lungo raggio.
34
Le vie di comunicazione terrestre in Italia
meridionale: le grandi arterie di collegamento
con Roma
• La via Appia:
– collegava Roma con Brundisium, passando per Capua,
Beneventum, Venusia e Tarentum.
– Costruzione del primo tratto, fino a Capua, nel 312 a.C., in
connessione con le operazioni della II guerra sannitica.
• La via Traiana:
– Un percorso alternativo all’Appia, da Benevento a Brindisi
attraverso Aecae (Troia), Herdonia (Ordona) e Canusium,
fatto costruire da Traiano nel 109 d.C.
• La via Popilia (o Annia?):
– Collegava Capua con Rhegium, passando per Nola,
Salernum, il Vallo di Diano, Consentia e Vibo Valentia;
discussa la sua datazione, ma molti studiosi la pongono
intorno al 130 a.C.
35
Le vie romane
dell’Italia
meridionale: il
quadro
complessivo
36
Il punto terminale
della via Appia
• A Brundisium, nel punto
in cui la via Appia
giungeva sul mare, furono
erette nel I sec. d.C. due
colonne, alte 19 m.
• Ne rimane una, mentre
l’altra, crollata nel XVI
sec., è stata portata a
Lecce.
37
Un tratto della via Traiana presso
Egnatia (Puglia)
38
Le vie di comunicazione terrestre in
Italia meridionale: i percorsi regionali
• In Campania:
– la via Domitiana, costruita dall’imperatore Domiziano (81-96 d.C.)
che si staccava dall’Appia a Sinuessa e seguendo la costa giungeva
a Misenum e Puteoli.
• In Apulia:
– La via Litoranea che da Brindisi risaliva la costa dell’Adriatico.
• Tra Apulia e Lucania:
– la via Herculia, costruita dall’imperatore Massimiano Erculio
(286-305 d.C.) collegava la via Traiana (dalla località di Aequum
Tuticum, presso Ariano Irpino) con la via Popilia (nell’area del
Pollino), attraversando Venusia, Potentia e Grumentum.
39
Le vie della
Campania
40
Le vie dell’Apulia e della Lucania
41
Le vie di comunicazione terrestre in
Italia meridionale: i percorsi regionali
• Nella regione dei Bruttii:
– La via litoranea tirrenica, che partiva da Paestum e,
passando da Velia, Buxentum e dalla costa tirrenica
calabrese, si saldava alla via Popilia a nord di Vibo
Valentia.
– La via litoranea ionica, che partiva da Rhegium e,
toccando Locri, Crotone, Copia e Metaponto, giungeva
sino a Taranto.
42
Le vie della
regione dei
Bruttii
43
Le vie d’acqua
• Per la maggiore rapidità, economicità e capacità di
carico rispetto ai trasporti terrestri, i trasporti via
mare e via fiume erano più praticati nell’antichità
che oggi.
• In particolare la maggiore importanza delle
comunicazioni fluviali rispetto ad oggi: una
portata maggiore dei fiumi e l’uso di imbarcazioni
a ridotto pescaggio.
44
I porti
• Le coste importuose dell’Italia in Strabone,
Geografia, VI, 4, 1: “le coste dell’Italia
sono, in generale, sprovviste di porti, ma,
quando ci sono, sono grandi e mirabili”.
• I porti di rilievo “mediterraneo”:
– Sull’Adriatico: Brindisi, Ancona, Classe,
Aquileia.
– Sul Tirreno: Miseno, Puteoli, Ostia, Genova.
45
I porti
dell’area del
Golfo di
Napoli
46
Il porto militare di Misenum
• Creato nel 12 a.C. all’estremità occidentale del
golfo di Napoli da Augusto come base per la flotta
imperiale del Tirreno.
• Due bacini: uno esterno, protetto da dighe, per le
esercitazioni e le navi in servizio attivo; uno
interno per le navi in riparazione e come rifugio in
caso di tempesta.
• Attorno al bacino interno cantieri e arsenali della
flotta.
47
Veduta di Miseno, con il suo bacino
interno
48
Il porto commerciale di Puteoli
• Sul sito dell’odierna Pozzuoli, in età romana eclissò
completamente i vicini porti di Cuma e di Neapolis.
• Il porto naturale venne migliorato con installazioni
artificiali, purtroppo poco note per il fenomeno del
bradisismo, che in parte le ha fatte sprofondare in mare.
• Accoglieva le grandi navi granarie dall’Africa e dall’Egitto
e vi partivano i prodotti manifatturieri e agricoli della
Campania.
• Il vero porto marittimo di Roma, fino alla costruzione del
porto artificiale di Ostia da parte di Claudio (41-54 d.C.).
