testopoeticocorretto2 (1446912)

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IL LINGUAGGIO POETICO
La poesia è quell’arte che per trasmettere
un’esperienza perennemente valida usa:
• il significato semantico delle parole;
• il suono delle parole;
• il ritmo che queste imprimono alle frasi.
La poesia possiede alcune qualità della
musica e riesce a trasmettere emozioni e
stati d'animo in maniera più evocativa e
potente di quanto faccia la prosa.
La poesia è presente nella nostra vita, anche in
testi d’uso comune che imitano la poesia vera
riprendendone alcuni aspetti formali: scrittura
in versi, uso della rima, attenzione a particolari
valori ritmici…
C‘è una donna che semina il grano,
Volta la carta si vede il villano
Il villano che zappa la terra
Volta la carta e viene la guerra
E la guerra con tanti soldati
Volta la carta ci sono i malati…
( F. De Andrè)
Questo è l’ombelico del
mondo
È qui che nasce l’energia
Centro nevralgico del nuovo
mondo
Poltrone e sofà
Alto tasso di qualità
Il Poeta
Il poeta è un uomo che, pur vivendo
nella realtà del suo tempo, tende a
superare la realtà concreta, per
comunicare un’esperienza perennemente
valida: i suoi versi riflettono così
sentimenti e interrogativi di sempre.
Il linguaggio poetico
La
FIGURE
strofa
METRICHE
Il
FIGURE
verso
RETORICHE
La
rima
DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE
Il componimento poetico
si distingue
per la presenza
per la presenza
di strofe
di rime
per la presenza
di versi
L’insieme delle regole che ordinano questi elementi si chiama
metrica
Il verso
è l’unità metrica costituita da una serie
di parole suddivise in sillabe
in cui si alternano
sil la be ac cen ta te e sil la be a tone
Questa
crea
ritmico
alternanza l’accento
Il Ritmo
E’ la cadenza musicale da cui deriva
l’armonia poetica che caratterizza il verso.
Esso è dato dal numero delle sillabe del verso
e dagli accenti ritmici disposti secondo
particolari schemi in ogni tipo di verso.
Gli accenti ritmici sono gli accenti
fondamentali che cadono sulle sillabe toniche,
cioè accentate, dove la voce si appoggia.
Vediamone alcuni
Ritmo lento
Ritmo lento e monotono come una nenia:
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
(G. Pascoli, Orfano)
Ritmo calmo, meditativo:
Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni. (U. Foscolo, Alla sera)
Ritmo incalzante:
E ripenso’ le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
(A. Manzoni, Il Cinque Maggio, vv 79-84)
Ritmo veloce e martellante
Scatta un comando:
un fischio di rimando
querulo, acuto, lungo, fora l’aria,
e il treno si divincola
su le rotaie sussultando e ansando.
Diétro
strepitanti
quàlche
quàlche
varcan varcano;
gèsto
vétro
e il treno con palpito eguale, guadagna
lèsto;
quàlche
fiammando nel buio, l’aperta campagna.
i
vagoni
vìso
biànco si succedono
quàlche e i furgoni
(G. A. Cesareo, Parte il treno)
sul binario
rìso
stànco trabalzanti
Il ritmo
risulta dalla alternanza nei versi di
sillabe con accenti tonici e sillabe con accenti atoni
2 sillabe S’al/za
3 sillabe ti /scher/ni
binario
ternario
4 sillabe da/mi/gel/la
quaternario
5 sillabe nin/fa gen/ti/le
quinario
6 sillabe Sul/chiù/so/qua/dér/no
senario
7 sillabe da /vo/lar/ su/ le/ nu/bi
settenario
8 sillabe Teo/do/ri/co/ di/ Ve/ro/na
ottonario
9 sillabe Na/scon/di/ le/ co/se/ lon/ta/ne
novenario
10 sillabe Sof/fer/ma/ti/ sul/l’a/ri/da/ spon/da decasillabo
11 sillabe Nel/mez/zo/del/cam/min/di/no/stra/vi/ta endecasillabo
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
2 sillabe dié / tro
3 sillabe ti /scher/ni
bisillabo
4 sillabe da/mi/gel/la
quadrisillabo
5 sillabe nin/fa gen/ti/le
quinario
6 sillabe Dol/ci /miei /so/spi/ri
senario
7 sillabe da /vo/lar/ su/ le/ nu/bi
settenario
8 sillabe Teo/do/ri/co/ di/ Ve/ro/na
ottonario
9 sillabe Na/scon/di/ le/ co/se/ lon/ta/ne
trisillabo
novenario
10 sillabe Sof/fer/ma/ti/ sul/l’a/ri/da/ spon/da decasillabo
11 sillabe Per/ me/ si/ va/ ne/ la/ cit/tà/ do/len/te endecasillabo
Il verso
Il verso non è altro che una riga di una poesia, la sua unità
ritmica minima di lunghezza variabile.
E’ la caratteristica più evidente del testo poetico.
Il metro della poesia italiana è accentuativo: si fonda cioè su
versi che, entro un numero definito di sillabe, alternano sillabe
forti e sillabe deboli.
MA... ATTENZIONE ! Un verso non si definisce quinario,
perché ha cinque sillabe, o endecasillabo perché ha undici
sillabe; e nemmeno ottonario, perché ne ha otto.
Il verso
Il computo delle sillabe di un verso tiene conto
anzitutto dell'accento tonico della parole finale.
