Transcript villa

Lezione XI
I mutamenti della tarda età
repubblicana
L’oggetto della lezione
• Un periodo di trasformazioni, tra la metà del II sec.
a.C. e gli anni Trenta del I sec. a.C.
• Sviluppi noti in modo diseguale, in dipendenza dello
stato delle fonti: tra i temi principali e meglio
documentati del periodo:
–
–
–
–
–
La via da Capua a Reggio e il dato del lapis Pollae.
L’opera dei Gracchi.
L’economia della villa.
La rivolta di Spartaco.
La testimonianza della Pro M. Tullio di Cicerone sulla
proprietà agraria a Copia.
– Le deduzioni di veterani in età triumvirale.
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La via da Capua a Reggio e il
dato del lapis Pollae
• La costruzione della grande strada, prolungamento
della via Appia verso il Mezzogiorno, dota la nostra
regione di una fondamentale infrastruttura
economica.
• La fonte principale sulla via, il cosiddetto lapis
Pollae (perché rinvenuto a S. Pietro di Polla, nel
Vallo di Diano), ci fornisce anche altre informazioni
essenziali di ordine socio-economico.
• Sfortunatamente una piena valutazione storica di
questo documento è ostacolata dalle incertezze che
tuttora sussistono sulla sua esatta datazione.
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Il Lapis
Pollae nella
sua attuale
collocazione
4
Corpus Inscriptionum
Latinarum I2 638:
l’iscrizione itineraria di
Polla
• Feci la via da Reggio a Capua e in
quella via posi tutti i ponti, i milliari
e i tabellarii. Da questo punto a
Nocera 51 miglia, a Capua 84
miglia, a Muranum 74 , a Cosenza
123, a Vibo Valentia 180, allo
Stretto, presso la stazione di Ad
Statuam, 231, a Reggio 237.
Distanza totale da Capua a Reggio:
321 miglia. E io stesso, in qualità di
pretore in Sicilia, diedi la caccia e
riconsegnai gli schiavi fuggitivi
degli Italici, per un totale di 917
uomini, e parimenti per primo feci
in modo che sul terreno appartenente al demanio pubblico i pastori
cedessero agli agricoltori. In questo
luogo eressi un foro e un tempio
pubblici.
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Un testo di natura composita
• Un’epigrafe relativa alla costruzione di un’opera pubblica: la
strada stessa, con la sua “segnaletica” (ll. 1-3), un luogo di
mercato e un tempio (l. 15).
– Il problema del termine tabellarius: un testo che riportava le distanze
dalle principali tappe della strada, come nello stesso Lapis Pollae,
nell’ipotesi di G. Susini e V. Bracco.
• Un’epigrafe itineraria, con le distanze che separavano Polla
dalle principali tappe sulla strada a nord e a sud (ll. 3-8).
• Un elogium, in cui l’anonimo autore vanta in intervento in
favore degli agricoltori sull’ager publicus, la repressione di una
rivolta servile e i suoi interventi edilizi (ll. 9-15).
– L’insolito uso della prima persona singolare, che accosta il documento
alle Res gestae divi Augusti.
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Lo sviluppo
della via
Capua-Reggio
in Lucania e
nel Bruzio
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Il Ponte di Annibale
• Il cosiddetto Ponte di Annibale, o Ponte S. Angelo, nel comune di Scigliano,
dove la via Capua-Reggio passava il Savuto.
• La tecnica costruttiva pare datare il ponte all’inizio del II sec. d.C., ma
potrebbe aver sostituito un ponte simile, di età precedente.
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Chi ha redatto il lapis Pollae? L’ipotesi
di Mommsen
• Del tutto incongruamente il nostro testo tace il nome del
protagonista dell’azione: questo doveva essere ricordato in un
altro blocco del monumento, andato perduto.
• L’ipotesi di Mommsen: P. Popilio Lenate, console del 132 a.C.
– Il normale intervallo di un triennio tra pretura e consolato ne farebbe un
buon candidato alla pretura in Sicilia nel 135 a.C.
– Il rapporto con la rivolta servile in Sicilia del 135-132 a.C.
– La relazione (polemica) con la legislazione sull’ager publicus di Ti.
Sempronio Gracco del 133 a.C.: e P. Popilio Lenate era in effetti un
oppositore dei Gracchi.
– Le notizie sull’esistenza di un Forum Popilii, forse da identificare con
Polla.
• L’ipotesi di Nissen: l’identificazione con un altro Popilio, M.
Popilius, pretore nel 176 a.C.
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Chi ha redatto il lapis Pollae?
L’ipotesi di Bracco (e Wiseman)
• L’identificazione con T. Annius
Luscus, console del 153 e forse
pretore nel 156 a.C.
– Il rinvenimento di un milliare nei
pressi di Vibo Valentia (ILLRP
454a) con il testo CCLX / T(itus)
Annius T(iti) f(ilius) / pr(aetor).
– Il riferimento
di Sallustio,
Historiae, III, 98 a un Forum Annii
lungo il percorso della via.
– Una dedica di mancipes et
iunctores
iumentarii
viarum
Appiae, Traianae item Anniae cum
ramulis a Caracalla nell’iscrizione
CIL VI, 31338 a, da Roma.
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Chi ha redatto il lapis Pollae? Il
tentativo di sintesi di Degrassi
• Una combinazione delle due ipotesi
principali: la costruzione della strada,
iniziata da P. Popilio Lenate, come
documenta il Lapis Pollae, sarebbe stata
conclusa nel 131 a.C. dal suo successore T.
Annius Rufus, come testimonia il milliare di
Vibo.
– Un’ipotesi che renderebbe ragione della
complessità della costruzione della lunga via.
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Le ragioni della costruzione della via
• Una via che si imposta su percorsi già battuti nei secoli
precedenti, fin dalla guerra contro Pirro.
• Ma una via che viene costruita solo alcuni decenni dopo
la definitiva sottomissione della regione a Roma e la
stessa colonizzazione.
• I possibili motivi della tardiva costruzione:
– Il miglioramento dei collegamenti con la Sicilia (che in
precedenza avvenivano soprattutto via mare), il cui possesso
era ora minacciato dalle frequenti rivolte servili.
– Un migliore controllo sulla Lucania e il Bruzio, regioni
turbolente dal punto di vista sociale e politico.
– Un asse viario sul quale si imposta la centuriazione, ai fini
delle distribuzioni di terre dell’età graccana.
