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La costruzione del
piano come processo
collaborativo.
Metodi e strumenti.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
0. Ascolto attivo
Sette Regole dell'Arte di Ascoltare
1.1 Incontri pubblici. Presentazioni
1.2 Questionari
1.3 Interviste
1.4 Sondaggi di opinione
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
2. Action Planning
Coinvolgere i diretti interessati nell’azione di pianificazione
3. Brainstorming
Sviluppare soluzioni creative ai problemi
4. Metodo Delphi
Definire soluzioni attraverso procedimenti iterativi
5. Focus Group
Approfondire temi mediante interazione tra i componenti di un gruppo
6. European Awareness Scenario Workshop (EASW)
Partecipare alla definizione di scenari condivisi
7. Problem Structuring Methods
Strutturare i problemi mediante specifiche metodologie
8. Community profiling
Definire un quadro descrittivo di base di una determinata comunità
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
9. Negoziazione
9.1 La negoziazione posizionale
9.2 Il metodo dell'alternative dispute resolution
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
10. Eventi di pianificazione attiva
Organizzare sessioni di lavoro come eventi
11. BarCamp
Proporre argomenti e coordinare la partecipazione, producendo un documento
finale
12. Giurie cittadine
Istituire giurie rappresentative della comunità locale per esprimere
raccomandazioni su come l’autorità deve agire in relazione a specifici
problemi
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collaborativo: metodi e strumenti
13. Outreach
Andare a consultare le persone piuttosto che aspettarle
14. Camminata di quartiere
Recarsi sui luoghi per acquisire conoscenza diretta dei problemi
15. Carte di osservazione e di protesta
Raccogliere osservazioni su temi di interesse comune
16. Citizens’ panels
Consultare periodicamente gruppi di persone su temi di interesse comune
17. Cantiere Evento
Comunicare ai cittadini attraverso il cantiere inteso come evento
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collaborativo: metodi e strumenti
18. Laboratorio Progettuale
Fornire ai cittadini consulenza, coinvolgendoli nella progettazione
19. Design Game
Progettare posizionando modellini su una mappa
20. Planning for real
Mettere mano al plastico per riconoscere e confrontarsi con i luoghi
rappresentati
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collaborativo: metodi e strumenti
0. ASCOLTO ATTIVO/ASCOLTO PASSIVO
0.1 L’arte di ascoltare
Delle "Sette regole dell'arte di ascoltare" (Sclavi, 2000), qui di
seguito riportate, quella che più immediatamente rende l'idea di
cosa si intende per Ascolto Attivo è la seguente:
"se vuoi comprendere quello che un altro sta dicendo, devi
assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e
gli eventi dalla sua prospettiva“.
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collaborativo: metodi e strumenti
L'Ascolto Attivo implica il passaggio da un atteggiamento del tipo
"giusto-sbagliato", "io ho ragione-tu hai torto", "amico-nemico“, ad un
altro in cui si assume che l'interlocutore è intelligente e che dunque
bisogna mettersi nelle condizioni di capire com'è che comportamenti e
azioni che ci sembrano irragionevoli, per lui sono totalmente ragionevoli
e razionali.
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L'atteggiamento giusto da assumere quando si pratica l'Ascolto Attivo è
diametralmente opposto a quello che tradizionalmente si considera
caratterizzare un buon osservatore: impassibile, "neutrale", sicuro di
sé, incurante delle proprie emozioni e teso a nascondere e ignorare le
proprie reazioni rispetto a quanto ascolta.
Al contrario, se vogliamo entrare nella giusta ottica, dobbiamo imparare
qualcosa di nuovo e sorprendente, che ci "spiazza" dalle nostre certezze
e dunque che ci consente di dialogare.
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collaborativo: metodi e strumenti
Questo significa che dobbiamo essere disponibili a sentirci "goffi", a
riconoscere che facciamo fatica a comprendere ciò che l'altro ci sta
dicendo: in questo modo stabiliamo rapporti di riconoscimento, rispetto
e apprendimento reciproco che sono la condizione per affrontare
congiuntamente e creativamente il problema.
È la rinuncia alla arroganza dell'uomo-che-sa e l'accettazione della
vulnerabilità, ma anche l'allegria, della persona-che-impara, che cresce,
che cambia con gli altri invece che contro gli altri.
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0.2 Le abitudini di pensiero
Quando ci muoviamo entro un "sistema semplice" (cornici condivise,
stesse premesse date per scontate) l'abitudine di pensiero più adeguata
è quella della logica classica, della razionalità analitica e lineare.
Ma quando il sistema di cui siamo parte è "complesso" (caratterizzato
dalla comunicazione fra cornici diverse), bisogna passare ad un'altra
abitudine di pensiero guidata dall'ascolto attivo, interessata alle cornici
e premesse implicite, che considera l'osservatore parte integrante del
fenomeno osservato, circolarmente e auto-riflessivamente.
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collaborativo: metodi e strumenti
Sempre più spesso con il diversificarsi della nostra società, l'ascolto
attivo diventa una competenza di base, indispensabile anche nella vita
quotidiana all'interno di una "stessa cultura". Questa competenza oggi è
spesso richiesta anche nei rapporti fra genitori e figli, fra marito e
moglie, fra insegnanti e allievi, fra pubblici amministratori e cittadini,
fra urbanisti e abitanti.
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0.3 Gli studi sulle dinamiche dell’ascolto attivo
Un grosso impulso agli studi sulle dinamiche dell'ascolto attivo è stato dato, agli
inizi degli anni '80, dagli studi sulle aziende post-industriali e dagli studi sui
rapporti fra professionisti e clienti.
Le basi teoriche per questo approccio erano state elaborate in precedenza da
studiosi che hanno sostenuto la priorità dell'ascolto in un paradigma dialogico
dai teorici dei sistemi complessi.
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0.4 Le Sette Regole dell'Arte di Ascoltare
1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni.
Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista.
Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che
ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua
prospettiva.
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4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai
comprendere il loro linguaggio.
Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.
Il loro codice è relazionale e analogico.
5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.
I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza
come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti,
perchè incongruenti con le proprie certezze.
