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I batteri
•
I batteri sono procarioti,
microrgamismi unicellulari
dotati di parete in cui il
materiale genetico non e’
organizzato in un nucleo. Le loro
cellule coesistono di citoplasma
che contiene DNA e ribosomi
70S
•
La costituente base della parete
e’ il peptidoglicano o mureina,
polimero di catene di NAG e
NAM unite da ponti trasversali
peptidici
•
Una specie batterica e’
piuttosto un gruppo di individui
batterici che condividono alcune
caratteristiche fenotipiche e
genotipiche
•
Quando un ceppo batterico
infetta una pianta e altri ceppi
della stessa specie no, prende il
nome di pathovar di quella
specie
La parete
•
La mureina costituisce solo il 5-10%
del totale
•
Sulla parete esterna ci sono gli LPS,
lipopolisaccaridi (antigenici) –
antigene O
•
Capsula – strato mucoso
(polisaccaridi), antigeni K
•
Flagelli – antigeni H (flagellina) altre appendici peli e fimbrie
Strato
peptidoglicano
protoplasma
Membrana
plasmatica
Membrana
esterna
capsula
EPS
Repeating unit
n
O-specific side chain
Lipid A
Core region
Outer membrane
•
Caratteristiche dei batteri
fitopatogeni
Sono circa 100 le specie di batteri
fitopatogeni, alcuni dei quali sono
saprofiti facoltativi, anche se i FVLB
(fastidious vascular limited bacteria)
sono difficili da crescere in coltura
(xylella)
•
Le malattie batteriche sono
particolarmente comuni e severe ai
tropici ma con le condizioni favorevoli
possono crescere ovunque
•
La maggior parte dei batteri ha forma
bastoncellare, l’unica eccezione e’
rappresentata da streptomyces che e’
filamentoso
•
A seconda della disposizione e del
numero dei flagelli abbiamo batteri
•
–
Monotrichi –1 solo flagello
–
Polari – flagelli alle 2 estremita’
–
Peritrichi – distribuiti sull’intera
superficie
Quando ad un singolo batterio cresce
in un mezzo produce una colonia
•
Riproduzione
I batteri fitopatogeni bastoncellari si riproducono asessualmente mediante il processo
di scissione binaria o fission. Questa avviene mediante:
–
crescita verso l’interno della membrana cellulare formando una membrana trasversale che divide il citoplasma
in due parti uguali.
–
Due strati di parete cellulare continui con la parete esterna sono poi sintetizzati tra i due strati di membrana
•
In condizioni favorevoli i batteri si dividono ogni 20-50 min, in tal modo da 1 batterio
se ne possono formare 106 in un giorno
•
Come si produce la variabilita’ nei batteri? Nella riproduzione asessuale, che avviene
per mitosi, si ha una bassa percentuale di variazione di informazione genetica, che e’
dovuta principalmente a fenomeni di errori di replicazione e a rari eventi di crossing
over mitotico
•
Nei batteri pero’ esistono dei meccanismi di variabilita’ attraverso processi pseudosessuali
– La coniugazione. Richiede contatto tra 2 batteri diversi che scambiano materiale
genetico (plasmidi) mediante il tubetto coniugativo
– La trasformazione. Processo in cui una porzione di DNA libero e’ acquisito da una
celula batterica in disfacimento ed e’integrato nel genoma ricevente
– Trasduzione. Un batteriofago compie un ciclo litico in una cellula e acquisice parte
del suo genoma e poi lo introduce in un’altra cellula durante un ciclo lisogeno
Ecologia
•
La maggior parte dei batteri patogeni si sviluppano nell’ospite come parassiti,
sulla superficie delle gemme come epifiti e in parte nei residui vegetali nel
suolo
•
Altri patogeni, come Erwinia amilovora, si riproducono solo nell’ospite, infatti
questi tipi di patogeni hanno sviluppato dei cicli pianta-pianta grazie agli
insetti
•
Alcuni patogeni come l’Agrobacterium, Ralstonia, e Streptomyces sono invece
dei veri e propri “soil inhabitants”
•
Molti batteri patogeni sono dei soil invaders, ovvero che invadono i tessuti
dell’ospite presenti nel suolo. Data la loro scarsa abilita’ saprofitica sono degli
scarsi competitori e quindi permangono nel suolo solo fino a quando sono