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Gli effetti economici della
costruzione della via Capua-Reggio
• Un’infrastruttura economica fondamentale, che rende
più rapidi e facili gli spostamenti via terra di uomini e
merci.
• La strada attraversa alcune delle zone più favorevoli alla
sfruttamento agricolo nella regione: il Vallo di Diano, la
piana di Sibari, la valle del Crati, l’altopiano di Vibo, la
piana di Gioia Tauro.
• Il suo percorso disegna un nuovo assetto economico
della regione, favorendo le località che ne sono
attraversate, ma svantaggiando quelle che ne sono
tagliate fuori (Paestum, Velia, la Lucania interna, il
Bruzio ionico).
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Le altre informazioni di carattere socioeconomico nel lapis Pollae
• Un intervento in favore degli agricoltori e contro i pastori,
relativo all’ager publicus.
– Probabilmente un tentativo di riconversione delle terre demaniali,
sfruttate fino ad allora prevalentemente per l’allevamento,
all’agricoltura, forse con la divisione e la distribuzione di lotti
medio-piccoli.
– Un intervento sostanzialmente simile a quello dei Gracchi, ma
forse con essi in sottile polemica (vedi il vanto di una
primogenitura in questo tipo di azioni).
• Un’azione di cattura di diverse centinaia di schiavi fuggitivi.
– Un indizio del massiccio impiego nella regione in questione di
manodopera servile, non sempre facilmente controllabile.
• Il problema del contesto geografico di riferimento: l’area di
Polla e il Vallo di Diano? L’intera area attraversata dalla via
Capua-Reggio? La Sicilia?
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I Gracchi e l’ager publicus della Lucania
e del Bruzio
• Anche nella nostra regione furono certamente attive le
commissioni graccane dei IIIviri agris iudicandis adsignandis.
• Loro compito la confisca delle quote di ager publicus occupate
dai latifondisti eccedenti i 500 (o 1.000) iugeri e la
redistribuzione in lotti di 30 iugeri ai proletari inurbati.
– Un’azione particolarmente nota dalla documentazione epigrafica nell’area
del Vallo di Diano dove la centuriazione graccana (preliminare alle
assegnazioni) si imposta sull’asse della via Capua-Reggio.
– Il Liber coloniarum, I, 209, ll. 8-9 Lachmann potrebbe segnalare
assegnazioni graccane anche nel territorio della praefectura Grumentina:
limitibus Graccanis quadratis in iugera n. CC, decimanus in oriente,
kardo in meridiano.
• A giudicare dagli sviluppi successivi, i tentativi graccani non
sembrano aver portato nemmeno nella nostra regione a risultati
duraturi.
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I termini graccani
• La documentazione epigrafica diretta
dell’attività
della
commissione
agraria graccana.
• Cippi che riportano sul lato superiore
l’orientamento del decumano e del
cardine nella divisione operata dalla
commissione.
• Sul fianco appaiono i nomi dei
componenti
della
commissione
agraria.
• Nell’immagine il cippo graccano
rinvenuto a Polla (CIL I2, 2933).
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Il termine graccano di Polla
• CIL I2, 2933: [C(aius) Sempronius
Ti(beri)
f(ilius)
/
Ap(pius)
Clau[dius C(ai) f(ilius)] / P(ublius)
Licin[ius P(ubli) f(ilius)] / III vir(i)
a(gris)
i(udicandis)
[a(dsignandis)].
• Insieme a C. Gracco facevano parte
della commissione il princeps
Senatus Ap. Claudio Pulcro e il
suocero di Caio, P. Licinio Crasso.
• La composizione della commissione consente di datare il cippo al
131 a.C.
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Il lato superiore di CIL
2
I,
2934
• Rinvenuto nel territorio di Abellinum:
d(ecumanus) III / k(ardo) II.
• Il cippo era posto all’incrocio tra il
terzo decumano e il secondo cardine
della centuriazione graccana dell’area.
• Le linee riproducevano l’orientamento
dei decumani e dei cardini.
• A differenza del precedente, non
riportava sul lato i nomi dei commissari
agrari.
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La discussa colonizzazione graccana
• Alcuni indizi hanno fatto ipotizzare una ripresa dei progetti
coloniari nel Bruzio da parte di Caio Gracco (Clampetia,
Consentia, Scolacium).
– Nell’ager Clampetinus il Liber Coloniarum I, 209, ll. 21-22 Lachmann
registra una divisione dell’ager Clampetinus limitibus Graccanis.
– Per Consentia il Liber Coloniarium I, 209, ll. 16-18 Lachmann ricorda
che ager Consentinus ab imp. Augusto est adsignatus limitibus
Graccanis.
– A Scolacium l’esplicita testimonianza di Velleio Patercolo, Storia
romana, I, 15, 4: et, post annum, Scolacium Minervia, Tarentum
Neptunia, Carthagoque in Africa, prima, ut praediximus, extra Italiam
colonia condita est (“Un anno dopo [ovvero nel 123 a.C.] furono fondate
le colonie di Minervia a Scolacium, di Neptunia a Taranto e di Cartagine
in Africa che, come abbiamo detto, fu la prima fuori d’Italia”).
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La discussa colonizzazione graccana
• A Scolacium le intense ricerche archeologiche al momento non
sembrano mostrare significative evidenze di età repubblicana.
– Il nome Minervia della colonia è tuttavia confermato da CIL X, 103:
Imp(erator) Caesar T(itus) Aelius Hadri/anus Antoninus Aug(ustus) Pius,
pontif(ex) / maxim(us), trib(unicia) potest(ate) VI, co(n)s(ul) III, p(ater)
p(atriae), imp(erator) II, / coloniae Minerviae Nerviae Aug(ustae) /
Scolacio aquam dat.
• Ancora insufficienti le ricerche a Consentia, ostacolate dalla
continuità di insediamento.
– Il riferimento del Liber coloniarium pare alludere ad assegnazioni di età
augustea, condotte in base ad una centuriazione di tipo graccano.
• Discussa la localizzazione di Clampetia, che doveva sorgere
sulle coste del medio Tirreno, tra S. Lucido e Amantea.
– Interessante l’ipotesi di identificazione con S. Lucido (G.F. La Torre): ma
al momento il sito ha restituito solo materiali di un insediamento bruzio e
tracce di ville romane.