49
Il porto di Puteoli
• Nell’immagine
la
rappresentazione di
un porto romano in
un
affresco
da
Stabiae, una delle
città sepolte dal
Vesuvio nel 79 d.C.
• Raffigura
secondo
alcuni studiosi il
porto di Puteoli nel I
sec. d.C.
50
I porti della regio III Lucania et
Bruttii
• Di importanza minore rispetto ai grandi scali di
Miseno, Pozzuoli, Taranto e Brindisi, anche se
di considerevole rilievo regionale.
• Gli scali più importanti sembrano quelli di
Vibo Valentia, Rhegium e Crotone.
• Porti minori si trovavano a Velia e Locri.
• Da ricordare il porto di Ad statuam o Ad
columnam, presso Villa S. Giovanni, punto di
traghetto per la Sicilia.
51
Il porto di Taranto
• La sua prosperità era dovuta alla preminenza di Taranto sulle
poleis magnogreche, oltre che alla sua straordinaria posizione
naturale.
• Strabone, Geografia, VI, 3, 1: “Mentre la maggior parte del
golfo di Taranto è importuosa, a Taranto c’è un porto molto
bello e ampio del perimetro di 100 stadi [circa 18, 5 km.],
chiuso da un grande ponte. Tra il fondo del porto e il mare
aperto si forma un istmo, sicché la città sorge su una penisola
e poiché il collo dell’istmo è poco elevato, le navi possono
essere facilmente trainate da una parte all'altra”.
• Problemi di insabbiamento, ma soprattutto la sconfitta nella
guerra contro Roma, nel 272 a.C., causarono la decadenza del
porto di Taranto, a favore del vicino scalo di Brindisi.
52
Il porto di Taranto
•
•
Il porto di Strabone: il Mare Piccolo, separato dalla baia sul golfo (il Mare Grande) da
una penisola, su cui sorgeva l’antica Taras.
Con lo scavo di una canale nel tratto sud-orientale dell’istmo il centro storico di
Taranto si trova oggi su un’isola.
53
Il porto di Brindisi
• Con la creazione della colonia latina di Brundisium, nel 244 a.C., diviene il
principale porto dell’Italia adriatica.
• Una favorevole conformazione della costa.
• La collocazione al termine della via Appia, davanti alle coste illiriche: il
porto migliore per assicurare i collegamenti tra Roma e la Grecia.
• Strabone, Geografia, VI, 3, 6-7: “Brindisi ha il porto di gran lunga migliore
[rispetto a Taranto]; una sola imboccatura chiude molti bacini al riparo delle
onde, suddivisi all'interno in calette, sì che la configurazione è simile alle
corna di un cervo, donde anche il suo nome; insieme con il complesso
urbano, il sito somiglia moltissimo alla testa di un cervo e in lingua
messapica brentesion indica appunto la testa del cervo. Il porto di Taranto,
invece, non è completamente riparato dalle onde per via della sua forma
aperta; e poi il fondale, nella parte più interna, presenta delle secche. Inoltre,
per coloro che provengono dalla Grecia e dall'Asia, la linea di navigazione
più breve è quella che termina a Brindisi; è appunto qui che sbarcano tutti
coloro che vanno a Roma.
54
Il porto di Brindisi
55
Le rotte transadriatiche dai porti
dell’Apulia et Calabria
• Le rotte più battute collegavano Brindisi ad
Aulon, in Epiro (Valona) oppure a Dyrrachium
(Durazzo).
• Scali minori della regio II, che comunque
ebbero una certa importanza in età romana per
i collegamenti con la penisola balcanica:
– Hydruntum (Otranto) unita da una rotta
transadriatica con Aulon.
– Sipontum (Siponto, a sud del Gargano) unita con
Salona, in Dalmazia (nei pressi dell’attuale
Spalato).
56
I fiumi navigabili dell’Italia
meridionale
• Notizie sulla navigabilità di corsi d’acqua
oggi di modesta portata, per esempio:
– In Apulia l’Aufidus (Ofanto), che attraversava
l’importante città di Canusium (Canosa).
– Nella regione dei Bruttii il Crati.
• L’uso dei modesti corsi d’acqua
dell’odierna Calabria per la fluitazione del
legname.
57
Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I,
37, 4: il trasporto fluviale del legname
nell’attuale Calabria
• E questo legname non presenta difficoltà di
trasporto, né si trova lontano dai luoghi dove
abbisogna, ma è facilmente lavorabile e
trasportabile, grazie ai numerosi fiumi che
scorrono attraverso tutta la penisola e rendono
economici il trasporto e lo scambio dei prodotti
della terra.