disponibili i tessuti dell’ospite
•
I batteri possono anche sopravvivere nei semi, in altre parti della pianta,
negli insetti del suolo
•
La dispersione dei batteri avviene attraverso l’acqua, gli insetti e altri
animali, infatti anche se molti posseggono dei flagelli hanno una limitata
capacità di movimento
•
Gli insetti sono sia trasportatori che vettori, infatti depongono i batteri in
siti dove e’ facile un loro sviluppo
•
Ciclo
delle
batteriosi
Sorgente d’inoculo
– Organi infetti, residui della vegetazione, materiale di propagazione infetto, piante
spontanee, insetti, terreno (a parte qualche caso come R. solanacearum, i batteri
fitopatogeni non sono buoni competitori
•
Esigenze termiche
– Sono mesofili min 10C-opt 25C- max 35C
•
Penetrazione
– Mai diretta sempre per ferite od aperture naturali (stomi, idatodi,acqua di
guttazione, lenticelle, nettarii)
– Alla penetrazione segue sempre una fase di ancoramento alla superficie esterna
delle cellule ospiti e una fase di moltiplicazione attiva (che s’interrompe
precocememente nelle combinazioni incompatibili)
•
Periodo d’incubazione: da 48 ore a 2 mesi
•
Invasione
– Si puo’ avere l’invasione attraverso i vasi od attraverso il parenchima, da cellula a
cellula o attraverso entrambe le vie, abbiamo pertanto
• Batteriosi vascolari: avvizzimento
• Batteriosi parenchimatiche: machie fogliari
• Batteriosi sistemiche: si trasmettono per fasci e colonizza anche i parenchimi
• Batteriosi iperplastiche
•
Evasione
– Emissione di flussi mucillaginosi in condizioni di alta’ umidita’ relativa, a volte non c’è
evasione e i batteri restano quiescenti sui e nei semi
Controllo delle malattie batteriche
•
Le malattie batteriche sono molto difficili da controllare
•
Spesso una combinazione di diverse misure di controllo è richiesta per combattere una
data malattia batterica
•
Pratiche sanitarie rivolte a ridurre l’inoculo in un campo possono essere effettuate
rimuovendo e bruciando piante o rami infetti
•
Regolando le fertilizzazioni e l’irrigamento
•
L’uso di varieta’ resistenti a certe malattie batteriche è uno dei metodi migliori per
controllare le malattie
•
Il suolo infestato con i batteri fitopatogeni possono essere sterilizzati con vapore o con
calore e con sostanze chimiche come la formaldeide
•
I semi quando infettati superficialmente possono essere sterilizzati usando HCl o
ipoclorito di Na oppure portati a 52°C per 20 min
•
La lotta chimica ai batteri e’ di solito meno efficace di quella ai funghi. Comunque
vengono usati
– Poltiglia bordolese (CuSO4+CaOH), rame, CuOH per il controllo dei bacterial leaf
spots
– Zineb, maneb o mancozeb mischiati con rame per il controllo delle malattie su piante
giovani
•
Lotta biologica
–
trattamento di tuberi, semi e altro con batteri antagonisti
•
•
•
Agrobacterium
Batteri fitopatogeni
–
I batteri hanno forma bastoncellare di
circa 1,5-3 mm, hanno 1-4 flagelli
peritrichi
–
Quando vengono cresciuti in terreni ricchi
in carboidrati producono una capsula
polisaccaridica
–
Sono abitanti del suolo e della rizosfera
Erwinia
–
Bastoncellari di 1-3 mm e mobili
attraverso diversi flagelli peritrichi
–
Sono gli unici anaerobici facoltativi
–
Alcune specie non producono enzimi
idrolitici e causano necrosi o avvizzimenti
(amilovora) altrihanno una forte attivita’
pectolitica e causano marciumi molli
(carotovora)
Pseudomonas
–
Bastoncellari di 1,5-4 mm con 1 o più
flagelli polari
–
Sono soil inhabitants e si trovano anche
in ambiente acquatici
–
Producono un pigmento fluorescente
giallo-verde
PAMP & DAMP
PAMP
• PAMPs trigger:
1. early responses (seconds to
minutes; e.g. ion fluxes, oxidative
burst),
2. intermediate responses (minutes to
hours; e.g. MAPK/CDPK activation,
ethylene production, stomatal
closure, transcriptional
reprogramming),
3. and late responses (hours to days;
e.g. salicylic acid [SA]
accumulation, callose deposition).