– In sé il dato del Liber coloniarum non è molto significativo (come nel
caso di Consentia), contro la definizione di Plinio il Vecchio, Storia
naturale, III, 72: locus Clampetia.
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L’economia della villa: i caratteri
essenziali
• Un modo di organizzazione e sfruttamento del territorio caratteristico
dei Romani (pur con debiti dalla Grecia e da Cartagine).
• Un’azienda agricola finalizzata alla produzione di un surplus, che deve
contare dunque su un’adeguata estensione di terre coltivabili.
• Un’estensione che richiede una notevole forza lavoro, assicurata
soprattutto da schiavi, ma anche da braccianti stagionali.
• Tutte le attività dei campi sono coordinate da un fattore (vilicus),
anch’esso schiavo, e dalla sua compagna (vilica), che si occupa dei
lavori che avvengono entro gli edifici (per esempio la trasformazione e
conservazione dei prodotti agricoli).
• La presenza di questi lavoratori rende necessario riservare parte delle
coltivazioni al loro sostentamento.
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L’economia della villa: i caratteri
essenziali
• La necessità di godere di buone comunicazioni, per la vendita
dei prodotti agricoli.
• La disponibilità dei capitali necessari ad avviare un’azienda
agricola di queste proporzioni, assicurata dal grande afflusso
di ricchezze a Roma a seguito della conquista di un Impero
nel II sec. a.C.
• Un orientamento verso le redditizie colture della vite e
dell’ulivo, applicando tecniche agricole scientifiche greche e
cartaginesi.
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La classificazione delle villae
secondo Varrone
• Una classificazione in base alla destinazione degli
edifici:
– Ville rustiche
– Ville con pars rustica (nella quale si distingue una pars
fructuaria, dove si lavorano e conservano i prodotti) e
pars urbana, dove risiede il dominus.
• Le tipologie di attività condotte nella villa:
– Agri cultura
– Pastio agrestis (allevamento di ovini, suini e bovini)
– Pastio villatica (allevamento di pollame, volatili,
pesci).
23
Lo schema della villa rustica di età
repubblicana
• Inizialmente un edificio di dimensioni piuttosto
modeste, organizzato in genere intorno ad un
cortile centrale.
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La villa di Settefinestre
• Una villa di età tardorepubblicana nel territorio di Cosa (Ansedonia),
divenuta modello di questi impianti produttivi a seguito degli accurati
scavi di Andrea Carandini (1976-1981)
25
La villa nella Lucania e nel Bruzio
• Il passaggio all’economia della villa nella nostra regione è
piuttosto graduale, concretizzandosi dalla seconda metà del II
sec. a.C., con un certo ritardo rispetto ad altre aree dell’Italia
tirrenica.
• Un passaggio favorito dal fatto che le tipiche colture della
villa, vite e ulivo, trovavano in alcune aree nella nostra regione
condizioni ambientali ottimali.
• La necessità di contare su estensioni di terreno piuttosto vaste,
affinché la villa risulti produttiva, porta ad un processo di
concentrazione della terra.
– Un processo che vanifica in alcune aree lo sviluppo della proprietà
terriera medio-piccola, che era predominante nella regione prima della
conquista romana e che era stata rivitalizzata dalla colonizzazione del II
sec. a.C. e dall’azione dei Gracchi.
26
La villa nella Lucania e nel Bruzio
• Un modello di sfruttamento economico del territorio che
indubbiamente incontra una certa fortuna:
– Secondo il censimento di Simona Accardo nel territorio bruzio sono
note almeno 240 villae (anche se non tutte iniziarono l’attività già in età
tardorepubblicana).
– Una distribuzione che si concentra sulle coste, nella piana di Sibari, nel
Marchesato e sull’altopiano del Poro, in corrispondenza dei territori più
fertili della regione.
– Per la Lucania non disponiamo di sintesi recenti, ma pare che vi fosse
una buona concentrazione di villae anche sulle coste ioniche della
Lucania (nel Metapontino con appezzamenti che sembrano andare dai
100 ai 500 iugeri).
– Qualche esempio anche nel territorio di Buxentum, nella Lucania
tirrenica, in terreni a mezza costa ben irrigati.
– Più sporadica la presenza di villae nella Lucania interna, dove almeno
per l’età repubblicana prevalgono ancora le fattorie di modeste
dimensioni.
27
La
distribuzione
delle villae
nel territorio
del Bruzio
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La concentrazione delle villae nella
piana di Sibari
• Trova giustificazione nella grande fertilità del territorio, che assicurava
buoni profitti a queste imprese agricole.
• Varrone, De re rustica, I, 44, 1-2: Quare observabis, quantum in ea
regione consuetudo erit serendi, ut tantum facias, quod tantum valet
regio ac genus terrae, ut ex eodem semine aliubi cum decimo redeat,
aliubi cum quinto decimo, ut in Etruria locis aliquot. In Italia in
Subaritano dicunt etiam cum centesimo redire solitum, in Syria ad
Gadara et in Africa ad Byzacium item ex modio nasci centum (“Avrai
cura di seminare in una regione la quantità che vi è abituale, poiché la
regione e la qualità della terra hanno tanta importanza che una stessa
quantità di semente frutterà in alcuni luoghi 10 volte tanto, in altre 15
volte, come in certe località dell’Etruria. Si dice che in Italia, nel
territorio di Sibari, il rapporto si eleva a 100 a 1 e che parimenti a
Gadara in Siria e in Africa, nella Bizacena, un moggio ne dà 100”).
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I caratteri della villa nella
Lucania e nel Bruzio
• Spesso il complesso abitato era costruito, in forme
compatte, su una collina o a mezza costa, previo
terrazzamento dell’area.
• Gli edifici delle villae nelle aree pianeggianti e
costiere avevano uno sviluppo più sparso.
• Spesso organizzate intorno ad un cortile centrale,
secondo il modello descritto da Vitruvio, De
architectura, VI, 6, 6.
30
La villa di località Camerelle
(Castrovillari)
• Già nota agli inizi del XX sec., è stata oggetto di scavi nel 1963,
su una superficie di 5.000 m2, a poca distanza dal percorso della
via Capua-Reggio.
• Una lunga occupazione, dalla metà del I sec. a.C. fino al IV sec.
d.C. e forse oltre.
• Un complesso costruito su un terrazzamento, organizzato intorno
ad un peristilio centrale.