Consideriamo questi settenari di A. Manzoni, sono la prima strofa
del coro famoso dell’ADELCHI
Spar-sa - le - trec-ce - mor-bi-de
Sul-l’ af-fan-no-so - pet-to
Len-ta - le - pal-me, e - ro-ri-da
di - mor-te il - bian-co - as-pet-to,
Gia-ce - la- pia, - col - tre-mo-lo
Sguar-do - cer-can-do il - ciel.
Il verso
Il computo delle sillabe tiene
conto anzitutto dell'accento
tonico della parola finale.
Sparsa le trecce
morbide
sull'affannoso petto
lenta le palme, e ròrida
di morte il bianco
aspetto,
giace la pia, col tremolo
sguardo cercando il ciel.
Considerate questi settenari di A.
Manzoni, sono la prima strofa di un
coro famoso dell' Adelchi
Il verso
Solo nel verso 2 le sillabe sono proprio sette;
nel verso 1 le sillabe sono otto,
nel verso 6 le sillabe sono sei:
ma tutti i tre versi si considerano settenari: perché
l'ultima parola del verso 1 è sdrucciola;
l'ultima parola del verso 6 è tronca.
Notate però che in tutte queste parole finali l'accento coincide con
la sesta sillaba del verso.
Per definire il numero di sillabe nel verso,
dobbiamo contarle sino all’ultimo accento
tonico e sommare 1
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Bisillabo Diétro
quàlche
o
binario vétro
quàlche
vìso
(G.A.Cesareo) biànco
Trisillabo
o
ternarioLa morte
si sconta
vivendo
(G.Ungaretti)
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Quadrisillabo
Ecco il mondo
vuoto e tondo,
s'alza,
scende, balza
e splende (A.
Boito)
Quinario
Il morbo infuria il
pan ti manca: sul
ponte sventola
bandiera bianca
(A. Fusinato)
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Senario
Settenario
L’àlbero
a
cui
tendévi
Fratelli d'Italia,
la
pargolétta
màno,
l'Italia s'è desta,
il
vèrde
melogràno
dell'elmo di Scipio
da’
bei
vermìgli
fiòr,
s'è cinta la testa
nel muto òrto solìngo
rinverdì tutto or óra
e giùgno lo ristòra
di lùce e di calór.
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Ottonario
Novenario
Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza. Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggera.
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Decasillabo
A.Manzoni
Conte di Carmagnola
S'ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d'ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
Endecasillabo
U. Foscolo Dei Sepolcri
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di
sillabe, dal quale prendono il nome
Dodecasillabo o doppio senario
Dagli àtrii muscósi, / dai Fòri cadènti,
dai bòschi, dall’àrse / fucìne stridènti,
dai sòlchi bagnàti / di sèrvo sudór,
un vólgo dispèrso / repènte si désta;
intènde l’orécchio, / sollèva la tèsta
percòsso da nòvo / crescènte romór.
A. Manzoni, Adelchi
I versi parisillabi.
Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di
mestiere deve far da
cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria.
Ottonario
di Gianni Rodari
Attenzione: poiché gli accenti cadono sempre sulla terza e sulla settima
sillaba abbiamo una filastrocca con un ritmo cantilenante.
I versi parisillabi
Il Conte di Carmagnola
decasillabi
S'ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d'ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
3-6-9
3-6-9
3-6-9
3-6-9
Notate la struttura sempre identica, che si replica
per tutto il componimento (128 versi), con un effetto
ritmico molto particolare e ricercato.
I versi parisillabi
Lo stesso capita in un altro notissimo componimento manzoniano,
dodecasillabi o senari doppi. Gli ictus cadono sempre nelle
in
stesse posizioni.
Adelchi
Dagli atri muscosi dai fori cadenti, 2 – 5 - 8 - 11
dai boschi, dall'arse fucine stridenti,2 – 5 - 8 - 11
dai solchi bagnati di servo sudor, 2 – 5 - 8 - 11
un volgo disperso repente si desta; 2 – 5 - 8 -11
intende l'orecchio, solleva la testa 2 – 5 - 8 - 11
percosso da novo crescente rumor. 2 – 5 - 8 - 11
struttura sempre identica
Versi imparisillabi
I versi imparisillabi concedono molta libertà
Il più usato di tutti è l'endecasillabo, che è anche
quello che concede più libertà.
Trisillabo
Quinario
Settenario
Novenario
Endecasillabo
Figure metriche
Sinalefe – episinalefe
Sineresi
Dialefe
Dieresi
uniscono
separano
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente
non solo le regole normali della morfologia, ma anche di
alcune particolarità
Sinalefe o
elisione
Consiste nel considerare due vocali
contigue, una fine di parola e l’altra al
principio di quella successiva,come
un’unica sillaba
Ei fu.
Sicco me
im mobile
Dolce e chiara è la notte e senza vento(G. Leopardi, La sera del dì di festa, v.1)
e tu non torni ancora al tuo paese! (G. Pascoli, Lavandare, v.8).
e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi, L’infinito, v 15);
nel muto orto solingo
(G. Carducci, Pianto antico, v 5).
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente
non solo le regole normali della morfologia, ma anche di
alcune particolarità
episinalefe
Consiste nel considerare due vocali
contigue, una fine di verso e l’altra al
principio di quello successivo, come
un’unica sillaba
pei bimbi che mamma le andav a
a prendere in cielo.(G. Pascoli, La figlia maggiore, 7-8)
È l'alba: si chiudono i peta li
un poco gualciti; si cova,
dentro l'urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.(G. Pascoli, Il gelsomino notturno).