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6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e
della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni
per esercitarsi in un campo che lo appassiona; affronta in modo creativo
la gestione dei conflitti.
7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una
metodologia umoristica.
Ma quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da sè.
Sessioni di ascolto con gli alunni di scuola elementare nel progetto di
riqualificazione urbana a Monopoli
Sessioni di ascolto con i residenti nel progetto di riqualificazione urbana a
Monopoli
Sessioni di ascolto nel progetto di Lama Belvedere a Monopoli
Ascolto e comunicazione nel progetto del Parco Agrario degli Ulivi
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1.1 INCONTRI PUBBLICI. PRESENTAZIONI
In tali occasioni vengono generalmente trasmessi flussi di informazioni
unidirezionali, anche se è possibile che ci siano interventi e commenti
del pubblico.
Nel primo caso (incontri pubblici) l’audience è ampia, senza restrizioni,
nel secondo caso (presentazioni) il pubblico può essere più selezionato.
L’incontro dura poche ore, ma spesso i processi che adoperano questa
tecnica prevedono più serie di incontri, con gruppi di persone
diversificate, mirati su specifici argomenti. Spesso l’incontro è
preceduto da distribuzione di materiale informativo.
Incontro di presentazione del progetto
del Parco Agrario degli Ulivi
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1.2 QUESTIONARI
Le indagini condotte attraverso questionari hanno il vantaggio di poter
raggiungere un gran numero di persone e di mantenere facilmente una
traccia scritta delle istanze espresse.
Tra gli svantaggi c’è la mancanza di interattività, l’uso frequente e
spesso
obbligato
di
domande
compilazione/consultazione).
chiuse
(per
facilità-rapidità
di
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1.3 INTERVISTE
Le
indagini
condotte
attraverso
interviste
consentono
la
possibilità di approfondire i temi in discussione in maniera
interattiva e meno predefinita con i soggetti intervistati.
Le interviste però richiedono maggiore disponibilità di tempo e di
gente e il loro impiego è diretto solitamente a soggetti
significativi per i temi da approfondire.
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1.4 SONDAGGI DI OPINIONE DELIBERATIVI
I sondaggi di opinione deliberativi (deliberative polls) consistono in
sessioni informative, meeting, gruppi di discussione ai quali far
partecipare un campione rappresentativo di persone. I partecipanti
possono fare domande, documentarsi, ecc., su un dato argomento, e alla
fine viene fatto un sondaggio su ciò che essi pensano riguardo allo
stesso. A volte il procedimento può essere ricorsivo, e attraverso altri
sondaggi si vede come i punti di vista possono essere cambiati o meno.
Nel caso in cui i partecipanti siano chiamati a votare su una serie di
opzioni (o anche su una sola), il sondaggio viene denominato referendum
deliberativo.
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2. ACTION PLANNING (Analisi Swot costruita in modo allargato)
L’action planning coinvolge coloro che sono direttamente interessati da
un dato problema/tema.
Si parte generalmente da domande di ampio respiro (espressione di
opinioni di solito realizzata mediante post it), con l’obiettivo di
ricostruire la visione che gli abitanti hanno del proprio contesto,
evidenziando aspetti positivi e negativi.
In seguito si invitano i partecipanti ad esprimere previsioni sui possibili
cambiamenti futuri, sugli effetti attesi (favorevoli e svantaggiosi).
L’obiettivo finale è definire principi o linee guida che possano far
raggiungere gli effetti positivi, scongiurando quelli negativi.
Di solito servono 3-4 sessioni di lavoro, articolate nel corso di uno o due
mesi.
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collaborativo: metodi e strumenti
Le regole di base sono:
per i partecipanti
-
tutti possono contribuire
tutti i punti di vista hanno lo stesso valore
tutto quello che è scritto resterà anonimo
seguire le istruzioni dei coordinatori e facilitatori
scrivere un’opinione per ogni post-it
scrivere con grandi lettere e poche parole
per i facilitatori
- gestire le attività in modo che tutti possano contribuire
- coordinare il tempo e le attività
- predisporre e consegnare a tutti i partecipanti una trascrizione
integrale di ciò che avviene durante l’incontro
- non commentare i contenuti e le idee proposte.
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3. BRAINSTORMING (tempesta di cervelli)
Finalità
E’ un metodo per sviluppare soluzioni creative ai problemi. E' stato
inventato negli Stati Uniti nella prima metà del secolo scorso da Alex
Osborn, fondatore dell‘omonima Agenzia Pubblicitaria.
L'obiettivo originario del brainstorming è la produzione di "possibili
soluzioni di un problema specifico", per lo più semplice. Alla base vi è
l'idea del "gioco" quale dimensione "leggera" che permette di liberare la
creatività dei singoli e del gruppo, e che normalmente è impedita da una
serie di inibizioni.
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A questo scopo il brainstorming si propone l'obiettivo di favorire:
- il superamento di inibizioni e autocontrollo rispetto all'espressione
della propria posizione
- il superamento dell'urgenza di schierarsi
- il superamento di un atteggiamento difensivo rispetto alle idee che si
sono espresse
- il superamento di assetti di potere e di leadership esistenti all'interno
del gruppo
- lo sviluppo di uno spirito competitivo "leggero"
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Le regole del gioco
Il gruppo ideale dei partecipanti non dovrebbe essere superiore ad una
quindicina di persone, solitamente riunite comodamente attorno ad un
tavolo, formato dagli attori chiave del processo.
Una volta messo a fuoco il problema e fissato un tempo limite per
l'incontro, ciascuno esprimerà come soluzione al problema la "prima idea
che gli viene in mente", in rapida sequenza e per associazione di idee
(secondo il principio “nessuna idea è troppo strana, nessuna troppo
normale”).
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Il brainstorming premia soluzioni non previste, nella convinzione che più
le proposte sono impreviste e più saranno interessanti e utili per
individuare alla fine la soluzione migliore.
Infatti esse saranno sottoposte ad un processo sempre più affinato di
rielaborazione, di approfondimento, di revisione, da parte del gruppo,
rifacendosi via via alle idee proposte da altri partecipanti, in modo da
trasformare il carattere inusuale e fantasioso delle idee iniziali in
proposte sempre più pratiche e fattibili.