• Intriguingly, many of these
responses include the production of
molecules that potentially can act as
second messengers (calcium,
reactive oxygen species, ethylene,
SA) and we may predict roles for
each of the signaling pathways in
PAMP-triggered immunity
DAMP
•
•
•
Like in animals, host endogenous
molecules released upon wounding
and infection, called damageassociated molecular patterns
(DAMPs), are capable of inducing
immune reactions in plants.
Only recently, the first plant DAMP
receptor has been identified. The
LRR-RKs PEPR1 and PEPR2 are
responsible for the detection of the
peptidic DAMP AtPep1 (Krol et al.,
2010; Yamaguchi et al., 2010).
Interestingly, AtPep1 triggers similar
responses as PAMPs that appear to
be as well BAK1 dependent,
illustrating common steps between
PAMP and DAMP signaling.
In addition, it is proposed that PAMP
and DAMP responses may be
connected in a positive feedback
loop (Huffaker and Ryan, 2007), but
this model has yet to be proven.
A model for the amplification of signaling pathways for PAMPs and AtPep (DAMP) peptides in
Arabidopsis.
Huffaker A , Ryan C A PNAS 2007;104:10732-10736
©2007 by National Academy of Sciences
Un esempio: la percezione della flagellina
1.
2.
FLS2 (flagellin sensing 2) si trova in una forma defosforilata e KAPP
(kinase associated protein phosphatase) la mantiene in tale stato
(regolatore negativo)
quando Il peptide flg22 interagisce con il dominio eLRR di FLS2,
questa si accumula in vescicole intracellulari entra nel citosol dove
dopo avere trasdotto il segnale viene degradata dal proteasoma
Un esempio: la percezione della flagellina
• In seguito all’internalizzazione del complesso si ha un influsso
di ioni Ca (citosolico e nucleare), un alcalinizzazione del mezzo
e la produzione di ROS tramite l’attivazione della NADPHox
• L’attività kinasica di FLS2 è richiesta per l’attivazione di una
cascata MAPK che culmina nell’espressione del fattore di
trascrizione chiave nella risposta difensiva WRKY29 che regola
l’espressione di PR1 e PR5
Un esempio: la percezione della flagellina
• FLS2 si comporta in modo simile al recettore BRL1 per i
brassinosteroidi. Questo infatti per esplicare la sua azione
richiede un altro LRR-RLK (BAK – BRL1 associated
kinase) per un corretto signalling
• BAK1 è un cofattore necessario per il signalling anche di
FLS2 interagendo con esso subito dopo l’elicitazione di
flg22
Bacterial spots and blights
• I più comuni tipi di malattie batteriche delle piante sono quelle che
appaiono come spots di diversa taglia sulle foglie, fusti, bocciuoli e
frutti
• In alcune malattie le macchie continuano ad avanzare rapidamente e
diventano blights “bruciature”, le macchie sono necrotiche, circolari e in
qualche caso sono circondate da un alone giallognolo
• Nelle piante dicotiledoni i bacterial spots in qualche ospite sono limitati
alle venature piu’ grandi e le macchie appaiono angolari, e per lo stesso
motivo nelle monocotiledoni appaiono come strisce
• Tutti gli spot e i blights delle foglie, dei fusti e dei frutti sono causate
dai batteri del genere Pseudomonas e Xanthomonas
Wildfire del tabacco
•
L’agente causale del colpo di fuoco del tabacco, Pseudomonas
syringae pv. tabaci, ha una distribuzione ubiquitaria
•
Causa perdite sia nei semenzali che in campo. Le plantule infette
possono essere uccise. Se invece vengono colpite le piante adulte
in campo possono avere una consistente perdita del fogliame o
presentare delle foglie commercialmente non sfruttabili
•
Una zona acquosa che separa il tessuto marcescente dal tessuto
sano è il primo sintomo della malattia
•
Le foglie sviluppano delle macchie giallognole di 1 cm in cui il
centro diventa marrone ed e’ circondato da un alone giallo. Le
macchie coalescono e formano larghe aree morte in pochi giorni
•
Il batterio produce una tossina, la tab-tossina, che da sola e’ in
grado di produrre le lesioni
Il ciclo della malattia