• Il settore meridionale era occupato dall’abitazione del dominus.
• Nel settore settentrionale si trovavano gli impianti produttivi: in
particolare l’ambiente L aveva un rialzo circolare sul quale forse
si impostava una pressa per la spremitura dell’uva o delle olive.
– L’identificazione è confermata dalle due vicine vasche, che accoglievano il
frutto della spremitura.
31
La villa di Camerelle: la pianta
32
La villa di
Camerelle:
l’ambiente
del
torcularium
e le vasche
33
La villa di Camerelle: un ambiente con
pavimentazione in opus spicatum
34
La villa di località Calderazzo
(Rosarno)
• Un interessante esempio di continuità di
occupazione di una sito rurale: la villa romana si
sovrappone ad una fattoria di età ellenistica.
• Una occupazione tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C.
• Di particolare interesse il rinvenimento di un
grande
dolium
interrato,
destinato
alla
conservazione di prodotti agricoli.
35
La villa di Calderazzo: il dolium
36
Le colture tipiche della villa:
viticoltura
• Catone, De agri cultura, 6, 4 ricorda due
vitigni dell’Italia meridionale:
– Il Lucanum, adatto a terre grasse e nebbiose.
– L’Aminnium, adatto ai versanti esposti al sole (è
l’Aminaios di cui conosciamo l’introduzione in
Italia con la colonizzazione greca).
37
Le colture tipiche della villa: la
frutticoltura
• Varrone, De re rustica, I, 7, 6: Propter
eandem causam multa sunt bifera, ut vitis
apud mare Zmyrnae, malus in agro
Consentino (“Per la stessa ragione [ovvero
per il fatto che alcune aree sono
particolarmente appropriate per certe
coltivazioni] molte colture danno un doppio
raccolto, come la vite sulle coste di Smirne,
come i meli nel territorio di Cosenza”).
38
La villa e le attività manifatturiere
• Nell’Italia romana non è rara la presenza di
fornaci nei pressi di una villa:
– Si poteva così sfruttare un’altra risorsa della proprietà, i
giacimenti di argilla.
– Oltre che per la produzione di laterizi da costruzione, le
fornaci potevano fornire i contenitori nei quali esportare
i prodotti agricoli della villa.
– Nel Bruzio tardorepubblicano spiccano alcune
situazioni recentemente messe in luce sulla costa ionica,
tra Crotone e Scolacium.
39
Anfore vinarie dalla villa di località
Basilicata (Cropani)
• La fornace della villa ha restituito numerosi esemplari di anfore
Dressel 1, vinarie, bollate Lusi.
– La villa ha restituito un ambiente che probabilmente ospitava il torchio,
oltre al lacus, la vasca dove si raccoglieva il succo d’uva.
• Un rapporto con altre anfore vinarie posteriori, le Dressel 2-4, e
con laterizi da costruzioni rinvenuti nell’arco ionico (Copia,
Taranto), con bolli che rimandano sempre alla gens Lusia.
• Forse un rapporto con Trebios Loisios, produttore di anfore
vinarie di fine III sec. a.C.?
– Una produzione generalmente ritenuta campana, ma che C.
Vandermersch ha ascritto, almeno parzialmente, a fornaci collocate a sud
del Sele.
40
I ritrovamenti di località Chiaro
(Sellìa Marina)
• I lavori per la posa di tubature nel 2006 hanno rivelato un grande getto
di materiali ceramici, operato forse nella seconda metà del I sec. a.C. a
scopo di bonifica.
• Prevalgono numericamente le anfore, anche con scarti di cottura, con
caratteristiche degli impasti simili a quelle di Cropani: se ne suppone
dunque una fabbricazione locale, forse nella villa di contrada Uria.
• Molto numerose le vinarie Dressel 1, nella variante A (fine II - I sec.
a.C.) con nomi che rimandano all’antroponimia greca (in greco o in
traslitterazione latina).
• Piuttosto numerosi anche gli esemplari tipologicamente affini a quelli
che, dall’iscrizione, sappiamo contenevano la pix bruttia.
41
Una Dressel 1A da
Sellìa Marina
• Il collo di un’anfora vinaria
Dressel 1A rinvenuta nello
scarico di località Chiaro.
• L’anfora presenta un bollo
in greco: Diwn[---].
42
Un bollo latino su Dressel 1A a
Sellìa Marina
• Un nome che appare più volte nelle anfore di
località Chiaro: Diodorus.
43
Le esportazioni delle villae
lucane e bruzie
• Il problema delle aree verso cui si indirizzava
l’esportazione pare ancora aperto.
• Un indizio viene dalla diffusione dei laterizi a bollo
Lusi nel Golfo di Taranto: anche i vini dello stesso
produttore erano esportati verso la stessa area?
• Il ritrovamento di anfore vinarie Dressel 1 nel sito
del Castro Pretorio, a Roma, con l’iscrizione dipinta
vinum rheginum (CIL XV, 4590-4591).
• Un problema da studiare meglio, soprattutto
attraverso l’analisi della diffusione delle anfore
bollate ascrivibili a produttori lucani e bruzi.
44
Un dominio assoluto della villa nella
Lucania e nel Bruzio?
• Secondo parte della critica un’affermazione generale del modello della
villa, a scapito della piccola e media proprietà contadina.
• Le aree meglio indagate (territorio di Buxentum, Metaponto, Crotone)
mostrano tuttavia una certa persistenza di semplici fattorie, la cui
produzione era destinata all’autoconsumo e dunque era orientata alla
policoltura (con ampio spazio per i cereali).
• Nelle aree montuose della Lucania e della Sila il modello della villa
ovviamente non trova fertile terreno: continua uno sfruttamento di tipo
estensivo, nelle forme della silvicoltura e dell’allevamento.
• Un latifondo non è necessariamente gestito in forma unitaria: la
possibilità di spezzarlo in piccoli lotti, affittati a contadini liberi.
45
Le incertezze sulle forme di
sfruttamento del territorio
• Il labile confine tra una modesta villa rustica e
una grande fattoria, soprattutto nei casi noti
solo da indagini di superficie.
– In questi casi l’assegnazione di resti archeologici a
una villa piuttosto che ad una fattoria si basa
essenzialmente sull’area di dispersione dei
materiali.
– Significativi per l’identificazione di una villa con
pars urbana i ritrovamenti di pavimentazioni di
lusso, colonne, intonaci dipinti.