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente
non solo le regole normali della morfologia, ma anche di
alcune particolarità
sineresi
Consiste nel considerare due vocali
contigue, all’interno della stessa parola,
come un’unica
sillaba
Ed oggi nella troade inseminata
“..morte
bella parea nel suo bel viso..”
(Petrarca, Canzoniere, Trionfo della morte, v.172) la sineresi interviene due volte (parea, suo)
“..ed
erra l'armonia per questa valle..”
(G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente
non solo le regole normali della morfologia, ma anche di
alcune particolarità
Diversamente dalla sinalefe,considera le
Dialefe o
due vocali (finale e iniziale di parola) come
iato
due sillabe separate
“..tant'era pien di sonn o a quel punto..”
(Dante, Inferno, Canto I) va scandito così:
Tan -t'e -ra -pien -di -son -no -a -quel-pun –to
ottenendo il computo di undici sillabe metriche.
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente
non solo le regole normali della morfologia, ma anche di
alcune particolarità
dieresi
Consiste nel considerare le
due vocali contigue
all’interno di una parola come
due sillabe separate
Forse perché della fatal qui ëte
“Dolce color d’orï/ental zaffiro”
(Dante, Purgatorio, I, v.13) “orïental” va letto come se fosse
scandito in quattro sillabe (”o-ri-en-tal”).
A te convien tenere altro vï/aggio
Inferno, Canto I).
(Dante,
Le figure retoriche
Sono accorgimenti formali,
processi stilistici letterari e poetici per
arricchire il senso del messaggio
Figure fonetiche
strutture fonetiche,
la ripetizione, la
musicalità
Figure
semantiche
Figure
sintattiche
disposizione delle
Incidono sul parole all’interno
significato
del testo
della parola
Le figure retoriche fonetiche
Attraverso la combinazione
di suoni si crea non solo
una particolare musicalità
ma si arricchisce
il significato
delle parole
Figure retoriche fonetiche
allitterazione
Ripetizione di suoni identici
(vocali,consonanti,sillabe) quello spirto guerrier
nella parte iniziale o centrale ch'entro mi rugge
di due o più parole
onomatopea il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo
Suono di parole
che riproduce un
suono naturale
Figure retoriche fonetiche
assonanza
Rima imperfetta con
rispondenza delle sole
vocali a partire da
quella accentata
consonanza
Rima imperfetta con
rispondenza delle sole
consonanti a partire
dalla vocale accentata
Quando/tanto
Inverno/allegro
Rombo/tramonto
Sole/solo
Terra/torre
Figure retoriche fonetiche di accento
Sistole: quando l’accento tonico di una parola si
ritrae verso l’inizio di questa:
• la notte ch’io passai con tanta pièta
(Dante, Inferno, I, v 21; Inferno, VI, v 96)
-invece di pietà
• quando verrà la nimica podèsta
- invece di podestà
Diastole: quando l’accento tonico di una parola si
sposta verso la fine di questa:
• abbraccia terre il gran padre Oceàno
(U. Foscolo, Dei Sepolcri, v 291;
invece di Ocèano
• calvi gravati di carni lugùbri
G. D’Annunzio, Alcyone, Ditirambo IV, v 359)
invece di lùgubri
Sincope e apocope
Sincope: consiste nella caduta di una o più lettere all’interno di
una parola:
allor che all’opre femminili intenta (G. Leopardi, A Silvia, v 10) - invece
di opere … quello spirto guerrier ch’entro mi rugge (U. Foscolo, Alla sera, v 14) invece di spirito … veniano a conversar (G. Carducci, Avanti! Avanti!, v 108) - invece di
venivano -
Apocope: indica la caduta di una o più lettere alla fine della parola:
… lo fan d’ozi beato e di vivande (U. Foscolo, Dei Sepolcri, v 61) - invece
di fanno … per lo libero ciel fan mille giri (G. Leopardi, Il passero solitario, v10) invece di cielo -
Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Il poeta trasgredisce
l’ordine sintattico
per creare
significati aggiuntivi
e fare affiorare
livelli diversi del senso
Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Ripetizione di una o più parole all’inizio
di due o più frasi o versi successivi
Per me si va nella città dolente
Per me si va ne l’etterno dolore
Per me si va tra la perduta gente
chiasmo Consiste nel disporre in ordine invertito i
termini corrispondenti di due frasi successive
Le donne
i cavalier
Le armi
gli amori
anafora
inversione
Inversione di parole che spezza
un forte legame sintattico
Questa bella d’erba famiglia e d’animali
Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
ipotassi
paratassi
climax
Costruzione sintattica con reggente e
Secondarie
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno
Costruzione sintattica con
proposizioni legate con congiunzioni
coordinanti o per asindeto
E suona ancora l’ora e mi manda
Indica una progressione o successione
di termini in ordine di intensità
decrescente o crescente
Vegghio (veglio), penso, ardo, piango
Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Enjambement
(scavalcamento)
Fenomeno metrico per cui la
frase logica del discorso poetico
non coincide con il verso, ma
prosegue in quello successivo
(scavalcando quindi il primo)
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
(U. Foscolo, Alla sera)
Pausa o cesura
La pausa, o cesura, si ha quando all’interno di un
verso si trova un segno di punteggiatura forte (. : ; ! ?):
Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
dei collegiali. Chini
sui libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre
Sandro Penna
LA STROFA:
I versi, in numero determinato o vario,
si raggruppano in unità metriche che vengono chiamate strofe
A schema fisso
- Distico:
due versi
-Terzina:
tre versi
-Quartina: quattro
versi
-Sestina:
sei versi
-Ottava:
otto versi
A schema libero
Strofa libera
Canzone libera
leopardiana
(endecasillabi e settenari)
LA STROFA
DISTICI
composta da due versi (di solito endecasillabi) uniti
in rima baciata oppure non rimati
Nella torre il silenzio era già alto
Sussurravano i pioppi del rio Salto
A
A
I cavalli normanni a le lor poste
B
Frangean la biada con rumor di croste B
G. Pascoli
Picchiano uccelli raminghi a vetri appannati: gli amici
Spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.