Il tumore del colletto
•
Agente causale: Agrobacterium
tumefaciens
•
Le galle provocate da questo batterio
sono maligne: una volta che le cellule sono
state indotte a dividersi ed alrgarsi esse
continuano a dividersi senza piu’ obedire
ai controlli ormonali
•
Primo sintomo: piccole escrescenze sullo
stelo o sulle radici
•
Originandosi in una ferita vengono
confuse con il callo (proliferazione di
cellule indifferenziate)
•
Le cellule tumorali diventano indipendenti
dal batterio e continuano a crescere e a
dividersi anche in assenza del batterio
•
Le cellule tumorali contengono piu’ alte
quantita’ di IAA e citochinine
•
Il controllo inizia con una spedizione dei
semenzali
•
Dato che il batterio penetra solo
attraverso ferite fresche si devono
evitare pratiche colturali invasive e
presenza di insetti maceranti
Il ciclo della malattia
T-DNA insertion into plant cell
https://www.youtube.com/watch?v=suL7LxC2NPg
Regolazione del sistema di
secrezione di tipo III nei batteri
•
Il sistema di secrezione di tipo III
(TTSS) è un macchinario specializzato
nella secrezione di proteine
•
È usato da numerosi batteri patogeni
gram-negativi per rilasciare degli
effettori direttamente nelle cellule
dell’ospite
•
Nei batteri fitopatogeni i geni codificanti
per il TTSS sono stati scoperti perché i
loro prodotti sono collegati con la
risposta ipersensibile e la patogenicità.
•
Infatti la loro delezione altera la
capacità dei mutanti di causare malattia
negli ospiti e di elicitare l’HR nelle
piante non ospite
•
I geni hrp (hypersensitive response and
pathogenicity) e quelli del TTSS sono
repressi in terreni ricchi ma indotti
quando i batteri sono inoculati in planta
o incubati in terreni poveri
Il sistema di secrezione di tipo III nei batteri
• Numerosi batteri gram-negativi patogeni di piante ed animali
usano il TTSS per invadere i loro ospiti.
• In pratica il TTSS è una struttura simile ad una siringa con
ago che consiste di una membrana esterna ed una interna e
di un filamento protrudente chiamato pilo hrp nei fitopatogeni
• Il pilo hrp funziona come un condotto che guida la
traslocazione degli effettori di tipo III nell’interno della cellula
ospite
• Il TTSS è codificato da un cluster di circa 20 geni hrp che
sono organizzati in diversi operoni sia sul cromosoma che nei
plasmidi
• I cluster genici hrp sono spesso fiancheggiati da altri geni
relativi alla virulenza, nell’insieme questi geni formano le
cosiddette “isole di patogenicità” che è definita dal resto del
genoma dal tRNA o da elementi mobili
Il sistema di secrezione di tipo III nei batteri
• L’espressione dei geni TTSS è coordinata da diversi
ospiti e da fattori ambientali
• A seconda della struttura dell’operone hrp e del
sistema di regolazione che controllano l’espressione
dei geni TTSS i geni hrp possono essere divisi in 2
gruppi principali
– I geni hrp di Erwinia spp., Pantoea stewartii e
Pseudomonas syringae appartengono al gruppo I
– Quelli di Xanthomonas spp. e di Ralstonia solanacearum al
gruppo II
• Molteplici componenti di signal transduction sono
stati identificati in ambedue i gruppi dei geni hrp
Il sistema regolativo per il gruppo I
• Questo gruppo è regolato da
HrpL un membro della famiglia
ECFG dei fattori sigma (fattori che
modulano l’attività della RNA
polimerasi batterica)
• Le proteine HrpL di questi batteri
(Erwinia etc) sono molto
conservate e riconoscono una
sequenza consenso sul DNA
(GGAACC-N15/16-CCACNNA)
chiamata l’hrp box che si trova
nel promotore degli operoni hrp e
degli effettori di tipo III
• Lo stesso hrpL è indotto nelle
condizioni che inducono la
trascrizione degli hrp
Il sistema regolativo per il gruppo I
• I geni hrpR e hrpS sono
organizzati in un operone
controllato dal promotore a monte
di hrpR
• Le proteine HrpR e HrpS
appartengono alla famiglia dei
regolatori a 2 componenti
• Le due proteine sono altamente
omologhe e formano un
eterodimero.