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collaborativo: metodi e strumenti
Il problem setting
La soluzione al problema, il problem solving, avviene attraverso il
problem setting, cioè attraverso modalità che consentano di reinquadrare il problema, di vederlo in modo nuovo, di ridefinirlo entro
connessioni diverse. In questo senso si può affermare che il
brainstorming costituisce l'approccio di base per la gestione creativa
dei conflitti, perché induce ad uscire dalle proprie cornici, dalle proprie
premesse implicite.
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Produrre nuove idee
Per questa ragione ad ogni partecipante è chiesto di sospendere il
giudizio e l'urgenza classificatoria e di rinunciare a qualsiasi valutazione
sulle idee proposte da altri.
L'obiettivo del brainstorming è infatti quello di produrre nuove idee,
mentre il giudizio introduce un elemento di rischio per il singolo
partecipante e induce un atteggiamento difensivo di idee consolidate.
Viene data più importanza alla quantità piuttosto che alla qualità dei
pensieri espressi.
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Condurre il brainstorming
Una persona dovrà condurre il brainstorming, svolgendo il ruolo di facilitatore,
ovvero tenendo in mano la regia del processo e facendo bene attenzione a:
1) proporre il problema iniziale in modo chiaro e semplice
2) invitare i partecipanti a sospendere il giudizio
3) favorire le idee estreme e spiazzanti e ad accogliere qualsiasi idea espressa
4) scrivere, su una lavagna o altro (per esempio dei foglietti adesivi), tutte le
idee espresse, in modo che siano visibili a tutti e possano essere utilizzate per
successive elaborazioni
5) incoraggiare i partecipanti a elaborare variazioni sulle idee espresse da altri
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Per fare un esempio del possibile utilizzo di questo strumento si tenga
conto che l'uso del brainstorming può essere proposto anche nell'ambito di
un negoziato, cioè di una trattativa che preveda la presenza di una
controparte.
Il processo può essere più difficile a causa del maggior rischio di dire
qualcosa che pregiudichi i propri interessi, nonostante le regole proprie di
una sessione di brainstorming. Tuttavia presenta i grandi vantaggi di
produrre idee che tengano conto degli interessi di tutte le parti coinvolte,
di creare un clima comune di problem-solving, di istruire ogni parte sulle
preoccupazioni dell'altra.
Brainstorming per il progetto di Piazza Garibaldi a Molfett.
Gruppo di lavoro, con Norman Krumholz (al centro)
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4. METODO DELPHI
Si tratta della raccolta di pareri esperti chiamati a fornire consulenza su temi
specifici.
a. I pareri, a differenza di quel che accade nel brain storming, vengono raccolti
separatamente. Ogni esperto invia all’ente che ha promosso la consultazione un
proprio parere che illustra la soluzione prospettata per il problema.
b. Un curatore raccoglie i contributi pervenuti e l’elenco dei risultati viene
inviato in maniera anonima agli stessi esperti già interpellati nel primo “giro”,
affinché possano esprimersi sulle proposte, indicando per esse i corrispondenti
livelli di probabilità.
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collaborativo: metodi e strumenti
c. La documentazione così formata viene di norma conservata e poi ritrasmessa,
sempre in modo anonimo, dopo qualche tempo, agli stessi esperti per raccogliere
eventuali osservazioni e/o rettifiche di aggiornamento.
d. L’iterazione prosegue fino a quando si raggiunge una sostanziale convergenza
di pareri. Va osservato che ad ogni iterazione una parte dei partecipanti può
ritirarsi e nel qual caso le iterazioni devono essere conseguentemente ridotte.
I vantaggi del metodo delphi sono nella eliminazione di inconvenienti connessi al
rischio di gelosie e/o prevaricazioni accademiche, oppure ancora di influenza
esercitata da persone dotate di particolare ascendente, trattandosi di una
circolazione anonima di pareri.
I limiti sono nella propensione dei partecipanti a convergere verso soluzioni
medie, indotte dalla ripetizione dei quesiti.
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5 FOCUS GROUP
Finalità
E’ una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un
gruppo di persone.
La finalità principale del focus group è quella di studiare un fenomeno o di
indagare uno specifico argomento in profondità, utilizzando come base per la
rilevazione l'interazione che si realizza tra i componenti del gruppo. La paternità
del focus group è da molti autori attribuita a R. K. Merton (1956) che è
l'ideatore di un tecnica affine, cioè della "intervista di gruppo focalizzata".
La costruzione del piano come processo
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Questa tecnica è stata sperimentata per la prima volta negli Stati Uniti nel
1941, ad una sessione di lavoro durante la quale il pubblico esprimeva le
proprie
reazioni
ai
programmi
radiofonici
che
venivano
presentati,
schiacciando un bottone verde o un bottone rosso.
Più persone venivano poi coinvolte contemporaneamente in un'intervista,
attraverso la quale dovevano chiarire le ragioni delle loro posizioni.
Da questa prima esperienza deriva la tecnica del focus group, che si è diffusa
ampiamente nel dopoguerra nel campo del marketing, del business e
dell'advertising (pubblicità), soprattutto per la sua adeguatezza nel fornire
importanti contributi nelle situazioni decisionali.
La costruzione del piano come processo
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L‘interazione tra i partecipanti. Caratteristica del focus group
A differenza di altre tecniche basate sul gruppo, nelle quali l'interazione è
ridotta al minimo (Nominal Group Technique) o addirittura va evitata
(Delphi), nel focus group viene il più possibile stimolata la comunicazione tra i
partecipanti:
- domande reciproche,
- richieste di chiarimento,
- messa in evidenza di punti deboli,
- dichiarazione del proprio disaccordo.
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collaborativo: metodi e strumenti
Come costruire il gruppo
Il gruppo viene appositamente costruito dai ricercatori secondo gli obiettivi della
ricerca e può comprendere un numero di partecipanti variabile generalmente tra
quattro e venti:
- i "full group", gruppi più grandi, consentono di conoscere una gamma più ampia di
posizioni,
- i "mini group", più ridotti, consentono di approfondirle.
