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Nuovi conflitti e guerra tra la gente
Nel periodo post guerra fredda i conflitti si sono caratterizzati per la loro
indeterminatezza e complessità. Gli aspetti politici, militari e culturali,
appaiono confusamente interconnessi e la maggiore complessità viene
dall’impossibilità di comprendere esattamente in quale livello cercare una
possibile soluzione.
La caratteristica fondamentale dell’uso della forza, l’applicazione effettiva o
potenziale della violenza, si esplica nei conflitti contemporanei non in uno
spazio fisico (politico, mediatico, economico, sociale, …) ben definito e
confinato, ma ovunque: in mezzo alla popolazione civile come lungo
ipotetiche linee del fronte, sia questo un territorio desertico o una
metropoli; attraverso la diffusione di immagini dal formidabile valore
mediatico-comunicazionale o nel contesto di strategie di carattere
economico finanziario; nell’attacco “virtuale” di operazioni di guerriglia o
terrorismo informatici o attraverso complesse azioni di psy ops.
Nuovi conflitti e guerra tra la gente
In questo contesto, muta necessariamente anche il rapporto più classico tra
mondo militare e civile, nella misura in cui si potrebbe addirittura dire che,
in tanta incertezza delle dinamiche belliche, l’unico “campo di battaglia”
reale, sebbene di misura globale, è proprio il contesto civile.
I civili non sono solo vittime casuali di qualcosa che accade attorno a loro, ma
rappresentano il punto focale di qualsiasi azione. Essi possono diventare
un’arma vera e propria, da utilizzare per scopi diversi, sfruttando, ad
esempio, l’impatto logistico creato da masse di profughi in movimento da
un territorio all’altro , o quello mediatico provocato dalla loro sofferenza,
utilizzata come strumento di guerra psicologica.
Non a caso l’elemento fondamentale cui mirano le nuove guerre è il potere di
condizionare l’opinione pubblica (propria e dell’avversario) attraverso
azioni di guerra psicologica, disinformazione, manipolazione
dell’informazione e propaganda.
Le “operazioni diverse dalla guerra” (OOTW)
Con l’acronimo OOTW (Operations Other Than War) si intende l’insieme di
tutte le operazioni che hanno il fine di evitare lo scoppio o il perpetuarsi di
un conflitto, la promozione della pace e il supporto alle autorità civili in
risposta a crisi di ordine interno. Vengono eseguite da parte di uno stato o
di un’organizzazione di stati (generalmente sotto gli auspici delle Nazioni
Unite) e comprendono il sostegno di governi locali (nel caso di perdita di
controllo interno), l’assistenza a paesi in difficoltà per calamità naturali o
indirettamente coinvolti in conflitti in paesi limitrofi, le operazioni di peace
keeping, le operazioni di peace enforcement, l’appoggio a forze di
insurrezione e controinsurrezione, l’evacuazione di personale non
combattente.
Si tratta per lo più di operazioni che individuano nello strumento militare una
delle componenti necessarie per affrontare una situazione di crisi
particolarmente grave, in stretta collaborazione con altri attori istituzionali
quali le autorità locali, gli Enti internazionali, le ONG, le associazioni locali,
parallelamente impegnati nell’obiettivo di stabilizzazione politico sociale
Le “operazioni diverse dalla guerra” (OOTW)
La fine della guerra fredda e degli equilibri conseguenti ha posto in evidenza,
accanto al riaccendersi di tensioni locali prevalentemente fondate su
questioni di carattere etnico-religioso, la presenza di nuovi soggetti “non
istituzionali” sugli scenari internazionali, tra i quali signori della guerra
locali, organizzazioni criminali, strutture parastatali e terroristiche.
Di fronte a queste nuove forme di violenza, “l’ingerenza umanitaria” veniva a
collegarsi al concetto della responsabilità legale degli stati nei confronti
della comunità internazionale (diritto umanitario, responsabilità di fronte
all’opinione pubblica, prevenzione e salvaguardia della stabilità locale e
internazionale).
Le PSO (Peace Support Operations)
Le principali azioni di PSO supportate dallo strumento militare sono:
• Peace Keeping: attività volte a contenere, moderare, porre fine alle ostilità
tra nazioni o tra fazioni della stessa nazione. Normalmente dirette e
predisposte da organizzazioni internazionali vengono messe in atto
impiegando forze militari e civili. Prevedono lo schieramento
(interposizione) sul terreno di contingenti militari che hanno lo scopo di
controllare le linee di demarcazione, operare una supervisione degli
accordi di cessate il fuoco, mettere in atto azioni di disarmo e controllare
le frontiere.