In breve, o cari, in breve – tu calmati, indomito cuore –
Giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
G. Carducci
LA STROFA TERZINE
composta da tre endecasillabi a rima incatenata
E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago a la riva
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.
Dante Alighieri
Hanno compiuto in questo dì gli uccelli
Il nido (oggi è la festa dell’ulivo)
Di foglie secche, radiche,fuscelli
Quel sul cipresso, questo su l’alloro,
Al bosco, lungo il chioccolo d’ un rivo,
Nell’ombra mossa d’un tremolio d’oro.
G.Pascoli
LA STROFA
QUARTINE
quattro versi uniti da rima con diverse
varianti, ma generalmente da rima alternata
E s'aprono i fiori notturni,
A
nell'ora che penso ai miei cari.
B
Sono apparse in mezzo ai viburni A
le farfalle crepuscolari.
B
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
(G. Pascoli, Gelsomino notturno)
C
D
C
D
LA STROFA
SESTINE
sei versi, spesso i primi quattro a rima
alternata, gli ultimi due a rima baciata.
Possono essere settenari o endecasillabi
o di settenari ed endecasillabi
A qualunque animale alberga in terra,
se non se alquanti ch’ànno in odio il sole,
tempo da travagliare è quanto è ’l giorno;
ma poi che ’l ciel accende le sue stelle,
qual torna a casa et qual s’anida in selva
per aver posa almeno infin a l’alba.
F.Petrarca
LA STROFA OTTAVE
otto versi endecasillabi, di cui i primi sei a
rima alternata e gli ultimi due a rima baciata
(ABABABCC). E' la strofa dei poemi epicocavallereschi.
Le donne , i cavalier, l'arme gli amori
A
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
B
che furo al tempo che passaro i Mori
A
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
B
seguendo l'ire e i giovenil furori
A
d'Agramante lor re, che si diè vanto
B
di vendicar la morte di Troiano
C
sopra re Carlo imperator romano.
C
Ludovico Ariosto, Orlando Furioso
LA STROFA OTTAVE
«Puzone, cheres bolare chen’alas
però de jugher alas non presumas,
ca si las as sun privas de sas pumas
o si tenes sas pumas sunu malas.
Si pones mente a mie las allumas
de badas ti sun naschidas in palas.
Pro chi est pro tenner pumas gai
Disizo de no aer alas mai.
»
Giuseppe Calvia
(Uccello, vuoi volar senz’'ali/ ma di aver ali non pretendere,
chè se le hai son prive di piume/ e se hai piume esse sono inutili.
Se a me poni mente le abbruci, /invano ti son cresciute sulle spalle.
Ed io per aver simili piume / desidero di non aver mai ali).
ADIOS NUGORO AMADA
Parole di Antonio Giuseppe Solinas
Musica di Giampaolo Mele
ADDIO AMATA NUORO
Adios, Nugoro amada
prite parto a terra anzena,
chin crudelissima pena
ti lasso terra istimada.
Addio, amata Nuoro,
giacché parto in terre altrui,
con crudelissima pena
ti lascio, terra stimata.
Ca est già bennida s'ora
de partire dolorosa;
già de purpura e de rosa
s'oriente si colora.
E' già giunta l'ora
dolorosa di partire;
già di porpora e di rosa
l'oriente si colora.
Frade, sorre, mama, amante,
dilettos parentes mios,
chin su coro lacrimante
a tottus bos naro adio.
Fratello, sorella, mamma, amante,
diletti parenti miei,
col cuore lacrimante
a tutti voi dico addio.
La strofa libera
ha un numero di versi ogni volta differente, e la disposizione
delle rime è affidata alla libera ispirazione dell'artista.
con versi
regolari di
con versi
liberi senza schema
solito
endecasillabi
e settenari
fisso, ma si articola
secondo l'ispirazione
del poeta
Esempi di strofe libere costituite da versi regolari nei
Canti di Leopardi,
raggruppamenti strofici di versi liberi più frequenti
nei poeti moderni.
La strofa libera
con versi regolari
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? (G. Leopardi)
La strofa è costituita da sei versi (settenari ed
endecasillabi) che si alternano senza un ordine
preciso e non sono legati da rime regolari.
La strofa libera
con versi liberi
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato a questa dolina
che ha il languore di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna (G. Ungaretti, I fiumi)
La strofa è costituita da versi liberi.