Per quanto riguarda l'omogeneità dei partecipanti, questo requisito va ponderato
rispetto alla loro presunta facilità di interazione e allo specifico tema di
discussione, anche se in generale occorre evitare quelle condizioni (es. diverso grado
di istruzione) che potrebbero ostacolare la comunicazione e inibire l'intervento di
alcune persone.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Livello di strutturazione del focus group
La discussione viene generalmente condotta da un moderatore che a seconda
della situazione contingente può esercitare un vero e proprio ruolo di guida
alla discussione, oppure può fornire una serie di stimoli e strumenti affinché i
partecipanti riescano ad autogestire il più possibile le relazioni e
l'interrelazione.
Questa modalità di conduzione si distingue dai focus group autogestiti, cioè
caratterizzati da un basso grado di strutturazione, e quelli impostati
sfruttando, in modo più o meno flessibile, una griglia di intervista.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
La fase di elaborazione e interpretazione
Tutte le informazioni emerse nel corso della discussione di gruppo devono poi
essere elaborate e interpretate. Infatti, riconosciuto che il focus group è di per
sé una discussione centrata su un tema, esso può essere utilizzato all'interno di un
processo o di una ricerca in fasi differenti e per scopi diversi:
- per definire gli obiettivi operativi;
- per impostare un vero e proprio lavoro di progettazione, avendo già individuato
gli obiettivi fondamentali;
- per indagare le reazioni che certe categorie di persone avranno rispetto ad un
lavoro già progettato;
Focus Group per il progetto di
Lama Belvedere
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
6 EUROPEAN AWARENESS SCENARIO WORKSHOP (EASW)
Questa è la metodologia di partecipazione messa a punto dalla Unione Europea
per definire scenari condivisi di sviluppo per le comunità locali (sessioni di lavoro
per la costruzione di scenari condivisi).
Essa ha visto una vasta diffusione in molti contesti, dovuta soprattutto al fatto
che è stata messa a punto dalla Unione Europea; il che la rende una procedura
“riconoscibile” a livello istituzionale e “preferibile” in relazione alla possibilità di
fornire documenti-risultati di un processo partecipativo in tempi relativamente
brevi.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
I rappresentanti di quattro diverse categorie sociali (residenti, tecnici, policy
makers, settore privato) si incontrano per dibattere su temi che riguardano lo
sviluppo sostenibile e l’impiego di nuove tecnologie.
Le tecniche di scenario richiedono l’analisi e la valutazione di ogni probabile
evento futuro e delle sue possibili conseguenze, al fine di poter predisporre
tutte quelle azioni necessarie a scongiurare gli esiti negativi e a modificare il
successivo svolgimento della catena di eventi.
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collaborativo: metodi e strumenti
7 PROBLEM STRUCTURING METHODS
I metodi di strutturazione di problemi si articolano generalmente in tre fasi:
• analisi dei problemi urgenti nella realtà di interesse e dei cambiamenti in atto
anche a scala maggiore (urbana, regionale e nazionale);
• definizione degli obiettivi strategici con riferimento alle risorse locali e alla
realtà istituzionale;
• selezione delle possibili decisioni orientate al perseguimento degli obiettivi
precedentemente
definiti,
con
localizzazione
temporale
strategiche.
Due correnti metodologie di strutturazione di problemi sono:
delle
decisioni
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Strategic Options Development and Analysis (SODA)
È un metodo generale di identificazione di un problema, che usa le mappe
cognitive come strumento per esplicitare e registrare le visioni individuali
relative al problema dato.
L’unione delle mappe cognitive individuali (o una mappa congiunta sviluppata in un
workshop unico) fornisce il framework (struttura di riferimento) per la
discussione di gruppo, e un facilitatore guida i partecipanti verso l’impegno nei
confronti di una serie di azioni condivise (analisi e sviluppo di opzioni
strategiche).
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Strategic Choice Approach (SCA)
Questo metodo è finalizzato alla gestione dell’incertezza in situazioni
conflittuali.
Dei facilitatori assistono i partecipanti nel portare alla luce le incertezze chiave
relative a un problema dato, attraverso la comparazione di schemi decisionali
alternativi.
Su queste basi il gruppo individua aree prioritarie di intervento e di azione, con il
fine di giungere ad una condivisione di responsabilità e di impegni nell’azione
(approccio orientato all’assunzione di scelte strategiche).
La costruzione del piano come processo
collaborativo: gli strumenti
8 COMMUNITY PROFILING
Un gruppo di individui si riunisce e lavora insieme per delineare un quadro
descrittivo
della
loro
comunità
di
appartenenza,
stabilendo
priorità
e
descrivendo l’area secondo fattori sociali, ambientali ed economici (delineare il
profilo della comunità).
Questo quadro descrittivo viene poi usato dai decision makers come supporto al
processo di decisione.
“Il processo è completamente focalizzato sulla comunità, … , fatto dalla
comunità, per la comunità, e produce un piano di azione o una lista di
raccomandazioni per il futuro della comunità” (Laird A. et al., 2000).
E’ questo, per molti versi, il metodo di studio perseguito all’interno dei processi
di Agenda 21 locali.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
9 NEGOZIAZIONE
I metodi di trattativa possono essere diversi a seconda delle situazioni, ma
si suppone che possiedano tre requisiti:
- devono portare a un accordo ragionevole, se l'accordo è possibile;
- devono essere efficienti;
- dovrebbe migliorare, o almeno non danneggiare, i rapporti fra le parti.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
9.1 LA NEGOZIAZIONE POSIZIONALE
Una delle possibilità è quella di instaurare una negoziazione posizionale, cioè
una trattativa in cui ciascuna delle parti prende una posizione, la difende e fa
concessioni per raggiungere un compromesso.
Le parti in causa tendono ad attestarsi su delle posizioni e rivendicazioni e
non si avventurano a esplorare gli interessi che stanno a monte.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
La negoziazione posizionale può essere efficace, ma solo nelle situazioni
relativamente semplici, in cui la posta in gioco è una, ben definita, e la
contrattazione consiste nel tentativo di avvicinare la posta alla propria
posizione. E' il caso emblematico del commerciante e dell'acquirente.