• Peace enforcement: attività volte a imporre la pace in un’area interessata
da un conflitto. Contemplano un intervento diretto di reparti militari
(anche senza il consenso delle parti e senza necessariamente l’imparzialità
dell’intervento) al fine di sostenere le popolazioni colpite dagli sviluppi
della situazione o per aiutare istituzioni internazionali che non siano più in
grado di operare con efficacia in modo autonomo (ex. obbligare con la
forza al rispetto del diritto internazionale)
Le PSO (Peace Support Operations)
Gli anni Novanta sono stati il periodo di transizione dal peace keeping
tradizionale al peace enforcement. La stessa Guerra del Golfo (1990-1991),
pur combattuta secondo i canoni dell’intervento militare tradizionale, è
stata ricondotta al peace enforcement grazie alla legittimazione concessa
dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU (autorizzazione ad usare tutti i mezzi
necessari per restaurare l’integrità territoriale dell’Emirato del Kuwait
occupato dall’esercito iracheno).
Seguono Restore Hope (Somalia 1993), Balcani (1994-1995), Kosovo (19992000), Timor Est (1999)
Kofi Annan, a proposito del Kosovo: “ Ci sono tempi nei quali l’uso della forza
può essere legittimo allo scopo di ricercare la pace”.
Concetto agostiniano di “guerra giusta”: usare la forza per correggere gli
effetti di un atto malvagio e ripristinare il dominio del bene.
Si ribadisce l’impossibilità per gli stati di muovere guerra autonomamente ,
perché solo la comunità internazionale, accertata una violazione al diritto
delle genti, può assumersi tale onere.
Conflitti tradizionali / Conflitti asimmetrici
L’idea “classica” clausewitziana di
guerra implica:
• Lo scontro tra due soggetti
statuali (o coalizioni)
• Nell’ambito di uno scenario
geograficamente definito (campo
di battaglia)
• Attraverso l’impiego di strumenti
convenzionali
• Col fine di costringere l’avversario
a compiere la nostra volontà
• Distruggendone la forza militare
• Conquistandone il paese
• Domandone la volontà.
Il concetto di “asimmetria” connesso
alle nuove guerre implica:
• L’inserimento di soggetti non
statuali
• L’impossibilità di definire un
campo di battaglia, a fronte di
uno scenario complesso, globale
e pluridimensionale
• L’impiego di armi non
convenzionali e di “non-armi” con
funzione letale
• La difficoltà di definire obiettivi
precisi e spesso l’impossibilità di
assumerne di verosimili
Gli elementi essenziali per definire la guerra
La guerra, per sua stessa natura:
1) richiede un nemico preciso e identificabile, tant’è vero che quest’ultimo è
sempre uno stato (attuale o futuro) e chi lo combatte è uno stato a sua
volta;
2) ha bisogno di una base tellurica, e si svolge in qualche ben preciso spazio
(per ampio che possa essere il campo di battaglia – nella seconda guerra
mondiale comprendeva un’area che andava dall’Atlantico al Pacifico),
comunque delimitato e delimitabile;
3) ha un suo punto finale, la vittoria e la sconfitta dichiarati sul terreno o di
fronte al tavolo della pace. (Bonanate, La politica internazionale tra
terrorismo e guerra, 2004)
I soggetti dell’asimmetria
“Le nuove guerre hanno luogo in un contesto di erosione dell’autonomia dello
stato e, in alcuni casi estremi, in un contesto di disintegrazione d’esso. Più
specificamente, esse hanno luogo in un contesto di erosione del
monopolio della violenza legittima organizzata”(M.Kaldor,Le nuove guerre)
I nuovi soggetti possono essere molteplici e possono assumere molte forme:
gruppi di potere economico-finanziario, mafie, narcotraffico, lobby
politiche, gruppi religiosi, gruppi millenaristi, club e gruppi di pensiero,
servizi deviati, terrorismi locali e internazionali.