46
I grandi proprietari terrieri dell’età
tardorepubblicana
• Negli ultimi decenni della Repubblica si moltiplicano le notizie
di grandi proprietà di senatori e cavalieri nella regione, prima di
Silla molto rare.
– Il sospetto che si tratti di un riflesso dello stato della
documentazione, più che dello stato delle cose: gli ultimi decenni
dell’età repubblicana sono uno dei periodi meglio documentati
della storia antica (grazie soprattutto a Cicerone).
• Tra i diversi personaggi esemplificativo il caso di Crasso, per
modalità di acquisizione delle proprietà (nella torbida situazione
delle guerre civili) e per le modalità di gestione di queste
proprietà (in forme presumibilmente assenteiste).
– L’energica azione di Crasso nel reprimere la rivolta di Spartaco nel
71 a.C. può essere letta anche come difesa dei suoi interessi
economici nella Lucania e nel Bruzio, minacciate dai moti servili.
47
Plutarco, Vita di Crasso, 6, 8: un grande
proprietario nel Bruzio tardorepubblicano
ejn de; tai'" prografai'"
kai; dhmeuvsesi pavlin
kakw'"
h[kousen,
wjnouvme-no~ te timh'"
braceiva"
megavla
pravgmata kai; dwrea;"
aijtw'n. ejn de; Brettivoi"
levgetai kai; progravyai
tina;"
ouj
Suvlla
keleuvsanto", ajll j ejpi;
crhmatismw/'.
• Durante le proscrizioni e le
confische che seguirono [la
definitiva vittoria di Silla
nella guerra civile, nell’82
a.C.] si procurò di nuovo
cattiva fama, comprando a
poco prezzo grandi proprietà
e sollecitando donazioni. Si
dice poi che nel Bruzio abbia
proscritto alcune persone
senza l’ordine di Silla, solo
per impadronirsi delle loro
ricchezze.
48
La rivolta di Spartaco e l’assetto
economico e sociale della regione
• La rivolta servile di Spartaco (73-71 a.C.) ha uno dei suoi
principali teatri proprio nella Lucania e nel Bruzio.
• Un evento che per qualche anno fa ripiombare la regione
nel clima di insicurezza del III sec. a.C., come
testimoniano i numerosi tesoretti monetali nascosti in
quegli anni.
• Un clima simile si era vissuto qualche anno prima in
alcune aree della Lucania, colpite dalla Guerra Sociale.
• Il passaggio delle bande di Spartaco getta nuovamente la
luce delle fonti letterarie sulla regione, facendoci
conoscere qualche interessante dato socio-economico.
49
La rivolta di Spartaco e l’assetto
economico e sociale della regione
• Di interesse per i nostri fini soprattutto la permanenza di Spartaco nel
Vallo di Diano, dove l’esercito dei ribelli avrebbe raddoppiato le sue
dimensioni.
• Una testimonianza del massiccio impiego di manodopera servile
nell’area; ma Spartaco deve anche affrontare liberi coloni.
• L’appoggio a Spartaco viene soprattutto dagli schiavi pastori, che
godono di una certa libertà di azione e sono in possesso di un
rudimentale armamento.
• Interessante anche il dato relativo a Copia, impadronitisi delle quale i
ribelli riuscirono ad equipaggiarsi adeguatamente: una testimonianza
delle attività artigianali nella città.
50
Sallustio, Historiae, III, fr. 98 Maurenbrecher:
Spartaco nel Vallo di Diano
• et
propere
nanctus
idoneum
ex
captivis
ducem Picentinis, deinde
Eburinis iugis occultus ad
Naris Lucanas, atque inde
prima luce pervenit ad
Anni
Forum,
ignaris
cultoribus. Ac statim
fugitivi contra praeceptum
ducis rapere ad stuprum
virgines matronasque …
• E rintracciata in tutta fretta una
buona guida nella persona di un
prigioniero picentino, attraverso
i monti di Eboli [Spartaco]
raggiunge prima Nares Lucanae
e di lì perviene all’alba al Foro
di Annio, senza il minimo
sospetto da parte dei contadini.
E subito i fuggiaschi, contro gli
ordini
del
loro
capo,
violentavano vergini e matrone
…
51
Sallustio, Historiae, III, fr. 98 Maurenbrecher:
Spartaco nel Vallo di Diano
• alii in tecta iaciebant ignis,
multique ex loco servi, quos
ingenium socios dabat, abdita a
dominis aut ipsos trahebant ex
occulto; … [at] illum diem [atque
proximam]
noctem
ib[idem
commoratus]
duplicato
[iam
fugitivorum] numero [castra movet]
prima cum luce [et consedit] in
campo satis [lato, ubi colo]nos
aedificis [egressos fugat]; et tum
mat[ura in agris] erant autumni
[frumenta].
• Altri appicavano il fuoco alle case e
molti schiavi del posto, che l’indole
servile spingeva a far combutta con
gli invasori, traevano fuori dai
nascondigli i tesori dei padroni e i
padroni stessi … E dopo aver sostato
colà per quel giorno e la notte
seguente, raddoppiati ormai i suoi
seguaci, levò il campo allo spuntar
dell’alba e si attendò in una
campagna abbastanza estesa, dove
mette in fuga i coloni usciti fuori
dalle loro case: proprio allora erano
mature nei campi le messi autunnali.
52
Appiano, Le guerre civili, I, 117, 547548: Spartaco occupa la regione di Copia
O de; th'" me;n ej"
ïRwvmhn
oJdou'
metevgnw,
wJ"
ou[pw
gegonw;"
ajxiovmaco"
oujde; to;n strato;n o{lon
e[cwn
stratiwtikw'"
wJplismevnon (ouj gavr ti"
aujtoi'~ sunevpratte povli",
ajlla; qeravponte" h\san kai;
aujtovmoloi
kai;
suvgklude"), ta; d j o[rh ta;
peri; Qourivou" kai; th;n
povlin aujth;n katevlabe,
• Spartaco mutò parere circa la
marcia contro Roma, perché
non era ancora pronto a
questa grande impresa e non
aveva un esercito armato
regolarmente: difatti nessuna
città cooperava con i gladiatori, ma soltanto schiavi,
disertori e gente raccogliticcia. Egli occupò i monti
intorno a Turii e la città
stessa,
53
Appiano, Le guerre civili, I, 117, 547548: Spartaco occupa la regione di Copia
kai; cruso;n me;n h]
a[rguron
tou;"
ejmpovrou" ejsfevrein
ejkwvlue kai; kekth'sqai
tou;" eJautou', movnon
de; sivdhron kai; calko;n
wjnou'nto pollou' kai;
tou;" ejsfevronta" oujk
hjdivkoun.
o{qen
ajqrova" u{lh" eujporhvsante" eu\ pareskeuavsanto kai; qamina; ejpi;
lehlasiva" ejxh/vesan.