Quando invece la situazione è complessa, questo tipo di approccio può
presentare forti limiti: più a lungo dura e più spinge le controparti a tirare in
lungo, a minacciare l'abbandono, a rafforzare le proprie posizioni, lasciando
sullo sfondo le preoccupazioni e gli interessi più generali sottostanti.
Gli accordi che ne derivano tendono ad essere vie di mezzo tra le due posizioni
oppure conducono al prevalere del negoziatore forte su quello debole.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Ci sono almeno tre ordini di ragioni perché si utilizzino metodologie alternative di
negoziazione:
a) più si va avanti con un approccio posizionale e più diventa difficile cambiarlo: le
parti concentrano sempre più la propria attenzione a chiarire le proprie ragioni, a
difenderle dagli attacchi, sempre più si arroccano sulla posizione iniziale come
tentativo di "salvare la faccia", insieme alla posizione;
b) per uscirne bisogna adottare una serie di comportamenti controintuitivi e cioè
fare l'opposto di ciò che spontaneamente si è portati a fare;
c) bisogna permettere di comunicare con facilità quello che si vuole e offrire
un'ancora a cui aggrapparsi in situazioni di incertezza e sotto pressione.
La costruzione del piano come processo
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9.2 IL METODO DELL’ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION
Come fare nelle situazioni complesse a condurre un processo negoziale
reciprocamente vantaggioso per le parti in gioco?
Una risposta possibile la troviamo nei metodi elaborati dall'unità della
Harvard Law School, costituita nel 1979 per migliorare sia l'insegnamento
teorico, che la pratica della negoziazione e risoluzione dei conflitti, affinché
la gente possa trattare sia i conflitti interpersonali sia quelli internazionali
in modo costruttivo (metodo negoziale alternativo nella soluzione di
conflitti).
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Nell'ambito di quel contesto di ricerca, Roger Fisher, direttore del
dipartimento, e William Ury, docente di antropologia, hanno elaborato, a partire
dallo studio di casi negoziali di successo (entrambi erano consulenti del
presidente americano Jimmy Carter durante le trattative che portarono
all’accordo di Camp David fra Israele e l’Egitto nel 1979), un approccio
innovativo di gestione creativa dei conflitti: l' "Alternative Dispute Resolution",
traducibile in italiano con "negoziato sui principi o sul merito".
L'approccio proposto dai due studiosi si basa su quattro principi fondamentali,
di cui si spiegano brevemente i contenuti.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
a. Scindere le persone dal problema
In un negoziato le persone hanno a che fare con le proprie emozioni e con le
emozioni degli altri. Occorre assumere la consapevolezza che "i negoziatori
sono innanzitutto persone" e che le discussioni sulla sostanza sono
condizionate dal rapporto personale tra le parti; le persone si sentono
minacciate, traggono da considerazioni sui fatti deduzioni infondate che
creano malintesi. È importante allora scindere le persone dal problema, non
confondere le difficoltà della comunicazione con la fondatezza delle ragioni e
con la sostanza delle questioni. Questo richiede capacità di ascolto attivo.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
b. Concentrarsi sugli interessi e non sulle posizioni
Ogni parte esprime una posizione che è quella che ha "scelto" come capace di
soddisfare i propri interessi. Ma è una delle tante posizioni, generalmente è
anche quella più ovvia. Inoltre dietro opposti schieramenti esistono di solito
molti più interessi di quelli in conflitto, che possono essere inespressi,
impalpabili, incoerenti, oppure possono esserci interessi alla conciliazione che
occorre fare emergere. È importante per questo da un lato riflettere sui propri
interessi e dall'altro cercare gli interessi reali dietro la posizione dichiarata
dalla controparte, chiedersi il perché, cercando di capire quali conseguenze
potrebbero avere le varie soluzioni sui rispettivi interessi.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
c. Inventare soluzioni vantaggiose per ambo le parti
Spesso in un negoziato si parte dalle posizioni e si cerca il più possibile di
ridurre la loro distanza. In una situazione complessa è invece importante
allargare la gamma delle opzioni possibili, produrre un numero elevato di
soluzioni creative, anche attraverso la tecnica del brainstorming, senza
giudicarle, separando il momento dell'invenzione da quello della decisione. La
discussione delle opzioni emerse consentirà di sviluppare lo spazio entro il
quale negoziare, trovando possibilità in grado di dare guadagni comuni.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
d. Insistere su criteri oggettivi
La negoziazione deve avvenire su basi indipendenti dalla volontà di ciascuna
delle parti, in base a criteri assumibili dalle varie parti come "principi".
Negoziare sul merito significa allora:
1) inquadrare ogni problema come una ricerca comune di criteri oggettivi;
2) ragionare (ed essere disponibili al ragionamento) su quali unità di misura
siano più appropriate e su come dovrebbero essere applicate;
3) non cedere alle pressioni, ma concentrarsi sui criteri oggettivi individuati.
Il negoziato di principi consente di tener duro senza essere scorretti.
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10 EVENTI DI PIANIFICAZIONE ATTIVA
Sono sessioni di lavoro ben strutturate, organizzate come evento (coinvolgenti i
cittadini, i media, ecc.), in cui i partecipanti possono produrre dei veri e propri
piani o programmi di azione.
All’interno di tali sessioni di lavoro si fa spesso uso di altre metodologie
(brainstorming, planning for real, ecc.).
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Evento di pianificazione organizzato in occasione della presentazione del numero
monografico di Urbanistica DOSSIER interamente dedicato al parco di Lama Belvedere,
con la partecipazione della folk band andina degli Inti Illimani.
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11 BARCAMP
Il BarCamp (rete internazionale di “non-conferenza”) può essere inteso esso
stesso come evento di pianificazione. La partecipazione prevede normalmente il
concorso di un centinaio di persone (inteso come numero chiuso, portato a
termine ad esempio in base all'ordine di registrazione).
Ogni sessione dovrà produrre un documento di lavoro che verrà inserito in
un'apposita pubblicazione.