SIMILITUDINE
SINESTESIA
METAFORA
METONIMIA
SINEDDOCHE
ANTITESI
ANALOGIA
ALLEGORIA
OSSIMORO
IPERBOLE
PERSONIFICAZIONE
PERIFRASI
Quali sono
Figure retoriche di significato
Che scopo hanno
Accrescono il valore della parola. Come?
Ampliando
Evidenziando
Rendendo diverso
il senso e dando luogo
a immagini inaspettate
Figure retoriche di significato
Similitudine
Consiste nell'esprimere un'idea mediante il suo accostamento a
un'altra idea che abbia con la prima un rapporto di somiglianza
esplicitamente descritto.


amo i tuoi occhi azzurri come il cielo
quando partisti, come son rimasta!
come l'aratro in mezzo alla maggese
Quale delle foglie
tale la stirpe degli uomini. Il vento
brumal le sparge a terra e le ricrea
la germogliante selva a primavera.
Così l’uomo nasce e così muore.
Quale… tale, così…come, come
sono nessi che introducono la
similitudine
Talvolta il nesso non c’è:
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida…..
Figure retoriche di significato
Metafora
-- il trasferire una parola dall'oggetto a cui normalmente la si
riferisce ad un altro oggetto, mediante un paragone sottinteso
una montagna -- è una similitudine abbreviata, cioè sottratta dell'avverbio di
paragone.
Sei una volpe propone una vera e propria
di compiti
identificazione attraverso una forzatura
Dicendo: "L'infanzia è l'alba della vita"
intendiamo dire che
L’infanzia è l'inizio della vita, come l'alba lo è del giorno.
Prima luce
Lattiginosa d’alba,
nasce sulle colline,
balbettanti parole ancora
infantili, la prima luce.
La terra, con la sua faccia
madida di sudore,
apre assonnanti occhi d’acqua
alla notte che sbianca.
G. Caproni
L’alba è paragonata prima al latte, per il suo
biancore,
poi a un bambino che balbetta le sue prime parole.
La terra è paragonata a una persona: ha una
faccia e due occhi. Il sudore è anch’esso una
metafora, è la rugiada che imperla la terra come
fa il sudore con la fronte. Gli occhi d’acqua sono
pozze d’acqua, stagni, laghetti.)
Analogia
accostamento immediato di due immagini, situazioni, oggetti
tra loro lontani di somiglianza, basato su libere associazioni di pensiero o
di sensazioni.
Nella poesia tradizionale l'analogia era espressa mediante la similitudine, che veniva
introdotta dalle particelle correlative «come…, così… ( tale )».
I nuovi poeti sopprimono le particelle correlative e fondono insieme nell'analogia i
due concetti.
L'uso dell'analogia è molto antico e frequente e coincide in qualche misura con la
metafora. L’uso frequente dell’analogia è una delle caratteristiche della poesia
ermetica.
“..Tornano in alto ad ardere le favole..”
(Ungaretti, Stelle, v.1): tornano in cielo a splendere le stelle, belle come le illusioni
(le favole) che addolciscono la vita.
“..Si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi..”
(Montale, Meriggiare pallido e assorto, vv.11-12): dai picchi nudi di vegetazione
come una testa calva si levano i canti delle cicale che sono come tremuli scricchiolii.
Allegoria
E' un'immagine o un discorso che nasconde un
significato diverso dal suo significato letterale, di
carattere simbolico e di ordine per lo più morale o
filosofico.
Può trasformare nozioni astratte o concetti morali in
immagini spesso suggestive.
Oltre che riguardare i singoli elementi di un'opera ,(per
esempio la lupa usata per indicare nella Divina Commedia
di Dante, l'avarizia), può riguardare intere situazioni (per
esempio la barca abbandonata sulla spiaggia indica la
solitudine dell'uomo).
Sinestesia
Attribuisce a un oggetto percepibile con uno o
più sensi qualità percepibili con altri sensi
cogliendo rapporti di corrispondenza anche fra
cose lontane
mi ripigneva là dove 'l sol tace.Dante Alighieri, Inferno canto I
l'urlo nero della madre
S.Quasimodo
Altri esempi: "fredde luci"; "colore caldo".
là, voci di tenebra azzurra…G. Pascoli
Non vi ster molto, ch'un lamento amaro Ariosto
METONIMIA
Consiste nel sostituire qualcosa con un’altra che è legata alla prima da un
rapporto di contiguità, cioè da una "vicinanza" di significato, da un'affinità di
tipo logico o materiale.
In particolare la metonimia può indicare:
- l'effetto per la causa ("guadagnarsi la vita con il sudore"= con un lavoro
pesante, che fa sudare);
- la causa per l'effetto ("sentire le campane"= i rintocchi delle campane);
- la materia di cui è fatto l'oggetto per l'oggetto ("lucidare gli ottoni"=gli
oggetti di ottone);
- il contenente per il contenuto ("bere un bicchiere"= il vino contenuto in un
bicchiere);
- l' astratto per il concreto (“la giovinezza è spensierata"=i giovani sono…)
- il concreto per l'astratto ("avere del fegato"= del coraggio);
- l' autore di un'opera per l'opera ("leggere Leopardi"= le opere di…);
- il luogo dove una persona si trova per la persona stessa ("una decisione
della panchina"= dell'allenatore della squadra
SINEDDOCHE
Consiste nel sostituire qualcosa con un’altra che è legata alla
prima, ma stavolta anche con un rapporto di quantità e non solo di
contiguità.
Si usa quindi in senso figurato i una parola al posto di
un'altra, mediante l'ampliamento o la restrizione del senso.