• Vietò inoltre che alcun
negoziante introducesse
oro o argento e che alcuno
dei suoi ne possedesse:
soltanto ferro e bronzo
acquistavano a caro prezzo, senza far del male ai
mercanti. Rifornitosi di
molto materiale, l’esercito
di Spartaco poté armarsi
bene.
54
La persistenza del problema
schiavile
• La sconfitta e l’uccisione di Spartaco nel 71
a.C. nella Lucania settentrionale non mise fine
alle agitazioni degli schiavi nella regione.
– Ancora nel 60 a.C. il padre del futuro Augusto, C.
Ottavio, si segnala annientando una banda di
schiavi ribelli nel territorio Turino.
• Una situazione che discende non solo dal
numero di schiavi presenti nella regione, ma
anche dalle loro condizioni di vita,
particolarmente pesanti.
55
La testimonianza della Pro M. Tullio di
Cicerone
• Un’orazione tràdita solo da due manoscritti palinsesti, giunta dunque
in condizioni molto lacunose.
• L’orazione si data probabilmente al 72 o al 71 a.C. per gli accenni alle
distruzioni dell’agro Turino in 6, 14, da connettere presumibilmente
con la presenza di Spartaco nell’area.
• Una controversia confinaria tra due proprietari terrieri del territorio di
Copia, P. Fabio e M. Tullio, che sfocia in atti di violenza contro gli
schiavi e le proprietà di M. Tullio.
– M. Tullio e il suo avvocato Cicerone chiedono l’aestimatio damni davanti
alla corte dei recuperatores.
– P. Fabio e il suo avvocato L. Quinzio ammettono i fatti, ma sostengono
che gli schiavi di Fabio hanno agito per necessità, senza dolo.
– L’orazione ciceroniana dunque è in larga misura dedicata a dimostrare
che il dolo vi era stato; ma conserva anche alcuni interessanti cenni alle
condizioni socio-economiche di Copia.
56
Le attività nel territorio di Copia nella
testimonianza della Pro M. Tullio
• Una presenza di medio-grandi proprietà ereditarie (come
quelle di M. Tullio), ma anche di più estesi latifondi (come
quello del senatore C. Claudio, poi ceduto al “nuovo ricco”
P. Fabio).
– La proprietà di M. Tullio comprende un’intera centuria di 200
iugeri, denominata populiana: una connessione con la via Popilia?
– La formazione del latifondo di C. Claudio: acquisti dai coloni di
Copia, ma forse anche, ai margini del territorio della colonia, dai
vecchi proprietari greci e bruzi.
– Nella Pro M. Tullio sembrano comunque assenti le proprietà
medio-piccole assegnate ai coloni nel 193 a.C.
57
Le attività nel territorio di Copia nella
testimonianza della Pro M. Tullio
• Nella proprietà di M. Tullio sorgeva anche una villa, nella
quale egli abitava quando visitava la sua proprietà.
– L’accenno ad un procurator (rappresentante legale), oltre che ad un
vilicus di M. Tullio a 7, 17 indica tuttavia che il proprietario non
risiedeva in modo permanente sul suo fondo. Probabile che vivesse a
Roma e che per questo abbia scelto Cicerone come avvocato.
• Sulla sua grande proprietà P. Fabio pratica anche attività di
pastorizia, attraverso manodopera servile.
• In effetti ogni volta che nella Pro M. Tullio si parla di
manodopera, questa è di condizione schiavile.
• L’orazione testimonia anche la vivacità del mercato dei terreni
agricoli in una zona di pregio come la piana di Sibari, dove il
costo dei fondi era piuttosto alto.
58
Le attività nel territorio di Copia nella
testimonianza della Pro M. Tullio
• Dietro la controversia tra P. Fabio e M. Tullio si
può forse leggere un contrasto tra due modi di
produzione: quello intensivo delle medie proprietà
e quello estensivo del latifondi.
• Un contrasto accentuato dalla pratica della
transumanza,
che
portava
a
frequenti
sconfinamenti delle greggi sulle proprietà agricole
altrui.
59
Cicerone, Pro M. Tullio, 3, 7:
l’accusa
• iudicium vestrum est,
recuperatores,
QVANTAE PECVNIAE PARET
DOLO MALO FAMILIAE
P. FABI VI HOMINIBVS
ARMATIS COACTISVE
DAMNVM DATVM ESSE
M. TVLLIO.
• La formula d’azione in base
alla quale voi, recuperatori,
dovete giudicare è la
seguente:
A
QUANTO
RISULTA AMMONTANTE
IL DANNO ARRECATO
DOLOSAMENTE A M.
TULLIO MEDIANTE ATTI
DI VIOLENZA COMPIUTI
DAGLI SCHIAVI DI P.
FABIO, ARMATI E ORGANIZZATI.
60
Cicerone, Pro Tullio, 6, 14: le due proprietà
• fundum habet in agro Thurino
M. Tullius paternum, recuperatores, quem se habere usque
eo non moleste tulit, donec
vicinum eius modi nactus est
qui agri finis armis proferre
mallet quam iure defendere.
nam P. Fabius nuper emit
agrum de C. Claudio senatore,
cui fundo erat adfinis M.
Tullius, sane magno, dimidio
fere pluris incultum exustis
villis omnibus quam quanti
integrum atque ornatissimum
carissimis pretiis ipse Claudius
<emerat>
• M. Tullio possiede nel territorio di
Turii un fondo ereditato dal padre.
Un possesso che non gli ha
procurato fastidi, fino a quando
non gli è capitato come vicino uno
più disposto ad allargare i confini
del suo campo che a difenderlo per
le vie legali. Infatti P. Fabio ha,
non molto tempo fa, comprato dal
senatore C. Claudio un fondo
confinante con quello di M. Tullio,
pagandolo ben caro, se si pensa
che era incolto e con tutte le case
distrutte
dal
fuoco,
forse
addirittura la metà in più di quanto
lo
aveva
pagato
all’atto
dell’acquisto lo stesso Claudio – e
il prezzo già era stato altissimo –
quando era ben coltivato e con
tutte le attrezzature necessarie.