Chi propone argomenti è il Promotore della sessione e coordinerà il consesso di
chi vorrà parteciparvi. L'apporto del Promotore sarà quello di coordinare la
produzione del documento finale (ogni Promotore dovrebbe possedere un
portatile o avvisare l'organizzazione se non ne possiede uno; ciò aiuterà nella
produzione del documento finale).
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Ogni sessione produrrà un documento che risponde alle domande seguenti:
Di cosa abbiamo discusso?
Perché ne abbiamo discusso?
Quali sono state le nostre conclusioni?
Lo scopo di questa modalità partecipativa è quello di evitare presentazioni
frontali che spesso impediscono forme concrete di partecipazione.
L’ecoCamp è un BarCamp su ambiente, ecologia, sviluppo sostenibile, consumo
critico.
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12 GIURIE CITTADINE
Le giurie sono costituite da gruppi di persone rappresentative della comunità
locale.
Ricevuto l’incarico, la giuria viene informata sul problema da discutere.
I giurati ascoltano poi esperti, testimoni e interlocutori rilevanti, interrogandoli,
discutendo e infine esprimendo un verdetto finale.
L’organizzatore del progetto deve assicurarsi che tutte le sfaccettature
dell’argomento siano rappresentate e che non si verifichino condizionamenti
durante la selezione dei giurati, la presentazione delle informazioni, la scelta dei
testimoni.
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Coinvolgono di solito da 10 a 25 partecipanti, selezionati in modo da essere
rappresentativi della popolazione interessata.
Durano generalmente tra i 3 e i 5 giorni (ma i giurati possono impiegare diversi
giorni per esaminare i progetti e gli argomenti).
Le giurie cittadine possono ridurre il sospetto nei confronti di azioni pubbliche,
laddove vengano prese in considerazione le raccomandazioni espresse.
Come controindicazione, c’è che sono costose e tendono a coinvolgere numeri
relativamente bassi di cittadini.
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Di solito, i verdetti sono costituiti da raccomandazioni su come il governo o la
pubblica autorità dovrebbe procedere. A tal fine sarebbe opportuno un impegno
preventivo da parte dell’autorità pubblica di prendere in considerazione il
responso e di fornire adeguate risposte.
Laddove l’output si traducesse in dichiarazioni prive di potere cogente, ma solo
indicative di consigli, le giurie cittadine vengono anche chiamate commissioni
civiche.
Possono essere utili per sviluppare, guidare o implementare proposte di policy e
per affrontare problemi complessi o controversi che non hanno univoche ed
immediate soluzioni.
Nella legislazione italiana meccanismi analoghi si identificano nel ruolo e
nell’attività svolta dal difensore civico.
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13 OUTREACH
L'outreach è una metodologia utilizzata nei processi di progettazione
partecipata in ambito anglosassone e consiste nell’andare a consultare le
persone piuttosto che aspettare che esse vengano da noi. Gli “incontri di
outreach consistono nell' 'andare fuori' a incontrare gruppi di interesse locali
e singole persone, a seguito di un invito da parte loro, nel proprio ambiente e
secondo i propri tempi, per discutere di varie questioni e per ascoltare i loro
suggerimenti.
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Quali soggetti coinvolgere
Generalmente il settore del volontariato/comunità locale è disponibile a
tenere incontri di questo tipo.
L'outreach permette di coinvolgere soggetti che altre tecniche non
consentono di coinvolgere.
E' particolarmente adatta per raggiungere quelle persone che sono troppo
occupate, o fisicamente o mentalmente disabili, non alfabetizzate o che
semplicemente non hanno familiarità col linguaggio o con i processi di sviluppo
e di pianificazione, o che sono troppo giovani, troppo anziane, troppo alienate,
spaventate o timide.
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collaborativo: metodi e strumenti
Applicazioni possibili
L'outreach è una tecnica che può trovare molte applicazione nei processi di
progettazione partecipata e nell'ambito delle politiche pubbliche.
La struttura corrente delle Istituzioni Pubbliche, del Governo Locale, della
burocrazia prevede un sistema di relazioni strutturato in modo tale che ci si
aspetta che il cittadino/utente acceda ai servizi offerti.
Questo è il modo in cui funzionano abitualmente gli sportelli della Pubblica
Amministrazione, gli Uffici dell'Anagrafe ma anche i Servizi Sociali, le Scuole,
gli Uffici del Lavoro.
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L'outreach ribalta questa immagine, ribalta questa relazione corrente e
"abbassa la soglia" di accesso dei soggetti ad un'istituzione, ad un processo di
progettazione, ad un servizio.
Come dire: non è il cittadino che si muove verso lo sportello ma è lo sportello
(l'istituzione) che si muove verso il cittadino (in tal caso ci si avvale di altre
tecniche e/o altri strumenti, come ad esempio di strutture mobili, di
newsletter, di materiale informativo, ecc.).
In tale direzione cominciano anche muoversi alcune sperimentazioni condotte
all’interno degli URP (Uffici per le Relazioni con il Pubblico) nel nostro Paese.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Strumenti e modalità
Gli strumenti e le modalità dell'outreach sono assai varie :
- distribuzione sistematica di materiale informativo nelle case oppure, con
contatto diretto, alle persone in situazioni (luoghi e momenti) di aggregazione
(mercati, assemblee, biblioteche, negozi);
- giornali locali, specifiche newsletter, spot informativi su programmi
radiofonici o televisivi: i media possono essere un veicolo importante per
avvicinare i destinatari;
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
- strutture mobili (caravan, camper, containers): possono essere utilizzate
come uffici mobili per restituire anche a livello simbolico la presenza "sul
campo" e garantire la possibilità di una consultazione e di uno scambio
efficace (in tal senso si inquadra l’esperienza recente del Piano Regionale delle
Coste);
- attivazione di un punto di riferimento in loco (possibilmente con affaccio
diretto su strada): può offrire, se ben localizzato e condotto con la
consapevolezza
delle
competenze
comunicative
necessarie,
scambio
continuativo e la definizione di nuove modalità di trattamento di problemi
anche ordinari.