La sostituzione può riguardare:
•la parte per il tutto (tetti al posto di paese)
•il materiale per l'oggetto (ferro al posto di spada)
•il singolare per il plurale e viceversa (l'Italiano (come
persona) all'estero per gli Italiani all'estero)
•il genere per la specie e viceversa (il mortale per l'uomo; il
felino per il gatto)
Si distingue dalla metonimia perché si basa su relazioni di
tipo quantitativo.
ANTITESI
Consiste nell’ accostamento di parole o frasi di
significato opposto.
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.
OSSIMORO (acuto-ottuso)
Consiste nell'accostare, nella stessa locuzione, parole di significato
opposto, che si contraddicono a vicenda. Un simile accostamento
produce effetti espressivi densi di significati inediti e suggestivi.
Esempi:
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare
brivido caldo,
urlo silenzioso,
ghiaccio bollente
disgustoso piacere,
amara dolcezza
illustre sconosciuta
Dato l'etimo del termine,
anche la stessa parola
ossimoro è un ossimoro.
IPERBOLE
Consiste nel descrivere la realtà con espressioni
esagerate, per eccesso o per difetto; tanto esagerate
che, prese alla lettera, risulterebbero inverosimili o
assurde.
Molto frequente nel linguaggio comune
Ti amo da morire
Ti ho aspettato un secolo
Mi si spezza il cuore
Facciamo quattro passi
Te l'ho detto un milione di volte
Personificazione
consiste
nell’attribuire un aspetto umano a cose, idee o sentimenti e
nel rivolgersi loro o dar loro la parola come se fossero umani
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Leopardi
là sola una casa bisbiglia
Pascoli
Sotto l'ali dormono i nidi
Pascoli
… e da le aurate volte
a lei impietosita eco rispose
G. Parini
PERIFRASI
Consiste nell' usare un giro di parole
invece del termine proprio per indicare
una persona, una cosa o un concetto.
La gloria di colui
che tutto move
per indicare Dio
Dante A. Par I
di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a’ celesti
per indicare Michelangelo
Foscolo Dei Sepolcri
…e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
per indicare Galilei
Foscolo Dei Sepolcri
I METRI
Più strofe danno vita a particolari
strutture metriche.
Ballata
Sonetto
Canzone
Madrigale
Ode
sonetto
forma metrica più diffusa della
lingua italiana
Solo et pensoso i più deserti campi
Vo mesurando a passi tardi e lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
Ove vestigio uman l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
Dal manifesto accorger de le genti,
Perché ne gli atti d’alegrezza spenti
Di fuor si legge com’io dentro avvampi:
Sì ch’io mi credo omai che monti e piagge
Et fiumi et selve sappian di che tempre
Sia la mia vita ch’è celata altrui
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
Cercar non so c’amor non venga sempre
Ragionando con meco, et io co llui.
struttura chiusa e
fissa:
14 endecasillabi
rimati
2 quartine, 2 terzine
sonetto
Di origine provenzale,acquisì la sua struttura più tipica in Italia, ad
opera di Jacopo da Lentini ed è frequentissimo poi in tutta la storia della
poesia italiana anche nel Novecento, in piena versificazione libera).
E' costituito da 14 endecasillabi raggruppati in 2
quartine e 2 terzine.
Le quartine sono per lo più a rima incrociata
(ABBA, ABBA)
o a rima alternata (ABAB, ABAB).
Le terzine possono essere a rima alternata (CDC,
DCD), o a rima ripetuta (CDE, CDE), a rima
invertita (CDE, EDC) o possono seguire altri schemi
(CDD-DCC CDC-CDD CDD-CDD, CDC-DEE).
sonetto altre forme metriche da
esso derivate
sonetto minore : versi più brevi dell'endecasillabo
sonetto tronco o sdrucciolo: con rime tronche e sdrucciole di
tono scherzoso
sonetto doppio o rinterzato: con un settenario dopo ciascuno
dei versi dispari delle quartine e dopo il primo e il secondo
verso delle terzine
sonetto acrostico: unendo le prime lettere di ciascun verso si
legge il nome del personaggio a cui è dedicato il
componimento
sonetto caudato o ritornellato: con coda aggiunta di uno o
due versi per lo più endecasillabi a rima baciata oppure in
forma moderna con un settenario che rima col 14°verso e altri
due endecasillabi a rima baciata.
La canzone
E’ la più antica forma metrica della lirica ed è stata
considerata da Dante la più adatta a trasmettere
contenuti elevati di tipo morale, politico, amoroso e
anche religioso.
La canzone tradizionale
o petrarchesca
Ebbe larga diffusione
dal Duecento fino
all’Ottocento
La canzone libera
o leopardiana
La canzone venne
Utilizzata in questa
forma nel XIX secolo
L’ode
Il termine ode nella poesia greca è un componimento
di vario metro, accompagnato dalla musica.
L’ode venne ripresa durante il Rinascimento, al fine
di sostituire alla canzone una forma più agile e
duttile.
Fu spesso utilizzata per cantare temi civili o
impegnati.
Nell’Ottocento l’ode diede vita a componimenti
ispirati a temi patriottici.
Il madrigale
è un componimento lirico destinato ad
essere musicato, sviluppatosi dal Trecento
L’etimologia del
nome è incerta ,
pare derivi da
matrical carmen,
canto in lingua
materna, quindi in
volgare e non in
latino.