“L’instabilità albanese della metà degli anni novanta è stata in buona parte la
conseguenza della crescita di gruppi mafiosi ben collegati alle
organizzazioni impegnate nel violare le sanzioni alla Serbia e nel portare
armi in Bosnia-Erzegovina… il commercio illegale in dollari legato alla
guerra in Sudan coinvolgeva “zairesi con oro che volevano beni
d’importazione, cibo e carburante; sudanesi con dollari che volevano cibo,
vestiti e caffè; ugandesi con beni d’importazione che volevano oro e dollari
per i mercati paralleli di Kampla”. (M. Kaldor 1999)
Gli scenari dell’asimmetria
Gli elementi fisico e geografico sono sostanziali, in quanto solo attraverso una
evidente identificazione del proprio avversario e del terreno di scontro si
può determinare la tipologia delle azioni da intraprendere, lo spazio dove
queste hanno luogo, la ragione tangibile del contendere e, fatto certo non
insignificante, l’obiettivo da raggiungere.
Non a caso fin dalla nascita della società così come la intendiamo oggi, vale a
dire con il passaggio dalla preistoria alla storia, la guerra propriamente
detta ha superato la fase della “razzia”, quello che oggi definiremmo
“raid”, nel nome della conquista di territori e dell’imposizione di una
supremazia su altre nazioni.
Una delle principali caratteristiche delle nuove guerre, che è anche tra i
fondamenti del concetto di asimmetria, risulta proprio dal radicale
mutamento del luogo dove si svolge il conflitto. Certo l’iconografia classica
del soldato che parte per il fronte non è cambiata, e le immagini dei
conflitti attualmente in corso contribuiscono ad alimentarla.
Gli scenari dell’asimmetria
Tuttavia è cambiato lo scenario, e nel mondo globalizzato non può che
assumere dimensioni globali, ma non solo dal punto di vista meramente
geografico. I nuovi campi di battaglia vanno ben al di là delle tre
dimensioni classiche, per scivolare in altri settori assai meno quantizzabili.
La globalizzazione dell’informazione, ad esempio, ha conferito
all’elemento psicologico un potere enorme.. L’elettronica ha definito un
nuovo “spazio non naturale”, uno “spazio tecnologico” nel quale
“I concetti di lunghezza, larghezza e altezza, o anche di terra, mare, aria e
spazio esterno, hanno tutti perso significato, e ciò in ragione delle
specifiche proprietà dei segnali elettromagnetici, proprietà in virtù delle
quali essi possono permeare e controllare lo spazio convenzionale senza
occuparlo” (Liang – Xiangsui, Guerra senza limiti, 2001)
Uno spazio nel quale le reti occupano una parte rilevante con il loro portato in
termini di trasferimento di informazioni in tutti gli ambiti, da quello
specificamente militare a quello economico-finanziario, da quello della
informazione-controinformazione a quello della pirateria informatica.
Gli scenari dell’asimmetria
In quella che Qiao Liang e Wang Xiangsui definiscono “guerra senza limiti”
Il crollo progressivo della distinzione tra tecnologia militare e tecnologia civile,
e tra soldato professionista e combattente non professionista, lo spazio di
battaglia si sovrapporrà sempre più al non spazio di battaglia,
contribuendo anche a rendere sempre meno chiara la linea di
demarcazione tra le due entità. Campi prima isolati uno dall’altro ora sono
collegati. L’umanità sta praticamente attribuendo ad ogni spazio il
significato di campo di battaglia. […] Il campo di battaglia è dunque
onnipresente e non possiamo non chiederci, visto che è possibile
ingaggiare una guerra persino in una sala di computer o in una Borsa
condannando un paese nemico ad un triste destino, quale sia il non spazio
di battaglia. Se oggi un giovane richiamato in guerra dovesse chiedere:
“Dov’è il campo di battaglia?”, la risposta sarebbe: “Ovunque”. (Liang –
Xiangsui 2001)
Armi e strumenti dell’asimmetria
Strettamente connessa alla questione dei luoghi diventa allora quella dei
mezzi impiegati, proprio perché in uno spettro d’azione “senza limiti”, e
pur a fronte degli incredibili progressi raggiunti dalla tecnologia militare,
ogni strumento può trasformarsi in arma in grado di contrapporsi anche
alle più sofisticate tecnologie ed alle più rigorose misure di sicurezza.