Il Camper per
l’informazione e la
consultazione utilizzato
dalla Regione Puglia per il
Piano Regionale delle Coste
(luglio-agosto 2010)
Attivazione di postazioni fisse per la raccolta di informazioni
per il PUG di Monopoli
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
14 CAMMINATA DI QUARTIERE
Conoscenza di cui non si può fare a meno
Alla base di questa tecnica c'è l'idea che sia fondamentale riconoscere e
valorizzare la competenza degli abitanti riguardo al proprio ambiente di vita:
conoscenza ordinaria, non professionale e non tecnica, ma che deriva dal fatto
che essi quotidianamente vivono quel territorio, ne fruiscono in quanto
"ambiente" in cui abitano o lavorano, o intessono reti di relazione e di socialità.
La percezione che un abitante ha del proprio quartiere è dunque un tipo di
conoscenza di cui "non si può fare a meno" in un processo di trasformazione
territoriale, perché è una conoscenza che il professionista non può possedere.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Percorrere insieme un luogo, attraversandolo e cercando di riconoscere e
mettere in evidenza il proprio modo di vivere quello spazio, significa
valorizzare modalità di stare assieme e di comunicare basate sul riferire
esperienze, osservazioni specifiche, elementi che colpiscono ciascuno e che
sono ritenute rivelatrici, "sintomatiche" di tendenze in atto.
Gli alunni di scuola elementare nel progetto di riqualificazione
urbana a Monopoli
Incontro con i residenti sui luoghi di Lama Belvedere a Monopoli
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
15 CARTE DI OSSERVAZIONE E DI PROTESTA
Il metodo consiste nel raccogliere, in posti accessibili a tutti, i commenti che
ciascuno può fare nei confronti di un servizio pubblico, o di un altro specifico
tema. Può servire a monitorare la qualità della fornitura di servizi, evidenziando
problemi ricorrenti e comunemente percepiti.
Si parla di Street stall (chiosco stradale) quando questo posto è situato in un
luogo pubblico all’aperto, ma lo stesso approccio può essere affrontato usando
mezzi informatici, o con interviste telefoniche.
Di nuovo si possono richiamare alcune sperimentazioni in tal senso condotte
dagli URP (uffici per le relazioni con il pubblico).
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16 CITIZENS’ PANELS
Nei citizens’ panels (liste di cittadini) un gruppo di persone viene consultato
periodicamente riguardo a un argomento di interesse comune. Il gruppo
dovrebbe essere adeguatamente rappresentativo della popolazione interessata.
Nel caso in cui il campione sia formato da individui con una particolare
caratteristica, ad esempio tutti i bambini di una scuola, o tutti coloro i quali
frequentano un determinato giardino pubblico, …, si parla di users’ panels (liste
di utenti).
Le consultazioni possono avvenire facendo uso di altre tecniche (focus group,
interviste, questionari, gruppi di discussione, …).
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17 CANTIERE EVENTO
È un termine usato per denominare l’attività di comunicazione che accompagna
un cantiere in zona abitata con l’obiettivo di contenere i disagi per i cittadini.
Il piano di comunicazione che precede il cantiere evento può prevedere
informazione (sulla natura dei lavori), educazione (in caso, ad esempio di lavori in
prossimità di scuole), formazione (ad esempio avviamento al lavoro di giovani
disoccupati).
In alcuni casi si possono prevedere visite guidate periodiche, definite anche
finestre sul cantiere.
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18 LABORATORIO PROGETTUALE
Scopo del laboratorio progettuale è quello di fornire ai cittadini consulenza,
coinvolgendoli nelle diverse fasi di progettazione.
L‘esperienza di Renzo Piano a Otranto
Il laboratorio di quartiere, ideato da Renzo Piano e dall'impresa di costruzione
Fratelli Dioguardi, viene sperimentato per la prima volta nel 1979 a Otranto, quale
strumento per avviare lavori di recupero e di adeguamento nei centri storici,
utilizzando modalità partecipative e di coinvolgimento diretto degli abitanti.
Il laboratorio venne localizzato nella Piazza del Popolo ed assunse le forme di un
cubo-container, aperto sui quattro lati e coperto da un grande telone bianco a forma
di conchiglia.
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Precedentemente il Comune aveva provveduto alla distribuzione di
questionari attraverso i quali si erano potute verificare la volontà e la
disponibilità degli abitanti a restare nel centro storico, a condizione di
ricevere appositi finanziamenti per avviare la ristrutturazione degli alloggi.
Gli edifici del centro storico di Otranto presentavano infatti numerosi
problemi di degrado edilizio: umidità, crepe nei muri, lesioni nei tetti,
mancanza di servizi igienici.
Il laboratorio assunse subito il ruolo di "consultorio" in cui gli abitanti
potevano avere un contatto diretto e ricevere immediatamente una
consulenza, rispetto ai problemi specifici della propria abitazione.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Esso era costituito da 4 sezioni operative distinte, ma integrate,
coerenti con l'idea di "cantiere continuo" e di "cantiere aperto":
1.
Il settore "progetto aperto”
2.
Il settore "analisi e diagnostica"
3.
Il settore "lavoro e costruzione"
4.
Il settore "informazione e didattica"
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
1. Il settore "progetto aperto" forniva:
- informazioni generali,
- consulenze tecnico-progettuali,
- preventivi dei costi di intervento,
- indicazioni riguardo agli aspetti energetici,
- supporti per una corretta interpretazione della normativa e per l'accesso alle
agevolazioni creditizie a disposizione dei Comuni e dei privati per il recupero del
patrimonio esistente.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
2. Il settore "analisi e diagnostica" era invece costituito da competenze,
attrezzature e strumenti scientifici e oggettivi, necessari a compiere operazioni di
rilievo e di osservazione dello stato di degrado di un edificio, cioè analisi di tipo
chimico, fisico, strutturale, termografico, fotografico e fotogrammetrico.
La costruzione del piano come processo
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3. L'intervento di recupero vero e proprio era invece curato dal settore
"lavoro e costruzione".