61
Cicerone, Pro Tullio, 8, 19-20: P. Fabius
novus arator et idem pecuarius
• deinde iste pater familias
Asiaticus beatus, novus arator
et idem pecuarius, cum
ambularet in agro, animadvertit in hac ipsa centuria Populiana aedificium non ita magnum
servumque M. Tulli Philinum.
“quid vobis,” inquit, “istic negoti in meo est?” servus respondit pudenter, at non stulte,
dominum esse ad villam; posse
eum cum eo disceptare si quid
vellet.
• Successivamente Fabio, questo
padre di famiglia arricchitosi in
Asia e trasformatosi da poco in
agricoltore e perfino in allevatore di
bestiame, mentre passeggiava per la
campagna, notò in quella stessa
centuria populiana una costruzione
non molto grande e uno schiavo di
M. Tullio, Filino. Apostrofato con
queste parole: «Cosa fate qui sul
mio fondo?», lo schiavo rispose con
rispetto, ma non senza intelligenza,
che il padrone era nella villa e che
se desiderava qualcosa, poteva
parlarne con lui.
62
Il ruolo dell’allevamento
• Ben testimoniato in età tardorepubblicana nelle fonti letterarie:
– Varrone, De re rustica, II, 1, 2: un accenno alle nobiles pecuariae in
Bruttiis di C. Lucilius Hirrus.
– Ibid., II, 9, 6: allevamento transumante a lunga distanza, tra Umbria e
regione di Metaponto.
– Cesare, Bellum civile, III, 21, 4: M. Celio Rufo e il suo alleato T. Annio
Milone progettano di sollevare i pastores dell’area di Copia nel 49 a.C.
– L’affermarsi in questo periodo del nome lucanica per un tipo di salsiccia
(Varrone, Cicerone) testimonia la notorietà dell’allevamento suino e degli
insaccati della Lucania, se non proprio un’importazione a Roma (dove
sembrano prevalere le produzioni della Cisalpina).
• Ma le puntuali indagini paleobotaniche nel Metapontino ancora
per questo periodo non denunciano una prevalenza rispetto alle
attività agricole.
63
Varrone, De re rustica, II, 9, 6: allevamento
transumante tra Umbria e Metaponto
• Publius
Aufidius
Pontianus
Amiterninus cum greges ovium
emisset in Umbria ultima, quibus
gregibus sine pastoribus canes
accessissent, pastores ut deducerent
in Metapontinos saltus et Heracleae
emporium, inde cum domum
redissent qui ad locum deduxerant,
e desiderio hominum diebus paucis
postea canes sua sponte, cum
dierum multorum via interesset, sibi
ex agris cibaria praebuerunt atque
in Umbriam ad pastores redierunt.
• P. Aufidio Pontiano di Amiternum
aveva acquistato un gregge di pecore nella parte estrema dell’Umbria e
nell’acquisto del gregge erano
compresi i cani, ma non i pastori;
era stabilito che i pastori lo dovessero condurre fino ai pascoli del
Metapontino e al mercato di Eraclea; quando coloro che avevano
condotto il gregge tornarono alle
loro case, i cani, per nostalgia degli
uomini, pochi giorni dopo e di loro
spontanea volontà, sebbene vi fosse
un viaggio di molti giorni, procurandosi il cibo nei campi, tornarono
in Umbria presso i pastori.
64
Le deduzioni di veterani di età
triumvirale
• Un problema acuitosi dopo le riforme mariane, che rimase
grave fino ai provvedimenti augustei, che crearono un
apposito fondo per il congedo dei veterani.
• Il problema coinvolge la regio III solo nella sua ultima
fase, ma in forme piuttosto acute, che dovettero in parte
mutare il suo volto sociale.
– Nel 43 a.C., nell’imminenza dello scontro con i Cesaricidi, i
triumviri promettono ai soldati ampie distribuzioni di terreni in
alcune città dell’Italia: tra queste Vibo Valentia e Reggio.
– Nella presumibile mancanza di ampie porzioni agricole libere,
queste deduzioni si sarebbero risolte in dure confische ai danni
delle comunità locali.
65
Appiano, Le guerre civili, IV, 10-12: i triumviri
designano le città da colpire con confische
• Intanto [Ottaviano, Antonio e Lepido] alimentavano
nell’esercito la speranza di vittoria con vari donativi
e con la promessa di colonie di costituire in 18 città
italiche che, spiccando sulle altre per ricchezza,
fertilità della terra e bellezza, sarebbero state loro
distribuite in luogo di terre, come fossero state
conquistate in guerra. Diverse erano quelle città: le
più famose erano Capua, Reggio, Venosa,
Benevento, Nocera, Rimini e Ipponio. In tal modo
essi concedevano ai soldati le regioni più belle
d’Italia.
66
La parziale attuazione del programma
• Il programma concepito nel 43 a.C., se fu attuato, lo fu
solo parzialmente, come apprendiamo dai successivi
ripensamenti di Ottaviano.
• Un indizio a favore di una parziale deduzione di
veterani antoniani nella regione dalla notizia della
presenza di Lucio Antonio e dei figli del triumviro nel
41 a.C. (Appiano, Le guerre civili, V, 77-78).
– Nel 41 a.C. il problema più grave (che sarà poi una delle
cause della Guerra di Perugia) è proprio quello dello
stanziamento dei veterani della campagna di Filippi.
– Una conferma nel fatto che Lucio si reca nelle “colonie di
Antonio” per raccogliere truppe contro la possibile minaccia
di Ottaviano.
67
I ripensamenti di Ottaviano
• La piena attuazione del programma di deduzione (e di
espropri) del 43 a.C. è sventata dalla nuova situazione
che si viene a creare in Italia.
• Mentre Antonio era occupato in Oriente, il conflitto tra
Ottaviano e Sesto Pompeo, che dalle sue basi in Sicilia e
grazie alla sua potente flotta cercava di affamare Roma,
giunge al suo violento epilogo.
• In una campagna contro la Sicilia pompeiana, Reggio e
Vibo sono due basi essenziali: Ottaviano ha l’esigenza
non non inimicarsi le due città, che rischiavano di
gettarsi nelle braccia di Sesto Pompeo.