• La dimerizzazione sembra essere
cruciale per l’attivazione
trascrizionale di hrpL
Il sistema regolativo per il gruppo I
• Sia HrpR che HrpS contengono un
dominio di legame ad un enhancer
ed un motivo che interagisce con
l’oloenzima 54-RNA polimerasi
• Quindi la trascrizione di hrpL è sotto
il controllo di un promotore che
dipende da 54
• In condizioni inducenti HrpR e
HrpS formano un eterodimero sul
promotore di hrpL per stimolarne la
trascrizione interagendo con la 54
RNA polimerasi
Il sistema regolativo per il gruppo I
• Un sistema a due componenti che
consiste dei prodotti dei geni hrpX
e hrpY agisce a monte della
cascata hrpS-hrpL in Erwinia.
• hrpX codifica per un sensore
istidina-kinasi mentre hrpY per il
corrispondente response regulator
• hrpXY è quindi richiesto per
l’induzione dei geni hrp e
probabilmente HrpX è il sensore
dei segnali chimici o fisiologici che
a sua volta attiva HrpY
fosforilandolo
Il sistema regolativo per il gruppo I
• HrpA è il principale componente del
pilo di tipo III e influenza la
trascrizione dell’operone hrpRS
• la proteasi Lon ATP-dep. è un
regolatore, negativo della proteina
HrpR
• È stata identificata perché i mutanti
lon presentavano un’attivazione
costitutiva dei geni hrp in terreni
ricchi. Questa attivazione è il
risultato della non-degradazione di
HrpR
• Lon non modula invece la stabilità
di HrpS,
• d’altronde HrpS attiva hrpL proprio
mediante HrpR e quindi la
degradazione di quest’ultimo
influenza il funzionamento del
dimero HrpRS
Il sistema regolativo per il gruppo I
• In P. aeruginosa l’espressione dei geni TTSS è controllata a livello
trascrizionale da ExsA un attivatore trascrizionale del tipo AraC
(arabinosio)
• L’antiattivatore ExsD interagisce con ExsA in condizioni repressive e
quindi reprime la trascrizione dei geni TTSS
• Quando i batteri sono cresciuti in condizioni inducenti un terzo
regolatore ExsC interagisce con ExsD e rilascia ExsA dall’inibizione di
ExsD e quindi a sua volta attiva l’espressione dei geni TTSS
• Quindi in questo modello ExsD agisce come un anti attivatore di ExsA
e ExsC agisce come anti-anti attivatore!
• In P. syringae due ulteriore elemento hrpV e hrpG agisce similmente
come anti-antiattivatori interagendo con hrpS
Il sistema regolativo per il gruppo II
• La maggior parte degli hrp
operons del gruppo II sono attivati
da un attivatore AraC-like
designato HrpB in R.
solanacearum e HrpX in
Xanthomonas spp.
• Il promotore degli operoni hrp e gli
effettori di tipo III sono regolati da
HrpX e HrpB che spesso
presentano un motivo conservato
chiamato plant-inducible promoter
(PIP)-box (TTCGC.N15-TTCGC)
in Xanthomonas e hrpII-box in R.
solanacearum
• Mutazioni puntiformi nella
sequenza consenso di PIP/hrpII
box riducono l’attività di HrpX o B
Il sistema regolativo per il gruppo II
• I geni hrpX e hrpB sono attivati dalle
proteine HrpG che appartengono alla
famiglia dei regolatori a 2 componenti
con un dominio receiver N-terminale e
un DNA binding domain C terminale
• Questa proteina è un punto
convergente delle pathways di
trasduzione del segnale che mediano
l’induzione dei geni TTSS
• hrpG è costitutivamente espresso in
terreni minimi e completi ma la sua
trascrizione è indotta solo dopo il
contatto con la pianta
• PhcA è un regolatore negativo di
HrpG probabilmente attraverso un
meccanismo post-trascrizionale
• PhcA coordina l’espressione di
molteplici fattori di virulenza come gli
esopolisaccaridi, diversi CWDE, il
quorum sensing e la mobilità batterica
Il sistema regolativo per il gruppo II
• L'host sensing è cruciale per
un'infezione di successo da parte
dei batteri fitopatogeni.