Esso aveva lo scopo di sostituire il cantiere tradizionale, considerato
maggiormente adatto ai lavori di nuova costruzione piuttosto che a quelli di
adeguamento e di manutenzione: per questo motivo venivano proposte tecniche
per "interventi leggeri", anche tratte da altri settori di impiego (es. interventi
di eliminazione dell'umidità per iniezioni capillari, suturazioni di crepe con
siliconi), che non richiedessero l'allontanamento degli abitanti dalle loro case
durante i lavori.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
4. Infine il settore "informazione e didattica" provvedeva a fornire materiali
stampati, fotografie, documenti, attrezzature audiovisive in merito al
laboratorio di quartiere e al suo funzionamento, alle problematiche dei
centri storici in generale, alla normativa e ai piani urbanistici, ai
finanziamenti disponibili, ecc.
La costruzione del piano come processo
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Dopo l’esperienza di Otranto
All'esperienza
di
Otranto
fanno
seguito
ulteriori
sperimentazioni
del
laboratorio di quartiere - nel 1980 nel quartiere Japigia a Bari, poi a Burano - i
cui risultati non sono legati alla possibilità di effettuare interventi di recupero
e di manutenzione sugli edifici, ma piuttosto allo svolgimento di un'operazione
di "educazione" dei cittadini e delle maestranze rispetto al "bene-casa".
Inoltre il laboratorio è diventato la base sperimentale della "impresa di
manutenzione della città", una concezione organizzativa dell'impresa teorizzata
da Dioguardi nel 1984.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Egli infatti ha posto in particolare evidenza l'importanza della manutenzione
intesa come "anello di chiusura di una catena di attività" (Vitarelli, 1990), che ha
per oggetto il manufatto edilizio.
I costi reali di un edificio sono quelli "globali", comprensivi cioè dell'acquisto e
della posa in opera dei materiali, ma anche del "mantenimento nel tempo delle
caratteristiche prestazionali richieste a quel materiale" (Vitarelli, 1990).
Matura in questo modo l'idea che, anche in ogni città sia necessario costruire
una rete di laboratori di quartiere, dislocati ciascuno in una diversa zona o
circoscrizione, che facciano capo all'ufficio tecnico, da cui a Roma è ad esempio
nata l’idea degli UTC circoscrizionali.
Si ricordi, fra l’altro, il ruolo dell’Info Box di Berlino (anche cantiere evento:
una finestra sul cantiere), utilizzato come struttura temporanea destinata al
confronto di opinioni e a fornire informazioni relative agli interventi messi in
atto per la ricostruzione del sito a Potsdamer Platz.
L’Infobox di Berlino
(progettato da Till Schneider e Michael Schumacher)
Laboratorio di quartiere in un caso di riqualificazione urbana a Monopoli
Per la costruzione del “Contratto di quartiere II”, è stata attivata la progettazione partecipata per
mezzo del Laboratorio di Quartiere, ubicato nella scuola M. Jones, ed aperto nelle varie fasi di
costruzione del programma, per i residenti ed i genitori degli alunni che frequentano la scuola. A
supporto del Laboratorio sono state attivate anche diverse :
FORME DI COMUNICAZIONE
CONVENZIONALE
 Manifesti
 Lettere di invito
INTERATTIVA
(Sito Web del Comune di Monopoli)
 Presentazione dell’iniziativa
 Pannelli
 Comunicazione degli incontri
 Comunicati di Tv e giornali locali
 Indicazione della zona d’intervento e
alcune analisi
 Questionario
 Contatti con i progettisti
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19 DESIGN GAME
Consiste nel progettare un luogo avendo a disposizione una mappa in scala
adeguata alla rappresentazione e alla comprensione/partecipazione dei
cittadini e una serie di modellini che i partecipanti possono posizionare in
modo da formare un loro progetto.
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collaborativo: metodi e strumenti
20 PLANNING FOR REAL
E’ un metodo di progettazione partecipata, sviluppato a partire dagli anni
'60-'70 dall'Università di Nottingham.
L'obiettivo è quello di individuare bisogni e opzioni di intervento su uno
specifico contesto territoriale a partire dall'esperienza della comunità
locale, individuata come il soggetto che possiede la migliore conoscenza dei
problemi del proprio territorio.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Il modello tridimensionale
Il punto di partenza è sempre una rappresentazione dell'area d'intervento
attraverso un modello tridimensionale, il cui scopo è quello di aiutare gli
abitanti a identificare ogni elemento del proprio quartiere e a individuare più
facilmente su di esso le opere migliorative che ritengono necessarie.
E' importante che le dimensioni e le caratteristiche del plastico stimolino i
partecipanti a "mettere mano" al plastico, consentendo loro di riconoscere e
di confrontarsi con i luoghi rappresentati.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Ogni persona è chiamata a posizionare sul plastico apposite carte-opzione,
ciascuna delle quali indica un intervento migliorativo.
E' importante che la fattibilità e la praticabilità di tutte le carte-opzione
siano verificate, dal punto di vista tecnico e politico, attraverso una fase di
indagine e di outreach.
Nel 1998 sulla base delle applicazioni della tecnica Planning for Real è stato
elaborato un sistema di consultazione utilizzando una mappa virtuale (GIS)
consultabile in internet, che consente la partecipazione dei cittadini senza
restrizioni di tempi e di luoghi e garantendo il più completo anonimato.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Costruzione del modello 3D in scala
Costruzione di un modello su basi modulari di 50x50 cm. (ad es. polistirolo). I pezzi
(edifici, alberi, ecc.) sono in cartoncino e possono essere piegati per poter essere
facilmente trasportati. La scala del modello varia, a seconda dell'area in esame, da
1:300/1:500 a 1:50.
Le schede per le opzioni
I partecipanti scrivono le opzioni sulle schede suddivise per argomento: rosse per
il traffico, gialle per l'abitazione, verdi per il verde e l'ambiente.
La costruzione del piano come processo
collaborativo: metodi e strumenti
Priorità delle azioni
I partecipanti articolano le opzioni per argomento e per priorità di
realizzazione.
Valutazione delle opzioni
I partecipanti scelgono le opzioni. Nella tabella vengono indicate le opzioni
per argomento e con il numero di persone che le hanno prescelte.
Modello tridimensionale nel progetto di riqualificazione urbana a Monopoli
Modello tridimensionale nel progetto di riqualificazione urbana a Monopoli