Tratta temi
prevalentemente
amorosi e idilliaci,
ma venne adoperato
anche per la poesia
politica e burlesca
Il madrigale
Attilio Bertolucci (Sirio)
Come un lupo è il vento
Alcuni poeti del
secondo Novecento che cala dai monti al piano,
(Montale, Bertolucci,corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Pasolini, Fortini,
Sanguineti) hanno
scritto versi in forma Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti,
di madrigale con
qualche concessione sconvolge l'acqua nelle fonti
al gusto moderno, caccia gli uomini ai ripari.
usando cioè il verso
sciolto o le assonanze.Poi, stanco s'addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l'amore.
La ballata
Componimento presente nel XIII secolo
nelle regioni centro-settentrionali ed è
così chiamata perché destinata ad essere
insieme cantata e danzata. Si distingue
dalla canzone perchè più umile e più
semplice, tradendo la sua natura
popolare.
Il Poliziano toccò vari argomenti, da quello
amoroso a quello comico-realistico
LA
Identità di suono, a partire dall’ultima
RIMA sillaba accentata, fra due parole fine verso
Quest’era un lago piccolo e giocondo
d’acque tranquille e chiare in sin al fondo
baciata
Matteo Maria Boiardo
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che la diritta via era smarrita.
incatenata
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinnova la paura!
Dante Alighieri
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
E destaste la mente che dormia, incrociata
Guardate a l’angosciosa vita mia,
Che sospirando la distrugge amore. Guido Cavalcanti
La rima
Rima baciata (AABBCC)
Si ha quando due versi consecutivi rimano. E’ uno schema tipico
della poesia popolare che dà alla lirica un ritmo cantilenante.
Rima incrociata (ABBA)
E’ uno schema a quattro versi in cui il primo rima con l’ultimo e il
secondo col terzo.
Rima alternata (ABAB)
Collega due versi dispari e due versi pari.
Rima incatenata (ABA BCB CDC)
Realizza uno schema a gruppi di tre versi (terzina) in cui il primo
rima col terzo, il secondo col primo e il terzo della terzina
successiva.
Rima baciata
Una donna s’alza e cànta
La segue il vento e l’incànta
E sulla terra la stènde
E il sogno vero la prènde.
Questa terra è nùda
Questa donna è drùda
Questo vento è fòrte
Questo sogno è mòrte
(G. Ungaretti, Canto beduino)
Due versi successivi
rimano tra loro,
presentando lo stesso
suono (AA, BB)
A
A
B
B
C
C
D
D
Rima
incrociata
Il primo verso rima con
il quarto e il secondo
con il terzo (ABBA,
CDDC…) e così via.
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman la rena stampi
A
B
B
A
Altro schermo non trovo che mi scampi A
dal manifesto accorger de le genti,
B
perché negli atti d'alegrezza spenti
B
di fuor si legge com'io dentro avampi:
A
Rima
alternata
Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni
A
B
A
B
Rimano i
versi alterni
( ABAB,
CDCD…)
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
A
B
A
B
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme C
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge D
questo reo tempo, e van con lui le torme C
delle cure onde meco egli si strugge;
D
e mentre io guardo la tua pace, dorme
C
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. D
(U. Foscolo, Alla sera)
Organizzato a gruppi di tre versi:
il primo verso rima con il terzo;
il secondo rima con il primo e terzo
della terzina seguente (ABA, BCB, CDC...)
Rima
incatenata
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
A
B
A
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
B
C
B
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
C
D
C
La funzione della rima
La rima congiunge parole stabilendo tra loro
rapporti particolari:
di affinità di opposizione
Ciò può servire a cogliere alcuni aspetti del
il messaggio del poeta.
Facciamo un esempio:
E nella notte nera come il nulla
A un tratto, col fragor d’arduo dirupo
Che frana, il tuono rimbombò di schianto:
Rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto
E poi svanì. Soave allora un canto
S’udì di madre, e il moto di una culla.
Proviamo a individuare il rapporto fra le parole in rima:
. Nulla(= spavento, collera della natura, vuoto, assenza) opposto a
culla(= rifugio contro le avversità, mondo degli affetti familiari)
. Dirupo (= insicurezza, pericolo) affine a
cupo (=oscuro, buio)
. Schianto-rinfranto (=paura, spavento, elemento negativo) va al
positivo canto (=rassicurazione, tranquillità)
Denotazione e connotazione
la denotazione consiste nell’oggetto ulivo
cui la parola si riferisce.
ulivo
la connotazione consiste nell’insieme di significati e
valori aggiunti di cui la parola ulivo è portatrice in una
determinata cultura. In questo caso starebbe dunque
ad indicare un significato di “pace”
Ancora piano denotativo e
connotativo
Ora ti presentiamo una poesia di Ungaretti
Accanto al testo, abbiamo scelto delle
parole significative che costituiscono dei
campi semantici
Infine abbiamo accostato la vita del
protagonista con quella del poeta, un
cammino parallelo con molti punti di
contatto e una diversa conclusione
Si chiamava
Moammed Sceab
In memoria
(Giuseppe Ungaretti)
Discendente
di emiri nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Si chiamava
Suicida
Amò la Francia
e mutò nome
Patria
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
Non sapeva più
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la
vivere
cantilena
del Corano
gustando un caffè
Moammed lascia la
propria terra africana
e va in Francia ma
non si integra
Rimane sospeso tra
una cultura che ha
rifiutato e la nuova
patria ,mai accettata
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono.