• In R. solanacearum i geni TTSS
sono indotti quando il batterio
entra in contatto con la pianta
• L'induzione è mediata da PrhA una
proteina di membrana con
significative similarità con i recettori
siderofori
• Il segnale proveniente dalla pianta
che è percepito da PrhA è
probabilmente un componente non
diffusibile della parete cellulare che
è resistente alla proteolisi e al
calore
Regolazione dei geni TTSS
•
•
•
Altri componenti che agiscono a valle di
PrhA sono PrhR, I, J che funzionano in un
ordine sequenziale. PrhR, I e J sono
richiesti specificamente per l'induzione da
parte dell'ospite.
PrhR e prhI si trovano nello stesso
operone e codificano per una proteina
transmembrana ed un fattore  della
famiglia ECF mentre PrhJ è un attivatore
trascrizionale della famiglia LuxR/UhpA.
PrhR e I agiscono a monte di PrhJ e
insieme sono richiesti per l'induzione di
hrpG
Gli effettori fitopatogenici di tipo III
• I batteri fitopatogeni sopprimono l'immunità innata e
promuovono la patogenesi iniettando nelle cellule
dell'ospite delle proteine chiamate effettori di tipo III
(T3Es) usando il TTSS
• I T3Es usano almeno 3 diverse strategie per alterare
– Il turnover proteico sia attraverso una proteolisi diretta
che mediata dal proteasoma 26S
– Il metabolismo del RNA attraverso un attivazione
trascrizionale o mediante l'ADP-ribosilazione delle RNA
binding protein
– Le pathway kinasiche coinvolte nel signaling difensivo
sia attraverso le fosfatasi che un'inibizione diretta
• coinvolte nelle le risposte dell'ospite al patogeno
Attività e target dei T3Es
I T3E che hanno impatto sul turnover proteico
• Alcuni T3E sono delle proteasi che possono rimuovere alcuni
componenti dell’ospite fondamentali per l’instaurarsi della
PTI. Ad es. AvrPphB di P. syringae è una cisteina proteasi
papain-like che taglia la PK PBS1 di At. PBS1 forma un
complesso con RPS5 che riconosce il taglio e inizia l’ETI.
• AvrRpt2 è una cisteina proteasi staphopain –like che taglia
RIN4 un regolatore negativo della PTI. Sembra controintuitivo che RIN4 sia un target di virulenza dato che la sua
perdita dovrebbe dereprimere la PTI, il che dovrebbe
apparentemente avere un impatto negativo sul patogeno.
• Però RIN4 interagisce con almeno altri 2 T3Es e 2 R protein
suggerendo che la sua inattivazione potrebbe destabilizzare
questo complesso e dare beneficio al patogeno. Una di
queste proteine, RPS2, riconosce il taglio di RIN4 e scatena
l’ETI
I T3E che hanno impatto sul turnover proteico
• Due famiglie di T3E (XopD e YopjJ) sono delle cisteina
proteasi/isopeptidasi che sono specializzati nella rimozione dei
gruppi SUMO dalle proteine dell’ospite. Dato che l’aggiunta di
una singola ubiquitina o di un gruppo SUMO può modificare
l’attività o la localizzazione di una proteina, probabilmente la
deubiquitinazione/desumoilazione operata da questi effettori
altera l’attività o la stabilità di queste
• XopD è un effettore che viene traslocato nel nucleo dove si
ritiene possa mimare delle SUMO isopeptidasi vegetali
• YopJ è stato studiato nei patogeni umani appartenenti al genere
Yersinia insieme ad altri effettori della stessa famiglia come
AvrXv4, AvrBsT, AvrRxv e XopJ. Questi effettori sembrano agire
come SUMO-isopeptidasi dato che l’overespressione di uno di
questi porta ad un decremento delle protien SUMOilate in pianta.
AvrXv4 è citoplasmico mentre XopJ è targettato verso la
membrana plasmatica. YopJ oltre all’attività deSUMOilante
mostra attività deubiquitinante, acetilante ed è capace di
bersagliare le pathways di MAPK-signaling
I T3E che hanno impatto sul turnover proteico
• Piuttosto che avere delle attività proteasiche alcuni T3E
usano il macchinario di ubiquitinazione dell’ospite e il
proteasoma 26S per alterare i livelli delle proteine coinvolte
nella difesa. Ad. es. gli effettori GALA di R. solanacearum
hanno degli F-box e LRR domain attraverso i quali
interagiscono con le proteine ASK di At. Le proteine F-box e
le ASK fanno parte del complesso ubiquitina E3 ligasi che
attacca l’ubiquitina alle proteine indirizzandole verso la
degradazione da parte del proteasoma 26S
• AvrPtoB di P. syringae contiene un dominio C-terminale E3
ligasico che ubiquitina la PK Fen di pomodoro indicandola
per la degradazione. Però l’ETI avviene quando l’R protein
Prf riconosce l’interazione tra Fen e una versione troncata di
AvrPtoB che manca prorpio della parte Ubiquitina-ligasica.