68
Appiano, Le guerre civili, IV, 362: i
ripensamenti di Ottaviano
ÔO
de;
Kai'sar • Quando
Ottaviano
ejpelqw;n ÔRhgivnoi"
giunse [sullo Stretto di
Messina], diede piena
me;n kai; ÔIp-pwneu'si
assicurazione ai cittadini
megavla"
piv-stei"
di Reggio e di Ipponio
aujto;"
e[dwken
che avrebbe escluso le
ajnaluvsein aujtou;" ejk
loro città dal novero di
tw'n
ejpinikivwn
quelle da dare in premio
ai veterani (le temeva
(ejdedivei ga;r o[nta"
perché erano vicinissime
ejpi; tou' porqmou'
allo Stretto)
mavlista).
69
Le effettive deduzioni di veterani nell’ultima
fase del triumvirato: il caso di Reggio e
Locri
• Dopo la vittoria di Nauloco su Sesto Pompeo (36 a.C.)
Reggio
accoglie
alcuni
veterani
della
flotta,
apparentemente senza gravi scompensi.
– La deduzione non comporta la creazione di una vera colonia, ma
solo stanziamenti individuali.
– Strabone evoca una situazione di spopolamento, cui Ottaviano
cercò di porre rimedio; i lotti da assegnare ai veterani forse non
furono espropriati, ma regolarmente acquistati.
– L’impatto del provvedimento su Reggio fu attenuato coinvolgendo
città vicine: Locri e forse la stessa Vibo.
– Nella stessa cornice storica si inquadra forse la testimonianza delle
distribuzioni augustee a Consentia (Liber Coloniarium I, 209, ll.
16-18 Lachmann).
70
Strabone, Geografia, VI, 1, 6: lo
stanziamento di veterani a Reggio
Pomphvion
d
j • Ma Cesare Augusto,
ejkbalw;n
th`~
dopo aver cacciato
Pompeo dalla Sicilia,
Sikeliva~
oJ
vedendo questa città
Sebasto;~ Kai`sar,
così povera di abitanti,
oJrw`n
vi lasciò come coloni
leipandrou`san th;n
alcuni uomini della
povlin, sunoivkou~
propria flotta ed ora la
e[dwken
aujthÊ`
città è abbastanza
tw`n ejk tou` stovlou
popolata.
tinav~, kai; nu`n
71
iJkanw`~ eujandrei`.
Supplementa Italica, n.s. 5, pp. 64-65, n°17 da
Rhegium: due veterani della flotta?
C(aio) Iulio Neptol(emi)
f(ilio) / Evandro, trierarc(ho), / C(aius) Iulius
C(ai) f(ilius) Niger, /
trier`ar´chus.
Una semplice iscrizione
sepolcrale del comandante
di una trireme.
Un personaggio di origine
orientale, che dovrebbe
aver ricevuto la cittadinanza da Ottaviano.
Il dedicante, pure comandante di una trireme,
potrebbe essere il figlio di
Evander.
72
Un veterano modenese stanziato
a Locri in età triumvirale?
• Una semplicissima iscrizione sepolcrale trovata intorno
al 1786 nel podere “Il Russo” e oggi perduta.
• CIL, X, 18: [.] Aticius T(iti) f(ilius) Pol(lia tribu), /
Mutina, (centurio) l(egionis) XXX / Classicae.
• Testimonia forse l’installazione, da parte di Ottaviano,
di un veterano modenese a Locri dopo la conclusione
della guerra in Sicilia (in occasione della quale la legio
XXX può aver guadagnato l’epiteto di Classica).
• Deduzioni di veterani, a titolo individuale, si ebbero
forse in altri centri del Bruzio, come sembrano attestare
alcuni tipi gentilizi “settentrionali” che si ritrovano
nell’epigrafia dell’area.
73
Una colonia di veterani a
Blanda?
• Gli scavi partiti nel 1990 in località Palecastro di Tortora hanno
probabilmente individuato il sito della centro lucano e romano
di Blanda, noto dalle fonti epigrafiche e letterarie.
• In CIL X, 125 da Altomonte (dispersa) Blanda porta l’epiteto di
Iulia ed è amministrata da IIviri, magistrati caratteristici delle
colonie.
– Si potrebbe giustificare con lo status di (colonia) Iulia, di
fondazione cesariana o ottavianea, sul sito di un insediamento
lucano, probabilmente abbandonato dai tempi della II guerra
punica.
– L’ipotesi più verosimile è quella di una colonia di veterani fondata
da Ottaviano nel 36 a.C. circa.
– Un’ipotesi confermata anche dal periodo di assetto dell’area del
Foro, che risale alla seconda metà del I sec. a.C.
74
Bibliografia di approfondimento
• S. Accardo, Villae romanae nell’ager Bruttius. Il paesaggio rurale
calabrese durante il dominio romano, Roma 2000.
• V. Bracco, Il tabellarius di Polla, «Epigraphica», 47 (1985), pp. 93-97.
• M. Corrado, Nuovi dati di scavo ed epigrafici sulle manifatture tardorepubblicane di anfore commerciali del versante ionico calabrese
gravitanti sul Golfo di Squillace, «Fasti Online Documents &
Research», (2009), 138, pp. 1-10 (dispnibile in Rete all’indirizzo
http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2009-170.pdf
• F. Ghinatti, Magna Grecia post-annibalica, «Quaderni di Storia», 3
(1977), 5, pp. 147-160; 3 (1977), 6, pp. 99-115.
• G.P. Givigliano, Percorsi e strade, «Storia della Calabria antica, II,
l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma - Reggio Calabria
1994, pp. 241-362.
• G.F. La Torre, La romanizzazione del Bruzio: gli aspetti urbanistici,
«Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica», a cura di L.
Quilici - S. Quilici Gigli, Roma 1997 (Atlante tematico di topografia
antica, 6), pp. 25-34.
75
Bibliografia di approfondimento
• M. Paoletti, Occupazione romana e storia della città, «Storia della
Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma Reggio Calabria 1994, pp. 465-556.
• A. Russi, La romanizzazione e il quadro storico. Età repubblicana ed
età imperiale, «Storia della Basilicata. 1, L'antichità», a cura di D.
Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp. 487-558.
• A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle
Calabrie romane, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica e
romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp. 559-593.
• S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione
epigrafica, ibid., pp. 655-667.
76