58
Le risorse naturali: l’agricoltura
• L’Italia, un paese fertilissimo nel contesto
della regione mediterranea.
– Un suolo più accidentato e precipitazioni meno
regolari che nei paesi dell’Europa centrosettentrionale: ma il confronto avveniva
soprattutto con l’arida e sassosa Grecia.
• La varietà climatica garantisce anche una
grande varietà di risorse naturali.
59
Varrone, Sull’agricoltura, I, 2, 6-7: la
fertilità dell’Italia
In Italia cosa vi è di utile che non solo nasca ma non venga
anche bene. Quale farro si potrebbe mai paragonare a quello
della Campania? Quale frumento a quello dell'Apulia? Quale
vino al Falerno? Quale olio a quello di Venafro? Non è l'Italia
piantata ad alberi in modo da sembrare tutta un frutteto? ... In
quale parte del mondo uno iugero [1/4 di ettaro circa] produce
10 o anche 15 cullei di vino [rispettivamente 52 e 78 hl circa],
quanto ne producono alcune regioni d'Italia?
60
L’agricoltura dell’Italia
meridionale
• Poteva vantare produzioni di assoluta eccellenza, in particolare per la
Campania, considerata una delle regioni più fertili del mondo antico,
come emerge dal passo di Varrone alla diapositiva precedente.
• Una fertilità dovuta, oltre che alla mitezza dl clima e alla buona
piovosità, all’azione fertilizzante delle ceneri del Vesuvio.
• Una produzione che in età romana si specializzerà sempre più nella
viticoltura e nell’oleicoltura. (queste ultime produzioni caratteristiche
anche delle altre regioni meridionali).
• Accanto a questi prodotti di eccellenza, destinati all’esportazione, da
non dimenticare le produzioni destinate all’autoconsumo, soprattutto
cereali, che erano quantitativamente prevalenti.
• Le rese non sempre erano alte come in Campania e non superavano le
3-4 volte la semente: gran parte della popolazione era impegnata in
attività agricole per la pura sussistenza.
61
Strabone, Geografia, V, 4, 3: la
straordinaria fertilità della Campania
• Segno della fertilità del suolo è che qui nasce un grano
bellissimo, vale a dire quel frumento da cui si ricava un fior di
farina, superiore ad ogni genere sia di riso sia di ogni altro
prodotto alimentare a base di cereali. Si dice anche che alcune
pianure della Campania sono coltivate due volte all'anno a
spelta e una terza volta a miglio e che, talora, sono coltivate
una quarta volta ad ortaggi. I Romani fanno anche venire di là
i vini migliori, quali il Falerno, lo Statano e il Caleno; ma
ormai anche il Surrentino è oggi comparabile con questi dopo
che, recentemente, si è sperimentato che si presta
all'invecchiamento. Non inferiore per la produzione di olio è
inoltre tutta la regione di Venafro, che confina con queste
pianure.
62
L’allevamento
• Strettamente connesse con l’agricoltura (produzione di foraggi,
fertilizzanti naturali), le attività di allevamento avevano grande
importanza nell’Italia romana.
• Un allevamento non solo indirizzato alla produzione di carni,
ma anche agli animali da lavoro, alla produzione di latte e di
lana.
• In Apulia cavalli e pecore (transumanza dai rilievi dell’Abruzzo
e del Molise), che fornivano la lana per la fiorente industria
tessile locale.
• In Lucania i grandi querceti consentivano in particolare
l’allevamento allo stato brado dei maiali.
• Nella regione dei Bruttii praticato soprattutto l’allevamento
ovino, nelle forme della transumanza (per esempio tra la piana
di Sibari e la Sila): ma qui gli ampi boschi della regione erano
soprattutto sfruttati per il legname e la produzione di pece.
63
Le risorse del sottosuolo
• Scarse, in confronto
Mediterraneo.
–
–
–
–
–
ad
altri
paesi
del
Miniere di ferro dell’isola dell’Elba.
Cave di marmo di Carrara (marmo di Luni)
Travertino di Tibur.
Pozzolana di Puteoli.
Argento nella regione dei Bruttii (in particolare
nell’area di Longobucco; ma discusso lo sfruttamento
di queste miniere in età antica).
64
La popolazione
• Un paese densamente abitato per gli
standard del mondo antico.
• Valutazioni discordanti per la popolazione
dell’Italia romana:
– Da un minimo di 6 o 7 milioni di abitanti
– A un massimo di 14 milioni di abitanti circa
65
La popolazione dell’Italia
meridionale
• Per il Mezzogiorno di età romana i dati sono ancora più incerti
che per l’Italia in generale.