Questo indica che il patogeno ha sviluppato un forma di
questo effettore che invece possiede questo dominio e che
quindi ubiquitina Fen e riesce anche ad evitare l’ETI. Questo
T3E ha diversi target, perché sopprime anche la PTI indotta
da MAPK in At
I T3E che hanno impatto sul turnover proteico
• Un altro esempio di T3E capace di alterare il turnover proteico
è dato da HopM1 di P. syringae. Questo è presente nella
frazione delle endomembrane delle cellule vegetali dove
aumenta la degradazione di AtMIN7 indirizzandola al
proteasoma.
• AtMIN7 è una ADP-ribosylation factor-guanine nucleotide
exchange factor (ARF-GEF) necessari per il trasporto
vescicolare. Quindi HopM1 può indirizzare AtMIN7 per la
degradazione proprio per impedire il trasporto vescicolare di
metaboliti legati alla early defense (fitoalessine, callosio, etc)
verso l’apoplasto e quindi alterare la difesa basata sul CWR
• HopM1 causa l’ubiquinazione e la degradazione attraverso il
proteasoma 26S di AtMIN7 che è coinvolta nel traffico
vescicolare
I T3E che influenzano la trascrizione o la
stabilità dell’RNA
• I T3E possono anche modificare i livelli proteici alterando
la trascrizione dell’ospite, il che può portare ad un
incrementata suscettibilità. I T3E in grado di effettuare
questo tipo di inibizione sono AvrBs3, PthXo6 e PthXo7
di Xanthomonas spp., HsvG e HsvB di Pantoea
agglomerans
• AvrBs3 altera la trascrizione legandosi al promotore del
fattore di trascrizione upa20 e aumentando la sua
espressione.
• Questa up-regolazione di upa20 è in parte responsabile
della ipertrofia delle cellule del mesofillo. Nelle piante
resistenti, AvrBs3 si lega anche al promotore e attiva la
trascrizione del R gene Bs3 la cui proteina riconosce
l’effettore e induce l’ETI. Bs3 è una mono-ossigenasi
flavina-dipendente e non una NB-LRR protein e induce
l’ETI con meccanismo non noto.
I T3E che influenzano la trascrizione o la
stabilità dell’RNA
• Il caso del riconoscimento di AvrBs3 potrebbe essere
considerato una variazione dell’ipotesi guardia, infatti Bs3
piuttosto che monitorare una proteina, controlla una
sequenza di DNA. Quindi il promotore di Bs3 potrebbe in
questo senso mimare (decoy hypothesis) il promotore di
upa20 (il reale target di Bs3) e AvrBs3 indurrebbe la
produzione della sua controparte R
• AvrBs3 appartiene ad una famiglia di attivatori di trascrizione,
altri membri di questa famiglia sono PthXo6-7 che aumentano
l’espressione dei geni di riso OsTFX1 (che codifica per un
fattore di trascrizione bZIP) e OsTFIIA1 (una piccola
subunità del fattore di trascrizione IIA)
• L’uso dei T3E di up-regolare l’espressione dei geni
dell’ospite che codificano per fattori di trascrizione che a
loro volta co-regolano molti geni è una comune strategia
di virulenza impiegata da molti batteri fitopatogeni.
Queste proteine indotte dai T3E probabilmente
rappresentano dei fattori di suscettibilità che rendono la
pianta più “predisposta” alla colonizzazione batterica
I T3E che influenzano la trascrizione o la
stabilità dell’RNA
• HopU1 prodotto da P.syringae pv. tomato bersaglia invece il
metabolismo del RNA piuttosto che la sintesi del mRNA.