L’ho accompagnato
insieme alla padrona
dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue
des Carmes
appassito vicolo in
discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Non sapeva
Sciogliere
Il canto
Dove abitavamo
Riposa
Decomposta fiera
Io solo
visse
Non è in grado
di esprimere il
proprio disagio
e si uccide
Per comprendere questo testo
devi conoscere la vita e il mondo culturale del poeta
perché vi sono
molti elementi autobiografici
Il poeta racconta la storia di uno sradicamento
e di una crisi di identità
Moammed lascia la propria
terra africana e va in Francia
ma non si integra.
Anche Ungaretti è di origini
non francesi ed è stato
trapiantato in Francia
Rimane sospeso tra una
cultura che ha rifiutato e la
nuova patria, mai accettata.
Il poeta vive la propria crisi di
identità
Non è in grado di esprimere
il proprio disagio e si uccide
Riesce a esprimere la propria
sofferenza con la poesia e non
si uccide
ESEMPIO DI ANALISI COMPLETA DI UN
TESTO POETICO
L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando,interminati
Spazi di là da quella e sovrumani
Silenzi e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura.
E come il vento
Odo stormir fra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce vo comparando:
e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la
presente viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Analisi denotativa:
Mi è stato sempre caro questo colle solitario (ermo) e questa
siepe che impedisce di vedere (il guardo esclude) l'orizzonte
più lontano (ultimo).Ma sedendo e contemplando mi creo
nella mente (io nel pensier mi fingo),al di là della siepe,
spazi sconfinati, silenzi sconfinati e una quiete
profondissima e in tutto ciò il cuore sembra quasi smarrirsi
(si spaura).
E nel momento in cui sento stormire il vento tra queste
piante io metto a confronto quel silenzio infinito con la voce
del vento e mi torna in mente (mi sovvien) l'idea di eternità, il
passato lontano (le morte stagioni)e il presente (la presente
e viva, sottintesa stagione)e il rumore di ciò che è vivo. Così
tra queste sensazioni immense il mio pensiero immerge
totalmente e per me è piacevole naufragare in questo mare.
Struttura metrica
15 endecasillabi privi di rima
(sciolti) e senza legami di strofe;
numerosi enjambement attraverso i
quali si formano altri versi , non
corrispondenti agli endecasillabi ma
ai concetti.
Analisi connotativa
Idea centrale: l'immaginazione va oltre la realtà, il
presente, oltre ciò che si vede realmente con gli occhi o
ciò che si sente.
Attraverso di essa si percepisce ciò che è indefinito, fino
ad arrivare all' idea di infinito, non raggiungibile con i
sensi.
Come si può giungere a questa analisi?
•Attraverso l'analisi delle sfere semantiche;
•Attraverso l'analisi di alcune figure retoriche;
•Attraverso l'analisi di alcuni termini particolari (per es.
gli aggettivi determinativi questo/quello)
a) Parole
Infinito
Ermo
Interminati
Sovrumani
Infinito
Eterno
Immensità
indefinite:
b)VERSI CHE RIMANDANO
ALL'INFINITO SPAZIALE
V. 2,3,4,5,6,7,8
VERSI CHE RIMANDANO
ALL'INFINITO TEMPORALE
V.8,9,10,11,12,13
c) La metafora del mare
Il mare è simbolo dell'infinito (questa immensità).
d) L'uso dell'aggettivo indeterminativo
All'inizio "questo" connota il reale, "quello" tutto ciò che è indefinito, ma
alla fine il reale non esiste più, il poeta è immerso nella dimensione immaginaria ed
è l'unica dimensione possibile (perciò diventa "questa")
REALTA' SENSIBILE quest'ermo colle
questa siepe
DIMENSIONE DELL'IMMAGINARIO interminati spazi di
là da quella
RITORNO DEI SENSI tra queste piante
CONFRONTO TRA LE DUE DIMENSIONI quello infinito
silenzio
questa voce
PREDOMINIO DELL'IMMAGINAZIONE questa immensità
questo mare
FINE
Nella storia della letteratura la poesia ha avuto realizzazioni in totale opposizione
rispetto alle forme classiche finora spiegate
E’ significativo in questo senso il Futurismo , un vasto movimento artistico –letterario
che con modalità e caratterizzazioni diverse si sviluppò in Europa nel primo ventennio del
Novecento.
La novità delle sue proposte , la radicale posizione di rifiuto della tradizionali canoni
espressivi del passato, gli influssi che in vario modo determinarono nella società
comportamenti sorprendenti, hanno inciso profondamente nella poesia.
Il fondatore e teorico fu Marinetti Filippo Tommaso. Il suo poema in versi Zang Tumb Tumb
,ovverosia Parole in libertà, raccoglie molte delle proposte del movimento.
di cui ora ne diamo un esempio in questa poesia.
Correzioni
di bozze + desideri
In velocità
Nessuna poesia prima di noi
Colla nostra immaginazione senza fili parole
In libertà vivaaaaaa il
Futurismo
fi
nalmente finalmente finalmente finalmente
finalmente
FINALMENTE
poEsia nascERE
In questa immagine cogliamo la totale rottura di
ogni regola metrica e di ogni vincolo . Govoni
esprime i suoi sentimenti senza freno e senza
fili,
lasciandosi
prendere
per mano
dalla
creatività
e dalla
fantasia.