• Alcuni indizi puntano verso una densità di popolazione minore
in quest’area rispetto all’Italia settentrionale:
– Gli scarni accenni delle fonti letterarie allo spopolamento delle
vecchie colonie greche, il numero piuttosto basso di iscrizioni
sepolcrali e di soldati originari dell’area.
– Le notizie sul quadro sociale ed economico (emigrazione verso
l’Italia settentrionale, diffusione della grande proprietà e crisi dei
piccoli e medi contadini).
• Indizi di dubbio valore; opportuno comunque distinguere aree
dalle caratteristiche molto diverse (la ricca pianura Campana, i
grandi centri della Puglia settentrionale, alcune popolose città
della costa bruzia, rispetto alle aree montuose interne).
66
Per saperne di più
• In generale sull’Italia antica, con particolare riferimento al periodo
romano: C. Nicolet, Strutture dell’Italia romana, sec. III - I a.C.,
Roma 1984 [BAU 937.02 S 9/1 e STO COLL. PROVV. 911 NIC 2];
J.-M. David, La romanizzazione dell’Italia, Roma - Bari 2002 [BAU
937.02 S 8]
• Sul concetto di Italia in età antica: A. Giardina, L'Italia romana. Storie
di un'identità incompiuta, Roma - Bari 2000 [BAU 937 S 24],
particolarmente il saggio L’identità incompiuta dell’Italia romana.
• Sulle vie di comunicazione: R. Cappelli, Viae publicae romanae,
Roma 1991 [BAU 913.7 CS 2] e R. A. Staccioli, Strade romane, Roma
2003 [BAU 913.7 CS 1].
• Sugli aspetti economici, con particolare riferimento alle risorse
agricole: A. Marcone, Storia dell’agricoltura romana, Roma 1997
[Tarantelli MAR 630.973].
67
Per saperne di più
• Sulla Magna Grecia in età romana: La Magna Grecia nell’età romana.
Atti del quindicesimo convegno di studi sulla Magna Grecia. Taranto
5-10 ottobre 1975, Napoli 1976 [937.7 A MG/2.15]; Tramonto della
Magna Grecia. Atti del quarantaquattresimo convegno di studi sulla
Magna Grecia. Taranto 24-28 settembre 2004, Taranto 2005 [937.7 A
MG/2.44].
• Per il profilo archeologico della regione: E. Greco, Magna Grecia,
Roma - Bari 1995 (Guide Archeologiche Laterza) [ART 914.57 GA
2]; Id., Archeologia della Magna Grecia, Roma – Bari 2006 [937.7 A
MG/9.1].
• Sulla Campania: G. Pugliese Carratelli, Storia e civiltà della
Campania. I, L’evo antico, Napoli 1991 [BAU ART 945.72 S 1].
• Sull’Apulia et Calabria: V.A. Sirago, Puglia romana, Bari 1993 [ART
937.7 S PUG/3].
68
Per saperne di più
• Sulla Lucania et Bruttii: L. Pareti, Storia della regione lucanobruzia nell’antichità, a cura di A. Russi, Roma 1997-2000
[937.7 S CAL/4 e STO/D 938 PAR].
• In particolare sulla Lucania: D. Adamesteanu (a cura di), Storia
della Basilicata, I, L’Antichità, Roma – Bari 1999 [STO COLL.
PROVV. 911 ADA].
• In particolare sulla regione dei Bruttii: S. Settis, Storia della
Calabria antica, II, L’età italica e romana, Reggio Calabria
1994 [945.78 S 6].
• Sul quadro archeologico dell’odierna Calabria: M.C. Parra,
Guida archeologica della Calabria: un itinerario tra memoria e
realtà, Bari 1998 [ART 914.57 GA CAL/1].
69
Per saperne di più
• Gli articoli della Wikipedia:
–
–
–
–
http://it.wikipedia.org
Regio I Latium et Campania
Regio II Apulia et Calabria
Regio III Lucania et Bruttii
• Di valore non eccelso, ma buoni punti di
partenza per esplorare altre voci della popolare
enciclopedia sulla storia del Mezzogiorno in età
romana.
70
Per saperne di più
• Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e
Pompei:
– http://sbanap.campaniabeniculturali.it/
• Soprintendenza per i beni archeologici delle province di
Caserta e Benevento:
– http://sbasabc.campaniabeniculturali.it/
• Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Salerno
e Avellino:
– http://www.archeosa.beniculturali.it
• Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia:
– http://www.archeopuglia.beniculturali.it
• Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria:
– http://www.archeocalabria.beniculturali.it/
71