HopU1 è una mono-ADP-ribosiltransferasi (ADP-RT) che
ADP ribosila diversi RNA-binding proteins di At tra cui la
glycine-rich RNA-binding protein GRP7
• Inoltre questa attività ADP-RT è necessario per l’abilità di
HopU1 per sopprimere la PTI e l’ETI e le piante di At che
mancano di GRP7 sono più suscettibili a P. syringae
• Le ADP-RT sono delle tossine ben caratterizzate nei patogeni
animali ma finora mai associate ad una attività di legame
all’RNAS. L’ADP ribosilazione delle RNABP probabilmente
decrementa la loro abilità nello stabilizzare o processare
l’RNA
• Non è noto come questa alterazione porti alla soppressione
delle risposte difensive o se sia in grado di alterare il
metabolismo generale dell’RNA o solo quello di alcuni (ad es.
quelli legati alla difesa)
I T3E che influenzano la fosforilazione o
defosforilazione delle proteine dell’ospite
• La PTI e l’ETI utilizzano dei segnali kinasici per l’attuazione
delle risposte difensive (in modo particolare le MAPK).
Queste K rappresentano il target ideale per i T3E dato che
molte pathways di signaling spesso convergono verso queste
proteine di trasduzione, e quindi la loro disattivazione risulta
in una soppressione di tutte le risposte a valle necessarie per
l’attuazione delle difese
• 2 T3E che usano questa strategia sono HopAI1 e HopAO1.
• HopAI1 prodotto da P. syringae ha un’attività fosfotreonina
liasica che inattiva irreversibilmente le MAPK. In particolare
questo effettore si lega a MPK3 e 6 di At che, come noto,
sono coinvolte nelle risposte di difesa a questo batterio
• HopAO1 è una PTP che contribuisce alla virulenza di P.
syringae sopprimendo la PTI e l’ETI. Dato che le MAPK sono
fosforilate sui residui di tirosina, questi rappresentano dei
target attraenti per questo effettore. Comunque
apparentemente HopAO1 non agisce su MPK3-6 e quindi il
suo bersaglio deve essere ancora identificato
I T3E che influenzano la fosforilazione o
defosforilazione delle proteine dell’ospite
• Una strategia leggermente diversa è usato da AvrPto,
un effettore di P. syringae, che interagisce con i PAMPRLK FLS2 ed EFR inibendo la loro abilità a
autofosforilarsi e attivare la cascata MAPK che porta
alla PTI
• In modo simile ad AvrPtoB, AvrPto induce l’ETI mediata
da Pto-Prf. Infatti questo effettore inibisce l’attività
kinasica di Pto e questa inibizione porta all’ETI mentre il
meccanismo con cui è percepito da Prf è indipendente
dall’inibizione dell’attività K
• In realtà il reale target di AvrPto sembra essere, come
detto prima, un PAMP-RLK anche se questo T3E ha la
capacità di inibire l’attività K di Pto. Questo ci porta ad
ipotizzare che Pto potrebbe essere uno “specchietto
per le allodole” nel senso che il suo legame con
l’effettore impedirebbe ad AvrPto di bloccare i PAMPRLK e scatenerebbe l’ETI.
I T3E che interagiscono con le proteine
dell’ospite
• AvrB e AvrRpm1 di P. syringae interagiscono con RIN4
portando ad una sua iper-fosforilazione che
apparentemente gli consente di essere riconosciuto dalla
RP RPM1 e indurre in tal modo l’ETI. Inoltre AvrB
interagisce con RAR1 che rappresenta un target molto
“attraente” in quanto questa proteina insieme a SGT1 e
HSP90 stabilizza la R proteins e quindi è un componente
fondamentale dell’ETI
• HopI1 è un effettore chloroplast-targeted con un
potenziale dominio J. Questo dominio, come detto in
precedenza, si trova spesso nelle co-chaperonine di
Hsp70 che indirizzano le proteine verso Hsp70 dove
accendono la sua attività l’ATPasica e quella legata alla
sua capacità di alterare il folding proteico.
• Il dominio J di HopI1 è necessario per la sua virulenza e
la sua overespressione in At altera i tilacoidi
sopprimendo la biosintesi di SA
I T3E interagiscono con molti target
• I T3E spesso hanno molteplici target e quindi
possono alterare differenti aspetti dell’immunità
innata.
• Questi target sembrano funzionare ad ogni
possibile livello della PTI e dell’ETI, includendo gli
stessi recettori, le pathways di segnale a a valle e
le risposte trascrizionali e post-trascrizionali
• In questo modo i T3E si sono evoluti in modo tale
da avere la massima capacità di sopprimere un
numero sufficiente di risposte dell’immunità innata
per consentire il successo dei batteri fitopatogeni