La “asimmetria” nei mezzi si muove sostanzialmente su tre binari: l’utilizzo di
procedure e strumenti che trascendono l’ambito militare in senso stretto;
il ricorso a teorie, strategie e tecniche proprie della “guerra rivoluzionaria”
e del terrorismo; un approccio etico che poco concede agli ideali
largamente assimilati, almeno in Occidente, dalla gran parte dell’opinione
pubblica.
L’unione di questi elementi è ciò che sposta il piano della guerra dal campo
militare a quello civile, trasformando l’intero pianeta in uno scenario di
guerra potenziale e, per conseguenza, ogni uomo in una potenziale
vittima, lesa nella sua sicurezza dalla presenza di minacce latenti,
immanenti e sempre più avvertite come reali.
Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti)
“La guerra, nell’epoca dell’integrazione tecnologica e della globalizzazione, ha
privato le armi del diritto di caratterizzare la guerra e, introducendo un
nuovo punto di partenza, ha riallineato il rapporto tra armi e guerra,
mentre la comparsa di armi di nuova concezione e, in particolare, la
comparsa di nuovi concetti di armi, ha gradualmente reso indistinto il
volto della guerra. L’attacco di un solo “pirata informatico” va considerato
come un atto ostile o no? L’uso di strumenti finanziari per distruggere
l’economia di un paese va visto come una battaglia? E’ stata la
trasmissione da parte della Cnn delle crude immagini del cadavere di un
soldato americano per le strade di Mogadiscio a scuotere la
determinazione degli americani a fungere da gendarmi del mondo,
modificandone così la situazione strategica? E una valutazione delle azioni
intraprese in tempo di guerra dovrebbe guardare ai mezzi o ai risultati?
Ovviamente, se procedessimo tenendo presente la definizione
tradizionale di guerra, non vi sarebbe più modo di dare una risposta a
questi interrogativi”.
Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti)
“ Nel momento in cui ci rendiamo conto che tutte queste azioni di non guerra
possono essere i nuovi fattori costitutivi dello scenario di guerra del
futuro, dobbiamo inevitabilmente trovare un nuovo nome per questa
nuova forma di guerra, uno scenario che trascende qualsiasi confine e
limite. In poche parole: una guerra senza limiti.
E, se accettassimo tale definizione, ciò significherebbe che, nel contesto di
questa guerra, tutti i mezzi sarebbero sempre pronti, le informazioni
sarebbero onnipresenti e il campo di battaglia sarebbe ovunque, ma
significherebbe anche che tutte le armi e la tecnologia potrebbero essere
sovrapposte a piacimento, tutti i confini tracciati tra i due mondi, quello
della guerra e quello della non guerra, quello del militare e quello del non
militare, sarebbero completamente annientati e molti dei principi che
attualmente presiedono al combattimento verrebbero modificati, tanto
da dover forse persino riscrivere le regole della guerra”.
Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti)
“Provocherà nella gente comune, come anche nei militari,
grande stupore nel constatare che le cose ordinarie, quelle a
loro più vicine, possono anch’esse diventare armi con le quali
ingaggiare una guerra. Siamo persuasi che alcune persone si
sveglieranno di buon’ora scoprendo con stupore che diverse
cose apparentemente innocue e comuni hanno iniziato ad
assumere caratteristiche offensive e letali”. (Liang – Xiangsui
Guerra senza limiti, 2001)
Il problema degli obiettivi
Per gli strateghi e i condottieri del passato, così come per la “politica” in
genere, l’obiettivo di un conflitto poteva essere quantificato in modo
ragionevole e misurabile:
“con lo sviluppo delle civiltà stanziali, alla guerra non verrà più attribuito il
semplice compito di conquistare pascoli, donne o materie prime, ma
quello di esercitare un dominio “internazionale”(diremmo oggi) su altri
popoli, su altre regioni. […] almeno a partire dalle guerre persiane (VI sec.
a.C.), la guerra diventa lo strumento di grandi progetti imperiali intesi non
più all’occupazione territoriale, ma all’egemonia politico-economica,
determinando una grande svolta che trasforma la guerra da fatto privato o
prevalentemente socio-economico a problema pubblico e collettivo”.
(Bonanate, La guerra 1998).
Assai più complesso risulta individuare gli obiettivi di un conflitto
asimmetrico, tanto più laddove se ne assuma a paradigma la cosiddetta
“guerra al terrorismo”.